american dream
Al solito il locale era pieno e Susan
faceva
allegramente la spola tra i tavoli e il bancone col vassoio carico
perlopiu' di birre,
d'altronde in cinque anni che vi lavorava aveva visto
pochissime
donne che si sa, non amano tutte quella bevanda e comunque piu' che a
bere solitamente venivano a recuperare mariti, fratelli e fidanzati
sbronzi.
"Ehi Brian, mi dai un goccio? Ciao Susie" disse una voce
familiare "ciao Lachlan" sorrise lei tornando col
vassoio
vuoto per riempirlo nuovamente, conosceva quell'uomo da quando lavorava
al bar si puo' dire dato che veniva praticamente una sera si e una no,
sapeva che lui e Warren il suo socio, gestivano una piccola azienda
agricola e che vendevano i loro prodotti al mercato assieme al figlio
maggiore di quest'ultimo perche' li aveva sentiti parlare spesso del
loro lavoro tuttavia aveva l'impressione che nascondesse qualcosa,
nulla di brutto intendiamoci ma pensava che ci fosse anche "altro"
oltre al lavoratore agricolo che quasi tutte le sere se ne andava di
li' brillo se non ubriaco, era inoltre convinta che chi come lei
lavorava nei bar o comunque nei locali pubblici a furia di stare a
contatto con la gente ne sapeva quanto uno psicologo o quasi.
Quella sera pero' era perfino peggio del solito visto che tra un
bicchierino e l'altro due bottiglie di whisky se le era scolate tutte e
quando Brian si era rifiutato di versargliene ancora si era messo prima
ad imprecare poi si era attaccato al juke-box, nel frattempo era
arrivato Warren per portarlo a casa ma lui l'aveva deriso dicendo "hai
gia' messo a letto i bambini? I tuoi bambini col costume da ciliege e
banane..." e pronunciando "banane" in un modo cosi
comico
che a Susan sfuggirono di mano un paio di bicchieri, per fortuna erano
di plastica e scoppio' a ridere cosi forte che dovette chinarsi sotto
il bancone e prendere due respiri profondi mentre li raccoglieva.
Poco dopo pero' aveva cominciato a blaterare qualche frase che
chiarirono completamente la situazione alla ragazza, certo li per li'
sembravano insulse ma dopotutto si dice "in vino veritas"
Lachlan fino a quindici anni prima era chitarrista nella rock band dove
suo fratello maggiore Jed cantava e per un periodo le cose gli andarono
discretamente bene, avevano fama e successo, finche' una sera mentre
registrava il suo primo album lui pensando di aiutarlo ad andare avanti
gli diede certe pastiglie, non disse di che tipo ma comunque abbastanza
pericolose perche' Jed morisse a neanche trent'anni lasciando il
fratello disperato e pieno di sensi di colpa tanto da non avere il
coraggio di affrontare ne' i fans ne' tantomeno la famiglia e
costringendolo a venire a vivere li'.
Si sedette su una sedia e scoppio' a piangere prendendosi la faccia tra
le mani, Susan rimase esterrefatta: non tanto per quello che
aveva appena sentito quanto perche' nessuno ebbe il coraggio di
mettergli la mano sulla spalla e consolarlo, nemmeno Warren che pure lo
conosceva da una vita, cosi' usci' da dietro il bancone e
s'inginocchio' davanti a lui costringendolo a guardarla negli occhi
"ehi, va tutto bene, non e' stata colpa tua, non hai fatto
apposta e' stato un incidente" gli mormoro' , Lachlan commosso dalla
gentilezza di quella ragazza pianse ancora piu' forte circondandole le
spalle con le braccia, lei ne rimase un poco sorpresa ma
capiva
che in quel momento ne aveva bisogno, poco importa se c'era gente a
guardarli.
Pochi minuti dopo stava per andare in macchina ma Susan lo blocco'
"ti accompagno io, dimmi dove abiti" "no non e'
necessario" rispose lui "non provarci nemmeno
Lachlan
McAldonich: fila dall'altra parte" disse lei in un tono talmente
imperioso da farlo sedere precipitosamente sul sedile del passeggero
" ehi! sveglia, dimmi da che parte andare" disse
lei dandogli uno schiaffetto leggero sulla guancia "vai
avanti e alla seconda giri a destra" biascico' lui
rannicchiandosi sul sedile.
Infine arrivarono e la ragazza dovette accompagnarlo fin dentro e farlo
stendere sul divano "hai del caffe'?" chiese dopo
averlo aiutato a sistemarsi per bene "in cucina" rispose
socchiudendo gli occhi "puoi spegnere la luce per favore?"
"ma certo" disse Susan andando a
preparare il caffe' per entrambi, quando torno' con le tazze
in mano vide che aveva di nuovo le guance rigate di lacrime
"ehi, che succede?" chiese posandole entrambe sul
tavolino "sono in grossi guai Susie: rischio di essere
espulso dal Paese perche' mi hanno beccato ubriaco al volante e la mia
green card non vale niente! Dopo tanti anni in cui ormai mi consideravo
americano mi vogliono cacciare come un criminale" urlo'
furioso "possibile che non si possa fare niente?"
gli chiese "in realta' si potrebbe fare qualcosa,
si chiama estremo disagio: in pratica qualcuno dovrebbe firmare dei
documenti dimostrando che io conto qualcosa per lui ma nessuno lo vuol
fare nemmeno la mia ex-moglie e mia figlia" disse scoppiando
di nuovo in singhiozzi.
"Lo faro' io" disse Susan di getto "non dire
cazzate, mi conosci a malapena..." mormoro' lui sul punto di
addormentarsi "puo' darsi ma anche se ti sembrera' strano sei
molto importante per me" rispose lei abbassando la voce
"rimani per favore" disse lui stringendole le mani
"mai detto che me ne sarei andata" rispose lei togliendosi i
sandali e sdraiandoglisi accanto "se hai bisogno abbracciami
pure non preoccuparti" pensava che con tutto quello che gli
era successo avesse bisogno almeno di un po' di calore e in questi casi
cosa c'era di meglio di un abbraccio?
"Sei meravigliosa...grazie di tutto..." rispose lui
circondandole la vita con le braccia e stringendola a se' chiudendo gli
occhi.
La mattina dopo Susan era in piedi fin dalle otto e aveva preparato la
colazione: anche se era il suo giorno libero non le pesava alzarsi a
quell'ora tanto si era abituata nel corso degli anni ad alzarsi presto
"Buongiorno" disse vedendo Lachlan aprire gli occhi
"anche la colazione... cosa posso fare per ringraziarti?"
chiese stiracchiandosi "niente, a parte alzarti e
mangiare" rispose sedendosi a tavola "senti, oggi
e' il mio giorno libero che ne dici di farmi vedere quei documenti
dell'estremo disagio cosi ci ragioniamo un po' sopra?"
propose lei bevendo un sorso di caffe'.
Poche ore dopo avevano fogli sparpagliati su tutto il tavolo e
tentavano di farsi venire un'idea, in realta' Susan non era molto
ferrata in questioni legali ma pensava che un modo dovesse esserci
"ehi, perche' non tentiamo questa? Quella della malattia
intendo" disse lei "E come si fa? Non hai mica
bisogno della dialisi tu e poi c'e' sempre il rischio che facciano dei
controlli ed entrambi rischieremmo la galera" rispose lui
"non c'e' solo la dialisi: si parla anche di malattia in
generale, comincia a chiamare l'avvocato che poi ci pensiamo"
dichiaro' lei con una luce trionfante negli occhi.
Il giorno dopo andarono dall'avvocato davanti al quale Susan firmo' i
documenti "bene signorina Bailey ora non ci resta che consegnarli al
tribunale ma non e' finita qui: verra' convocata e dovra' dichiarare le
sue motivazioni al giudice se la sente di farlo?" le chiese
"ma certo" rispose lei convinta "posso chiederle
quali sono? Piu' che altro per vedere se siano convincenti, dopotutto
da esse dipende la permanenza del signor McAldonich qui"
disse l'uomo gentilmente.
Susan inizio' a raccontare: lei era originaria di San Diego ma appena
diplomata volle venire li' per essere indipendente dalla sua famiglia,
i Bailey erano ricchi commercianti e lei era cresciuta se non nel lusso
almeno in uno sfrenato benessere, certo la tranquillita' economica le
dava sicurezza da un lato, ma dall'altro sentiva di vivere circondata
da gente pigra e snob che non le si addiceva affatto, per questo volle
andar via di casa e trovarsi un lavoro normale: a furia di vivere come
non desiderava era precipitata in una lieve depressione, nulla di grave
certo, ma abbastanza da non permetterle una vita normale "Il periodo
antecedente al mio lavoro al bar fu pessimo: dormivo spesso, quasi non
riuscivo ad alzarmi dal letto, mi sentivo apatica" disse
"Beh ma allora e' merito di Brian, io che c'entro?" chiese
Lachlan.
Susan sorrise sistemandosi meglio la molletta sui corti capelli biondi
"c'entri eccome: e' stato da quando ho cominciato a
conoscerti che sono stata meglio" puntualizzo' lei ricordando
i primi tempi in cui durante le sue pause lavorative si sedevano
insieme a bere una birra ridendo e scherzando.
"Allora arrivederci, vi faremo sapere la data dell'udienza"
disse l'avvocato alzandosi e stringendo la mano ad entrambi.
Il martedi' successivo erano in tribunale, lui in camicia azzurra e
jeans, lei in pantaloni neri e camicia azzurrina a fiori,
dopo circa mezzora di attesa la fecero entrare per la
deposizione.
Fu una cosa piuttosto veloce, dopo venti minuti era gia' fuori ma il
peggio fu l'attesa della decisione del giudice: gli tocco' aspettare
quasi due ore, e quando l'avvocato usci' dall'aula Susan era cosi
agitata che dovette correre in bagno a vomitare.
Tornata nel corridoio scruto' preoccupata il suo amico ma le basto' una
sola occhiata per capire com'erano andate le cose, senza
dire una sola parola Lachlan le prese la testa sotto braccio
strofinadole le nocche in alto "lasciami scemo che sono
andata dal parrucchiere!" disse ridendo "Quale
onore" rispose lui con finto fare serioso e baciandola in fronte.
"Sai, ho promesso a me stesso che se ce la facevo, d'ora in poi avrei
bevuto due volte alla settimana al massimo" le disse mentre
uscivano "approvo in pieno, certo spiace perderti come
cliente, ma almeno non dovro' mai piu' vederti ridotto ad uno straccio"
disse lei mentre salivano in macchina "pero'
potresti sempre ricambiare con una fornitura gratuita a vita di uova al
locale..." inizio' Susan, poi vedendo lo sguardo di Lachlan
rispose "tranquillo, scherzavo."
angolo autrice: ho visto california solo in rete sottotitolato perche'
ovviamente non uscira' MAI in Italia, tuttavia non ho gradito
particolarmente il finale cosi ho voluto cambiarlo inserendo anche un
nuovo personaggio, spero che vi piaccia
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