C'è
una villetta sperduta subito dopo la statale, un tempo era una casa
molto bella, anche se abbastanza modesta. Non si hanno notizie su chi
fossero i primi proprietari, si sa solamente che chiunque sia entrato
li dentro non ne è uscito più, quindi un bel
giorno hanno deciso di non cercare più di vendere la casa,
chiudendo l'accesso definitivamente.
Nessuno è mai uscito da quella casa, nessuno tranne me.
Mi svegliai di soprassalto e un forte odore di muffa e putrefazione
assalì le mie narici, facendomi arricciare il naso. Potevo
sentire l'umidità sulla mia pelle come una patina, mischiata
con quella che doveva essere polvere. Ero più che sicuro di
trovarmi al chiuso, nonostante fossi avvolto dall'oscurità
più assoluta. Il pavimento sotto di me sembrava essere di un
legno che cedeva leggermente sotto al mio peso e potevo distintamente
sentire la pioggia autunnale picchiettare nervosamente sui vetri. Mi
misi in piedi e immediatamente ebbi un attacco di nausea. Probabilmente
avevo battuto la testa da qualche parte, perdendo i sensi, ma com'ero
arrivato in quel posto?
Ricordo che ero alla stazione del gas e stavo facendo il pieno alla
macchina e poi... ah, niente, non sono mai riuscito a ricordare altro.
Ad ogni modo, quando i miei occhi si abituarono, riuscii a distinguere
a malapena i contorni degli oggetti che mi circondavano, grazie anche
alla flebile luce che riusciva a farsi strada tra le travi di legno
inchiodate con precisione all'interno delle finestre. La mobilia
sembrava provenire da un epoca passata, le decorazioni in oro ancora
trovavano modo di brillare sotto allo spesso strato di polvere che le
ricoprivano. Ebbi un brivido quando posai gli occhi sui ritratti
sbiaditi dal tempo che costellavano i muri e la sensazione di essere
seguito e controllato non mi abbandonò più da
quel momento. Mi misi le mani nelle tasche, cercando il mio telefono o
il portafogli, ma le mie dita incontrarono soltanto la stoffa dei
pantaloni.
Dovevo uscire il prima possibile.
Allungando le braccia e muovendomi cautamente per essere sicuro di non
inciampare, iniziai a percorrere quello che sembrava essere un
corridoio infinito, sfiorando le polverose statuine e orridi centrini
sparsi su ogni superfice rialzata.
Aprii diverse stanze durante il mio cammino, nella speranza di trovare
una torcia o un accendino o almeno una candela con dei fiammiferi, ma
dietro ogni porta trovavo sempre la stessa cosa: buio pesto.
Dopo aver aperto tutte le porte possibili ed essermi probabilmente
avvolto in una quantità disumana di ragnatele, trovai una
scalinata piuttosto ampia che portava verso il basso. Puntellandomi
sullo scorrimano, i cui ricchi bassorilievi premevano contro le mie
dita, scesi lentamente, sperando di arrivare in fondo con l'osso del
collo ancora intatto. Uno scalino cedette durante il mio tragitto,
intrappolando il mio piede al suo interno, ma il legno era talmente
ammuffito che mi bastò sollevare la gamba per liberarmi e
continuare a scendere indisturbato.
Il piano inferiore era nettamente più luminoso, le assi di
legno erano state messe frettolosamente, tanto che molte si trovavano a
terra, assieme a pezzi di vetro provenienti dalle finestre. Mi
avvicinai a una di esse per constatare con orrore di trovarmi nella
famigerata villa. Cercai di strappare via le assi rimaste dalle
finestre, ma, per quanto vecchie e rovinate dalle intemperie, non
sembravano volersi muovere.
Non appena vidi la porta d'entrata, corsi nella sua direzione con uno
slancio. Lo stomaco mi si annodò quando provai ad aprirla:
era chiusa a chiave. Cercai di buttarla giù o almeno rompere
il vetro, ma ogni tentativo sembrava inutile.
Improvvisamente, un tuono risuonò nell'aria, seguito dal
consueto flash di luce che illuminò per un momento la
stanza, permettendomi di vedere qualcosa in un angolo accando alle
scale. Mi avvicinai cautamente a quello che sembrava un sacco
abbandonato a terra e lo punzecchiai con un piede, temendo un
improvviso fuggi fuggi di ratti da sotto di esso. Quando riuscii a
girarlo, un cadavere orribilmente deturpato invase la mia vista.
Rimpiansi i ratti, allontanandomi con un conato di vomito per il fetore
che il corpo emanava. Alzando lo sguardo e scoprii che quello non era
l'unico esemplare, perciò mi avvicinai di nuovo alla porta,
vacillando, cercando di allontanarmi il più possibile da
quel tetro spettacolo. Poi, una risata cristallina risuonò
nella stanza, seguita da un'urlo agghiacciante in lontananza, che
sembrava avvicinarsi sempre di più, sempre di
più. Cercai nuovamente di aprire la porta, ancora una volta
senza riuscirci.
«No!» urlò una voce potente alle mie
spalle. Feci appena in tempo a girarmi per vedere un uomo grottesco, il
cui volto era deformato dalla rabbia, allungare le mani verso di me,
prima di sentirmi catapultato contro la porta (che, per miracolo, si
spalancò) e atterrare sgraziatamente in strada. La casa
sembrò piombare istantaneamente nel silenzio. Senza nemmeno
lanciare un'ultima occhiata alle mie spalle, mi rialzai e mi misi a
correre nella pioggia per allontanarmi il più possibile. Non
ero sicuro di ciò che avevo visto, ma ero certo che non
sarei mai più tornato a controllare.
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