La rapina del lupo

di Ragazzaindecifrabile
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Ricordo una giornata tranquilla e un ufficio. L’ufficio di una banca, della Banca “Intesa San Paolo” di Milano. Lavoravano venti persone per bene in quell’ufficio, tranquille come quella giornata di sole. E’ proprio per questa tranquillità, infatti, se nessuno dei venti avrebbe mai immaginato, prima delle nove, cosa sarebbe successo alle nove.
 

Nives parcheggiò la bici accanto all’ingresso della banca in cui lavorava come impiegata. Entrò con passo deciso nell’edificio dalla porta scorrevole e andò nella sua postazione: nella stanza c'era un silenzio desolante. Era ancora troppo presto per il rumore delle dita sulle tastiere e del fruscio di fogli. Era solita ad arrivare in anticipo sul lavoro, così aveva modo di portarsi avanti, sbarazzandosi il prima possibile dal peggio. Lei si tuffava sempre a capofitto nel suo lavoro, sperando in una carriera migliore. Non per i soldi, ma era sicura che i direttori delle banche avessero una vita ben più dinamica rispetto i dipendenti. Fosse per Nives lei non starebbe mai ferma: starebbe sul lavoro con i roller o al mattino, quando entrava in ufficio, parcheggierebbe la bici sulla scrivania del direttore. Andrebbe ovunque in bici: giù per le scale, sulle ringhiere, nei negozi…E poi lei era un’artista eccentrica, per questo si sentiva chiusa in una gabbia con dei “vecchi bacucchi senza personalità” , come diceva lei , “dal cervello traboccante di scartoffie burocratiche”. Se non fosse stato per i suoi genitori, lei sarebbe già diventata un’artista di strada. Invece no. Eccola lì, seduta nella sua postazione: non era un gigante, ma era piuttosto alta come ragazza. Era quel tipo che mangiava come se non avesse toccato cibo per anni, eppure che non aveva un velo di cellulite. Aveva i capelli biondi e occhi color verde acqua molto spesso malinconici.

Un quarto d'ora dopo che era arrivata in ufficio, tutte le postazioni erano occupate e tutti erano impegnati a ricevere clienti e battere al computer cifre assurde.





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