Hurricanes - Danny's POV

di Merigold
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Prologo
Moon Boots

 

 
Credo di conoscere la solitudine meglio di me stesso. Riconosco ogni suo bisbiglio, ogni suo silenzio. So perfettamente quando sta per arrivare e impadronirsi di me, e quando invece decide di lasciarmi e abbandonarmi a una vita felice. È una compagna discreta, ma che diventa ingombrante quando mi striscia dentro. Mi chiedo cosa si celi dietro le pieghe del suo essere. Non credo lo scoprirò mai.
A volte credo che forse sarebbe meglio andarsene, prendere tutto e ricominciare a vivere lontano dal mondo. Ma poi vedo ciò che ho qui e penso che non ne varrebbe la pena. Sto bene così.
La mia vita è perfetta. O quasi. Ho tutto quello che una persona possa desiderare. L’unica crepa nella mia reggia di cristallo è questa sensazione di vuoto che mi tormenta dal giorno in cui è morto mio padre.
Il solo rimedio per non sentirla è la musica.
E allora suono.
Ci sono dei giorni in cui Dublino mi manca terribilmente, ma Londra ormai è la mia casa e ho imparato a convivere con quest’idea molto tempo fa. Mi sento come parte di due mondi lontanissimi ma che riescono comunque a toccarsi e a fondersi quando ne ho più bisogno.
Londra, 18 ottobre.
È  tempo di suonare.
 
Percorro il viale alberato senza dar peso a quello che mi circonda canticchiando un motivetto che ho in testa da questa mattina. La luce è filtrata dai rami che iniziano, seppur in ritardo, a perdere le foglie e per questo la via è poco luminosa. Calpesto il sottile strato di foglie secche che si fa di giorno in giorno sempre più fitto e scricchiolante e mi dirigo a passo lento verso il parco.
Le nuvole sono poche per essere ottobre e mi chiedo se anche il freddo tarderà ad arrivare. Una leggera brezza scuote i rami secchi e il vento sembra quasi chiamarmi.
Forse dovrei decidermi a smetterla di andare in giro per pub con Glen a scolarmi barili di birra.
Sto quasi per decidermi a fare finalmente marcia indietro per andare a stendermi un po’ sul divano di casa quando in lontananza sento le note di una canzone a dir poco “familiare”. Incuriosito decido di avvicinarmi al punto da cui proviene la musica e vedo una cabrio ferma al semaforo sull’incrocio con il viale. Dal suo stereo risuona “Moon Boots”.
Mi sembra passata una vita dall’ultima volta in cui l’ho ascoltata…
“I cut my parachute off,
to see if I can stand.
I'm headed for a great new world,
somewhere were there ain't no fears.”*
Accanto all’uomo che guida la macchina è seduta una ragazza dai capelli neri intenta a sistemarsi il trucco sugli occhi. Sembra completamente assorbita da questo arduo compito. Scuoto la testa e decido di aver visto abbastanza, infatti sto per tornare indietro ma qualcosa nel suo sguardo mi trattiene. Una strana nota di tristezza troppo evidente per l’età si cela nei suoi occhi. Un velo di lacrime li ricopre e lei sembra quasi sul punto di frantumarsi in mille schegge di vetro.
Come può una ragazza tanto giovane essere così… vuota?
Dall’altro lato della strada un gruppetto di amiche ride allegramente. Non devono essere più grandi della ragazza nella macchina, eppure le loro risate sembrano quasi ferirla, accentuando la tristezza sul suo volto.
Non bisognerebbe sfoggiare un sorriso tanto luminoso da far impallidire le stelle a quell’età?
Nello stesso istante si volta e incrocia il mio sguardo ma io mi rifiuto di staccare gli occhi dai suoi, illudendomi così forse di poter capire cos’è che la tormenta.
Ha l’aria vagamente confusa, ma appena si riprende sgrana gli occhi. Le sorrido divertito. Deve avermi riconosciuto.
Mi ritrovo addosso due occhi più azzurri del cielo.
Occhi che sembrano in grado di erigere un muro insormontabile a protezione della sua anima.
Contro ogni mia supposizione ricambia il sorriso, anche se in modo un po’ impacciato, e si infila un paio di occhiali da sole neri, negandomi ogni opportunità di entrare in contatto con il suo mondo.
La sto ancora osservando intento a cercare di svelare il suo mistero quando il semaforo diventa verde. La macchina riparte con un rombo e si allontana rapidamente portando via con sé quegli occhi tristi.
“I've built a rocket to the sky.
Gonna say goodbye.
Gonna cut of all transmissions”*
Continuo a seguirla con lo sguardo mentre sparisce all’orizzonte inghiottita dal caos londinese tentando di immaginare quale possa essere la meta per un’anima tormentata come la sua.
Non credo abiti qui, non l’ho mai vista prima. Ma è pur vero che sono stato lontano da casa per quasi un anno, e forse non è da molto che si è trasferita.
Oppure è semplicemente una meteora passeggera che ha degnato questa cupa cittadina della sua luminosa presenza.
Sono decisamente sbronzo.
Mi do un colpetto sulla testa sperando di riacquistare un po’ di lucidità, ma a quanto pare le situazione ha raggiunto livelli fin troppo critici. Rassegnato mi metto in marcia verso casa canticchiando allegramente lo stesso movimento di prima allettato dall’idea di una bella doccia fredda per rinsavire almeno un poco, ma arrivato davanti a un pub mi fermo.
Quegli occhi erano troppo azzurri per essere pieni di sentimenti così neri.
Prendo il telefono e invio un messaggio a Mark e Glen.
|Credo di aver trovato l’ispirazione per un nuovo pezzo. Al “tree’spub” fra 15 minuti.|
Londra, 18 ottobre.
È  tempo di suonare.




 

Moon Boots 
http://www.youtube.com/watch?v=HaPfW_0Z5b8

  
Citazioni
* Moon Boots – The Script
“ Ho tagliato il mio paracadute
Per vedere se riesco a stare in piedi.
Sto andando verso un mondo migliore.
Un posto dove non ci siano paure”
 
“Ho costruito il mio razzo nel cielo.
Dirò addio.
Interromperò tutte le trasmissioni”
  

Merigold's corner
Eccomi di nuovo qui.
Questo è il POV di Danny di Hurricanes.
Qui potete trovare quello di Melanie ---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2105080&i=1

Spero vi piacciano entrambi (:
Comuqnue come ho già spiegato nell'altro capitolo pubblicherò le storie in parallelo e saranno sostanzialmente le stesse scene (più o meno) in due POV differenti.

Vi saluto e vi lascio ai capitoli.
Sayonara

-Mer

Vi saluta anche Danny





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