cinquant’anni

di Lynn Lawliet
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“L’ho trovata, Bartimeus. Ho trovato Kitty Jones.”
Così avevo detto.
L’ho messa giù semplice, vero? Beh, lasciatemelo dire, non lo fu. Per niente.
Kitty Jones chiaramente non voleva essere trovata. Qualche settimana dopo il grande disastro del ’69 era salita su un aereo e nessuno a Londra ne aveva più saputo nulla, ne i suoi genitori, ne nessuno del governo. Avevo parlato con decine di persone, mettendoci qualche settimana a trovare chi mi aveva poi aiutato, tale mrs Piper. A quanto pareva era stata l’assistente di Mand…, di Nathaniel, prima di diventare ministro della sicurezza. Un pezzo grosso, insomma. Non che sapesse poi molto su Kitty Jones, in effetti, solo che aveva espresso il desiderio di andare in Egitto. E così era da lì che ero partita, dall’Egitto. Avevo ritracciato negli archivi il suo volo, Londra-Il Cairo, e seguito le sue tracce in giro per il mondo; quella ragazza pareva essere stata ovunque, davvero: da Parigi a Hong Kong, da Mosca a Rio de Janeiro, per anni non aveva fatto altro che viaggiare. Aveva vissuto un paio di mesi a Praga, e altrettanti a Torino. Non era mai tornata a casa.
 E poi, finalmente, si era fermata; e da allora viveva a Bruges. Sapevo perché l’avesse scelta: di nuovo mrs Piper mi era stata molto utile, ricordando che, anni prima, Kitty aveva accennato ad un amico che pareva vivesse lì.
Non era stato semplice, l’ho detto, e c’erano voluti mesi di ricerche, tutto per Bartimeus. Eppure quando avevo fatto il mio annuncio, sorridendo come una scema, non potevo immaginare che la faccia che fece mi avrebbe ripagato di tutto. Quel giorno era in versione Tolomeo, e vedere il ragazzino egiziano con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite fu un vero spasso. Comunque si riprese abbastanza in fretta:
 “hai fatto cosa?”
“ho trovato Kitty Jones. Ci sono voluti mesi, è stata una faticaccia, ma sono contenta, così potrai finalmente rincontrarla!” esclamai io in risposta ostentando allegria.
“no, sul serio?”
“eccome! Domani prendiamo un volo per Bruges e la andiamo a trovare!”
“ma io… lei non…” per quella che era probabilmente la seconda volta nel giro di pochi mesi, Bartimeus era rimasto senza parole. Ma poi sembrò aver capito che cosa dire:
“perché? Perché lo hai fatto, Isa?”
“perché tu ci tieni a lei. E tenevi anche a Nathaniel. Non avevo bisogno di altre ragioni”
“io non ho mai detto di tenere a quei due idioti!”
“certe cose non occorre dirle.”
E lui rimase, ancora una volta, ammutolito. Considerata la sua normale parlantina, dovevo aver appena stabilito un record.
“si, beh, suppongo che, in fondo, non sarebbe così male rivedere Kitty …” bofonchiò alla fine. Un po’ misero come segno di apprezzamento.
Ma poi alzò la testa e mi guardò negli occhi. Aveva un sguardo dolce e sincero, e non erano gli occhi di Tolomeo ad essere così: erano i suoi.
 Certe cose non occorre dirle: fu quel suo sguardo a farmi capire che mi era grato.
 


Osservai la porta di fronte a me: non aveva nulla di speciale, pareva una qualsiasi porta di una qualsiasi casa di Bruges. E invece era il frutto di tutte le mie ricerche degli ultimi mesi, era la speranza di Bartimeus, era la meta del nostro viaggio: era la casa di Kitty Jones. Sul campanello erano scritti due nomi: Hyrnek e Bell. La cosa non mi scoraggiò : nel mio dossier era chiaramente specificato che a Bruges Kitty era nota con uno dei suoi nomi falsi, Clara Bell.
Suonai e dall’interno della graziosa villetta a schiera si produsse un allegro ding dong. Pareva tutto così pittoresco che per un attimo temetti di aver sbagliato casa.
Ma poi Kitty aprì la porta. Era proprio lei, impossibile sbagliarsi; sebbene fosse notevolmente invecchiata, era tale quale la Kitty che avevo visto nella foto di un vecchio giornale durante le mie ricerche: aveva gli stessi capelli candidi e le stesse linee, simili a cicatrici, che le attraversavano il viso. Eppure si potevano vedere ancora i segni di una bellezza non del tutto svanita.
“Kitty Jones?” chiesi titubante, mostrando il mio tesserino del governo.
Lei sussultò sentendo il suo vero nome, ma poi, quasi rassegnata rispose.
“si?”
“mi chiamo Isabelle Wright. C’è qualcuno che vorrebbe vederla.”
E in quel momento un topolino marrone fece capolino dal mio cappuccio. Sentirlo parlare con la voce di Bartimeus fu parecchio strano.
“quanto tempo, Kitty.”
 


Bonjour àvous tous! Sono tornata! scusate il terribile ritardo (specie visto e considerato quanto è corto questo capitolo) ma, andiamo gente, sono appena iniziate le vacanze e sono stata impegnatissima a non fare un bel niente dalla mattina alla sera.
Detto questo spero che il capitolo vi piaccia.
Baci, Lynn
 




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