BF1
Come
l'acqua, come la terra, come il fuoco...
Adrian
Blackmore sembrava essere sempre all’altezza della
situazione.
L’aria
distaccata e il volto impassibile lo facevano
sembrare pacato e imperscrutabile come l’acqua.
E
mentre stava lì, seduto su una poltrona davanti a una finestra - Ashton e Cain
erano fuori, a nutrirsi,
forse, o a rischiare ancora una volta la vita -
le campane che suonavano in lontananza battendo
chissà quale ora lui
aveva quasi perso il senso del tempo mentre osservava le stelle
brillare nella
notte e la luna nascondersi dietro un gruppo di nuvole dispettose.
Ashton
era un redivivo antico, ma, nonostante ciò, i suoi
tratti umani erano spesso visibili. Si poteva, infatti, alla
solidità della
terra: così stabile, così antica, ma sempre in
grado di tremare e aprirsi,
inghiottendo nell’ombra tutto ciò che
sfortunatamente si trovava sul suo
cammino; una terra che, se coltivata dalla persona giusta e con le
giuste affettuose
cure - una persona come Eloise - poteva diventare più
accogliente più
amichevole e più disponibile.
Cain
era ancora giovane. Faticava a controllare il
temperamento focoso e ancora così umano.
Spesso,
quando ad ardere troppo, bruciando quello che stava
intorno a sé e allargando la propria ombra nella notte,
aveva bisogno dell’intervento
gentile, posato ma
deciso dell’acqua, affinché
esso potesse tornare a chinarsi docile e a farsi maneggiare senza
procurare
dolore.
Adrian
amava occuparsi di Cain.
Prima
della ricomparsa di Ashton, era una delle poche cose a
cui doveva pensare. Una delle cose che lo distraeva dal pensiero di
ciò che era
successo sedici anni prima.
Sedici
anni prima, quando il suo mondo si era sgretolato
sotto i suoi piedi.
Quando
aveva creduto che non avrebbe avuto più senso vivere,
dato che le persone per la cui protezione aveva ricevuto una seconda
vita erano
morte.
Quando
aveva creduto che Ashton avesse smesso di essere un
redivivo e che non sarebbe più tornato.
Poi,
lo smarrimento e la perdita della speranza.
Ma
aveva visto una luce. Non tutto era perduto.
Un
Blackmore ancora respirava e la sua vita poteva essere
ancora utile a qualcuno.
Gli
aveva donato una seconda vita, promettendo a se stesso
che lo avrebbe protetto e cresciuto, educato e aiutato soprattutto
nelle
difficoltà.
Sorrise
dolcemente con gli occhi chiusi.
"Adrian?
Sono qui!"
Eccolo.
Era tornato. Tornava sempre. Rilassò le spalle,
appoggiandosi
allo schienale della poltrona in modo più comodo, e attese
di essere raggiunto.
Adrian
Blackmore era calmo e imperscrutabile come l' acqua.
Ma
come la terra poteva tremare e aprirsi e il fuoco
divampare e bruciare, anche l' acqua poteva agitarsi e ricoprire tutto
ciò che
impediva il suo scorrere con un velo di oscurità.
E
mentre Cain s’inginocchiava davanti a lui e appoggiava la
testa sulle sue gambe - le guance rosee e gli occhi luminosi segno che
si era
nutrito - Adrian, accarezzava i suoi soffici capelli biondi,
pensò che nessuno
avrebbe potuto impedirgli di oltrepassare i propri argini e, come un
fiume in
piena, distruggere ogni cosa e ogni persona che si fosse trovata tra
lui e la
salvezza di Cain Blackmore.
*Nella
tana della Lepre*
Mi scuso,
innanzitutto, per il probabile ooc.
Sono entrata
nel mondo di Black Friars da poco,
saga consigliata caldamente da un nutrito
numero di persone che vorrei ringraziare per nome.
Per ora mi
limiterò a dire grazie a tutti quanti.
Se trovate
errori di trama, sappiate che non ho ancora letto
“L’Ordine della Penna”.
Ringrazio
anche
il mio valido aiutante, mio fratello, che ha copiato questa cosa per me.
Spero vi
possa piacere nonostante tutto.
Baci,
Lepre.
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