Guardava l'orologio e si accorgeva che erano le due del mattino.
Un'altra notte a fare gli straordinari.
Lo faceva per amor del suo lavoro, tutti lo sapevano, ma certe volte nemmeno lui riusciva a reggere quei ritmi.
Si muoveva così con passi stracchi e pesanti fino al suo studio e non faceva nemmeno in tempo a spogliarsi del suo camice che già si era ritrovato con gli occhi chiusi sopra il suo divano.
Rimuginava prima di addormentarsi, attendendo che fosse Morfeo stesso a prendergli una mano e condurlo verso il mondo dei sogni.
Pensava a cosa avrebbe dovuto fare l'indomani e, tra uno sbadiglio e l'altro, si rigirava sullo stretto sofà cercando il calore nel suo camice ed attendendo ansiosamente il dì del ritorno di Hirato.
Faceva già sue le sensazioni che gli avrebbe suscitato l'averlo accanto a sé, in quelle notti che allora gli parevano così tristi e solitarie.
Si passò una mano tra i suoi capelli di rosa e posò l'assopito sguardo sulla Luna, con gli occhi ancora semichiusi.
Da qualche parte, il comandante la stava a sua volta guardando e questo, in parte, lo rassicurava.
Vibrò il cellulare nella tasca del camice.
Un messaggio.
«Buonanotte, Akari».
Un augurio, che suonava caldo come un abbraccio.
Il dottore sorrise senza rispondere.
Posò la testa sul cuscino e richiuse gli occhi.
E nel frattempo, Morfeo lo stava già portando lontano. |