PREMESSA
La storia è
ambientata in un ipotetico settimo anno, ma si slega dagli eventi della saga,
perciò non contiene alcuno spoiler.
I personaggi che
non siano Draco, Harry, i loro compagni e insegnanti, e tutto ciò che
direttamente gravita attorno al mondo di HP, che appartengono agli aventi
diritto, sono di mia esclusiva creazione, e non intendono riferirsi ad alcuna
personalità realmente esistita.
Le ambientazioni
e le vicende storiche sullo sfondo sono verosimili, ma non vogliono in alcun
modo essere scrupolosamente attinenti a ciò che è la realtà storica, che viene
piegata alle esigenze della finzione.
Ho scelto il
rating arancione, per il momento, perché non ho ancora un’idea chiarissima su
come risolverò alcune questioni. Perciò mi riservo di modificarlo in futuro, in
caso di necessità e previo avvertimento.
Non saprei
cos’altro aggiungere. Credo di non essere mai stata tanto coinvolta
emotivamente in una fic come con questa. Forse soltanto in un altro caso.
Quindi spero di riuscire a trasmettervi anche solo la metà delle emozioni che
io ho provato scrivendola.
1. Weird dream
Harry sfilò gli
occhiali e li ripiegò alla bene e meglio. Procedette a tentoni fino al
comodino, e li appoggiò sopra alla pergamena che il giorno dopo avrebbe dovuto
consegnare alla McGranitt.
- Oh no, la
conclusione per la ricerca. – gemette appena avvertì la carta ruvida sotto le
dita.
- Ci penserai
domani. – borbottò Ron, voltandosi dall’altra parte. – Anzi, ci penseremo
domani. -
Harry sbuffò e fece
un mezzo sorrisetto.
- ‘notte Ron. -
- ‘notte Harry. -
La camera dei
ragazzi piombò in buio rilassato, vellutato dal riverbero delle stelle che
filtrava da dietro le finestre. Era una bella notte serena, probabilmente una
delle ultime, prima che il freddo e le nuvole cominciassero ad assediare
Hogwarts, come tutti gli inverni.
Harry chiuse gli
occhi. Adorava la sensazione delle coperte che scacciano il primo freddo, e
quei brividi piacevoli della pelle che si adatta al calore. Si addormentò prima
di riuscire a rendersene conto. Il rientro fra le mura della scuola aveva da
sempre un duplice effetto su di lui, rassicurante da un lato, e spossante
dall’altro. Durante i primi giorni i professori si scatenavano, e questo era
tristemente risaputo. Niente che lui non fosse preparato ad affrontare, o
quantomeno a cercare di svincolare. Purché fosse rigorosamente in compagnia
degli amici di sempre, specialmente quell’anno, che per loro aveva un sapore
tutto particolare, un’ultima occasione da sfruttare fino in fondo.
Si addormentò in
una buffa posizione un po’ accovacciata, con la mano sinistra ficcata sotto al
cuscino e le ginocchia rannicchiate. Fluttuò per alcuni minuti in un
piacevolissimo stato di stordimento, in equilibrio fra immagini, suoni
ovattati, bozze di sogni e di ricordi, per poi finire accarezzato da una
morbida sensazione di brezza.
Si risvegliò in
quello che aveva tutta l’aria di essere una sconfinata distesa di prateria.
- Uhm, ma cos… -
Harry si tirò su a sedere, strofinandosi la faccia per cercare di recuperare un
po’ di lucidità.
Tastò il terreno
circostante e i pantaloni, alla ricerca della sua bacchetta, ma niente, nessuna
traccia.
- Ron? – chiamò,
allarmato. – Ragazzi? -
Nulla.
Il sole batteva
fortissimo, come se fosse stato pieno giorno. Harry si mise in piedi e,
ammiccando, cercò di orientarsi.
- Ma dove diavolo
sono finito. – mormorò girando e rigirando su sé stesso, alla ricerca di un
qualche punto di riferimento.
Hogwarts non si
vedeva. Anzi, non si vedeva nemmeno l’ombra delle montagne che circondavano la
scuola, o dei boschi verde cupo che le facevano da cornice. Il paesaggio
irreale in cui Harry si trovava immerso sembrava sconfinato.
Cominciò a
camminare. Non c’era molto altro che potesse fare, visto che a quel punto
l’unica speranza era quella di trovare qualcuno a cui chiedere delle
indicazioni.
Si domandò come
fosse potuto succedere. Non era possibile Smaterializzarsi fra le mura di
Hogwarts, perciò era assurdo pensare che nel sonno avesse potuto farlo
accidentalmente. Nemmeno da prendere in considerazione, o a Hermione sarebbe
venuto un colpo.
Harry inciampò su
un ciottolo, e digrignò i denti, saltellando come un pazzo per non perdere
l’equilibrio.
Cominciava a
sentire caldo. Possibile che fosse finito così tanto lontano che persino la
temperatura era cambiata?
- Grandioso, e
adesso che accidenti faccio. – ringhiò fra sé e sé, trafficando con le fibbie
del mantello.
Quando finalmente
lo ebbe slacciato, se lo fece passare sopra alla testa, per arrotolarlo attorno
al braccio e liberarsi così dell’impaccio, ma riuscì a malapena a sgomberare lo
sguardo dal tessuto nero, che per poco non venne travolto da un qualcosa che
gli passò di fianco, fulmineo.
- Ma quello. –
soffiò, allucinato. – Quello era un unicorno. -
Il cavallo nitrì in
lontananza, scomparendo verso l’orizzonte soleggiato, ma pochi istanti dopo un
altro nitrito gli fece eco.
Un altro cavallo,
questa volta un comune cavallo, si materializzò dietro di lui, e gli passò di
fianco, lanciato all’inseguimento dell’unicorno. Era marrone chiaro, snello, e
si muoveva rapidissimo.
Harry rimase
imbambolato a seguire con lo sguardo anche il secondo animale che si
allontanava senza lasciare traccia.
- Non è possibile.
– gemette. – Non può essere vero. Ma che razza di posto è questo? -
Il povero Harry
cercò invano di individuare nuovamente i due animali, ma senza successo. Valutò
fra sé la possibilità di incamminarsi verso la loro stessa direzione, sperando
di incappare in una qualche presenza umana, e proprio allora si alzò un debole
vento che scompigliò l’erba monocroma sotto ai suoi piedi.
- Riesci a
sentirmi? -
Una voce maschile
lo fece sobbalzare all’improvviso. Harry si voltò e si rivoltò in tutte le
direzioni, ma non c’era nessuno, non una sola traccia.
- Chi sei? –
chiese, agitato. – Dove sei? -
- Aiutami. – gli
rispose la voce.
- Chi sei? -
- Devi aiutarmi. -
Harry cercò ancora
di individuare la fonte di quella voce. Ma niente, sembrava provenire da ogni
direzione indistintamente, come se fosse trasportata dal vento.
- Dove sei? Fatti
vedere! -
- Aiutami. -
- Fatti vedere! -
Come obbedendo al
suo comando, dal nulla apparve una figura avvolta in un mantello. Nonostante il
sole abbacinante Harry non riuscì a scorgerne che i contorni sfocati dell’ombra.
Era lontana ed indecisa, eppure aveva qualcosa di strano e di peculiare che
Harry potè giurare di conoscere.
- Ti prego,
aiutami. – disse di nuovo.
- Ma chi sei. –
Il giovane uomo
tese una mano verso di lui, e facendolo uscì un poco dalla membrana di oscurità
in cui sembrava essere avvolto. Harry ricambiò istintivamente il gesto, come se
quel semplice cercarsi di mani potesse annullare la distanza indefinita che li
separava.
E ad un tratto lo
vide, come in un flash fugace: i capelli neri, le labbra sottili, le linee del
viso squadrate.
- Papà. – soffiò,
- Aiutami, ti
supplico. -
- Papà! -
La figura dell’uomo
tornò ad essere inghiottita dal buio, e allora Harry si mise a correre, più
veloce che potè, ma più i suoi piedi calpestavano il terreno coperto di erba,
più la distanza fra loro si faceva incalcolabile.
- Aspetta! – ansimò
inutilmente.
L’uomo si faceva
sempre più lontano, e sempre più piccolo. Ad un tratto Harry mise il piede in
fallo, e perse l’equilibrio, finendo con il cadere rovinosamente a terra.
Riuscì a scorgere con la coda dell’occhio il frammento di legno su cui era
scivolato, vi intravide qualcosa inciso sopra, alcune lettere tracciate a mano,
ma quasi subito tornò a fissare l’orizzonte, alla ricerca dell’apparizione di
poco prima.
Non c’era più
nessuno, nessuna traccia dell’uomo con il mantello che gli somigliava così
tanto, né di nessun’altra presenza.
Harry scalciò con
rabbia il pezzo di legno che lo aveva fatto cadere, facendolo rotolare in là di
qualche passo.
“OMNIA”, lesse
sulla sua superficie scheggiata e irregolare, nel silenzio assoluto di quel
luogo fuori dal mondo.
- Harry! – si
sentì chiamare all’improvviso.
- Harry! -
Scattò subito in
piedi, esasperato.
- Harry! -
Il brandello di
legno cominciò a vorticare furiosamente su sé stesso e, in breve tempo, attorno
ad esso si scatenò una sorta di spirale.
- Harry! -
Harry si afferrò la
testa fra le mani e trattenne un grido.
- Hey, Harry!
Harry! -
Riaprì gli occhi
seduto sul suo letto, e la prima cosa che riuscì a mettere a fuoco fu la faccia
preoccupata di Ron.
- Per l’amor del
cielo, amico, che è successo? – lo sentì esclamare, e quasi nello stesso
momento si sentì scrollare energicamente le spalle. Anche Seamus, Neville e
Dean erano svegli, ed erano riuniti attorno al suo letto. Soltanto in quel
momento, quando una luce tenue gli colpì gli occhi, si rese conto che doveva
già essere mattina.
- Va tutto bene,
Ron. – lo rassicurò. – Ho solo fatto un sogno. Un sogno assurdo. -
- Qualcosa che
riguarda… insomma… Tu-sai-chi? – si allarmò immediatamente Neville.
- No, direi di no.
Non è stato spaventoso, è stato piuttosto. – Harry aggrottò la fronte,
sforzandosi di trovare un termine adatto. – Strano. Sì, davvero strano. Credo
di aver sognato mio padre. -
Ron e gli altri si
scambiarono qualche occhiata.
- Forza, adesso
alzati. – lo incoraggiò Ron. – E’ quasi ora di scendere per la colazione, e se
tardiamo Hermione andrà su tutte le furie. –
ANGOLINO!
Eccoci qui, con una
nuova avventura. Mi sono presa un po’ di pausa dalla fine di TLC 2, per motivi
tecnici di studio, ma soprattutto per avere il tempo di delineare per bene la
trama di questa nuova storia, e cominciare con una stesura corposa dei
capitoli. Non vi nascondo di sentirmi davvero molto, molto emozionata, ho
investito ed investirò tanto in questa storia, e spero di tutto cuore di non
deludervi.
Grazie a tutti
coloro che leggeranno, e che mi dedicheranno il tempo di una recensione, a
presto con il prossimo capitolo!