Ieri è successa una cosa. Una cosa brutta. Una di quelle
cose che non dovrebbero succedere mai ma che, purtroppo, sono fin troppo frequenti.
Ieri, nel paese accanto al mio, una ragazza è morta in un
incidente e il suo ragazzo è in come. Si chiamava Giada e ha fatto
le elementari e le medie con mia cugina. Io la conoscevo solo dalle poche feste
di compleanno dove ci siamo incontrate. Non eravamo amiche, ma la notizia della
sua morte mi ha colpita nel profondo, facendomi
pensare a tante cose, tutte scritte nel mio blog. (Se qualcuno vuole leggerle, ecco il link:
http://aussiedreamer.spaces.live.com/blog/cns!96892394EFBAB1D2!906.entry
)
Mi ha anche fatto venire, però, non so perché, l’ispirazione
per questa storia… non c’entra molto con la morte, si direbbe
che “You were the music in us” si collega di più a questo momento, ma questo è ciò che
mi è venuto in mente e questo è ciò che ho scritto e che dedico a Giada. Giada che sognava di fare la stilista e che invece ha perso la vita
in un maledetto venerdì sera. E la dedico anche ai miei migliori amici…
perché se su quella macchina ci foste stati voi, la mia Lilly e il mio Ale, io non so cosa avrei fatto.
Perché io dico che il teatro è la mia vita, ma, senza
di voi, anche il più bello dei teatri, anche la più straordinaria delle messe
in scena mi sembrerebbe totalmente, irrimediabilmente vuota.
Nota: il giuramento di Ryan, come
avrete notato se seguite Grey’s Anatomy,
è lo stesso che Burke aveva preparato per Christina leggermente modificato. Io lo trovo davvero davvero bellissimo… voi
no?
Temperance
Canzone per un’amica
(Basata su “A Chiara
piace vivere” dei Gemelli DiVersi)
Ryan Evans
si incamminò verso l’altare con Chad
al suo fianco e tutti i suoi amici e parenti seduti davanti a lui, radunati per
assistere al giorno più importante della sua vita.
Non riusciva a credere di essere lì, quando solo un anno
prima i suoi giorni si dividevano tutti tra lavoro e bar….
Ricordava come fosse stato il
giorno prima, il momento in cui lei era ricomparsa nella sua vita. Era apparsa
dal nulla, come una cometa improvvisa in una notte
senza luna e senza stelle e non se n’era andata più. Da allora, da quella sera
di fine autunno, tutto era cambiato.
In meglio, ovviamente.
Tutto era iniziato con una canzone….
Come al solito ci
si ritrova qua
Con la banda del bar fuori città
Parli serenamente di tutto e di niente
E spesso è qualcosa che non ti va
“Evans”
Salutò Alex, il vice coreografo, spostando una sedia
e accomodandosi accanto a Ryan che, penna alla mano e
foglio posato sul tavolo, guardava il vuoto, pensando a qualcosa da scrivere.
Con Alex erano arrivati anche gli altri della troupe,
gente simpatica, cordiale, ma che il giovane dai capelli biondi non riusciva a
sentire vicini come aveva a suo tempo sentito i Wildcats
di Albuquerque. Eppure,
all’epoca, lavorava con quelle persone già da quattro anni…
“Sempre a scrivere,
tu, eh? Perché non fai lo sceneggiatore?” Domandò Jules, il make-up artist
tunisino, con quel suo accento francese che faceva impazzire donne e non, come
faceva ogni volta che beccava Ryan a scarabocchiare
parole su un qualsiasi pezzo di carta.
“E
lascialo in pace!” Lo rimbeccò Jade, la sua
fidanzata, scenografa di professione. “Siamo artisti, noi, cuori selvaggi e
imprevedibili. Ci piace viaggiare con la fantasia e non siamo capaci di stare
senza produrre qualcosa, giusto, Ry?”
“Sì, sì, certo….”
Rispose lui, senza guardarla nemmeno, perso dietro a un’ispirazione
che sembrava essere fuggita dalla sua mente, mentre pochi minuti prima era lì,
limpida e nitida come non mai.
“Lascia
perdere, Ja, lo sai che quando scrive non è
con noi.” Disse Alex, mentre tutti gli altri
ordinavano da bere. “Per me una birra grande, grazie.”
La cameriera chiuse il
suo block notes e si allontanò dal tavolo, lasciando i
cinque ragazzi ai loro discorsi.
“Parlando di cose un
po’ più terrene.” Riprese Alex. “Avete sentito
dell’incidente che c’è stato ieri sera sulla sesta Avenue?”
“Quello
dove è morta la ragazzina che lavorava nella sezione spot?”
Il coreografo annuì.
“Sì, proprio quello.
L’ennesima strage del sabato sera, così l’hanno definita… Aveva
sedici anni, cazzo… non aveva nemmeno iniziato a
vivere. Dico, ma non si rendono conto, quando volano sull’asfalto come fossero
i padroni della strada, che probabilmente alla fine di quel viaggio non
troveranno altro che un muro, pronto a spaccargli quelle brutte facce da cellularedipendenti?”
Jules scosse la testa, amareggiato.
“A cosa vuoi che
pensino, Al? Sono ragazzi, credono di avere il mondo
nelle loro mani…”
“Già” Commentò Jade. “Peccato che il mondo vero sia
tutta un’altra cosa.”
Con un sospiro triste,
Ryan tracciò sul foglio bianco un altro paio di
righe.
C’è una novità stasera
Aria di bufera, c’è Ale
che sclera.
Sai se ne va male a parlare degli sbarbati
Dice che è normale che ormai siano un po’ malati
Cambiati da come eravamo
noi
Spiazzati da un mondo di falsi eroi
Nn si ribellano e si aggregano supini
Si tirano cretini tra tv e telefonini, sai…
Fu in quel momento che
lei entrò.
Gli ci volle meno di
un secondo per riconoscerla.
Era cambiata molto dai
tempi del liceo, ma era indubbiamente lei. Sempre bassa e sottile, con quel
viso tondo che testimoniava le sue origini slave, con quei suoi occhini verdi,
ora dallo sguardo un po’ meno infantile ma sempre
pieni di quei sogni che si portava dentro da una vita. I suoi vestiti non erano eleganti… lei non vestiva mai elegante. Portava un
paio di jeans consumati, una giacca di pelle scamosciata e una sciarpa azzurra
stretta al collo. Ai piedi, le solite All Star
colorate e in testa una cuffia blu da sotto la quale spuntavano
i ricci scuri.
Che ci faceva lei, lì?
Cercando di non farsi
vedere, Ryan finse di interessarsi alla conversazione
in atto tra i suoi amici. Non aveva voglia di sentire di nuovo la sua voce…
A tenere banco era
sempre Alex, di certo il più loquace del gruppo.
“Ecco, io credo
semplicemente che non usino la testa perché non ne sono in grado.”
“Non parlare così in
generale.” Si intromise Ryan,
attirando tutti gli sguardi su di sé. Non ne fu intimidito. Era un attore,
dopotutto, stare sotto ai riflettori era il suo
mestiere. “Non credo che tutti gli adolescenti siano così.”
“Ah no, mister artista?” Chiese Alex,
sarcastico. “Conosci qualcuno che non lo è?”
“La conoscevo. È stata
in classe per me per tutto il liceo… quella ragazza ha rivoluzionato tutto il
mio mondo.”
Mentre parlava, Ryan
lanciava sguardi nervosi verso di lei che, tranquilla, ordinava qualcosa da
bere, appoggiata al bancone con quella sua posa timida e sfacciata allo stesso
tempo.
Poi prese la penna,
che si era appoggiato dietro all’orecchio, e scrisse ancora.
Ma io gli faccio “fai di tutta l’erba un fascio”
Allora ero d’accordo ma
penso l’opposto ora che ho conosciuto Chiara
Veniva da scuola per una firma e una parola
E poi facendo due passi più in là
Mi ha raccontato un po’ quello che fa…
Scrisse il nome Chiara
senza pensarci, semplicemente perché fu il primo che gli venne in mente,
guardandola sedersi a un tavolo con la sua amica e
chiacchierare, allegra.
Chiara… forse le aveva
dato quello pseudonimo
causa della luce particolare che solo i suoi occhi avevano.
Quella stessa luce che gli aveva fatto battere il cuore per anni e che glielo
aveva spezzato quando l’aveva vista baciare Jason…
Sì,
perché sportivo batte artista.
Sempre.
“Ryan…
ci sei?” Chiamò Jules, agitandogli una mano scura
davanti alla faccia.
“Co…
cosa?”
“Ci hai
incuriositi.” Cominciò Jade, accarezzandogli
un braccio. Tra tutti, la ragazza era quello che
meglio lo capiva, quella più simile a lui… gli faceva piacere che anche lei
facesse parte della compagnia. “Chi è questa ragazza? Cos’ha di speciale?”
“Lei….” Ryan picchiettò nervosamente la punta della penna sul
tavolo, pensando a cosa dire. Non aveva mai parlato con nessuno di quello che
pensava della sua Chiara…. “Lei era… è una musicista…
pianista, per l’esattezza. Era l’unica per cui avessi
occhi, ai tempi delle superiori. Quando suonava…
sembrava un angelo. Non so che darei per sentire di nuovo
quelle note. Me la ricordo allegra, sempre
sorridente, ma mai senza motivo. Felice semplicemente di essere
viva, di avere il suo pianoforte per poter condividere con tutti ciò che di
migliore aveva.” Mentre parlava, la penna scorreva
agile sul foglio, senza che Ryan avesse nemmeno
bisogno di guardarla. “Quando scriveva i suoi brani,
era come se si trovasse in un altro mondo…un po’ come me… ma mille volte più
simile ad un angelo. Tutti a scuola la sentivano vicina anche senza esserle
davvero amici, era quella parte della vita di ognuno che non si fa mai vedere, ma della quale si sentirebbe immensamente la
mancanza, se non ci fosse. Sapeva sempre cosa dire e come dirlo per far sentire
meglio gli altri e non aveva né persone a cui era fosse particolarmente legata
né nessuna che odiasse o che la odiasse… Non ho mai conosciuto nessuno come
lei.”
Jade strinse piano la mano del fidanzato e i
loro sguardi si incontrarono. Negli occhi scuri di Jules si leggeva lo stesso identico stupore che doveva
essere stampato nei suoi.
“Ryan,
tu sai di essere innamorato perso di quella ragazza, vero?”
Ryan sorrise, malinconico.
“Tu dici?”
A Chiara piace correre tra i prati e tuffarsi nelle nuvole
Lei ride con poco ma mai per niente
A Chiara piace scrivere
Lei sa che è importante parlare alla gente e ama farla ridere
Per lei non hanno senso
nemici ed alleati
A Chiara piace vivere…
Una mano si posò piano
sulla spalla di Ryan, richiamando la sua attenzione.
Il giovane si voltò,
trovandosi davanti un paio di luminosi occhi verdi cerchiati dalla montatura di
un paio di occhiali tondi e spessi.
“Mi scusi, volevo
chiederle se posso rubare una sedia dal vostro…Oh mio Dio…..Ryan!”
***
Kelsi, seduta sul divano e avvolta in una coperta
di pile, guardava il telegiornale, nel quale una giornalista dai capelli rossi
leggeva aggiornamenti dall’ennesima guerra in corso in Medio Oriente.
Le luci dell’albero di
Natale le illuminavano il viso, riflettendosi sulle lenti degli occhiali,
mentre Ryan giocava con una penna, sorseggiando una
tazza di tè e guardando la giovane donna.
Erano
passati un paio di mesi dal
loro incontro al bar, quella sera, ma non era servito loro nemmeno un giorno
per capire di essere totalmente persi l’uno per l’altra.
Quella mattina, il
giovane aveva trovato, sepolto in mezzo ai vari copioni, quel foglio che aveva
iniziato a scrivere quando si erano rivisti e aveva
deciso di finire quella canzone, che prometteva parecchio bene, ma, fino ad
allora, nemmeno uno straccio di idea gli era saltata in mente.
“Certo che è assurdo…”
Commentò Kelsi, senza staccare gli occhi dal
televisore. “Tu dimmi che senso ha passare il poco
tempo che abbiamo a spararsi su un campo di battaglia, quando si potrebbe
vivere in pace, facendo cose molto più costruttive che sterminare altri esseri
umani.”
Quelle parole lo fecero
sorridere.
Kelsi era cresciuta, certo, ma dentro non era
cambiata di una virgola dai tempi della scuola. Sempre pronta ad essere vicina
a chiunque ne avesse bisogno, mai davvero sola, anche
quando intorno a lei non c’era nessuno.
“Hai ragione, Kels…” Sussurrò, trovando finalmente qualcosa con cui
riempire quelle poche righe che rimanevano sul foglio.
E tu stai lì
Chiara la vedi, sembra sola
ma non è così, no
È che non dice una parola…
Sei grande già
Ma crescerai
Nell’infinito dei tuoi sogni
Nell’inchiostro
che userai
Sai che la guerra è ipocrisia
Non conta un dove, un quando, un’etnia
E dare agli altri
il poco che hai
Vuol dire amare più che puoi, pulire il
mondo dai suoi guai
Brilla un diamante negli occhi tuoi…
Accanto alla strofa
che iniziava con “A Chiara piace” tracciò in stampatello maiuscolo le lettere
RIT, che poi copiò di nuovo sotto a tutta la canzone.
“Ryan?”
Chiamò Kelsi, voltandosi a guardarlo. “Vieni qui on me?”
Sorridendo, Ryan si alzò e si avvicinò al divano, sedendosi poi nello
spazio che la ragazza gli aveva fatto.
Sospirando, Kelsi appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli
occhi, arrossendo un po’ sulle guance quando lui si
chinò a darle un bacio sui capelli.
Era bellissima
quando arrossiva…
“Ti va…” Cominciò lei,
senza alzare il capo e balbettando un po’. “Ti va bene se dormo qui, questa
notte? Non…non ho voglia di tornare a casa….”
“Certo che mi va.”
Rispose lui, pensando a quanto quella sua timidezza fosse
assolutamente irresistibile. Poi si alzò di uovo in
piedi, prendendo la pianista tra le braccia e dirigendosi con lei verso le
scale che portavano al piano di sopra, mentre le notizie continuavano a
scorrere sullo schermo piatto e sottile del televisore.
Penna e foglio
giacevano abbandonate sul tavolo, dove sarebbero rimaste fino al mattino dopo.
Pazienza, non avevano
fretta di concludere il loro lavoro… e poi, le parole
per il finale della canzone, erano stampate a fuoco nella mente di Ryan: era impossibile che le dimenticasse.
Tu guarda Chiara e impara un po’
Da quella timidezza che nascondere non si può
Ascolta Chiara e lei ti dirà
che vuole crescere.
A Chiara piace vivere…
Kelsi si avvicinò all’altare con
passo sicuro, più sicuro di quanto non lo fosse mai
stato nei trent’anni di vita della sua proprietaria.
Ryan le sorrideva e suo padre,
accanto a lei, era talmente fiero che avrebbe potuto spiccare il volo da un
momento all’altro.
Quello era il suo giorno, il giorno
in cui sarebbe iniziata la sua nuova vita.
Una vita con l’uomo che amava.
Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Appena due giorni prima, Ryan le
aveva fatto leggere “A Chiara piace vivere”, la
canzone che aveva scritto per lei, e ne era rimasta talmente colpita che era
scoppiata a piangere come una stupida.
Prendendo la mano del suo fidanzato e lasciando il braccio si suo padre, fu certa che stava facendo la scelta giusta,
che non si sarebbe mai pentita di aver scelto di diventare la signora Evans.
E di un’altra cosa era sicura: che mai delle parole
avrebbero potuta farla sentire più importante di
quelle che componevano la canzone di Chiara.
Beh, almeno lo fu fino a quando non
venne il momento di recitare i voti…
“Kelsi.” Cominciò Ryan, prendendole la mano e guardandola negli occhi, dopo
che lei ebbe finito il proprio discorso. “Potrei promettere di amarti e
onorarti, potrei prometterti di essere vicino in
salute e in malattia, potrei dire ‘finché morte non ci separi’,
ma non lo dirò. Quelle promesse sono per le coppie ottimiste, per quelle piene
di speranza e io oggi, nel giorno del mio matrimonio, non sono né ottimista né
pieno di speranza.”
Il cuore di Kelsi si strinse e lei
distolse lo sguardo, ma la mano gentile di Ryan la
costrinse a guardarlo di nuovo in volto.
“Io sono sicuro, io sono saldo. Io
sono l’uomo del cuore. Io li emoziono, li faccio gioire e soffrire, li tengo
nelle mie mani, quando mi muovo su quel palco. Io sono l’uomo del cuore. Quindi sono sicuro. Tu sei la mia compagna, la mia amante,
la mia migliore amica e il mio cuore batte per te. E in questo giorno, il giorno del mio matrimonio, io ti
prometto questo. Io ti prometto di mettere il mio cuore nelle tue mani. Io ti
prometto me stesso.”
“Ti amo…” Sussurrò lei, con le lacrime agli occhi,
stringendo le braccia intorno al collo di lui e
posando le labbra leggere sulle sue.
“Beh… può baciare la sposa.” Sorrise il pastore, mentre
tutta la chiesa applaudiva, felice di aver appena assistito alla più bella
delle commedie romantiche, quella di due cuori gemelli che per tutta la vita si
sono cercati senza saperlo e che, finalmente, sono
riusciti a ricongiungersi.
Fine