L'ultimo saluto

di LeAliDelCigno
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Il rubinetto continua a gocciolare ininterrottamente. Un suono sordo. Secco. Ripetitivo. Che si perde nell’ampiezza della casa. Un bicchiere è la sotto, goccia dopo goccia, s’è riempito. Un'altra goccia cade e lo fa trasbordare. Tutto continua senza fermarsi.

Un uomo è seduto e d’avanti a lui si estende un tavolo ebano. Ha le mani giunte. Non si muove. Il suo respiro è tremante, rotto. Ma il suono che si espande dal lavabo del rubinetto copre ogni suono. Continuando, goccia dopo goccia, a far fuoriuscire acqua.
Dal volto stanco e duro dell’uomo si notano due occhi tristi dai quali scivola qualcosa, qualcosa di cristallino cade in pochi attimi. Forse una lacrima. Subito ne scende un’altra. Il tavolo pian piano inizia a bagnarsi. Ora i rubinetti gocciolanti sono due, la cadenza del ritmo raddoppia.
Il rumore cambia a seconda del luogo in cui si infrangono. Un suono sordo. Secco. Straziante. Non un ticchettio d’orologio, non un rumore esterno. Oramai l’uomo ha il volto umido, ma non ha intenzione di asciugarlo. Tutto continua in un oblio di silenzio infinito rotto solo dal suono di quelle gocce che è destinato a disperdersi nell’immensità di quella casa.
Un collare è adagiato sul tavolo. Un collare rosa. Piccolo. Sporco. L’uomo lo guarda silenziosamente e sposta lentamente la sedia indietro che gratta sul pavimento rompendo quell’atmosfera surreale.
Ora tra le sue gambe si può notare un batuffolo bianco non più grande di un neonato. L’uomo passa lentamente la mano su quel pelo lungo e arruffato. Ripete questo gesto più e più volte, ma il piccolo cane non si muove. Il cucciolo è disteso su un lato, immobile, sembra quasi non respiri. Qualche volta fa un flebile rantolo che si disperde nel vuoto e viene coperto da quell’inesorabile e continuo gocciolio.
La semioscurità di quella stanza sembra essere diventata più densa, più pesante. Ma ormai non c’è più niente da fare.
Il muso del docile animale è chiuso in una smorfia di dolore. Non ci sono più quegli occhi allegri che volevano sempre giocare. Non c’è più quella lingua che penzolava di qua e di la e riempiva di baci il suo padrone. Ora c’è solo un corpo che sta perdendo calore.
L’uomo continua ad accarezzare il suo cucciolo. Le lacrime iniziano a scendere copiose, senza una cadenza precisa.
D’un tratto il piccolo cane guarda il suo padrone. Uno sguardo intenso seppur breve, uno sguardo che racchiudeva tutti quei bellissimi anni assieme, ma anche il dolore di entrambi in quel momento.
Pochi secondi dopo l’animale fu preso da un tremolio. L’uomo prese il collare con la mano libera, lo strinse e si mise a piangere. Un pianto terribile, straziante, sofferente.
 
Ormai il rubinetto non gocciolava più. Nella casa, ora, si disperdevano singhiozzi.





Note dell'autore:
Si, parlavo del mio cane...





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