Pairing/Characters: Isaac
Lahey, Scott McCall
Rating: PG
Warnings: Post
3x08, Spoiler, Angst, H/C;
Word
Count: 882
(fdp)
N/A: Scritta
per il COWT #3.5,
prima settimana, missione #1, prompt “ritorno” e per 500themes_ita,
prompt #193.
Chiamandoti casa.
Home
La
mano di Scott è calda contro la sua spalla, e Isaac
è grato di quel calore. Sta congelando. Sarà a
causa dei vestiti bagnati o del vento sempre più freddo
della notte, ma gli sembra anche di tremare. Non ne è sicuro
però, perché potrebbe essere Jennifer, ancora
stretta tra le sue braccia, la causa di quel continuo tremolio.
È tutto molto confuso a dire il vero.
Nessuno
si è ancora mosso. Cora sta ancora piangendo, Derek
è ancora in ginocchio, tutti gli altri sono ancora chiusi
nel loro silenzio attonito e Boyd è ancora una forma
lontana, immobile e scura (e fredda almeno quanto lui, pensa quasi
distrattamente Isaac. Solo che lui potrà riscaldarsi in
qualche modo tra un'ora o due giorni o una settimana ─ il tempo
è un concetto molto relativo in questo momento ─ mentre Boyd
è destinato a diventare sempre più freddo. Freddo
come lo era Erica quando l'hanno seppellita. Freddo come suo padre.
Freddo come il congelatore. Freddo come─)
«Torniamo
a casa.»
Anche
la voce di Scott è calda, in un qualche strano modo. Le
persone gentili danno sempre una bella sensazione di calore, non
è vero?
Jennifer
si agita appena e Isaac apre le braccia e la lascia andare. Lei si alza
in piedi e fa qualche passo incerto verso Derek, prima di voltarsi di
nuovo verso di loro con occhi imploranti. Cosa
devo fare?,
sembra chiedere. E nessuno sa cosa rispondere. A parte Scott,
ovviamente.
«Torniamo
a casa», ripete, questa volta rivolto a tutti gli altri e non
soltanto a lui. Ma la sua mano stringe un po' di più la
spalla di Isaac e tanto basta.
*
Anche
il viaggio di ritorno è silenzioso. Per qualche giorno ci
saranno probabilmente un sacco di silenzi tra di loro. Non è
una brutta cosa (eccetto per Stiles, forse. Stiles e il silenzio non
sono concetti che vanno molto d'accordo), ad Isaac piace il silenzio.
Le
luci sono tutte spente, Melissa non è a casa ─ è
una settimana che fa turni doppi, lavorando anche di notte, altra voce
da aggiungere al figurativo conto finale degli alpha ─ ma sul tavolo ci
sono due piatti coperti e un bigliettino con uno smile disegnato alla
fine. Isaac lo fissa per qualche secondo senza capire.
«Ha
saputo che sei andato via da scuola perché stavi
male», spiega Scott. «Probabilmente è
brodo di pollo, in caso ti servisse un altro motivo per non avere
fame.»
Isaac
─ che non ha niente contro il brodo di pollo, anzi gli piace abbastanza
─ annuisce appena.
«Meglio
andare a dormire», mormora in risposta.
Scott
annuisce a sua volta, gli da una pacca sulla spalla, poi prende i
piatti e li porta in cucina.
«Buonanotte.»
Non
sarà una buona notte ─ non ci sono state e non ci saranno
buone notti per un bel po' di tempo ─ ma Isaac sorride comunque.
*
Ritornare
all'appartamento di Derek non è proprio per niente come
tornare a casa. O forse sì, se come casa si intende la casa
di suo padre. È un po' come la sensazione di masticare cibo
guasto, quando un luogo una volta felice si trasforma in un ricettacolo
di brutti ricordi. Qualcosa di buono c'è ancora ─ i
pomeriggi passati sul divano a far finta di fare i compiti, il profumo
del caffè, svegliarsi da un incubo e sapere che Derek
è nella stanza di fianco e che quindi va tutto bene,
andrà tutto bene, niente di cui preoccuparsi, davvero ─ ma
il pavimento è ancora bagnato e i suoi occhi continuano a
tornare nel punto in cui Boyd è caduto per l'ultima volta.
Derek
non c'è. Isaac non si aspettava che ci fosse, altrimenti non
sarebbe venuto. Sa che adesso lui è l'ultima persona che
Derek vuole avere intorno, e lo capisce. Così come aveva
capito la notte in cui il suo alpha lo aveva cacciato via. A volte per
proteggere le persone a cui vuoi bene è necessario
allontanarle. Niente di strano.
Isaac
si siede sui relitti del divano, senza sapere bene cosa fare. Osserva i
profondi graffi sulle pareti e sul pavimento, le macchie di sangue
sparse un po' ovunque, il modo in cui, alla luce del giorno, quel posto
sembri persino peggio.
Non
ha voglia di piangere. È brutto da dirsi ─ le lacrime non
dovrebbero essere soggette al volere quanto alla necessità
di sfogare un dolore ─ ma è vero. Non ha alcuna voglia di
piangere. Piangere è una faccenda complicata, che prende
tempo ed energie, oltre ad essere abbastanza inutile. Isaac non piange.
Ricorda. Ricorda la famiglia che ha perso e quella che non pensava di
poter perdere, poi pensa alla famiglia che ancora gli rimane. Pensa a
come vendicare e a come proteggere. Non è giusto che due
cose tanto differenti siano ugualmente difficili.
*
Non
sa per quanto tempo rimane su quel divano semidistrutto ─ abbastanza
perché il sole non arrivi più ad illuminare gli
angoli, comunque ─ ma quando infine ritorna in sé, si sente
spossato come dopo una lunga prova di forza. Il cellulare gli vibra in
tasca (non per la prima volta, probabilmente) ma non ha bisogno di
guardare il display per sapere che è Scott che lo sta
chiamando.
Isaac
sbadiglia e non risponde, però si rimette in piedi e
attraversa a lunghi passi il pavimento umido. Esce chiudendosi
istintivamente la porta alle spalle.
Tempo
di tornare a casa,
pensa.
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