LW TRISTE
L'amore porta guai agli eroi
Sportacus cercò di liberarsi dalle catene che lo tenevano
imprigionato. Si diede dello stupido un'altra volta per aver pensato
che Robbie fosse davvero innamorato di lui. Le forze gli venivano a
meno sempre di più, poiché non mangiava da almeno un mese. Non
voleva i dolci che Robbie gli portava, oltre che rischiare la
vita, non poteva dargli quella soddisfazione. Il suo segnalatore era stato rubato e non riusciva comunicare con la sua astronave o con chiunque altro. Ogni
tanto Robbie lo guardava, ghignava e gli raccontava le sue malefatte, poi
gli passava sotto il naso i suoi malefici cibi e lo stuzzicava con i
profumi e le parole. "Orsù, eroe dei miei stivali, so che
hai voglia di mangiare, sento il tuo stomaco brontolare da qui." lo
invogliava, poi, forse per sfotterlo ancora, o forse perché lo voleva
davvero, lo baciava. "Dovresti bere almeno un po' d'acqua, la tua bocca è disidratata." Sportacus serrava di più le labbra.
Quando
Robbie lo aveva baciato, si era arreso subito, non se lo aspettava, ma
non gli dispiaceva. Avevano fatto l'amore nel primo angolo trovato,
dietro il muro di una casa, correndo il rischio che qualcuno li
vedesse, o li sentisse, dato il volume che avevano raggiunto i loro
gemiti. Robbie si era dimostrato esperto nel muoversi dentro di lui:
dall'aspetto esteriore non si pensava che avesse una tale carica
erotica. C'era solo una cosa che Sportacus non sapeva: lui non avrebbe
mai accettato di dividere il suo letto con un nemico della pigrizia e
del mangiare insano. Voleva trasformarlo, farlo diventare come lui. Per
questo lo aveva rinchiuso nella gabbia. Era certo che se avesse
abituato il suo fisico a mangiare dolci e robaccia varia, sarebbe
presto diventato una sua copia. Per quasi due settimane fecero l'amore in ogni angolo libero che trovarono. "Oddio,
Robbie, sto per venire." gridava Sportacus, ogni volta che era sul
punto. Robbie allora lo aiutava, aumentava le spinte, e godevano
insieme come se non potessero più fare a meno l'uno dell'altro. Robbie lo mangiava, leccava, mordeva, non aveva mai provato nulla di simile e abbassò in maniera rilevante le sue difese. Il giorno che si risvegliò rinchiuso, capì di avere riposto male la sua fiducia.
In
alto, Stephanie e i ragazzi, si stavano preoccupando dell'assenza
prolungata del loro amico. Negli ultimi tempi Robbie Rancido aveva
combinato un sacco di guai e la città si stava impigrendo più del
solito. La ragazza rosa da solo non riusciva più a salvare tutti,
nonostante fosse molto brava, e i ragazzi cominciavano a farsi male sul
serio. L'avevano cercato in ogni luogo e alla fine erano andati
persino nella sua astronave a chiedere informazioni. Lei disse che
sapeva dov'era il suo segnalatore, ma non trovava segno di vita. Perciò,
o era morto, o non aveva con sé il suo trasmettitore. Raggiunsero il
luogo e lo trovarono abbandonato. Ora potevano dire di aver guardato dappertutto. "L'unico posto che dobbiamo ancora controllare è il bunker di Robbie." disse Pixel. "Credi che lui lo trattenga contro la sua volontà?" chiese Stephanie. Tutti annuirono e assieme chiamarono Pacifico, il sindaco, perché obbligasse Robbie ad aprire il bunker per poterlo perquisire.
"Robbie
Rancido, devo parlarti." chiamò Pacifico, parlando attraverso un tubo
che s'inoltrava nel terreno. Era l'unico modo da usare per parlare a
quell'uomo. Robbie prese il periscopio, e vide che assieme al sindaco c'era tutta la città riunita. "Accidenti,"
disse parlando a se stesso, come faceva spesso "si sono accorti della
mancanza di Sporty e vogliono cercarlo anche qui. Non posso rifiutarmi,
sarebbe peggio, ma devo camuffarlo, in maniera che non ci facciano caso e non lo trovino." Buttò
un telo sopra la gabbia e minacciò il ragazzone di fare del male ai
suoi amici se avesse fatto anche un solo respiro troppo profondo. "Sindaco!" rispose, Robbie sempre all'interfono "Di cosa ha bisogno?" "Dobbiamo dare un'occhiata al tuo bunker. Ti prego di collaborare." insistette Pacifico. "Ok, scenda pure." Robbie aprì e aspettò, sperando che nessuno scoprisse il suo improvvisato nascondiglio. Scesero tutti: si guardavano attorno disgustati e impauriti. C'era buio, sporcizia e quelle tute appese erano inquietanti. "Cos'è accaduto?" chiese fingendosi preoccupato "Perché tutto questo dispiegamento di persone?" "In
realtà siamo preoccupati perché è scomparso Sportacus. Spero che tu non
t'offenda, ma questo è l'unico luogo che non abbiamo controllato."
spiegò il sindaco. "Fate pure." disse cercando di non fare apparire
il nervosismo "Non ho nulla da nascondere. Ma come fate a sapere che
non si è allontanato per conto suo?" chiese infine. "La sua
astronave è ancora qui e abbiamo trovato il suo segnalatore in giro."
intervenne brusca Stephanie "Sembra strappato. Siamo certi che qualcuno
lo abbia rapito." Robbie non rispose alle poco velate accuse e alzò le spalle. Tutti rivoltarono il buco in cui viveva ma, come sperava il padrone di casa, nessuno guardò dietro lo straccio. Sportacus,
cercava di evitare persino di respirare, perché non fosse fatto male ai
suoi amici ma, prima che uscissero insoddisfatti, sentì che stava per
starnutire. Fece di tutto per trattenerlo, ma era troppo debole
per riuscirci e, mentre Stephanie, l'ultima a uscire dal bunker, saliva
la scaletta, un secco 'etciù' gli uscì dalle labbra. Stephanie tornò
subito indietro, e cominciò a guardarsi attorno. Robbie cercava di
nascondere quello che era avvenuto, fingendo di starnutire lui stesso. "Non mi prendere in giro, Robbie." lo accusò la ragazza "Proveniva da lì dietro. Fammi vedere." La
ragazza, facendo delle piroette, ed evitando gli intralci di Robbie,
arrivò davanti al telo e con una mossa decisa, lo tolse. Lo spettacolo
che si trovò davanti fu poco edificante. Sportacus, nascosto dentro una
gabbia, come un animale, e incatenato per evitare che fuggisse. Stephanie,
che non era stupita di trovare proprio lì il suo amico, rimase comunque
inorridita per come era ridotto. Era molto dimagrito, segno che
mangiava poco o niente e poteva anche capire che era lui stesso a
rifiutare il cibo: consumare i dolci che Robbie gli aveva messo a
portata delle mani equivaleva a inghiottire del veleno. "Sei davvero un mostro!" esclamò la ragazza "Vuoi ucciderlo?" disse indicandogli il cibo. Robbie cercava di fare finta di nulla, come se ci fosse finito senza che lui se ne fosse accorto. Sportacus,
invece, temendo per la vita di Stephanie, pensava a una maniera per
distrarre entrambi senza che nessuno, la sua migliore amica e l'uomo
che nonostante tutto si ostinava ad amare, rischiasse la vita. Vide
i dolci ed ebbe l'illuminazione: mentre la ragazza continuava a
inveire contro Robbie, allungò la mano verso il vassoio dei dolcetti e
l'avvicinò. Fece un grande respiro, poi cominciò a mangiarli, più
veloce che poteva, cosìcché, anche quando se ne fossero accorti,
sarebbe
stato troppo tardi. Aveva lo stomaco talmente vuoto che fu facile
inghiottire quasi tutto il piatto di dolci, prima di sentire i primi
dolori. Cominciò a fare dei versi disumani e sia Stephanie che Robbie, si voltarono verso di lui, preoccupati. "Ma...
ma che stai facendo, sciocco." lo rimproverò Robbie inorridito. Non
riusciva a credere che Sportacus, Mister Mangiasano, si fosse
buttato sui suoi dolcetti in quella maniera "Non così veloce, il tuo fisico si deve abituare un po' alla volta." Con
le mani che gli tremavano, prese le chiavi che teneva in una tasca e
cominciò a cercare la giusta per aprire la gabbia. Stephanie, che al
momento sembrava essersi dimenticata che tutto era colpa sua, incitò
Robbie a sbrigarsi. Dopo qualche tentativo andato a male, trovò la chiave giusta e aprì il cancello. Era troppo tardi, Sportacus era morto. "No, non è possibile, lui odiava i dolcetti!" pianse Robbie. "Si è comportatto così per evitare che facessi del male a noi." disse Stephanie, tristemente. Poi
li lasciò soli. Non poteva fare più nulla per il suo amico, sperava che
almeno il suo nemico avesse capito il male che aveva fatto e se ne
pentisse.
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