La vie en rose
Raccontami una
fiaba
Pollicino
«Papà!»
Accidenti, l’aveva beccato. Da
quella volta che aveva letto una fiaba a Bra, poiché Bulma non era in casa e la
piccola si era messa a fare i capricci, non gli aveva più dato tregua,
insistendo affinché lui gliene raccontasse delle altre. La sua originale
versione di Cappuccetto Rosso aveva avuto successo e, all’asilo, Bra aveva
raccontato a tutti i suoi compagni che il suo papà era un inventore di fiabe,
provocando l’invidia e l’ammirazione di tutti i bambini.
Una maestra ne aveva parlato con
Bulma, e le aveva chiesto se suo marito volesse venire a scuola per raccontare
una di queste speciali fiabe alla classe; la signora Briefs si era messa a
ridere, rispondendo che era meglio di no.
Da quando erano iniziate le
continue insistenze di Bra, Vegeta era stato salvato da Bulma, che accorreva
nella cameretta e leggeva una storia, ma non era la stessa cosa.
La bimba voleva il suo bravissimo
papà.
Lui si era rifiutato
categoricamente, fino a quando anche Bulma si era messa a piagnucolare.
«Ti preeegooo, fallo per lei…
fallo per me, fallo per quella a cui vuoi più bene!» supplicava in continuazione
ad un seccatissimo Vegeta.
Ma quella sera crollò.
«E va bene, va bene! Ti racconto
una storia, basta che la fai finita!»
Entrò nella cameretta lanciando
un’occhiataccia alla moglie, che era intenzionata ad assistere alla scena: se ne
stava in un angolo a braccia conserte, incuriosita, ma Vegeta non accettava più
di uno spettatore.
«Fuori!» le abbaiò contro e lei
corse via ridacchiando.
«Quale vuoi?» chiese il Sayan
alla figlia, indicando una fila di libri sullo scaffale.
«Pollicino! Pollicino!» cinguettò
la piccola, saltando sul letto.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma
quel cucciolo di umano gli trasmetteva degli strani sentimenti e poi, con quel
pigiamino con gli orsetti, era veramente… no, non poteva nemmeno pensarlo, ma la
parola più adatta era tenera.
Scacciò quell’orribile bestemmia
dalla sua testa e tirò fuori il libro, ma prima di aprirlo fece infilare Bra
sotto le coperte, gliele rimboccò in un gesto che gli venne spontaneo e che lo
stupì.
La bambina lo guardò in attesa,
con gli occhi che le brillavano dalla felicità.
«Beh» iniziò lui. «C’erano una
volta un vecchio e una vecchia senza figli…»
«E perché?»
Ecco che ricominciava la raffica
di domande.
«Perché… perché… erano degli
sfigati. Soprattutto lui.»
«Perché?»
«Ehm…» era già ora di spiegarle
come nascevano i bambini? Di certo non era un compito che spettava a lui.
«Perché era stato cattivo e Kami l’aveva punito in questo modo. Insomma, erano
tristi – tristi? Cosa darei per non
avere dei marmocchi tra le scatole – e ogni giorno pregavano Kami perché li
perdonasse e desse loro un erede. “Andrà bene anche se sarà minuscolo, alto come
un pollice” – ah! Che idioti! – E infatti un giorno trovarono davanti alla porta
di casa una culla piccola come uno sputo, con dentro un coso come te altrettanto
piccolo. “Che schifo!” esclamò la vecchia. “Mi rimangio quello che ho detto, non
voglio questo cimice come figlio!” Pregarono a lungo perché Kami se lo
riprendesse, ma il cimice restò lì. “Come lo chiamiamo?” disse infine la
vecchia. “Diamogli un nome a caso” disse il vecchio, “Pollicino”. Pollicino era
piccolo, ma era un grandissimo scassa scatole…»
«Perché rompeva le scatole?»
«Perché non gli piacevano» Ormai
era diventato bravo a modificare le storie, bastava che leggesse una frase e
subito gli veniva in mente una possibile variante, di gran lunga più divertente.
In fondo sua figlia era per metà Sayan, non poteva certo crescere con tutte
quelle sdolcinate stupidaggini in testa!
«Allora, per tenerlo fuori dai
piedi, i genitori lo mandarono a scuola, ma siccome era stupido lo cacciarono
anche da lì, così il vecchio fu costretto a prenderlo con sé al lavoro; un bel
guaio, perché Pollicino rubava i soldi dal cassetto. Passava il tempo, ma lui
non cresceva, nonostante mangiasse come un maiale; in più, era di un’antipatia
insopportabile e chiunque avesse a che fare con lui moriva dalla voglia di
prendere una ciabatta e schiacciarlo contro il muro, stritolandolo bene fino a
fargli uscire le budella e usarle come carta da parati. Alcuni provarono a farlo
fuori, ma lui era dannatamente furbo, e che cavolo! Un giorno, lungo la strada
incontrò un uomo davvero bastardo che gli suggerì di andare a Fan Culo.»
«Che cos’è Fan Culo?» chiese Bra
con una vocina dolce e ingenua.
«Era un paese, dove si trovava un
teatro; Pollicino andò lì e incontrò la figlia del responsabile, brutta come la
morte, velenosa e sadica…»
«Che cos’è una sadica?»
«Bra, se mi interrompi ancora
vado via!» cercò di sviare Vegeta. Doveva fare attenzione alle parole che usava.
«Era una cattiva.»
«Il mio papà invece è buono!»
trillò la bimba, e lui pensò con amarezza che si sbagliava di grosso.
«Sì, sì…» fece con noncuranza.
«Allora, questa qui torturava Pollicino e lo trattava come uno schiavo, perché è
così che si fa con le persone più deboli.»
«Ma la mamma dice che…» cercò di
protestare Bra ricordando alcuni degli insegnamenti morali che Bulma stava
cercando di darle, per evitare che venisse troppo influenzata dalla idee di
Vegeta.
«Shh» la zittì lui. «Si fa così e
basta. Pollicino andò avanti così fino a quando non arrivò un bandito che voleva
uccidere la sua schiavista; una notte il bandito entrò nel castello, l’aggredì e
la uccise, per poi rubare tutti i suoi soldi. Ma Pollicino, che era piccolo ma
furbo, rovesciò dell’olio vicino alle scale e, quando il brigante fece per
andarsene, scivolò giù e morì. Pollicino si prese i soldi, si comprò un’arma
potentissima con cui uccise tutti i suoi nemici e poi diventò il padrone
dell’Universo. Fine.»
Quando alzò lo sguardo dal libro,
Bra lo stava fissando con due occhioni incantati e la bocca aperta.
«Che bella questa storia, papà…mi
piace tanto come racconti le fiabe!»
«Ok, ma adesso dormi. Buona
notte.»
Si alzò dalla sedia e fece per
andarsene.
«Papà, non mi dai un bacino?»
Lui sbottò.
«Tsk! Non credi che abbia già
fatto abbastanza per te, stasera?»
Anche Bra sapeva che con il suo
papà non si poteva andare oltre un certo punto: la mamma le aveva detto che era
timido e che ci voleva un po’ di tempo perché si aprisse un po’. Avrebbe portato
pazienza, in fondo lui era l’inventore di fiabe!
Quando entrò nella sua stanza,
Bulma era già a letto che dormiva e dava le spalle alla porta.
Vegeta si svestì e si infilò
sotto le coperte, spegnendo la luce.
Passò qualche secondo e poi sentì
la moglie chiedergli:
«Mi racconti una storia?»
Fine
Note: a questo indirizzo trovate
la versione originale della fiaba, ma non è quella dei pezzetti di mollica.
http://www.lefavole.org/
Nella “puntata” precedente, ho
commesso un piccolo errore: ho confuso la favola con la fiaba. Quelle che Vegeta
racconta in realtà sono fiabe, non favole, quindi spero vogliate perdonare
questa imprecisione. Ho comunque modificato il titolo, per questa
fanfiction.
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