1
Ottobre. USA.
Cari
futuri figli,
Andare avanti non è facile.
Ho
sempre un peso sul cuore, ma sono forte, io sono pietra
indistruttibile, sono la roccia, e ne sono fiero.
Devo
vivere per lui, per me, con lui qua in me, è come se vivessi
due
vite, e lo faccio al massimo. Quella vita che lui credeva inutile,
quella vita che grazie a Kaede ho capito quanto fosse fragile, anche
per quelli della mia età. Pensavo di essere immortale, una
di quelle
illusioni adolescenziali, che nemmeno la morte di mio padre ha
intaccato. Immortale e sempre vincitore nelle risse, sono grande e
grosso... la fine del detto è semplice, ma è
efficace. Sto
scrivendo questo per voi, miei bambini futuri, fare questo mi
è
venuto in mente, quando sono arrivato negli stati uniti, i primi
tempi per migliorare il mio inglese ho guardato la tutte le serie
televisive che mi son capitate a tiro e ho visto una serie TV che mi
ha colpito, si di spessore comico, ma che ha attecchito in maniera
profonda in me. Si chiama “How I meet your mother”
in cui il
protagonista ci mette sei serie a dire ai due figli nel futuro come
ha conosciuto loro madre, raccontandogli la vita a New York con un
gruppo di amici sinceri e fidati. Io voglio parlarti di come sono
diventato, di chi sono diventato e perché. Tutto
è cominciato alle
superiori, il primo giorno delle superiori, ma devo premettere delle
cose.
La
storia del nonno è semplice, un uomo tranquillo, che mi ha
allevato
con forza e determinazione anche nel momento in cui ho cominciato a
ribellarmi contro di lui e contro vostra nonna, un giorno qualsiasi
è
morto di infarto e non sono riuscito a salvarlo perché ero
coinvolto
in una rissa con zio Yohei. Non ero bravo con le persone e con le
ragazze, soprattutto con le femmine umane, mi son dichiarato a
qualunque ragazza carina, vostro zio direbbe a chiunque respirasse.
Questo alle medie mi aveva portato ad un record, il record di
cinquanta scaricamenti. L'ultima forse mi piaceva veramente, solo che
stava con un giocatore di basket, non sono mai stato un giocatore di
squadra, almeno fino a quel fatidico giorno, il giorno del mio
compleanno, il primo giorno di scuola. Come se fosse un pesce
d'aprile nella nuova scuola una ragazza mi si avvicina e mi fa i
complimenti per i muscoli chiedendomi se giocassi a basket, e ho
detto si, sono il genio del basket. Ora mi viene da ridere, ero
così
ottimista, così pieno di vita, cose che penso non siano
cambiate, ma
che sarebbero cambiate entro un anno, ma continuiamo con i ricordi di
quel giorno. Ho incontrato Haruko Akagi, e me ne sono innamorato, fa
ridere ancora questa definizione, ma ci credevo fino infondo. Non mi
sono mai chiesto cosa mi piacesse, mi doveva piacere la sposina
giapponese, minuta capelli neri e occhi scuri, con cui costruire una
famiglia, e lei era tutto questo, lei era l'incarnazione di tutto
questo.
Vi
do il permesso di prendermi in giro, vi do il permesso di ridere a
crepapelle, ma avevo sedici anni, e son sicuro che il mio cervello si
fosse fermato alle elementari, in stand-by con la lucina rossa che si
accendeva e mi faceva sbroccare.
Poi
su quel terrazzo l'ho incontrato, ho incontrato Kaede, la persona
più
profonda che abbia mai incontrato, così profondo e segreto
che l'ho
conosciuto solo dopo che ci ha lasciato. Solo dopo il gesto estremo.
Vi scrivo perché sono stato un boia crudele, sono stato
veramente
insensibile e cretino. Si certo voi potreste dissentire, potreste
dire che sono un papà discreto, ma quando avevo la vostra
età o
poco più ero un completo decerebrato.
Cavolo
che ragazzo affascinante, e più mi affascinava e
più lo colpivo,
sia con le parole che con le mani, pensavo fosse viziato, che si
vantasse del suo bel viso, che godesse ad avere un fanclub, ma non
è
vero, non potete sapere cosa c'è dietro ad uno sguardo
profondo,
dietro ad un silenzio o dietro allo studio più sfrenato, non
sapete
nemmeno cosa c'è dietro a dei capelli lunghi, o ad una
cicatrice.
L'ho visto mi è mancato il respiro, e poi lei amava lui, e
quindi
l'ho istantaneamente odiato, ne ho odiato i lineamenti perfetti,
quasi fosse di porcellana, la pelle chiara, gli occhi blu, chi ero
io, quello dai tratti rozzi, i capelli rosso fuoco, dai modi rudi,
non potevo competere con lui, lei lo amava e io dovevo distruggerlo.
Al primo incontro ci siamo picchiati.
“Do’hao!” mi ha
apostrofato, ed ho sentito poche volte altre parole sfuggire al
quelle labbra dall'aria rilassata. Lo sguardo che si infuocava ogni
volta che toccava un pallone da basket, sembrava rinascere come la
fenice e il parquet le sue ceneri, con quel pallone era l'emblema del
basket stesso, passione pura, gli stati uniti come obiettivo. Poi i
con le mie cretinate “baka Kitsune” e poi tutti i
miei
spropositi, tutte le mie parole al vento. Tutte le cattiverie che
dalla mia bocca l'hanno colpito come se fossero coltelli. Come una
mannaia sul suo ego, una mannaia sulla sua vita.
Direi
una bugia se dicessi che lui non mi ha colpito, che il suo suicidio
non l'abbia considerato una mia colpa, se non avessi pensato di
essere così colpevole, forse sarei rimasto fermo ai cinque
anni. Ma
il mio essere colpevole, mi ha salvato, ed ha salvato lo Shohoku, ed
ha portato la squadra alla vittoria. Tutti anche i diplomati hanno
subito il colpo. Come il vostro allenatore, come me, ed anche quelli
delle altre squadre come il vostro altro papà. Una
generazione
segnata da quel gesto, chi lo ha conosciuto, così
silenzioso,
sembrava volesse passare inosservato, ma io lo avevo sempre negli
occhi, sempre nei gesti, nel mio basket, in tutto c'era lui, c'era
Kaede, ed era troppo, non riuscivo a capire, non riuscivo ad
accettare lui, non riuscivo ad accettare me, e tutte le mie
sfaccettature. Bambini vi lascio gli allenamenti mi chiamano.
A
domani per la busta 2.
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