MDMA
Felicità in
Pillole
Piccole.
Colorate. Giallo, rosa, celeste, viola, bianco, arancione, verde. Su
quella rosa c'è persino una farfallina. Sembrano caramelle.
Invece
sono droga. Ora, che tipo di droga siano esattamente Effy non lo sa.
Probabilmente MDMA, ma non è che sia sicurissima.
Le
ha raccattate in giro per la stanza, non sapeva nemmeno di averle.
Erano sparpagliate un po' ovunque, nel fondo di una borsa, nel
cassetto delle mutande, dentro il portagioie, una persino in un paio
di jeans che Tony ha lasciato a casa. Chissà da quanto tempo
stava
lì. Le droghe scadono? Forse. E se scadono che succede?
Effy
dubita che cambi qualcosa. Comunque chissenefrega.
Freddie
è morto, i suoi genitori stanno divorziando, con Pandora sta
andando
tutte a puttane e Tony non è lì. E' al punto di
rottura, davvero
non ce la fa più.
E' troppo. Come potrebbe sopportare tutta questa
merda? Effy è fragile, nonostante le apparenze da dura. Non
sopporta
nemmeno il suo stesso nome, perché Elizabeth le sembra il
nome di
una persona da cui ci si aspetta qualcosa. Il nome di una persona
responsabile, precisa, efficiente, perfetta. Effy invece è
un
nomignolo, è leggero, allegro, divertente. Con Effy vai ad
una
festa, ridi e poi torni a casa. Nessuno si aspetta niente da una
Effy. E lei preferisce così, perché vivere
cercando di accontentare
le aspettative degli altri le è impossibile. Ci ha provato,
con la
sua treccia ordinata e la divisa della scuola, ma non c'è
riuscita.
Esattamente
come non è riuscita ad essere felice con Freddie. Ci ha
provato. Ci
ha davvero provato. Ma la realtà
è che lui non la capiva
veramente. Non era abbastanza danneggiato e corrotto per capirla. La
loro relazione li ha distrutti, anzi ha distrutto più lui
che lei,
visto che Effy è ancora ritta sulle sue gambe. Freddie invece
no. Si
incolpa anche di questo. E' colpa sua se è morto. Colpa sua
se
Pandora non è più la ragazza felice e ingenua di
un tempo. E' colpa
sua se i suoi genitori si sono lasciati. E' colpa sua che Tony
è
lontano. E' sempre colpa sua. La felicità la spaventa, la
terrorizza. Eppure l'ha cercata comunque. Non avrebbe dovuto
perché
non se la merita.
E'
tutta colpa sua.
Ma
ha le spalle piccole e non ce la fa più a portare tutto quel
peso.
E' troppo gravoso per lei.
Osserva
le pasticche. Diciamo che sono MDMA, per dare una definizione. Le
definizioni sono importanti, inquadrano le cose, le mettono in uno
spazio definito. Effy ha bisogno di definizioni, di cose che hanno un
nome e un ruolo, che può inserire in uno schema. MDMA,
deciso.
Ne
spinge una con il dito, quella viola, appena un po' più in
alto in
modo che sia allineata con le altre. Una fila regolare di
felicità
artificiale, allegra e colorata.
Si
mette tutte le pillole nel palmo di una mano. Basta ingoiarle e tutto
scomparirà. Il dolore, la rabbia, i problemi, la solitudine.
Tutto.
Deve solo mettersi tutto in bocca e poi buttare giù.
Ha
appena aperto la bocca che qualcuno suona alla porta di casa. Per la
sorpresa le cadono le pillole di mano e quelle si sparpagliano sul
pavimento. Mentre esce dalla stanza ne pista una. E' a piedi nudi. Fa
male. La droga fa male. Effy ride, un po' per il nervosismo, un po'
perché le sembra in qualche modo distorto divertente.
Scende
le scale e si chiede perché Anthea non sia andata ad aprire
la
porta. Probabilmente dorme. Fuori dalle finestre è buio, un
buio
scuro e pastoso. Deve essere veramente tardi, sua madre deve essere a
letto e sicuramente avrà preso le sue
“goccine” per dormire.
“Goccine”. Per quanto riguarda Effy sono una droga
mascherata da
medicina, ma chi è lei per giudicare?
Fuori
dalla porta c'è una sagoma scura, non molto alta, ma
piuttosto ben
piazzata. Un tipo un po' tarchiato lo definirebbe, se in quel momento
il suo cervello non fosse troppo sconvolto per pensare lucidamente.
Apre la porta senza nemmeno chiedere chi è. Di sicuro non
è un
ladro, i ladri non suonano il campanello.
“Cook,”
sussurra, un po' sorpresa un po' spaventata. La lucidità le
torna
indietro come un elastico troppo teso che viene lasciato andare di
colpo. Registra il sangue, l'aria sconvolta, il respiro pesante e
soprattutto la mazza che tiene ben stretta in una mano. Si scansa per
permettergli di entrare e poi chiude la porta assicurandosi di far
girare il chiavistello. Ladri, non si sa mai.
Cook
sta in piedi accanto a lei e la fissa come se cercasse le parole
giuste o come se ne avesse troppe che gli premono tutte insieme
contro le labbra.
“Ho
fatto un casino.”
Effy
annuisce. Non ha idea di cosa parli, ma qualunque cosa sia non vuole
parlarne nell'ingresso. Gli fa un cenno con la testa e ritorna sui
suoi passi. Vuole tornare nella sua stanza. La sua stanza è
un posto
sicuro, un rifugio, un bozzolo in cui ritirarsi. Cook la segue, in
silenzio, la punta della mazza che strofina contro il pavimento.
Quando
entrano nella camera Cook schiaccia la stessa pillola che aveva
calpestato Effy, ma sotto la sua scarpa e il suo peso quella si
sbriciola. Cook solleva il piede e vede una polverina colorata.
“MDMA,”
spiega Effy, come se la cosa spiegasse qualcosa.
“Che
cazzo stavi pensando di fare?”
Già,
cosa pensava di fare? Mentre ci pensa si rende conto che non ha una
risposta. Voleva solo essere felice, anche se per finta.
Felicità in
pillole. Che male c'è? Scuote la testa. Adesso
c'è Cook di cui
occuparsi. Individuare un problema, qualcosa da fare, e concentrarsi
su quello. Prende un profondo respiro, cercando di prendere tempo per
capire cosa fare. “Cos'è successo?”
chiede.
Brava
Effy. Analizzare le cose, spiegarle, dargli un senso.
“Sono
andato a casa del tuo psicologo e credo di averlo praticamente
ammazzato.”
Ecco,
quello Effy non se lo aspettava. Aveva capito che aveva picchiato
qualcuno, ma il suo terapista non l'aveva considerato.
“Perché?”
“E'
lui che ha ucciso Freddie.”
Il
respiro le si blocca a metà strada tra il naso e i polmoni.
Poi le
esce tutto insieme e fa quasi male. Continua a respirare. Hai un
cosa, un perché, un dove e, a giudicare dalla mazza, un
come. Cos'è
che hanno detto a quella lezione di giornalismo, cos'è che
manca?
Ah, già. “Quando è successo?”
“Adesso.
Prima che venissi qui.”
Effy
da un'occhiata alle pillole sul pavimento. Cazzo, roba sprecata. E
l'MDMA costa, mica te la regalano. Non sempre, almeno. Ma adesso Cook
ha bisogno di lei, del suo aiuto. C'è qualcuno che ha
bisogno di
lei. Lei è utile. Le piace la sensazione di servire a
qualcosa, di
avere uno scopo. Allunga una mano verso Cook e con gentilezza gli
allenta la presa dalla mazza, che cade a terra con un suono sinistro
in tutto quel silenzio. Sa esattamente cosa fare, perché
è quello
che una volta hanno fatto anche a lei. Lo prende per mano e lo porta
in bagno.
Cook
rimane i piedi in mezzo alla stanza e guarda Effy che apre il
rubinetto dell'acqua calda. Poi la osserva mentre lo spoglia, con
delicatezza, come farebbe una madre con un bambino.
Vuole
bene a Cook. Non come vorrebbe lui, ma gli vuole bene. Non lo ama,
non è sicura di sapere come si fa davvero ad amare. Sa
donare tutta
se stessa, ma lo fa con la forza di un uragano. Non sa moderare le
dosi, come con le pillole. Le avrebbe prese tutte insieme. Effy
è
così, o tutto o niente. O tutto fino al limite cielo o fino
al fondo
dell'abisso.
Lo
lava, togliendogli il sangue non suo di dosso, e poi lo avvolge in un
asciugamano morbido. Ha raggiunto l'obbiettivo di rimettere in sesto
Cook, ora può andare a raccogliere le pasticche.
“Domani
mi accompagni dalla polizia? Voglio costituirmi.”
Un
altro ostacolo tra lei e l'MDMA. Da quando Cook è
così
responsabile? Forse è perché c'entra Freddie.
Effy annuisce.
“Certo.” Lo sa quanto sia importante avere
l'appoggio di
qualcuno. Si porterà la pillole in tasche e poi quando
avrà finito
con Cook, butterà tutto giù e tanti saluti e
baci. Arrivederci. Au
revoire. Auf
Wiedersehen.
“Non
pensarci nemmeno a prendere quella merda.”
Cook
legge nel pensiero? No, la verità è che la
conosce troppo bene. E
si preoccupa per lei. Cook si preoccupa di un sacco di cose in
realtà. E molto più sano di lei, da un certo
punto di vista. Deve
fare una lista. Mettere le cose in ordine. Primo punto: prendersi
cura di Cook fino a domani.
“Vuoi
dormire qui?”
Cook
annuisce.
Si
sdraiano a letto, sedere contro sedere. Ad Effy piace. E' intimo, ma
non troppo. Forse, ma solo forse, se fa piccoli passi potrebbe
riuscire a vivere con almeno una briciola di felicità. Anche
una
briciola piccola piccola. E' una che si accontenta e sa che la
felicità assoluta non esiste. Almeno non per lei. E nel caso
non ci
riuscisse, la sua felicità istantanea è a portata
di mano.
MDMA,
felicità in pillole.
Effy
sorride. E' un bello slogan.
Note:
Mi
rendo conto che il finale di questa storia sia troncato e lasci
l'amaro in bocca. E
dopo cosa succede? Viene
da chiedersi.
Diciamo
che ho cercato di mantenermi in linea con i finali di stagione di
Skins.
E
dopo...dopo c'è la vita che va avanti, suppongo.
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