My Immortal: Il sole nero
dell'eclisse della luna d'argento
Mi sono stati dati molti nomi nel corso degli anni: alcuni me li sono
guadagnati con il sudore e la fatica, andando oltre qualunque limite la
mente di una semplice bambina di 8 anni potrebbe mai raggiungere,
persino in una realtà così tecnologicamente avanzata come la nostra. Ho
visto, e fatto, cose che la maggior parte delle persone non potrebbero
neppure immaginare.
Molte sono state spregevoli.
Di molte, me ne vergogno.
Ad esse sono legati molti dei nomi che mi sono stati attribuiti:
assassina, traditrice, fine del mondo, re senza onore e senza corona.
Non posso rinnegare il mio passato, perché è su questo passato che
fonderò il mio futuro.
Io sono la traditrice.
Io sono stata tradita.
Si può peccare, a soli 11 anni?
Quanta fiducia può riporre una bambina nei legami di sangue? Eppure è
stato proprio chi porta il mio stesso sangue a farmi macchiare della
colpa più grande, a farmi uccidere la memoria di una ragazzo che non ho
mai incontrato, ma che per colpa mia ha perso la possibilità di
accelerare ancora.
Red Rider era un pacifista convinto, quasi ironicamente coinvolto in
una guerra di potere fra persone poco più che bambine. Quanti anni avrà
potuto avere allora? Tredici? Quattordici? Gli ho tagliato la testa con
le mie lame, ma la mia illusoria vittoria è stata ben effimera, se
paragonata a ciò a cui ciascuno di noi ha dovuto rinunciare: io alla
mia dignità, lui ai suoi ricordi, il Re Viola alla persona che amava,
il Re Blu al suo migliore amico, la Legione Rossa al suo comandante… Se
il Chrome Disaster fosse apparso in quel momento, l'Accel World sarebbe
stato perduto.
Nera vergogna. Disonore. Disastro.
E per questo, mi sono dovuta macchiare di un peccato ancora più grave.
Sono scappata.
Non mi sono lasciata ammazzare.
Ma cosa avrei potuto fare? Ero una bambina, avevo paura. Ero stata
spinta a tradire da una persona che mi aveva tradito, avevo spezzato in
pochi secondi un patto che si manteneva intatto da quando le legioni
erano state formate. Io, piccola e sola, avevo avuto l'incoscienza di
andare contro gli Originatori, contro coloro che esistevano da che quel
mondo era stato creato.
Avevo perso.
Scelsi la strada della vergogna.
Abbandonai la mia legione.
Abbandonai l'Accel World.
Con il tempo ho imparato a lasciarmi scivolare il mondo addosso: il mio
cuore è diventato un diamante, freddo, lucido e bellissimo. Sono sobria
e seria, matura e posata, la gente prova rispetto per me e mi ammira.
Nei corridoi, la gente mi cede il passo e mi fissa quando cammino verso
la caffetteria: ho un tavolo riservato solo per me, dove ogni giorno mi
servono il miglior tea che la cucina sia in grado di offrirmi. Le
matricole mi ascoltano ammirate, quando li accolgo il primo giorno
dell'anno dall'alto del mio incarico di vicepresidente del consiglio
studentesco, e i senior applaudono alle mie parole, quando auguro loro
il buona fortuna che precede il loro passaggio alla scuola superiore.
Sono bella e fredda, e la gente mi ammira, senza saper andare oltre ciò
che nascondo dietro la facciata di ragazza seria e distaccata.
Procedo da sola in una realtà che non mi appartiene.
Sono una menzogna che cammina in un mondo troppo lento.
Ho perso gli amici ed i compagni, la mia legione si è dispersa nei
confini più remoti del Campo Neutrale Illimitato e dell'Accel World.
Ho imparato ad aspettare.
Per due anni sono stata la Principessa che aspetta nella torre.
Per due anni sono stata Kuroyukihime.
Mi sono negata la possibilità di accelerare ancora, di spezzare le
catene che mi tengono ancorata a questo mondo limitato: volevo superare
i limiti della mia mente, e trascendere lo stesso Accel World,
giungendo più in là di chiunque altro sia mai stato in grado di fare.
Ma non sarò io a realizzare questa impresa.
Ora lo so.
Io ora lo so, che esiste qualcuno più veloce di chiunque altro, che un
giorno scuoterà fin dalle fondamenta questo mondo stagnante. Qualcuno
capace di superare anche i re, e che punterà le sue ali splendenti
verso il cielo: il mio vero re dal colore dell'argento, l'angelo che ha
fatto tornare a battere il mio cuore di ghiaccio.
Il corvo le cui penne brillano della luce affilata della luna piena, il
paladino della principessa addormentata.
Silver Crow.
Haruyuki.
Haru…
Quando l'ho incontrato per la prima volta, non avevo la minima idea di
chi fosse, e mai avrei potuto immaginare quello che sarebbe diventato
per me…
Era la primavera del mio secondo anno alla Umesato, eppure era
passato già abbastanza tempo perché tutti nella scuola avessero
imparato a guardarmi con ammirazione e a cedermi il passo nei corridoi,
come se camminare al mio fianco fosse un privilegio a cui nessuno di
loro poteva aspirare. Ero sola, immersa in una vita vuota, senza
l'accelerazione e senza compagni, con la sola Megumi ed il consiglio
studentesco a rischiarare le mie giornate vuote.
Fui letteralmente colpita da lui: mi finì addosso, rovesciando
sul pavimento mezza dozzina di snack e panini vari, e seguendoli
all'istante, probabilmente attirato verso il terreno dalla sua non
indifferente mole corporea. Lo reputai sin da subito una persona
piuttosto maleducata: non condividevo l'opinione della gente che mi
definiva una persona snob, e la me che era stata bambina un tempo
avrebbe avuto come primo pensiero quello di chiedergli se si fosse
fatto male, ma in quel momento non potei trattenermi dal provare un
certo fastidio, quando mi resi conto che la sua prima preoccupazione
erano stati i sacchetti che gli erano finiti a terra ed il loro
contenuto. Sul momento pensai non senza un certo disgusto che quel
ragazzino sembrava un maiale, la cui unica preoccupazione era quella di
mettersi all'ingrasso ingurgitando le più varie schifezze reperibili,
probabilmente privo di vita sociale e piuttosto limitato sia nelle
attività fisiche che in quelle mentali. Allora non feci neppure caso al
fatto che fosse sbiancato di colpo al punto da far credere che potesse
stare male, e alle parole che mormorò a mezza voce quasi
singhiozzando... Quello fu uno dei misteri, neanche troppo segreti,
della vita di Haru, che venni a conoscere solo in seguito, e di certo
uno di quelli la cui soluzione portò alla costruzione del nostro
rapporto.
In pochi secondi, come se fosse un gesto a cui era abituato, raccolse
tutto nelle varie borse di plastica che teneva al polso e saltò in
piedi , pronto probabilmente a scappare a gambe levate. Stavo già per
lasciarmi sfuggire un colpo di tosse, non per altro per fargli notare
ancora la mia presenza, quando improvvisamente si girò e si profuse in
un inchino così profondo da fargli quasi sfiorare le ginocchia con la
fronte. Più che in un inchino, sembrava impegnato a prostrasi ai miei
piedi. Rimasi spiazzata, con una replica fredda e volutamente severa
ancora sulla punta della lingua, mentre il ragazzino iniziava a
scusarsi a raffica, in una maniera talmente veloce da rendere
incomprensibile la maggior parte delle parole che non fossero
un"perdono" e un "non ti avevo vista". Stavo per invitarlo a fermarsi,
se non altro per permettergli di riprendere fiato, quasi lusingata dal
fatto che qualcuno potesse preoccuparsi così tanto per qualcosa che di
fatto era poco più che una sciocchezza, e felice di essermi sbagliata
sulla mia prima impressione, quando finalmente alzò gli occhi: aveva
un'espressione impaurita, ma questa non riusciva a nascondere del tutto
l'aria ancora bambinesca che si spandeva dal suo volto. Non era bello,
e di certo non era attraente, ma non potei trattenermi dal pensare che
fosse in qualche modo carino, di una tenerezza simile a quella di un
peluche. Forse assomigliava ad un maiale, ma mi ricordava piuttosto un
maialino, di quelli rosa, con la coda a cavatappi ed il musetto a
grugno. Faceva sorgere in me l'istinto di abbracciarlo e tenerlo
stretto…
Fu il silenzio che improvvisamente calò tra di noi a riscuotermi:
persa nei miei pensieri, non mi ero neppure resa conto che il suo
apparentemente infinito monologo si era improvvisamente interrotto.
Stupita, abbassai lo sguardo su di lui, che nonostante fosse appena più
giovane di me non mi arrivava neppure all'altezza delle spalle, e lo
vidi impallidire ancora una volta in maniera preoccupante. Spaventata
che potesse essersi veramente sentito male, mi apprestavo ad accertarmi
delle sue condizioni di salute, quando i suoi occhi si posarono su
qualcosa a livello del mio collo: a quel punto le sue guance andarono
letteralmente a fuoco, mentre iniziava a gesticolare come un ossesso in
maniera scomposta. Fu ancora più difficile della volta precedente dare
un senso alle sue parole, e con non poca fatica riuscii a ricostruire
una frase del tipo: "Mi… mi dispiace! Non mi ero accorto che fossi una
senpai! Mi dispiace, ti chiedo perdono!" con tutte le varianti del caso.
Restai ancora più stupita, non tanto dal fatto che non mi avesse
riconosciuto in quanto senpai, il fiocco blu che portavo sarebbe stato
una prova più che sufficiente per chiunque, ma dal fatto che non mi
avesse riconosciuto come Kuroyukihime, la popolarissima vicepresidente
del consiglio studentesco. Quella mancanza, invece di farmi arrabbiare,
mi fece piacere: per la prima volta dopo molto tempo, avevo ricevuto
qualcosa, fossero anche solo state delle parole di scusa, non in quanto
ciò che apparivo, ma per ciò che ero veramente. Una senpai. Una ragazza
più grande.
Si profuse in nuove scuse per un tempo che mi parve infinito, al punto
che pensai che si fosse trasformato in un robot programmato per porgere
le proprie scuse a chiunque, quando il suono di alcune voci femminili
provenienti dal corridoio affianco parvero riscuoterlo. Sobbalzò come
se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa di vitale importanza,
e dopo l'ennesima frase di scusa, iniziò a correre più velocemente di
quanto mi aspettassi verso le scale. Inciampò un paio di volte, ma
prima che potessi avvicinarmi abbastanza da aiutarlo si rialzò in piedi
e ripartì a razzo, con i sacchetti che dondolavano tra le sue mani,
lasciandomi ancora più senza parole di quanto già non fossi.
Non gli avevo neanche chiesto il suo nome, sapevo solo che era uno
studente del primo anno, e che per la prima volta qualcuno, sia pure
per errore, si era rapportato a me come un pari… Certo, dopo si era
trasformato nella versione umana di uno zerbino da ingresso, ma le sue
parole erano state sincere: era veramente dispiaciuto di essermi finito
addosso, non lo aveva fatto per nessun secondo fine.
Probabilmente, pensai, non sapeva neanche chi ero.
Quell'evento continuò a vorticare fra i miei pensieri per parecchi
giorni a venire, ma non riuscii più a incontrare quel ragazzo, né nei
corridoi né in caffetteria.
Solo molti mesi dopo, quando ormai l'autunno era alle porte, avvenne il
nostro secondo incontro.
Quell'incontro che segnò l'inizio di ogni cosa.
E' passato più di un anno e mezzo da allora, e le cose sono cambiate in
maniera così improvvisa che
ancora stento a ritenerlo possibile.
Sono tornata nell'Accel World.
Con Haru.
Grazie ad Haru.
Sono tornata ad essere Black Lotus, il Re Nero della legione dei Nega
Nebulus.
Anche la mia legione sta lentamente rinascendo: Haruyuki ha strappato
il suo migliore amico, Takumu, dalla spirale di odio e dipendenza in
cui era precipitato a colpa del Brain Burst, e per molto tempo loro due
sono stati i miei unici e fedeli paladini. Ora anche Chiyuri, la loro
più cara amica, dopo molti dubbi e decisioni dolorose a cui è stata
sottoposta, si è unita a noi: sarò sempre in debito con lei, per aver
dato ad Haru la possibilità di riottenere le sue ali…
Già, Chiyuri…
O, come la chiamano loro, Chiyu…
A prima vista, non appare diversa in nulla da qualunque altra ragazza
della sua età: fa sport, ed in questo è più simile a Takumu che ad
Haru, le piace mangiare ma non esagera mai, per non rovinarsi la linea,
ha un ragazzo ed una passione quasi morbosa per i gatti.
Ed è amica di Haru…
E' la migliore amica di Haru…
E io la invidio.
Perché lei ha qualcosa che io non potrò mai avere: la sua amicizia.
Io e Haru siamo legati in molti modi, ma nessuno dei fili che ci
uniscono può richiamare un significato neppure lontanamente simile a
quello della parola amicizia: io sono il suo master, il suo genitore ed
il capo della sua legione. Io gli ho donato il fardello del Brain Burst
e l'ho strappato da un mondo troppo lento per trascinarlo nell'Accel
World. Sono stata la sua forza ed il suo coraggio, la sua salvezza e la
sua dannazione. Per me ha vinto, ha perso, ha rischiato e ha messo in
gioco tutto, compresa la sua vita nei due mondi. Io sono la sua senpai,
la sua compagna di scuola e la sua tutor.
Io lo amo.
Io non lo avrò mai.
Io ho Silver Crow, il paladino dalle ali d'argento, nato per difendere
la principessa nera.
Ho Haruyuki, il ragazzino timido che ancora si ostina a mantenere
l'immagine di un maialino rosa come avatar, e questo perché io un
giorno gli ho detto che lo trovavo carino.
Io ho Silver Crow, e Haruyuki…
Ma non avrò mai Haru…
Perché Haru è il bambino gentile che corre mano nella mano con altri
due bambini, e nessuno dei due porta il mio nome.
Io sono Kuroyukihime, principessa nata in una notte di neve nera,
figlia del buio e del tradimento.
Lui è il futuro re dalle ali d'argento, colui che accelererà la gravità
di un mondo privo di scopo…
Con lui corrono un cavaliere dall'armatura blu, saggio e gentile, ma
che vive nel rimpianto, ed una piccola maga verde, che vive nel tempo
che è andato perduto, e mai più tornerà.
Io vivo in un passato che non posso dimenticare, ed in cui porrò le
basi del mio futuro.
Lui vive in un cielo di stelle, e ogni stella è un passo in avanti
verso la sua meta.
Io ho Silver Crow, e Haruyuki…
Ma non avrò mai Haru…
Haru dal sorriso gentile, Haru dagli occhi di bambino, Haru che mangia
ed ha sempre fame, e quando non lo fa è perché qualcosa sta per
cambiare…
Haru che piange da solo per non farsi vedere, Haru che tiene tutto
dentro per non farmi preoccupare, Haru che mi guarda con affetto ed
ammirazione, Haru che arrossisce quando le mie mani sfiorano le sue,
Haru che mi chiama senpai, ed ogni volta è una pugnalata al cuore.
Haru che mi promette che un giorno sarà al mio livello e camminerà al
mio fianco, ed allora mi chiamerà con il mio nome, perché allora non
saremo più master e protetto, ma saremo pari.
Haru che si crede un fardello, ed è la mia forza.
Haru che cresce con me e mi fa cambiare.
Haru che è sempre al mio fianco, che mi guida e mi protegge.
Haru che è il limite oltre cui non potrò mai andare.
Haru che è il mio paladino.
Haru, che io amo.
Haru…
… che è le mie ali.
NOTE DELL'AUTRICE:
Lo so che il titolo è un po'strano, ma vedetelo come una sorta di mia
particolare visione del rapporto tra i personaggi: molto metaforica, e
comunque non riassume neanche in minima parte tutto quello che c'è tra
Haruyuki e Kuroyukihime, comunque se vi piace, prendetela per buona...
Usare Kuroyukihime (mi rifiuto di tradurre il nome come "Principessa
Neve Nera", è ORRENDO! Per me, anche se è solo un soprannome, va
scritto come se fosse il suo nome, quindi NON tradotto!) come punto di
vista è stato qualcosa che ha rischiato seriamente di portarmi alla
pazzia, è un personaggio così complesso e misterioso che è quasi
impossibile capire quello che pensa. E questo ha reso il tutto ancora
più difficile. Ma stranamente, per una volta sono soddisfatta del
risultato... Ci sono molti salti temporali, all'interno della fanfic:
credo che comunque chi ha seguito l'anime dovrebbe essere in grado di
riconoscerli. Altri, potrebbero non essere così chiari, ma poichè sono
spoiler a chiunque non abbia letto le light novel, non mi metterò qui e
ora a spiegarle. Non vedo l'ora che venga trasmessa una seconda
stagione dell'anime, perchè Accel World mi è veramente entrato dentro
all'anima! Spero che abbiate apprezzato questa storia!
Inoltre:
1) La storia fa riferimento ad avvenimenti legati alle light novel,
quindi seguenti in gran parte a quelli del solo anime.
2) Il primo incontro di Kuroyukihime e Haruyuki è puramente frutto
della mia fantasia, non ha nessun riscontro nell'anime, nel manga, o
nella light novel. In questi, sembra che il loro primo incontro avvenga
nell'arena di squash nel campo neurale non accelerato, a cui tutti
hanno accesso. Inoltre in quel caso, essi si incontrano come avatar, e
non come esseri umani veri e propri.
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