XII-The story ended
Il giorno dopo mi negai a chiunque. Quando stamattina ho
riacceso il cellulare, più per l’esasperazione di Tai che per mia volontà, ho
scoperto una ventina di chiamate. Tre o quattro erano di Yolei, di mia mamma e
di Cody; le restanti tutte di Takeru. Tai è stato splendido rispondendo per me
tutte le volte che qualcuno chiamava il suo cellulare per sapere come stavo.
Yolei si è sperticata in offese ed epiteti poco consoni ad una ragazza; tutti
all’indirizzo della solita persona. I miei si sono detti tristi per me, ma non
gli ho spiegato fino in fondo le motivazioni sulla mia decisione di lasciarlo.
Tai continua a non esprimere giudizio sul suo nuovo amico, ma non lo voglio
obbligare a prendere posizione: sto già abbastanza male per conto mio senza
dover mettere in mezzo anche lui. Adesso sono alla ricerca di un mini
appartamentino che mi possa accogliere momentaneamente, finche non troverò una
sistemazione definitiva, ma fino a quel giorno Tai si è detto disponibile ad
accogliermi da lui. cerco invano di riprendere la vita che conducevo prima, ma
mi sembra tutto più difficile, ora. Tk mi aveva abituato ad una vita sociale
più attiva, e almeno questo aspetto cerco di non perderlo del tutto. Oggi
pomeriggio, rientrando dal lavoro, ho incontrato Davis. Alla sua vista mi sono
bloccata, ma poi ho continuato la mia marcia come se non fosse lì davanti a me
“Kari, ti spiace se parliamo un attimo?” ha tentato di
fermarmi
“ehm, si. Ho da fare, scusa ma devo andare” ho cercato di
liquidarlo voltandomi a guardarlo
“si tratta solo di un secondo” cercava di convincermi
piazzandosi davanti a me
“non ho intenzione di ascoltarti per più di mezzo secondo”
sbuffo esasperata, sperando che non mi infastidisca più
“dovresti chiamare Tk” confessa subito. L’espressione che mi
si disegna è di puro stupore
“ma dai, non dirmi, e magari devo pure ascoltare quello che
ha da dirmi?” lo schernisco in falso tono sorpreso
“lui non voleva che tu sentissi” borbotta a occhi bassi
“avrebbe dovuto pensarci prima di scommettere con voi” lo
liquido girandogli intorno e lasciandolo sul ciglio della strada più abbattuto
di come l’ho trovato.
“bhe, forse dovresti dargli una seconda possibilità. Io l’ho
fatto” tenta di convincermi adesso Tai.
“tu non gliene hai mai data una seconda: quando l’hai
conosciuto l’hai preso in antipatia, poi Maya ti ha convinto a conoscerlo e
adesso sono tutte rose e fiori fra di voi. Questa è l’unica possibilità che gli
hai concesso” sbotto infuriata lasciando cadere la forchetta nel piatto ancora
pieno con un tintinnio
“è vero, però mi sono almeno limitato ad ascoltarlo, non mi
sembra che tu stia facendo lo stesso” continua ad accusarmi. Allontano schifata
il piatto da me e mi alzo in piedi
“il fatto che siate diventati grandi amiconi non fa di
Takeru l’angioletto che tu credi che sia. Non ho più fame, vado in camera!”.
Non è possibile che tutti giochino a mettermi i bastoni fra le ruote: se ho
deciso di non volerlo ascoltare così deve essere. Mi butto sul letto esasperata
e abbraccio il cuscino, mio unico compagno. Un leggero colpo alla porta mi
indica che Tai sta aspettando il mio “avanti” che non arriva. Sento la porta
aprirsi e poi richiudersi, infine un corpo sedersi accanto a me. Mi appoggia
una mano sulla mia spalla, indeciso sul da farsi e scoraggiato dal mio silenzio
resta così per un po’.
“sai perfettamente che sono dalla tua parte, Kari.” Una
risata strozzata mi esce dalla gola. Che suono raccapricciante!
“davvero? Perché non si direbbe. Se fosse successo un mese
fa lo avresti preso a botte” il suo silenzio mi fa capire che non ho tutti i
torti
“il fatto che non l’ho ancora fatto non vuol dire che non ne
abbia voglia, ma quello che ti dissi un po’ di tempo fa è vero: sei grande e te
la devi vedere tu con lui, non io. Tk sa quel che penso, ma non ho intenzione
di intervenire”. Resto immobile a pensare alle sue parole
“e se io non volessi risolvere niente?” chiedo scoraggiata
“che cosa ti cambierebbe? Se vi parlaste avresti l’occasione
di sapere perché l’ha fatto e lui potrebbe provare a chiederti scusa, ma non
hai nulla da perderci, giusto?”
“ho paura che possa imbambolarmi con i suoi paroloni e farmi
fessa un’altra volta.” Volto la testa a guardarlo in faccia “e se torna a
ferirmi?” do voce ai miei dubbi. Mi sorride tenero
“so che sei intelligente e non ti farai incantare da lui. se
capisci che la vostra storia non potrebbe mai continuare, bhe allora potrai
davvero lasciarlo perdere. Ma prima dovresti giocarti tutte le carte
disponibili senza lasciarne neppure una inutilizzata. Non sia mai che in futuro
il rimorso di qualcosa che avresti potuto fare e non hai fatto ti porti a stare
ancora peggio” dopo avermi accarezzato la testa fa per alzarsi, ma lo chiamo
prima che possa allontanarsi
“grazie!” dopo essersi chinato per baciarmi sulla guancia
esce di nuovo dalla stanza, lasciandomi con i miei pensieri.
Sono seduta al tavolo di un bar da sola. La cosa fa senso
anche a me, ma avevo bisogno di uscire per pensare un po’. Le occhiate truci
che lancio fanno rinunciare chiunque ad avvicinarsi, perché per adesso nessuno
è venuto a scocciarmi. Fisso la mia lattina di Coca come in trance.
“come mai una così bella ragazza è seduta qui tutta sola?”
alzo lo sguardo lentamente e lo fulmino. Avevo già riconosciuto la sua voce,
quindi non sono sorpresa
“cosa vuoi Takeru?” chiedo poco gentile. Senza neppure
avermelo chiesto si siede di fronte a me
“parlare? Sai, ne approfitto delle poche opportunità che mi
si presentano” sospiro stanca
“come facevi a sapere che ero qui?” chiedo più per
educazione che per vera curiosità
“ho ricevuto un informazione dalla mia spia” mi indica un
ragazzo seduto al bancone che fa lo gnorri
“certo, e come se no?” non ho intenzione di affrontare
l’argomento, quindi mi eclisso nel mio silenzio tombale
“di la verità: tu non hai ancora deciso se perdonarmi o
meno, vero?” mi scanso i capelli dal viso e mi sfrego gli occhi, stanca
“no, infatti. Ad essere sincera cerco proprio di non pensare
a ciò che è successo” confesso con una voce monotona
“ti posso spiegare?” la rabbia che fino ad adesso ho cercato
di reprimere ritorna tutta insieme, affogandomi
“no, non c’è nulla da spiegare” cerco di controllarmi, ma
con pochi risultati
“questo lascialo decidere a me, ok?” mi invita ad uscire
seguendolo con un cenno della testa. Io, controvoglia e sbuffando, mi alzo e lo
seguo a un metro di distanza. Mi stringo nel giaccone non appena esco dal
locale, e senza una parola Tk si dirige a ovest. Quando finalmente decide di
fermarsi resto a debita distanza, a portata di voce. Lui si siede su una panca
a bordo strada e mi fissa, aspettando una mia mossa “puoi anche sederti sai?
Non mordo” sembra stizzito. Lo guardo
desiderosa di andarmene
“Tk…” provo ancora a protestare, ma non ne ho il tempo
“Hikari, sai perfettamente che non ti costa nulla
ascoltare!” se usa il mio nome intero vuol dire che è davvero scocciato. Lo
accontento e aspetto le sue spiegazioni, che però sembra non arrivino
“quindi…” provo a incoraggiarlo, ma il modo in cui lo dico
non fa altro che irritarlo maggiormente
“per favore, adesso piantala di usare questo tono!” sta
cercando di controllare la rabbia, e sento ondate di frustrazione invadermi
“va bene. Dimmi quello che hai da dirmi” riprovo più
conciliante
“così va meglio. dunque, innanzitutto posso sapere quella
storia di Shibuto?” rimango spiazzata: non mi aspettavo questa domanda
“bhe, l’ho incontrato quando mi hai lasciato al bar e mi ha
chiesto di accomodarsi. Mi ha detto di qualcosa che mi tenevi nascosto e che
non mi avrebbe fatto piacere. Diceva che mi stavi ingannando e che ero una tua
vittima. Non è stato troppo dolce nei tuoi confronti” concludo volgendo
velocemente lo sguardo verso di lui. mi sta guardando curioso.
“e tu gli hai creduto” non è una domanda. Rimango ferita
dalle sue parole fredde e glaciali
“no” mi scaldo subito incrociando il mio sguardo di fuoco
nei suoi occhi amareggiati. Ce l’ha con me. “non gli ho creduto e ti ho difeso.
Volevo solo dimenticare le sue parole, ma quando ho visto te e gli altri tre
che borbottavate fra di voi ho avuto dei pensieri” cerco di calmarmi respirando
a fondo
“quindi ai deciso di origliarci senza prima chiedermi nulla”
conclude. Adesso è il suo tono a mandarmi in bestia
“mi stavo avvicinando e ho cominciato a sentire quello che
dicevate. Stavo per attirare la tua attenzione quando mi hai nominato me e una
scommessa. Solo allora mi sono bloccata. E se proprio vuoi saperlo non era mia
intenzione origliarvi” sottolineo sprezzante l’ultima parola.
“ma non me ne hai parlato prima” dispiacere e delusione si
confondono sul suo viso
“mi avresti detto la verità?” sussurro triste a occhi bassi,
già sapendo la risposta. Il suo silenzio conferma la mia ipotesi. “comunque non
siamo venuti qui per accusarci” riprendo il discorso dopo poco
“hai ragione. Comincerò dall’inizio: ti ricordi quando ci
siamo incontrati per la prima volta?” annuisco “e della scommessa che mi avevi
proposto?”
“quale, quella che non saresti durato più di due mesi?” ogni
particolare di quella sera mi è chiaramente stampato in mente
“proprio. Non appena te ne sei andata Cody, Davis e Joe mi
hanno raggiunto al tavolo ostentando vittoria: credevano che non avessi
ottenuto il tuo numero, ma io li ho spiazzati annunciando che, oltre ad avere
vinto la loro scommessa ne avevo fatta una specie anche con te. Ovviamente la
nostra non valeva come ufficiale, ma loro hanno colto la palla al balzo: se mai
fossi davvero riuscito a sopportarti, per così dire, per due mesi, allora mi
avrebbero dovuto dei soldi” la pausa che si prende mi fa voltare per guardarlo:
è assorto in chissà quali pensieri. Finalmente si volta a guardarmi e provo a
sorreggere il suo sguardo “Kari, tu sei davvero una bella ragazza e non mi sei
mai dispiaciuta, dico sul serio. Il primo giorno che ti ho invitato a mangiare
fuori non l’ho fatto solo per la scommessa. Certo, adesso posso ammettere che
inizialmente non ti avrei giudicata come il mio tipo di ragazza, ma ho dovuto
ricredermi” resto raggelata a pensare se prenderla come un’offesa o meno. “ho
continuato il giochetto per un po’ ma poi mi sono accorto che non ti cercavo
solo per la scommessa: ho iniziato a considerarti sempre di più come un’amica,
poi qualcosa è cambiato. Tutti lo vedevano, e così anche i miei amici. Un
giorno mi hanno preso da parte e hanno voluto aumentare la posta in gioco: se
mai fossi riuscito a mettermi con te entro il tempo già precedentemente
stabilito avrei avuto una somma maggiore.” Sento un senso di vuoto
impossessarmi di me con una velocità impressionante. Decido di interromperlo.
“e tu non hai potuto rifiutarti, giusto?” la voce apatica
che mi esce non sembra neppure la mia. Anche Tk se ne deve essere accorto
perché mi guada preoccupato
“non ho mai detto di non essere nell’errore Kari.” Mi lascia
qualche secondo per ragionare. “ti ricordi il giorno che ti parlai di Shibuto?”
al mio cenno continua “e quindi ti ricorderai della nostra litigata iniziale,
si?” torno a guardarlo perplessa, senza capire cosa centrasse questa storia
“da quando eri arrivato ti sei mostrato intrattabile?” provo
a ricordare, e il suo sorriso mesto conferma la mia ipotesi
“brava, hai una buona memoria. E ricordi quale scusa usai?”
ci penso un po’ su. Avevo paura che fosse successo qualcosa a… cosa c’era
stato, il compleanno di sua madre? Si, ora ricordo
“i tuoi amici!” sussurrai appena, ma abbastanza forte perché
mi sentisse
“esatto. Ci trovammo per fare colazione e proprio quel
giorno mi chiesero di aumentare la posta in gioco. Come ti ho già detto
sbagliai ad accettare, ma me ne resi davvero conto quando salì in macchina per
raggiungerti: quello che stavo facendo era quasi meschino, soprattutto nei tuoi
confronti, e non ero affatto fiero della mia scelta. Per quello ero così
intrattabile: ce l’avevo con me stesso.” Questa volta il sorriso che mi rivolge
è dolce e contiene tutto il dispiacere che non mi ha confessato. “anzi, ad
essere sincero anche prima di quel giorno mi trovai a chiedermi se stavo
facendo la cosa giusta nei tuoi confronti, ma allora decidevo di scansare quei
pensieri e continuare per quella strada; era più facile. Ma quel giorno che
scommisi sul nostro fidanzamento mi sono sentito davvero una merda. Sai, è
stato allora che mi sono innamorato” a quest’espressione sgrano gli occhi e
alzo la testa sbigottita, guardandolo. Non riesco davvero a credere a quello
che mi ha detto perché anche io, quel giorno, sdraiati sul campo, ho realizzato
che cosa celavano i miei sentimenti. Cerco di riprendermi, ma con scarsi
risultati
“e perché dopo non hai declinato la scommessa, se ti faceva
stare male?” chiedo con la voce strozzata
“altro mio errore. Ho sempre creduto di poter passare la faccenda
sotto silenzio, ma forse solo perché non avevo il coraggio di ammettere che il
mio comportamento era da vero cretino” concordo annuendo, facendolo così
sorridere. “Un giorno Joe mi parlò per caso di Shibuto, dicendomi che l’aveva
incontrato per strada e aveva deciso di invitarlo a bere un drink, in memoria
dei vecchi tempi. Lì si erano raccontati del più e del meno, chiedendo prima
l’uno poi l’atro delle sorti di vari amici di cui avevano perso traccia. Finché
Shib non volle sapere di me. Joe cominciò con il raccontargli del lavoro e
altre cose che tutti sanno, ma alla domanda “e con le donne?” a Joe gli scappò
detto di te. In buona fede gli raccontò del nostro incontro e delle scommesse
fatte tra noi, ma evidentemente a Shibuto questo giochetto che credeva stessi
conducendo con te è parso il pretesto per vendicarsi, visto che è venuto a
parlartene” adesso tutto mi è chiaro, solo ora tutti i tasselli tornano al loro
posto: Shibuto mi ha parlato di Tk in quei termini perché era venuto a
conoscenza di tutto. Un moto di stizza mi attraversa ripensando al suo
atteggiamento al tavolino del bar: la sua sfacciataggine non era dovuta a un
tentativo di avvertirmi; quanto più voleva vendicarsi a costo di far stare male
anche me. “Poi è arrivata quella sera.” cero di riprendere il controllo di me e
ascoltare la fine della storia “La promozione mi aveva messo su di giri, ma
l’idea che più mi rimbalzava in testa era quella di renderti partecipe, di far
si che festeggiassi con me. Quello che è successo quella sera, tutto quanto,
non avrei mai potuto immaginare che sarebbe successo.” Ora la mia attenzione è
tutta per questi occhi azzurri che mi hanno legata al posto. “Nulla era
premeditato, e mai e poi mai avrei pensato quale sarebbe stata la conseguenza
del mio gesto, sia nel presente che nel futuro. Per quel che ne sapevo avresti
potuto rifiutarmi, oppure pretendere che rimanessimo solo amici. Quel giorno
per me resterà memorabile, il più bello e comunque il più fortunato, ma non
perché abbai vinto la scommessa, ma perché finalmente ero riuscito a farti
capire cosa provavo per te, e tu ricambiavi pure. Ad essere sincero Kari,
quando il giorno dopo ho detto a Cody che ci eravamo messi insieme, è stato lui
a ricordarmi che il termine ultimo della scommessa era proprio quel giorno, ma
se non fosse stato per lui non me lo sarei mai ricordato, perché non mi
importava nulla di quella stupida scommessa fatta mesi prima.” Ora che il suo
racconto è finito posso ragionarci sopra, ma solo una domanda mi ronza in testa
insistente. Lo guardo seria, voglio fargli capire il mio dubbio.
“Tk, ho apprezzato la tua sincerità, ma purtroppo c’è un
problema”
“e cioè quale sarebbe?”
“come posso tornare a fidarmi di te?” la mie parole sono
come uno schiaffo, e la sua espressione ne sono il chiaro esempio. Forse
credeva che la sua sincerità mi avrebbe scosso… “sappi che tutto ciò che mi hai
detto lo condivido perché è la stessa cosa che provo per te, ma non posso
pensare che hai fatto tutto questo giocando con me” mi alzo aspettando che
faccia lo stesso
“ma noi potremmo formare una coppia meravigliosa” prova a
dissuadermi con la forza della disperazione. Sento la sua angoscia come fosse
la mia e ne sono maggiormente ferita. Allungo una mano ad accarezzargli una
guancia
“scusa” riesco solo a mormorare prima di andarmene,
lasciandolo solo davanti alla panchina.
L’unico suono che c’è in cucina sono le nostre forchette
contro i piatti. Tengo gli occhi piantati sulla pasta, ma con la coda
dell’occhio vedo Tai che ogni due bocconi mi guarda come se stesse aspettando
un mio crollo di nervi. La terza volta in meno di dieci minuti guarda
l’orologio e sussulta. Finisce di mangiare in fretta e furia per poi uscire
all’esterno. Quando rientra ho quasi finito di pulire il mio piatto. Si
appoggia con una mano alla sedia di fronte a me e l’altra al fianco,
guardandomi con aria divertita e superiore
“c’è qualcuno per te alla porta” resto ferma al posto
“strano, non ho sentito suonare nessun campanello” so che
sta tramando qualcosa, ma ho paura a sapere cosa
“fidati di me, vai alla porta!” mi incita. Con più timore
che curiosità mi dirigo verso l’uscita con lui alle spalle. Non appena apro non
credo ai miei occhi: uno striscione legato a un estremo alla canala di casa e
l’altro legato a un mattone e gettato su un ramo dell’albero recita le parole
“ti chiedo ancora scusa” con una calligrafia palesemente fatta a mano, e un
cupido bamboccio completo di mutandine azzurre e arco con freccia incoccata
dondola da destra a sinistra facendo tremare pericolosamente lo striscione.
Sotto quest’ultimo c’è Tk, con una faccia seria e triste che mi fissa. Sposto
leggermente la testa a parlare con Tai
“tu ne sapevi qualcosa?” chiedo stralunata
“io? Assolutamente nulla!”
“sei un pessimo attore, sappilo!” commento sarcastica. La
voce di Tk mi riporta alla realtà
“ormai non so più come dirtelo, ma te lo ripeterò
all’infinito: mi dispiace Kari e se potessi tornerei indietro. Potrei cercare
di dimenticarti in modi facili, e sai che ne sarei stato capace fino a qualche
mese fa, ma conoscerti mi ha cambiato profondamente e l’unica persona che
voglio accanto a me sei tu. Ti chiedo solamente di darmi una seconda
possibilità per farti capire quanto quello che ti ho detto ieri sia vero. Te ne
prego Kari, sei l’unica cosa che mi permette di andare avanti e che rende
felice ogni mio sguardo al passato. Per favore”. Rimango sbalordita da tutta
questa messa in scena quando una folata di vento fa dondolare maggiormente
quella specie di putto appeso, il quale rimbalza sul filo con forza maggiore,
facendo così da contrappeso al mattone che lega lo striscione, facendolo
catapultare dal ramo su cui è stato messo. Questo compie un cerchio ampio fino
a colpire in pieno il petto di Tk, scagliandolo a cinque metri da dove si
trovava pochi secondi fa.
“oddio, Tk!” esclamo preoccupatissima fiondandomi verso di
lui, ancora steso a terra a braccia aperte. Appena lo raggiungo mi butto in
ginocchio al suo fianco e fisso il suo viso immobile, a occhi chiusi. “Tk, stai
bene?” gli chiedo agitata
“sono stato meglio” è la sua risposta strozzata. Tai mi
raggiunge ma non si china neppure
“tutto a posto? Devo chiamare qualcuno?” all’accenno
dell’ambulanza apre gli occhi di scatto guardandolo allarmato
“no no, davvero, sto bene” la risatina di Tai mi fa voltare
verso mio fratello, indignata
“ok, allora vi lascio soli” ma guardatelo, beato come se
nulla fosse successo!
“sei sicuro? Ti senti bene?” continuo a fissarlo per cercare
segni che mi consiglino la pronta chiamata all’ospedale
“adesso che sei qui si” la mia stizza lo rende di nuovo
serio
“non dire idiozie, parlo sul serio”
“anche io. Quindi cosa ne dici della mia idea?” chiede
sorridendo e provando a sedersi
“solo tu potevi pensare a una cosa del genere. Cosa ti salta
in testa poi di usare un mattone e di non fissarlo? Avresti potuto ucciderti!”
inveisco
“ma non è successo, quindi…” la sua tranquillità mi rende
pazza, visto che io sono preoccupata a morte
“ma hai rischiato” continuo per la mia strada
“te l’ho detto, ora sto bene, e aspetto una risposta” mi blocco
pensierosa
“a quale domanda?” il sorriso sbieco che mi rivolge mi
lascia intontita
“alla mia dichiarazione” resto silenziosa a pensare mentre
la sua agitazione aumenta mano a mano
“bhe, non saprei” comincio titubante ma poco convincente, evidentemente,
perché Tk mi stringe a se baciandomi con foga. Io rimango inizialmente immobile
pensando a come dovrei reagire (uno schiaffo seguito da maledizioni e
intimazioni a stare lontano da me), ma la situazione mi scappa di mano, così mi
ritrovo a ricambiare. Quando si allontana da me con gli occhi che gli brillano
e un sorriso euforico abbasso lo sguardo, vergognandomi leggermente della mia
debole volontà
“dovevo rischiare di ammazzarmi per convincerti?” gli
assesto un pugno nel punto reciso dove l’ha colpito il mattone, lui trasale e
si massaggia il punto con viso dolorante
“tu sei un enorme idiota senza cervello, ecco cosa sei!”
sbotto irritata dando voce a tutta la preoccupazione fino ad ora trattenuta
“ahia” si lamenta continuando a toccarsi il punto dolente
“così impari” commento alzandomi “e muoviti che facciamo un
salto al pronto soccorso: non voglio averti sulla coscienza se ti senti male”
commento acida, sorridendo al pensiero di quello che ha fatto per me, anche se
gli è costato un mattone scagliato addosso. Afferro la borsa e le chiavi poi
torno all’esterno
“adesso sarai sempre così gentile? No, perché in tal caso
vedrò di procurarmi altri rischi alla salute per farti correre al mio
capezzale” chiede seguendomi. Sbuffo divertita, cercando di celare il mio
divertimento sotto uno sguardo severo
“finche non riterrò di averti perdonato si” sento
scalpicciare e all’improvviso me lo trovo a fianco con una mano a stringermi il
fianco e un sorriso meraviglioso tutto per me.
La giornata non è delle migliori, ma non me ne può importare
di meno. I bimbi corrono nel salone con le mamme dietro, esasperate, e cercano
di riacciuffarli per far mangiare loro il dolce. Il vociare allegro raggiunge
il soffitto coperto da palloncini. L’ennesima coppia di conoscenti viene al
tavolo per congratularsi del mangiare, della cerimonia, di questo o di
quell’altro. I miei occhi non possono che cadere ogni due minuti sull’uomo
seduto al mio fianco, bellissimo e solare. Non riesco ancora ad abituarmi
all’idea di chiamare Tk “marito”, mi suona strano. Guardo amorevole come una
mammina il tavolo con gli anziani che hanno deciso di partecipare al mio
matrimonio. Ormai sono vicinissima al traguardo da direttrice, e loro si sono
davvero affezionati a me. Purtroppo non tutti sono riusciti a venire, ma si sono
comunque congratulati. Gli alunni di Tk continuano a guardarmi come se non
avessero mai visto una donna in vita loro, ma non voglio sapere per quale
motivo. Il suo capo, direttore della scuola in cui lavora adesso, ci ha fatto
come regalo la band che è pronta, nell’angolo, per cominciare a suonare.
Purtroppo non è potuto unirsi ai festeggiamenti, ma la moglie si trova in
ospedale per partorire il terzo figlio; come possiamo biasimarlo. Dopo due anni
che stavamo insieme Tk aveva deciso di cambiare lavoro; non era più così
entusiasta della scelta che aveva fatto da giovane, così ha colto la palla al
balza accettando il posto da professore di lettere che gli avevano proposto.
Adesso non partecipiamo più a feste super chic, ma entrambi non ne sentiamo la
mancanza. La sua mano si allunga sul tavolo a prendere la mia e torno a
guardarlo, rimanendo ancora senza fiato.
“sei bellissima” mi ripete per la settima volta, e ancora gli rispondo con un bacio
“anche tu”. Qualcosa di piccolo e morbido si schianta contro
le mie gambe. Lo tiro su e me lo appoggio sulle ginocchia
“zia sei tatto bella, sai?” i ricciolini biondi fremono a
ogni movimento
“grazie amore, come sei dolce” gli stampo un bacio su una
guanciotta piena e con una risatina acuta scende dalle mia gambe e corre in
contro al suo papà. Matt lo prende al volo e prova a rimetterlo sulla sedia, ma
con scarsi risultati, dovendo così riprendere a seguirlo per tutta la sala.
“hai intenzione di far fare ginnastica a Matt per tutto il giorno?” chiedo a
Sora che sussulta sorpresa, non avendomi visto arrivare da dietro
“gli fa bene, così dimagrisce un po’ anche il piccolo” rido
divertita
“poverino, è così dolce con quelle gambotte piene” provo a
difenderlo
“si, ma il papà esagera a dargli da mangiare. Capisco
viziarlo, ma lui va oltre ogni limite”
“è inutile, tanto Takumi è il cocco dello zio. Il papà non
può nulla contro di me” mi volto a guardare Tai. “sei molto bella sorellina,
sai?”. Lo ringrazio e torno a girare per i tavoli. Ad un certo punto mi fermo a
guardare una scena curiosa: Tk sta vicino alla porta, e parla con Shibuto. Mi
avvicino e quest’ultimo mi nota. Anche mio marito si volta e mi accoglie
stringendomi a lui.
“Shibuto è venuto a farci gli auguri” lo guardo sorridente, ma
continuo a chiedermi perché non si è limitato a mandarci una lettera, anziché
presentarsi di persona. “stavi dicendo?” evidentemente ho interrotto la
conversazione
“stavo dicendo” riprende Shibuto con la sua solita voce
profonda “che nonostante non sia qui per riappacificare il nostro rapporto,
volevo che sapessi che sono lieto che tu abbia trovato la tua anima gemella, te
la meriti” Tk ride sommesso
“e pensare che tempo fa sei quasi riuscito a farci lasciare
definitivamente”. Shibuto arrossisce leggermente, ma si riprende all’istante
“già, però così avete capito che siete fatti l’uno per
l’altra” prova a mettersi in buona luce. Poco dopo se ne va e una musica
leggera ci giunge alle orecchie, fecendoci voltare. Tutti guardano il cantante
della band che ha preso il microfono
“adesso, per cortesia, chiederei ai due neo sposi di
raggiungere il centro della pista per il primo ballo” Il mio cuore comincia a
battere all’impazzata e seguo Tk, che mi tira per una mano. Mi stringe a se e
cominciamo a muoverci al ritmo lento della musica
“Ti amo” mi sussurra a un orecchio. Mia allontano per
guardarlo negli occhi “anche io ti amo” e lo bacio pensando al futuro che mi
aspetta da signora Takaishi.
Angolo Autrice:
Eccoci qui, alla conclusione della fan fic. Sono emozionata:
a parte le One shot non sono mai riuscita a
scrivere la parola fine ad una mia storia. Il finale forse è un po’ banale, ma
di questi tempi c’è davvero bisogno di un po’ d’amore. Allora, che ne dite? Vi
è piaciuta? Siate sinceri però. Mi spiace un po’ concludere questa fic, ma
d'altronde mi mette sempre tristezza la parola fine. Spero solo di avervi
intrattenuto piacevolmente con questa mia storiella, e che vi sia piaciuta
almeno la metà di quanto è piaciuto a me. Adesso posso davvero salutarvi, ma
non crediate di liberarvi di me così facilmente, perché io sono come i mostri
nei film con le invasioni di formiche giganti o roba del genere: alla fine si
vede sempre un piccolo rinascere. E così io non mi stanco mai di partorire
nuove strambe idee. Vi saluto, vi abbraccio forte e ringrazio infinitamente
tutti per avermi seguito fino alla fine di questa storia.
Mami
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