Capitolo 20
Quanto
è vero che il destino è un sadico bastardo.
L’unica
cosa che mi aveva sempre spaventato, l’unica che mi
aveva fatto desistere dal pensiero di togliermi la vita, era il dolore
che
avrei provocato alle persone che amavo.
Mia madre, Matt,
mio fratello, mia sorella, Jhon...
I loro volti mi
passarono dinanzi nell’oscurità delle
palpebre.
Alla fine, non
è questa la vera paura della morte?
Di te dopo non
rimane nulla se non la pace e la
consapevolezza che tutto il dolore, tutti i brutti ricordi, scompaiano,
come
per magia.
Nel silenzio,
cullata dal battito cardiaco di Jason, ripensai
alle persone a me care che avrei trovato dopo.
Dopo quel bosco
e quel buio.
E, con mio
stupore, mi pervase la tranquillità.
Tum, tum
tum, tum.
<< Come ti
senti? >>
<<
Molto meglio, grazie – rimasi con gli occhi chiusi.
– che ore sono Jay? >> sentii il suo corpo
muoversi mentre allungava il
braccio per vedere l’orario sul cellulare.
<<
Quasi le dieci >>
<<
Tra un’ora vado a dare il cambio a Matt -
rimanemmo per un po’ in silenzio poi come
intontita da tutta quella tranquillità sorrisi –
sai, mi piace >>
<<
Cosa? >> domandò confuso.
<<
Ascoltare il battito cardiaco. Il cuore è un organo
così piccolo ma così importante..
>>
Poggiai la mano
vicino al mio viso, sopra quel ritmo
rassicurante.
Tum, tum
tum, tum.
<<
Così rilassante.. >> mormorai.
<<
Lo fai anche con Matt? >>
<<
Intendi ascoltare il suo cuore? >>
Lo sentii
annuire.
<<
Ogni tanto, dopo una crisi solitamente. Lo trovo
rassicurante. Un modo per tornare alla realtà
>>
Per
assicurarmi che chi mi sta vicino in quel momento è vivo.
<<
Bè, visto che ora ci sono io, quando avrai una crisi
sai cosa fare >>
<<
Ti abbraccio improvvisamente mentre dormi? >>
risi.
<<
Potresti farlo. Ora però io andrei a mangiare
qualcosina. Tu vuoi qualcosa? >> mi alzai, anche se
controvoglia, dal suo
petto e sorrisi.
<< Tra poco scendo anch’io. Grazie del
pensiero. >> mi arruffò
giocosamente i capelli e poi si alzò.
Dopo aver
mangiato velocemente qualcosa ed essermi vestita
andai dai Cullen.
Camminavo
ripensando alla mia visione e al fatto che stessi
calpestando le stesse foglie che avrebbero accolto il mio corpo ormai
esanime.
Senza quel
battito cardiaco che mi piaceva tanto ascoltare
negli altri. Portai una mano al petto.
Tum, tum
tum, tum.
Sempre
più vicino all’ultimo.
Bussai alla
porta anche se sicuramente avevano sentito i miei
passi.
Mi venne ad
aprire Jasper, ma quando notai Leah alle sue
spalle mi irrigidii.
Perché
non l’avevo vista arrivare? Un dubbio si insinuò
prepotente.
Mi voltai ed
iniziai a correre verso gli alberi che avevo
segnato precedentemente.
Sentii la voce
di Matt chiamarmi e poi rapidi passi seguirmi.
Maledizione
pensai
arrabbiata verso me stessa.
Arrivai alla
base del primo albero e mi concentrai attivando
la mia seconda vista. Una nebbia nera ricopriva tutto il perimetro di
alberi
che avevo precedentemente marchiato.
<<
Maledizione >> mormorai dando voce all’unica
parola che mi vorticava in testa.
<< Che cavolo ti è preso? >>
Matt mi raggiunse e si mise al mio
fianco, ma lui non poteva vedere o percepire quello che invece per me
era
cristallino.
Eravamo caduti
in qualcosa di più grande del semplice
proteggere una mezza vampira.
Eravamo caduti nella rete di qualcuno che usava un potere non
convenzionale, un
potere sbagliato.
Dopo aver
avvisato i Cullen che dovevano trasferirsi tutti da
noi sgattaiolai in camera mia e mi stesi sul letto, lo sguardo puntato
sul
soffitto e le mani incrociate dietro la testa piena di pensieri.
Chi aveva rotto
il mio incantesimo?
Dovevo avvisare il Consiglio. Ma prima dovevo proteggere la casa,
renderla una
roccaforte indistruttibile.
E per quello mi
sarebbero servite tutte le mie energie.
Dei lievi colpi
alla porta mi fecero distogliere lo sguardo
da quel cielo bianco. Rimasi in silenzio, perché ero
così assolta nei miei
pensieri che non riuscivo più a ricordare come si parlava,
succede a volte.
Di nuovo due
colpi leggeri poi la porta si aprì ma non entrò
nessuno.
<<
Bea posso entrare? >> Jason.
<<
Entra >> dissi rimanendo stesa. Fece capolino
nella stanza poi, prendendo coraggio, entrò.
<<
Cos’è successo? Sei entrata in casa con una
faccia…
>>
Non avevo voglia di parlare, mi sentivo solo scoraggiata e mi sarei
presa a
schiaffi per non aver pensato che anche i nostri avversari
probabilmente
avessero una strega dalla loro parte.
Battei piano la
mano al mio fianco e lui si avvicinò e si
accomodò sul letto.
Lo guardai
intensamente negli occhi. Mi ci sarei persa volentieri
in quel momento.
Per scappare da tutto.
Per fuggire via
dal pensiero costante che una mia minima
disattenzione potesse costare la vita a delle persone, per fuggire via dagli
incubi, ed ancora, via
dai sensi di colpa, via da tutto. Via dalla morte.
Lesse qualcosa
nei miei occhi perché il suo sguardo diventò
preoccupato.
<<
A cosa stai pensando? >> Scossi la testa.
<<
Mettiti vicino a me, solo per dieci minuti –
abbassai lo sguardo – solo… niente domande, ok?
>>
Lui si stese al
mio fianco con una mano dietro la testa e
l’altra sul ventre.
<<
Come vuoi bambolina >> Sorrisi ed alzandogli
il braccio che aveva sul ventre poggiai la testa sul suo cuore.
Tum tum,
tum tum.
Poi il suo ritmo
cambiò, calmandosi.
Tum, tum tum,
tum.
Chiusi gli occhi
e lo ringraziai.
<<
Solo dieci minuti.. >> mormorai liberando la
mente da tutti i pensieri negativi.
Poggiò
la sua mano sul mio fianco, nulla di sensuale, solo un
mezzo abbraccio confortante.
Ed io mi persi,
solo per quei dieci minuti. Il massimo che mi
fossi mai concessa.
Pochi minuti di pace, pochi minuti per spegnere il cervello.
Sentivo i suoi
addominali sollevarsi ed abbassarsi al ritmo
del suo respiro, calmo, rilassato.
Tum, tum
tum, tum.
Non potevo non
pensare che il suo cuore procedesse allo
stesso ritmo del mio, sempre più vicino all’ultimo
battito, all’ultimo respiro.
Restare giovane
per sempre nel tunnel senza fine della morte.
Quando la voce
di J. ci avvisò che i Cullen erano arrivati
sussultai.
<<
Sei una corda di violino, bambolina >> disse
ridendo mentre io mi alzavo dal letto.
Sentii la porta
di casa chiudersi e bassi mormorii arrivare
dal piano inferiore.
Mi aggiustai i capelli e scesi le scale ad occhi chiusi, carezzando
dolcemente
il legno liscio del corrimano.
Quando li
riaprii erano tutti lì in piedi nel salotto, tutti
tranne Nina che si trovava in cucina a studiare per
l’imminente esame.
I loro visi
confusi e tesi.
Incatenai il mio
sguardo a quello di colui che era diventato
mio fratello, più per scelta che per obbligo. Quegli occhi
azzurri come pochi,
che rispecchiavano esattamente il colore del cielo estivo a mezzo
giorno.
Sembravano splendere di luce propria, una luce preoccupata in quel
momento.
Dopo un attimo
di emozioni dette senza parole sospirai
riabbassando le palpebre.
<<
Di cosa hai bisogno? >> mi disse così vicino
che sussultai.
<<
Solo di cinque candele >> ed un
po’ di pace pensai tra me e me.
Matt prese un
vassoio d’argento e vi poggiò cinque candele
bianche cilindriche, nel seguirlo con lo sguardo notai che gli occhi
dei nostri
ospiti si erano spostati alle mie spalle.
Senza bisogno di
voltarmi seppi che Jason era dietro di me.
<<
Dovete togliere i talismani che vi ho dato >>
dissi piano sapendo che tutti mi avrebbero sentito distintamente.
Vidi Matt
irrigidirsi e Nina uscire dalla cucina.
Sorrisi
falsamente ed iniziai ad allungare le mani dietro al
collo per sganciare il mio, di talismano.
Appena lo
staccai dalla pelle mi sentii leggera, poi Matt
fece lo stesso con la sua collana protettrice e me la porse. Sempre
più
leggera.
<<
Inizio a sentire i vostri pensieri >> disse
piano Edward, quasi disorientato. Mi limitai ad annuire, concentrandomi
per non
pensare niente di compromettente, poggiando entrambi gli amuleti sul
vassoio
d’argento che vennero prontamente seguiti dai braccialetti
dati a Jass e Nina
il primo giorno. Fin troppo leggera. Pensai
rinforzando la presa sul corrimano.
<<
Ed ora? >> chiese la ragazza dagli occhi
verdi.
<<
Ora rimanete in casa e non uscite per nessuna
ragione >> dissi prendendo dolcemente il vassoio dalle
mani di mio
fratello e facendogli un sorriso rassicurante che, però, non
rassicurava me.
Uscii ed ispirai
l’aria di quei boschi, incredibilmente
pulita ed intrisa di energia naturale.
Posizionai le
candele formando una stella a 5 punte intorno
alla casa e mentalmente disegnai un cerchio che le racchiudesse.
Poi mi
inginocchiai
vicino la candela che rappresentava l’apice, la
punta dello spirito, e
pregai a contatto con il terreno freddo.
Pregai che
chiunque avessi contro non fosse così forte da
riuscire a distruggere questo incantesimo, pregai di riuscire a salvare
la
piccola da qualsiasi cosa volessero farle, pregai affinché
non capitasse nulla
a nessuno di loro.
Della mia morte ero consapevole, ma che almeno loro stessero bene.
Poi mi
concentrai e con gli occhi chiusi e le mani immerse
nella neve iniziai a raggruppare tutte le mie energie e quelle del
bosco.
Vidi
l’energia salire dal terreno e danzarmi intorno come
vento bianco, anche se i miei occhi rimasero chiusi, sorrisi
perché era sempre
una bellissima sensazione.
Era arrivato il
momento di agire.
Che Dio me
la mandi buona.
Sapevo che mi
stavano guardando e non me ne curai.
Lasciai che
l’energia seguisse il perimetro del cerchio
accendendo le candele.
Le fiamme si
alzarono
verticalmente danzando armoniosamente come draghi rossi ed
unendosi a
circa cinque metri dal tetto della casa. Serpeggiavano come se avesse
vita
propria.
Poi la neve lì vicino si sciolse e raggiunse le fiamme
danzando con esse. Era
uno spettacolo meraviglioso ma non potevo permettermi di distrarmi.
Mandai
ancora più energia e le fiamme turbinarono con ancora
più forza e più luce.
Protezione pensai.
Protezione
contro chiunque non sia umano e che non si trovi già in
casa. Ed in quel
pensiero vi misi tutta la forza che avevo.
Poi come se nulla fosse successo terminò tutto. Le fiamme si
spensero e l’acqua
evaporò in un battito di ciglia. Unico residuo di quello che
era successo erano
gli stoppini fumanti ed il cerchio di terreno sgombro dalla neve.
Piccoli fuochi
d’artificio viola e bianchi esplosero davanti
ai miei occhi e caddi in avanti, improvvisamente senza forze e
spossata. Non
caddi con la faccia nella neve solo perché avevo ancora le
mani sul terreno.
Perfetto
Bea, ora devi ritornare dentro. Disse una vocina
nella mia testa. Se solo riuscissi a
muovermi.. pensai.
Bruciavo. Non
nel vero senso della parola con tanto di fiamme
e fumo, ma mi sentivo ardere. Probabilmente ero anche rossa in viso, ma
non
avevo uno specchio a portata di mano per confermarlo. Maledetti
specchi, non ci
sono mai quando ti servono.
Ok Bea,
lentamente tiriamoci su. Quando provai ad
alzarmi vacillai pericolosamente, ma
almeno mi alzai.
Non
permetterti di svenire nella neve, faresti davvero una pessima
impressione. Disse quella
vocina fastidiosa nella mia testa.
Oh ma stai
zitta. Sbottai.
Ok lo so, sono in un
ritardo schifoso e non posto da tipo secoli ma.. Sono sotto esami,
capitemi. In più questo capitolo è stato un po'
difficile e ...e... ok se volete potete trucidarmi. Dico davvero.
|