La
prima cosa che Kol percepisce quando si sveglia è un
martellante, intollerabile mal di testa.
Che diavolo ha
combinato, stavolta? Non ricorda alcuna
bevuta epica né d’essere stato impalato da Klaus -
insomma, non l’ha irritato così tanto.
Con una
smorfia pensa che forse potrebbe essere stata Bekah a impalarlo, e che
stavolta se lo meritava anche: non intendeva minacciarla davvero, solo
spaventarla un po’, ma era piuttosto fuori di sé -
e ammette lui stesso che non
è stata una buona idea tirar fuori quel dannato paletto di
quercia bianca.
Da sdraiato,
si mette faticosamente a sedere.
Nick la
pagherà per questo… essere pugnalati fa
dannatamente
male, ogni volta svegliarsi è una tortura. In che secolo si
trova? Dov’è?
Una luce
rossiccia lo investe e ciò che si trova davanti lo
lascia perplesso; un’elegante sala d’attesa
abbraccia la sua vista, si rende
conto di essere seduto su uno squisito divanetto rosso di velluto e
lascia che
gli occhi seguano la riga dorata di un corrimano.
Pochi metri
prima delle scale, ovviamente rivestite da un
opulento tappeto rosso, vi è una scrivania colma di pile
ordinate di fogli e
dotata di un computer ultramoderno - non che Kol se ne intenda, in
realtà, ma a
prima vista sembra un aggeggio piuttosto costoso - dietro cui siede
quella che
ha tutta l’aria di essere una deliziosa segretaria.
Bene, le cose
sembrano finalmente mettersi bene, pensa con
il sorriso negli occhi… quando si rende conto che
c’è qualcosa che non va - e
no, non c’entra niente la sala sconosciuta o la luce
fastidiosa -, che c’è
qualcosa di tremendamente sbagliato
in lui.
Tanto per
cominciare, la vista è sfocata.
Batte le
palpebre un paio di volte per esserne sicuro, ma
non c’è dubbio: la vista ha perso
l’acume che ha avuto per più di mille anni.
Con questa
spaventosa consapevolezza, si concentra anche su
altri sensi: olfatto e udito hanno subito uno sconsolante, bruschissimo
calo,
si sente come racchiuso in una bolla.
Forse
è verbena, si costringe a pensare, un poco stranito.
Deve esserlo.
In secondo
luogo, la deliziosa segretaria che ha intravisto
poco prima non provoca in lui alcuna reazione.
Non percepisce
il frenetico battere del suo cuore, l’odore
delizioso del sangue, la pressione costante che dilata le arterie
più
superficiali - nulla.
Eppure dovrebbe sentirli
perché è un vampiro e, dannazione, da
più di un millennio ci convive felicemente.
All’improvviso
il mal di testa esplode e una serie
d’immagini confuse compaiono a raffica sotto le sue palpebre:
nonostante siano
ricordi, sente dolore come nel rivivere tutto un’altra volta.
Ricorda con
chiarezza la chiacchierata con la doppelganger -
la Gilbert, quel
tormento,
l’ipocrisia in versione
Petrova - e… be’, l’unico paletto che
poteva effettivamente ucciderlo è finito
proprio nel suo cuore.
Pessima mossa
portarselo dietro, ora che ci pensa.
Si lascia
scappare un’imprecazione - o meglio, una sfilza
d’imprecazioni - perché
finalmente realizza di essere morto. Davvero
morto.
Forse
è questo ad attirare l’attenzione della
biondissima
ragazza dietro la scrivania, che non si preoccupa del turpiloquio del
nuovo
arrivato, ma si limita ad accoglierlo con gentilezza e un sorriso tutto
denti
che va oltre ogni umana immaginazione.
«Signor
Mikaelson! Le do il benvenuto!»
Sì,
può quasi sentire
i punti esclamativi alla fine di ogni frase… Dio, ma esistono
davvero degli occhi così azzurri?
Kol la guarda
con aria smarrita.
Il sorriso
accecante della bionda non accenna a offuscarsi
neanche davanti alla sua non-reazione, non sembra farci troppo caso.
«Sarà
confuso, immagino» non ha alcun bisogno di
immaginarlo, glielo si legge chiaramente in faccia.
«Il capo la
aspetta, era tanto impaziente di incontrarla… la aspetta da secoli».
Kol non
è ancora pronto a elaborare tutti queste
informazioni - suoni a una frequenza impossibile che bombardavano le
sue
orecchie senza pietà.
«Scusi…
credo di non aver ben compreso… dove siamo?» il
tono
cerca d’essere gentile e pacato - niente
panico,
lo ripete tra sé come una mantra - ma la formulazione tarda
della
frase e l’evidente disagio nella voce non possono essere
nascosti.
«Oh,
ma certo! Che sciocca, lo dimentico ogni volta…»
borbotta tra sé l’inquietante segretaria,
rimproverando la sua solita
sbadataggine e imponendosi di essere delicata. Inutilmente, ovvio.
«Siamo
all’Inferno, signor Mikaelson!» dice tutto
d’un
fiato, con ovvietà, come se non ci fosse davvero bisogno di
quella
precisazione.
L’impatto
di quella notizia lo travolge al petto come un
treno in piena corsa - sì, Kol ha provato
l’esperienza e non l’ha trovata per
nulla piacevole - e ringrazia di essere già seduto.
«Come,
scusi?» bisbiglia, stralunato. Deve aver capito male.
«All’Inferno.»
la ragazza scandisce bene ogni lettera, come
nel parlare a un bambino un po’ tardo
«Già, non fa così caldo come ci si
aspetterebbe» aggiunge, divertita.
Kol sussulta -
gli ha letto nel pensiero? O è così
prevedibile?
Non trova la
forza di dire altro; si limita ad aspettare che
la ragazza bionda dagli occhi strabilianti lo travolga con il tipico
chiacchiericcio femminile - o come minimo che gli dia qualche
informazione in
più.
Invece lei si
limita a guardarlo con curiosità, sfarfallando
di tanto in tanto senza malizia le ciglia lunghe bionde che circondano
quei due
pezzi di cielo incastonati sul suo volto - di nuovo, Kol si ritrova a
domandarsi se quegli occhi così grandi e limpidi siano
reali. Lo inquietano.
Quando il
silenzio si è ormai protratto per diversi secondi
e lei, sbarrando gli occhi - che ormai hanno raggiunto dimensioni
inimmaginabili - esclama «Non mi sono neanche presentata! Mi
perdoni, che
maleducata, io conosco il suo nome… mi chiamo
Angelica».
L’ironia.
La fottuta ironia
divina.
Kol non sa se
ridere o piangere.
«Ascolti,
il capo vuole incontrarla. Non deve preoccuparsi,
lei è uno dei suoi preferiti, in realtà, e
aspetta da un sacco di tempo di
poter fare questa chiacchierata tra pari… sarà
una cosa veloce, capisce? Solo
un piccolo colloquio privato. Succede con tutti gli ospiti
d’onore»
Be’,
in effetti lui di cose gravi ne aveva fatte parecchie,
in mille anni.
«Non
si faccia suggestionare, è un tipo un po’
strambo»
l’azzurro nelle sue iridi sembra ridere e stavolta
è lui a leggerle i pensieri
- crede si troveranno bene, che una chiacchierata tra due strambi
sarà
divertente.
Angelica
dà un’occhiata alla porta di legno massiccio in
cima alle scale e socchiude le labbra, annuendo piano come in attesa di
una
conferma.
«E’
ora, può entrare. Spero di rivederla presto, signor
Mikaelson».
Torna a
sedersi dietro la scrivania con una piccola
giravolta, abbagliandolo di nuovo con un sorriso e sistemandosi degli
occhiali
rettangolari sul naso, nel tentativo di apparire professionale.
Kol comincia a
salire le scale con lentezza, ma si ferma al
secondo gradino e guarda velocemente indietro, scruta per un momento la
sala
rossa e il sereno digitare della ragazza sul moderno computer.
Decide di
tacere ciò che vorrebbe dirle e continuare a
salire pigramente - verso cosa, poi? Il patibolo? La dannazione eterna?
-,
mordendosi la lingua per non rivelare ad Angelica che quegli occhiali
fanno
soltanto sembrare i suoi occhi ancora più grandi.
**
Entrando nella
stanza, Kol si aspetta fiamme altissime e
urla strazianti di peccatori in agonia, o come minimo un qualche
sporadico
lamento spettrale, invece si trova in un moderno ufficio circolare,
completo di
vetrate ed eleganti mobili in noce.
«Kol!
Finalmente! Siediti, forza… non sai da quanto tempo ti
aspetto. Posso offrirti qualcosa da bere? Ormai immagino tu non
gradisca più
una sacca tiepida di AB positivo, ma con un bicchiere di Jack Daniel
non ci si
sbaglia mai, già»
Kol si siede
senza dire una parola, osservando il suo
balzellante interlocutore.
Di tutto. Si
sarebbe aspettato qualunque cosa dal Diavolo in
persona, ma non un ometto di mezza
età, peraltro dai tratti piuttosto buffi e amichevoli, che
l’accoglieva come se
fosse un vecchio amico che non vedeva da tempo.
Ritorna
velocemente in sé: lui è Kol Mikaelson, e neanche
il
Diavolo può coglierlo impreparato.
Riacquista il
suo solito ghigno sornione, accettando il
bicchiere che l’altro gli porgeva.
«Devo
rivelarti che sono uno dei tuoi più grandi fan, amico
mio!» esordisce lui, sorseggiando il liquore ambrato e
sedendosi sull’enorme
poltrona rossa davanti a Kol.
«In
mille anni mi sono divertito un sacco a osservare i tuoi
casini, sei un vero genio del caos, mi hai reso la vita molto
più semplice.
Della tua famiglia, sei decisamente il mio preferito» dice
poi, in tono di
confidenza «Per questo non ho permesso che ti spedissero
dall’Altra Parte, ho
insistito per farti venire qui! Ti ho risparmiato
un’eternità di noia mortale,
sappilo»
Finn
probabilmente a quest’ora sarà a cantare il Padre
Nostro su nel cielo, circondato da cherubini.
«Ehm…
grazie?» replica Kol, non sapendo bene come riferirsi
a lui.
Ha appena
fatto ridere il Diavolo.
«Scusami,
qui non badiamo davvero ai nomi, e me ne hanno
dati così tanti… sulla Terra mi chiamano tutti
Lucifero e devo dire che non mi
dispiace. Dopo tanti millenni mi ci sono affezionato»
Kol annuisce e
apprezza il liquore che gli sfiora il palato
- all’Inferno hanno ottimi gusti per gli alcolici.
«Bene,
mi piacerebbe da morire chiacchierare più a lungo con
te - avevo fatto anche una scaletta delle cose di cui parlare,
vedi?» gli
mostra orgogliosamente un foglio su cui ha scribacchiato alcuni piani -
dannatamente geniali, Kol deve ammetterlo - per alcune graziose
malefatte da
elaborare assieme «… però ho ancora un
mucchio di gente da smistare e parecchio
lavoro arretrato, non volermene, quindi temo dovrò arrivare
subito al punto.
Conosco le voci che corrono, so com’è raffigurato
il mio regno - piuttosto
rozzo e medievale, se posso dire la mia, non creerei mai qualcosa di
così
cattivo gusto! - ma devi sapere che è completamente diverso.
C’è un sacco di
gente interessante con cui parlare e, sì, anche un
po’ di punizioni per le cose
divertenti commesse in vita. Al “Boss”»
indica il soffitto con il dito indice, il
tono è di scherno «non piacciono le cose
divertenti, capisci? Una
contraddizione, rispetto agli istinti che ha gentilmente donato
all’uomo, ma è
fatto così. Una stronzata, se chiedi a me, ma devo fare il
mio lavoro»
Kol preferisce
non rispondere e lascia che l’uomo continui
indisturbato il suo monologo.
«E a
me piace fare bene il mio lavoro: professionalità,
originalità, condanne personalizzate. Non fraintendermi, io
sono totalmente
dalla parte dell’uomo, ma alla fine ci divertiamo
tutti… e per te ne ho
preparata una speciale, così speciale che vi
assisterò personalmente, perché so che sarà
uno spasso».
Kol si sente a
disagio, indagato attentamente dagli occhi scintillanti
di divertimento dell’interlocutore, e si sistema meglio sulla
poltrona
lasciandosi sfuggire una piccola smorfia.
«Bene,
ora arriva il bello… elettrizzato? Ti ho fatto
osservare dalla tua assistente personale, l’hai incontrata
poco fa - Angelica è
deliziosa, non trovi? Me l’hanno spedita da
lassù» e indica di nuovo il
soffitto «perché avevo un calo di assistenza, sai,
le mie diavolesse non sono
esattamente dedite ai lavori di archivio… ma alla fine si
è affezionata e ce la
siamo tenuta noi, una squisita aggiunta! - comunque, come dicevo, sono
giunto a
un’ovvia conclusione: l’umanità
è la più giusta - e divertente - punizione che
avrei mai potuto immaginare per te, bello, no?»
Sembra solo
che il Diavolo si trattenga dal battere le mani
per una questione d’immagine e professionalità -
no, ci ha ripensato, sembra un
bambino a Natale.
Kol sente
un’improvvisa nausea impossessarsi di lui.
«Come?»
esala. Non vuole crederci.
«L’umanità»
ripete Lucifero, irritato dalla mancanza di
entusiasmo di Kol «Tornare umano: c’è
un’intera sezione del mio regno per questo genere di
cose, e non
preoccuparti, hai tutta l’eternità per divertirti
un mondo».
Ovviamente lo
controllerà dalla sua immensa vetrata per
ridere di ogni suo tormento, ma questo Kol non lo sa ancora…
può ben
immaginarlo, però.
Digitando
qualcosa su un piccolo oggetto lucido - un
cellulare? Un piccolo tablet? Kol ha vissuto così poco il
Ventunesimo secolo
che non riesce a riconoscere quell’aggeggio - Lucifero si
lascia scappare un
sorriso diabolico e lo saluta con “Ci rivediamo
all’Inferno!” o qualcosa del
genere, Kol non riesce a sentire le parole precise perché il
buio lo inghiotte
improvvisamente.
**
Si risveglia
con una bizzarra sensazione di dejà-vu - è
sdraiato sulla schiena e la testa gli fa talmente male che pensa
potrebbe
implodere da un momento all’altro - ma non
c’è alcuna luce dorata né una
segretaria bionda ad accogliere il suo risveglio.
Sente i
muscoli e le ossa doloranti, la sensazione di essere
in una bolla rimane - i sensi sono rimasti ovattati - e sa di essere
debole
come mai prima d’ora, come un umano. Dannazione.
«Si
sente bene? Chi… oh mio Dio! Kol!»
Vorrebbe
implorare la donna che sta ticchettando
freneticamente nella sua direzione di abbassare la voce e togliersi
quei tacchi
demoniaci, percepisce ogni suono come un rimbombo doloroso nella testa.
«Che
ti è successo? Chiamo
un’ambulanza…»
Kol si chiede
se sia impazzita: da quando la procedura per
quando si trova un vampiro Originale semisvenuto è correre
all’ospedale?
«No»
riesce a rantolare, stringendo gli occhi «Sto bene».
Stronzata: il
dolore è così esteso e così intenso
che
vorrebbe strapparsi tutte le terminazioni nervose a mani nude.
«Ma
sei svenuto in mezzo alla strada! Hai bisogno di un
medico!» squittisce lei «Non sarai mica
ubriaco?» la preoccupazione sfocia in
rimprovero e finalmente lui riconosce la voce.
«Caroline
Forbes?» boccheggia, attonito. Che cavolo ci
faceva lì l’ossessione del suo fratellastro
ibrido? E perché si preoccupava per
lui?
Non appena il
mal di testa comincia a svanire, Kol si chiede
che diamine ci facesse lui, lì, dato che a
quest’ora dovrebbe essere morto,
sepolto e all’Inferno.
«Non
muoverti, chiamo subito tuo fratello… fermo dove
sei!»
gli intima, ma Kol non ha proprio alcuna intenzione di andare da
qualche parte
- e neanche le forze, per dirla tutta.
«Tesoro,
devi venire subito qui… sono davanti al liceo, ho
trovato tuo fratello per terra, svenuto. È troppo buio, non
riesco a vedere
eventuali ferite… oddio, sbrigati!» ormai la voce
di Caroline, ormai in pieno
panico, deve aver raggiunto una frequenza udibile solo per i
pipistrelli.
È
inginocchiata vicino alla sua testa, ma comunque Kol non
riesce a sentire ciò che suo fratello sta praticamente
urlando al telefono.
«Non
lo so! Sì, non devo agitarmi per il bambino… ma
Kol è
bianco come un fantasma… ti prego, sbrigati»
Il bambino? Il
mondo si è improvvisamente girato alla
rovescia?
I vampiri non
hanno figli… una consapevolezza improvvisa
spazza via ogni traccia di mal di testa.
Può
vedere il pancione sotto la maglietta a righe di
Caroline.
Niente
più vampiri… sono tutti umani. Tutti quanti.
Apre gli occhi
all’improvviso, terrorizzato all’idea di una
vita da mortale.
Il viso
preoccupato di Caroline sembra solo una versione più
carina dell’Inferno, adesso.
**
«Sono
corso qui non appena hai chiamato, amore» Klaus dà
un
bacio sui capelli biondi di Caroline, ormai terrorizzata: Kol non si
era ancora
mosso, si limitava a tenere gli occhi spalancati.
«Fratellino…
sembra che tu sia appena sceso all’Inferno e
risalito» dice poi a Kol, per smorzare un po’ la
tensione.
«Curiosa
scelta di parole, Nik» replica debolmente lui.
«Come
ti senti? Riesci ad alzarti? Chiamo un medico?» tutte
quelle domande non erano proprio da Niklaus.
«Sto
bene, ve l’ho detto, solo… » una smorfia
compare sul
suo volto, ma non è per il dolore «In che anno
siamo, Nik?».
Klaus spalanca
gli occhi, ora molto preoccupato.
Kol
è ubriaco? Drogato, addirittura? Suo fratello non era
mai stato esattamente una persona responsabile, ma non aveva neanche
mai
commesso scemenze autodistruttive come drogarsi o ubriacarsi sul serio.
«Caroline,
amore, va’ in macchina» dice lentamente, e si
inginocchia vicino al fratello.
«Kol,
qual è l’ultima cosa che ricordi?» la
situazione era
più seria del previsto.
Kol non
conosce le regole, in che razza di universo
parallelo l’ha spedito Lucifero? A quanto pare suo fratello e
Caroline sono
sposati e in dolce attesa, ma non sa altro.
Deve
aggiornarsi velocemente, e fingersi ubriaco è un modo
come un altro per racimolare informazioni senza destare troppi
sospetti… si è
ubriacato così tante volte, nella sua vita immortale, che
non gli costa alcuno
sforzo recitare la sua parte - è sempre stato bravo in
queste cose.
«Nostro
padre è morto, Klaus? Dov’è
Finn?»
Gli occhi di
Klaus si spalancano, improvvisamente il suo
tono si fa cauto.
«Kol…
Mikael è morto insieme a Henrick ed Esther … un
incidente…»
Ah, quindi
c’era un minimo di linearità con i fatti reali.
«E
Finn è in viaggio di nozze con Sage. Rebekah è
furiosa»
«Già,
e tutto va a rotoli. Mi sento solo» Kol dice le prime
cose che gli vengono in mente - che altro potrebbe dire un ubriaco? Ma
si è
tenuto vago abbastanza da permettere a suo fratello di interpretare a
suo
piacimento le sue parole.
«Kol,
mi dispiace che tu ti senta solo… da quando hai rotto
con Jeremy e poi con Meredith, sai, ma le cose andranno meglio. Hai noi
e la
tua squadra».
Okay, Nik si
è rammollito paurosamente, lui ha avuto una
storia con Jeremy Gilbert - sul serio? Il ragazzino irritante che ha
finito con
l’ucciderlo? - e una certa Meredith - che, vista la
corrispondenza con la sua
vita, immagina sia la donna carina con la lingua tagliente del Grill.
Che vita
patetica.
Un
momento… che squadra?
Gli scocca uno
sguardo confuso - che Niklaus interpreta come
di disperazione.
«Avete
vinto tutte le partite della stagione, sei uno dei
giocatori di baseball più quotati, fratello! Le cose stanno
iniziando a girare
per il verso giusto… andiamo a casa, Kol».
«Voglio
Elijah» piagnucola Kol, testardo.
Essendo in
assoluto il più ragionevole, potrebbe dargli più
informazioni e chiarimenti, riflette Kol mantenendo la parte di finto
ubriaco.
Sa che non
durerà a lungo: per quanto odi ammetterlo, è
umano. E gli umani non stanno straiati su un marciapiede a lungo,
devono
mangiare, bere, dormire e mantenere la temperatura interna costante.
«Elijah
ha portato Katherine a teatro, stasera» dice Klaus,
accigliandosi un po’.
Kol non riesce
a soffocare un’esclamazione incredula
«Katherine?»
Klaus spalanca
gli occhi, sorpreso «Sì, Kol, sua
moglie… la
sorella gemella di Elena… ti dice nulla?»
Kol sembra a
dir poco sconvolto dalla notizia.
«Che
cosa? Katherine… Elena?» balbetta, e Klaus inizia
a
preoccuparsi seriamente.
«Sì,
Elena, la sorella del tuo ex e compagna del mio migliore
amico, Stefan… Kol, che ti prende?»
Ma che gioia,
Mystic Falls si è trasformata in una sorta di
soap opera! Che fortuna, pensa Kol amaramente.
È
l’Inferno, sì, o anche peggio.
«Non
muoverti, potresti aver sbattuto la testa. Ti porto
subito in ospedale».
Non
può davvero replicare: è umano, semi-congelato e
gli può
far comodo simulare una commozione cerebrale.
La sua vita fa
ufficialmente schifo.
**
Sarebbe stato
paradisiaco poter entrare e uscire da quel
dannato ospedale senza problemi, ma ecco che viene improvvisamente a
sapere che
Meredith è una dottoressa e che si sono lasciati nel
peggiore dei modi - cioè, lei l’ha
mollato per un professore di
storia.
Ovviamente
è lei a visitarlo, tra uno sguardo ostile e
l’altro.
Quando Klaus e
Caroline lo vengono a riprendere per portarlo
a casa, lui non può fare a meno di sottolineare, piccato,
che non possono avere
figli, semplicemente non è possibile, perché sono
vampiri.
Klaus incolpa
l’alcol e le troppe serie TV che suo fratello
ama guardare nel cuore della notte - sta “perdendo il senso
della realtà, non è
vero, tesoro?” ha anche il coraggio di dire queste precise
parole a Caroline
proprio davanti a Kol che, sobrio e lucido, non le accoglie molto bene.
Ma poi si
ritrova a casa di suo fratello Klaus, dove ci sono
anche i fratelli Salvatore, che apprende gestiscono un salone -
ovviamente
Stefan si occupa degli hairstyles e
Damon del look degli acquirenti -
con
le relative consorti (o fidanzate? Non è ancora stato
aggiornato),
rispettivamente Elena e una certa Rose.
Rebekah
intende diventare un’insegnante di scuola materna e
già fa è istruttrice di un gruppetto di scout
girls.
Ma il colpo di
grazia è senz’altro il bambino di tre anni, -
a quanto pare l’ha avuto dalla sua fidanzatina del liceo,
Mary Porter - che
scorrazza per casa.
Kol fa un
respiro profondo, raccatta i brandelli rimanenti
della sua dignità e scappa via urlando.
**
Nessuno
è ancora riuscito a trovarlo - e nessuno lo verrà
a
cercare vicino alle grotte in cui lui ed Elijah giocavano da bambini.
Okay, Lucifero
vuole l’Inferno? Distruggerà ogni più
piccolo
pezzo di quella miserevole città e brucerà vive
quelle brutte copie dei suoi
fratelli.
Un sottile
cellulare rosso - che non sa neanche di avere -
comincia a squillare, distogliendolo dai suoi pensieri omicidi.
“Highway to Hell”
degli AC/DC? Sul serio?
«Pronto?»
«Signor
Mikaelson, sono Angelica… mi spiace avvertirla che
il suo piano non andrà in nessun caso a buon fine, e in caso
di distruzione
della città verrà prontamente trasferito in un
altro scenario. Le consiglio di
non provarci nemmeno»
Bene, ora ha
anche un’assistente personale che gli sta
addosso, che gioia!
Ma nessuno
imbroglia Kol Mikaelson, neanche il Diavolo in
persona: era abituato a suo fratello Klaus - il vero Klaus - e riusciva
sempre
a trovare un modo per raggirare ogni divieto, sempre.
E sa anche che
c’è sempre una scappatoia a ogni regola.
E lui ha
appena trovato la sua.
**
Si risveglia
di nuovo sdraiato sulla schiena - dannato
dejà-vu - ma stavolta è sul pavimento di casa
Gilbert.
Uccidersi
è stato semplicemente geniale… non aveva
distrutto
la città, no? Lo scenario era intatto, lui era
umano… si è semplicemente tolto
dai giochi.
Ha sognato
tutto? Anche la scena della sua morte? Nik si è
limitato a pugnalarlo e metterlo in una bara per un po’?
Silas è stato
risvegliato, è la fine del mondo?
Non
c’è nessuno in quella casa, non un’anima
che possa
rispondere alle sue domande.
Si alza di
scatto, irritato e intontito, ma qualcosa scivola
dalla sua tasca e cade sul pavimento, diffondendo nella casa silenziosa
un
brano ben conosciuto - che gli provoca immediatamente brividi freddi
lungo la
schiena.
Lo raccoglie.
È piccolo, rosso e sottile, ultramoderno e
dannatamente familiare.
Note dell'autore
Ehilà! ** strano ma vero, sono tornata piuttosto presto nel
fandom (forse vi ricorderete... o molto probabilmente no, ma poco tempo
fa ho pubblicato questa
shot sulla famiglia degli Antichi :3) con questa... cosa xD no,
davvero, è una scemenza senza capo né coda che
decisamente si distacca dal mio normale tipo di scrittura - direi non
tanto quanto a stile ma decisamente quanto a genere e argomento - e che
non sarebbe nemmeno qui se la mia carissima Alchimista
non fosse intervenuta, rassicurandomi sulla decenza di questa shot e
sulla mia sanità mentale xD.
Io mi sono divertita un mondo a scriverla, e spero che leggerla non sia
proprio uno spreco di tempo (ma chi voglio prendere in giro? xD).
Quanto al finale, l'ho lasciato volutamente aperto: nella mia testa ho
ancora un paio di "scenari", ma mi conosco e diventerebbe solo un'altra
long che non sarei in grado di finire, perciò preferisco
lasciarla così... chi lo sa? Forse - se l'ispirazione non
diserta come al suo solito - potrei aggiungere ancora un capitolo o
due, ma nel dubbio la lascio come one-shot :3.
Data la mia inaspettata ispirazione (merito degli Originali, i miei
tesori <3) credo mi rivedrete presto - prima o poi, conoscendomi
xD - sul fandom.
Grazie
a tutti per essere arrivati fin qui! **
A presto, Luna95.
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