Buffet

di Mikaeru
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Salve! Questa sarà una raccoltina di robine di vario genere, accumunate solo dal fatto di essere fill del kinkmeme di http://hannibal-ita.livejournal.com e/o scritte per challenge varie e non abbastanza degne e corpose per meritarsi di stare da sole. Spero vi piacciano :3

01. fem!Hannibal & fem!Will

La dottoressa Annabelle Lecter cucina con i tacchi e un grembiule bianco semplicissimo sul tailleur firmato - non saprebbe da quale grande nome perché quello che ha indossato di più costoso nella sua vita era una felpa di una sua cugina di primo grado, pagata cinquanta dollari. Non che venga da una famiglia povera, ma spendere soldi per vestiti non le è mai piaciuto, considerando che poteva averli gratis dai parenti, e così non se n'è mai interessata. Sa solo che la dottoressa è sempre attenta ad essere impeccabile, sempre perfettamente truccata e con un profumo lieve, ma dolcissimo. Willhelmina pensa che potrebbe sentirlo più forte nella piega del collo.
È in mutande e canottiera, i calzini spaiati con cui si è addormentata, sullo stipite della cucina. Non riesce neppure a pensare di mettersi qualcosa di più complicato degli occhiali, non capisce come Annabelle possa essersi vestita così bene. Non le si avvicina, non vuole rompere quello che crede un momento di perfezione assoluta. Da un punto di vista meramente artistico, perché il cielo fuori è azzurro ma non limpido – le nuvole sono grosse, come fatte di lana bianchissima – e dalle tapparelle abbassate per metà entra una luce splendida. Le spalle strette tese sotto la camicia. L’odore di uova e carne – sta cominciando a notare troppi particolari. Sposta il peso da un piede all’altro, nervosa, perché i pensieri comincino a ciondolare dentro di lei e confondersi tra loro così che non possa riconoscerli.
"Signorina Graham, la colazione è pronta."
"Will.", la corregge sbuffando, irritata da quella sua ostinazione a chiamarla in quel modo. Non stava friggendo le uova due secondi fa? Ha di nuovo perso il conto del tempo?
“Posso comprendere il non voler usare il tuo nome di battesimo, considerando che lo odi, ma non scenderò a patti con un nome da maschio, quindi ciò che mi rimane è il cognome. Quindi, signorina Graham, vatti a mettere qualcosa, e poi vieni a tavola.”
Ostinata in un capriccio infantile, Will non si mette nulla addosso e addirittura incrocia le gambe sulla sedia, consapevole del fastidio che le procurerà. Ovviamente Annabelle non raccoglie la provocazione, e a Will viene voglia di mettersi a gambe larghe sul tavolo davanti a lei per riuscire a distruggerle quell’espressione di porcellana dal viso affilato, che a volte la irrita così profondamente che vorrebbe graffiarla fino a strapparle quello primo strato di pelle e scoprire quello vero, sotto gli zigomi e sotto le ossa.
Le viene d’improvviso un’ansia enorme, pesantissima, e per tapparla si avventa sul cibo – ma con educazione, ché non è stata cresciuta da selvaggi. Annabelle sorride appena, sottile.
“Spero tu sia riuscita a dormire.”, le dice, tagliando un pezzo di salsiccia. A Will questa donna dà sempre l’impressione di essere una nobildonna tedesca, o di discendere da qualche stirpe di regnanti. Le salsicce sono uno dei cibi meno eleganti del mondo, eppure lei la taglia e la mangia come se si trattasse di qualche raffinato cibo francese.
“Un po’.”, borbotta. Si infila un pezzo di uovo in bocca cercando di imitare il suo portamento elegante.
C’è solo il tintinnio dei piatti, ora, a riempire delicatamente l’aria. Will, imbarazzata, scioglie le gambe e si siede composta, la schiena dritta. Vorrebbe andarci a mettere i pantaloni, adesso, ma sarebbe ancora più imbarazzante doversi alzare, quindi rimane seduta.
“… grazie.”, comincia a mormorare, “Per avermi lasciato dormire qui.”
“Dovere, signorina Graham.”
“No, davvero, io non – non saprei dove – non sei obbligata.”
“Lo so. Lo faccio perché voglio.”
Per quanto Will non riesca a guardarla negli occhi, sa perfettamente che la dottoressa Lecter non ha alzato gli occhi dal piatto, perché non sente il suo sguardo sulla nuca. Lo avvertirebbe perfettamente, altrimenti, come avverte tutto quello che è Annabelle Lecter, come se fossero legati da un filo tesissimo. Se l’è sentito attorno al polso dalla prima colazione che lei le ha portato – se n’è resa conto solo da pochissimi giorni, ma è certa che esista da quel giorno.
Annabelle l’ha trovata che vagava per strada, a pochi chilometri da casa sua. L’ha accompagnata a casa, le ha preso il cambio per il giorno dopo, e se l’è portata a casa propria come uno dei randagi di Will. Non le ha chiesto cosa ci facesse da quelle parti, ma non le interessa. Ricorda vagamente Annabelle che l’aiuta a spogliarsi, che le mette la coperta addosso. Si è svegliata in posizione fetale, appena circondata da una sensazione tiepida, poco più solida della nebbia.
“Potresti prendere in considerazione l’idea di venire a vivere qua.”
La forchetta le si ferma a mezz’aria. Ora è costretta ad alzare la testa su un’Annabelle che si pulisce la bocca con un fazzoletto immacolato, educata e signorile come nei film in bianco e nero.
“… cosa?”
“Potrebbe essere più facile per me tenerti d’occhio.”
Tenerti d’occhio. C’è qualcosa che non le piace di quella frase, e qualcosa che contemporaneamente l’attira da morire. Ma dopo Alan Bloom ha capito che deve stare lontana da quello che la attrae, perché solitamente nasconde il fuoco e le fiamme che l’avvolgeranno come se fosse cosparsa di benzina.
“… non lo so. Devo pensarci.”
Abbassando gli occhi sul piatto si rende conto di aver mangiato solo un angolo di salsiccia e metà di un uovo fritto. Sul suo piatto ce ne sono ancora due, e un'altra salsiccia, e in mezzo alla tavola c’è della frutta che Annabelle si aspetta che lei mangi. Cos’ha mangiato, allora, finora? Ha mangiato davvero?
“Come preferisci. Intanto finisci la tua colazione, non puoi andare a lavorare a stomaco vuoto.”
L’idea di dover mangiare le sembra d’improvviso impossibile, un’impresa erculea. Allontana impercettibilmente il piatto, abbastanza per non sentirne più l’odore ma non troppo perché Annabelle la sgridi. Tutto dentro di lei si chiude con uno scatto rumoroso. “… non credo andrò a lavorare oggi. Non mi sento bene. Posso rimanere qui? Solo per questa mattina, poi me ne vado, davvero.”
“Come preferisci, signorina Graham, ti ho appena proposto di vivere con me, non credo che la mia opinione cambierà molto presto. Ciò non toglie che devi finire la tua colazione.”
“… per forza?”, le domanda sentendosi una bambina.
“Per forza. E sarebbe cortese se tu facessi presto, non manca molto al mio primo appuntamento.”
Sospira, abbassando le spalle, e cominciando a tagliuzzare tutto in bocconi piccolissimi, sperando che così possa essere più facile da ingoiare.
Non nota il sorriso sottile di Annabelle, da cacciatrice. “Su, su, non vorrai metterci tutta la mattinata.”




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