ORIZZONTI
La crisi era arrivata al suo apice.
La Storia non aveva
saputo parlare, non a voce abbastanza alta, e ora, ad un secolo esatto
dalla marcia su Roma, un nuovo dittatore aveva preso in mano l'Italia.
2022.
Nessuno
poté dimenticare le riprese mandate in onda dai
telegiornali. Palazzo Chigi, la folla. Il vecchio tricolore ritirato,
sostituito da uno stendardo interamente blu elettrico.
"Blu come il mare,
blu come il cielo. Blu come l'infinito. Come i nostri orizzonti
infiniti!".
L'ovazione. Il
popolo e la sua nuova, effimera speranza. Una personalità
forte avrebbe ripescato l'Italia dal gorgo, l'avrebbe salvata.
Ma dopo i primi
entusiasmi, si insinuò nelle coscienze il dubbio, come un
serpente gelido. Un serpente continuamente allontanato e scacciato con
violenza, che però riuscì presto a mordere le
prime anime. Il blu elettrico non era il colore del mare. Era
artificiale, era il colore dei fornelli, delle scariche elettriche, dei
farmaci oscuri che il governo cominciò a distribuire.
Le tasse
scomparvero, come il popolo desiderava. Ma un nuovo nemico
cominciò ad ostacolare le volontà: i divieti. Le
proibizioni.
Divieto di uscire in
strada dopo le ventidue. Divieto di possedere un tricolore, anche solo
una bandierina verde, bianca e rossa da infilare su un panino. Divieto
di vestire con quei tre colori. Divieto per le donne di portare le
gonne corte - eppure si narrava che il dittatore vivesse in una specie
di harem. Libertà di stampa soppressa. Libertà
d'opinione soppressa. Aule di scuola costantemente sorvegliate,
televisione controllata.
Pena di morte
reintrodotta.
Scoppiarono le
rivolte. Le piazze delle città videro eserciti in uniforme
blu elettrico fronteggiarsi con schiere di anime assetate di
libertà, visi con richieste di aiuto negli occhi, occhi con
dentro universi. Le sedi dei giornali rivoluzionari bruciavano una dopo
l'altra. Alcuni uomini e alcune donne, senza aver commesso alcun
crimine, scomparivano misteriosamente, lasciando sole le loro famiglie.
Arrivò
poi l'ultima proibizione: divieto di ascoltare, suonare, possedere o
vendere qualsiasi forma di musica o strumento musicale. La musica era
diventata un crimine. I roghi degli strumenti musicali al centro delle
piazze furono trasmessi e ritrasmessi dai telegiornali. Le voci dei
cronisti li descrivevano come il primo passo del popolo italiano verso
una vita priva di piaceri effimeri e distrazioni. E le famiglie
guardavano e impallidivano, non osando proferire parola. La minima
sillaba sbagliata avrebbe potuto portare chiunque alla morte.
Le città
divennero mausolei della vita. Strade deserte, case grigie, piazze
immense e vuote. Enormi grattacieli blu elettrico crescevano come
sequoie, oscurando il sole. Silenzio. La radio non esisteva
più, la televisione non aveva più nemmeno le
musiche di sottofondo delle pubblicità o le sigle dei
telegiornali. La gente si affacciava alle finestre e cercava di
respirare: insieme alla musica sembrava che se ne fosse andato anche
l'ossigeno.
Ma, una mattina,
qualcuno uscì di casa. Le due code del frac perfettamente
stirate, trainava con enorme fatica un pianoforte Steinway a coda, nero
e splendente, lucidato a specchio. Lo sgabello era legato al
pianoforte. Il popolo lo osservava da dentro le case, di nascosto, in
silenzio. Un eroe. Un pazzo. Sarebbe morto. Ma egli, non curandosi del
suo destino, trascinava il pianoforte mascherando lo sforzo con
un'espressione impassibile, scrutando l'orizzonte. Il vero orizzonte
infinito, non quello proclamato dal dittatore. Ed ecco, la piazza
principale. Bianca. Non tirava un filo di vento. La grande chiesa di
San Petronio stava a guardare.
Si fermò
con il pianoforte al centro della piazza, slegò lo sgabello
e si sedette sistemandosi il frac.
La Fantasia
Improvviso di Chopin ruppe il silenzio come una cascata con una diga.
Tutti la stavano ascoltando, da dentro le loro case. E tutti ebbero la
sensazione di riuscire di nuovo a respirare. Qualcuno osò
sporgersi di più dalla finestra, qualcun altro addirittura
ebbe l'ardire di scendere e fermarsi ad ascoltare sul vano della porta
di casa. Qualcuno sorrise. Qualche risata di bambinò
zampillò, da qualche parte.
Poi, uno sparo.
E il silenzio.
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