Attenzione:
Questa storia contiene riferimenti a persone vere, inserite in un
contesto di
pura immaginazione. Nella narrazione non vi è alcun intento
offensivo e nessuna
pretesa di veridicità o verosimiglianza. Nessun diritto
legalmente tutelato s’intende
leso ed ogni diritto appartiene ai rispettivi titolari.
Dedicata ad Erisachan
per la
semplice ragione che è grazie a lei che l’ho
scritta. <3
Profumo di donna
-Ma
tu pensa… Io credevo che fossi gay!
Alex
Kapranos, cantante e leader dei Franz Ferdinand, incassò
l’affermazione come avrebbe
incassato un pugno: strinse la testa nelle spalle, socchiuse gli occhi
su una
smorfia e deglutì a vuoto un paio di volte.
Fortuna che
l’imbarazzo era
troppo per potersi incazzare davvero!
Quando
tornò a guardarla, lei gli stava ancora davanti, esattamente
come pochi istanti
prima, con quegli occhi enormi, le lentiggini sul naso e tutto attorno
al naso,
il trucco un po’ sbavato e la pioggia che le aveva reso i
capelli, leggermente mossi
sulle punte, crespi e disordinati, appiccicati in ciocche che cadevano
pesanti
sulla schiena. La vide scostare con due dita la frangia troppo lunga
sulla
fronte e continuare a fissarlo con una determinazione ammirevole
considerato il
breve scambio di battute appena intercorso.
Alex
forzò un sorriso e schiarì la voce.
-Solo
per parte di padre.- rispose quietamente con impeccabile sfoggio di
humour
inglese.
Lei
dovette metterci un po’ a capire che era una battuta
– beh, lei non è inglese
– perché sbatté le palpebre un paio di
volte
e poi arricciò la boccuccia su una “o”
tonda e perfetta che - Alex era indeciso
– avrebbe potuto stare a significare
“capisco”, tanto quanto un più probabile
“ma che cazzo…?!”
detto di cuore.
Quando
inclinò la testolina di lato – il mare bagnato
delle ciocche appiccicaticce
scivolava ubbidiente e la trasformava ancora di più nella
bambola di porcellana
a cui assomigliava – Alex ebbe definitivamente la
consapevolezza di due cose: lei
non aveva la più pallida idea di chi lui fosse e
sì, la battuta non le era, di
conseguenza, chiara.
Spiegarla
sarebbe stato talmente frustrante che gli venne quasi da piangere.
-Sì,
ero decisamente convinta che tu e
quell’altro…quello…- provò
lei a dare una
descrizione visiva dell’altro,
agitando le mani piccolissime, all’estremità di
quelle braccia sottili, e
catturando la sua attenzione con l’abilità di
un’incantatrice di serpenti.- Oh,
insomma!- sbuffò alla fine, affranta.- Quel tizio che
è sempre con te! Beh,
pensavo che voi due foste…una coppia.
-…Nick.-
dedusse inutilmente Alex. Avrebbe potuto citarle un nome a caso e non
avrebbe
fatto differenza, ne era sicuro.
Ed
infatti, lei lo guardò e sbatté nuovamente le
palpebre su quell’espressione
perplessa che, ok, era carina, ma stava cominciando a stancarlo e farlo
sentire
più a disagio di quanto avrebbe dovuto.
-Siamo
solo compagni di band!- protestò Alex, agganciando un
pollice alla cintura ed
assumendo una posa a teiera che probabilmente non risultava molto
virile.
Lei
inarcò le sopracciglia, sempre più scettica e
perplessa.
-Scusa,
ma date davvero una strana idea di voi.-
sottolineò.
-Va
bene.- concluse risolutamente il cantante, lasciando ricadere entrambe
le
braccia con un gesto repentino che denotava tutto il suo imbarazzo.-
Quindi è
un “no”?- tornò alla carica, riprendendo
il discorso dal suo principio.
Lei
affondò la mano nella chioma disordinata, cercando
inutilmente di ravvivarne le
ciocche e distogliendo gli occhi dai suoi per puntarli sulla pioggia
scrosciante oltre la tettoia del bar. Alex era quasi certo che nella
sua
testolina si agitassero pensieri come “ma proprio
io?” e “ma questo qui cosa
vuole?!” ed un desiderio frenetico di fuggire a gambe levate
che solo l’acquazzone
estivo, improvviso e violento, stava tenendo a bada.
E
del resto, si disse il cantante quietamente, lui stesso, se non si
fossero
trovati incastrati lì sotto per una serie di
casualità, non avrebbe mai
raccolto abbastanza coraggio per chiederle se le “andava una birra assieme, una sera di
quelle”.
Andiamo!
Una birra non era una dannatissima scopata, poteva pure rispondere di
sì!
-Senti…non
è perché sei…un po’
ambiguo,- cominciò lei con qualche difficoltà
quando si
decise a guardarlo di nuovo. Alex strabuzzò gli occhi:
avrebbe aggiunto
“ambiguo” alla sua collezione di insulti non appena
fosse riuscito a
raggiungere il tourbus per chiudercisi dentro a cercare di ricostruire
la
propria autostima.- è che sono impegnata.-
scrollò le spalle a sottolineare
quell’affermazione. Arricciò le labbra in
un’espressione buffa e pensò che fosse
il caso di aggiungere qualcosa, forse per rendere il tutto meno
doloroso di
quanto sembrava a vedere la faccia di Alex in quell’istante.-
Mi spiace.
“No”,
pensò lui, congelato sul posto da tanti di quei pensieri
diversi da non sapere
nemmeno da che parte cominciare, “No, tutto ma mi
spiace proprio no. Non ti spiace per un cazzo!”.
Sorrise
stentatamente, in modo talmente forzoso che sembrò a lui per
primo di avere una
paresi alla faccia, e gracchiò ridicolmente:
-Figurati!-
dandosi del coglione l’istante dopo.
Nick
McCarthy lo vide tornare a passo marziale quasi un’ora
più tardi.
Nick
era seduto sulle scale del bus, in braccio la chitarra acustica che
accordava
pigramente, provando ogni tanto e senza troppa convinzione un paio di
note. L’improvviso
scroscio di pioggia aveva regalato all’area del festival un
po’ di refrigerio
da una calura estiva eccessiva e lui intendeva godersi ogni singolo
istante
prima che il sole tornasse a trasformare quel posto in una fornace in
cui a
loro sarebbe toccato esibirsi in un lago di sudore.
-Ehi!-
salutò quando Alex fece la sua apparizione, torvo in volto,
arrivando a portata
di orecchio.
Ottenne
un grugnito poco amichevole in risposta ed una ginocchiata con relativo
spintone quando non fu abbastanza rapido a togliersi dalla traiettoria
furibonda del cantante che, in carica, scalò i quattro
gradini di accesso fino
alla zona giorno del bus.
Nick
salvò per un pelo l’acustica da una rovinosa
caduta e si sollevò, acciaccato,
sull’ultimo gradino, allungando la testa
all’interno.
-Che
cazzo ti prende?!- s’informò, talmente stupito da
non riuscire neppure ad
arrabbiarsi.
-Vaffanculo!-
fu la lapidaria risposta che gli arrivò, prima che la porta
del bagnetto fosse
chiusa di schianto.
Nick
sospirò, mise via la chitarra appoggiandola
all’ingresso e raggiunse poi il
battente sprangato. Bussò ritmicamente senza ottenere
risposta e, con un
secondo sospiro, si appoggiò a braccia incrociate di fianco
alla porta.
-Al.-
chiamò a voce alta.- Il gatto ti ha mangiato la lingua? Hai
fatto a botte con
qualcuno e le hai prese? Uno dei tuoi amichetti ti ha rubato la
merenda?- elencò
in tono via via più derisorio.
La
serratura scattò.
Nick
si voltò in tempo per incrociare lo sguardo inferocito
dell’amico e compagno di
band. Sorrise, divertito, annotandosi mentalmente che, ormai,
cominciava a conoscerlo davvero troppo bene.
-E’
tutta colpa tua.- affermò Alex cattedratico.
E
nemmeno questo era inaspettato. Il sorriso sul viso di Nick si
accentuò,
assumendo un’evidente connotazione canzonatoria, seppur
bonaria, nella piega
sbilenca che prese.
-Certo.
E sentiamo, stavolta cosa avrei fatto mentre me ne stavo qui e tu eri
non so
neppure “dove” e “con chi”?
-Lei
pensa che io sia gay e che tu sia il mio amante! –
affermò con
forza il cantante - Non ho ben capito se pensa che anche tu sia gay, ma
immagino di sì.- ci tenne a precisare in tono appena meno
violento.
-Questo
discorso non ha senso.
-Non
dirlo a me! Se fossi gay, avrei gusti migliori!
-…sì.-
assentì Nick dopo aver deciso che assecondarlo era la scelta
migliore.- Alex, chi pensa che tu
sia gay e che noi due
siamo amanti?
-Eleanor!-
ringhiò lui esasperato, spiattellando quel nome con un gesto
che stava ad
indicare quanto ovvia fosse la risposta che stava fornendo.
Nick
fissò le sue mani tese e poi la sua faccia.
-…chi?!
Alex
sfiatò un sospiro che sembrava racchiudere in sé secoli di paziente sopportazione
dell’imbecillità altrui, mentre si
chiedeva come fosse possibile che nessuno quel giorno afferrasse niente
di
quello che lui diceva. Uscì dal bagno, chiuse la porta
dietro di sé e si lasciò
cadere sulla panca che circondava il tavolino nell’angolo
opposto.
-Eleanor
Friedberger.- ripeté scandendo bene il nome.
Nick
sedette dal lato opposto del tavolo e continuò a guardarlo.
-La
cantante di quel duo… ? “The Fiery...qualcosa”…
-Sì.
-…scusa
ma…che accidenti gliene frega se tu sei gay o…
Oh!- realizzò all’improvviso,
puntando il dito contro un Alex Kapranos che sollevò le
sopracciglia e rese
lode a quell’improvviso ritorno di capacità
intellettive- Era
lei! Era la ragazza di cui mi stavi
parlando l’altra sera, alla festa…quella che ti
piace.
-…sì
e te lo avevo anche detto.- sussurrò Alex accondiscendente.
-Al,
ero talmente ubriaco che è un miracolo che ricordi che eri
tu e non un orso
ballerino.- ribatté Nick senza scomporsi – Le hai
parlato, quindi?- sbottò
poi.- Credevo avessi detto che non ci saresti mai riuscito.
Alex
si abbandonò sul tavolo, faccia avanti e fronte sul piano,
borbottando contro
la plastica uno smozzicato “sarebbe stato meglio!”
che fece ridere Nick.
-Su,
su, non fare così!- lo rimbeccò, battendogli
incoraggiante una mano sulla
spalla.- Sono certo che stai vedendo le cose più tragiche di
quello che sono.
Alex
ruotò la testa quel tanto che bastava a lanciargli
un’occhiata trasversale
senza dover fare lo sforzo di sollevarsi.
-Pensa
che io sia gay: cosa c’è di peggio?
-…potresti
esserlo davvero.
-Grazie,
Nick, tu sì che mi sei d’aiuto.-
ribatté l’altro, tornando a fissare il piano
dritto davanti al proprio naso.
-Su,
raccontami com’è andata e ci penserà
l’esperto, qui, a trovarti una soluzione.-
lo incoraggiò.
Alex
sospirò ancora, per nulla persuaso, ma si rimise
più o meno composto contro lo
schienale imbottito della panca e gli rivolse direttamente il proprio
sguardo
affranto.
-Stavo
cercando Bobby per dirgli se gli andava di provare per il pezzo nuovo
che sto
scrivendo…
-Ah,
è carino quel pezzo.- lo interruppe l’altro.
-…rimaniamo
concentrati su di me e i miei problemi sentimentali, per favore?!
-Scusa…
-Comunque,
stavo cercando Bob. E mentre ero dalle parti del bar, è
venuto giù
quell’acquazzone terribile. Così sono corso sotto
la tettoia del bar e pensavo
di prendermi qualcosa da bere, se non che era chiuso.
-Sul
serio? – intervenne Nick nuovamente, sbalordito e contrariato
- Dannazione, non
possono, con questo caldo infernale, tenerci qui come dei reclusi! La
città più
vicina è lontanissima!
Siamo fuori da
ogni segno di civiltà e ci negano anche il diritto ad una
birra gelata!
Dovette
finalmente intercettare lo sguardo eloquente del proprio cantante,
perché si
bloccò su quell’ultima considerazione accorata, la
mano ancora sollevata nel
gesto ampio con cui stava manifestando il proprio disappunto. Si rimise
composto, facendo segno di cucirsi le labbra ed incrociando le dita sul
piano
di legno davanti a sé.
Alex
aspettò qualche altro istante solo per essere certo di aver
ottenuto un po’ di
attenzione – e di silenzio - (nonché per
assicurarsi che l’occhiata assassina
che stava rivolgendo all’amico avesse sortito tutto
il proprio effetto), poi riprese con dolorosa partecipazione.
-Comunque,
- ripeté pazientemente – ero lì sotto
la tettoia, aspettando che spiovesse,
quando ho visto questa figurina tutta bagnata che correva sotto
l’acqua in
direzione del bar. Dovevi vederla, Nick!- si lanciò in una
rapita descrizione.-
Era…era la cosa più
graziosa sulla
quale avessi mai posato lo sguardo!
Nick
ridacchiò, ma non intervenne ulteriormente, osservando
divertito un estasiato
Alex lanciarsi in una dettagliata rievocazione dell’arrivo di
Eleanor
Friedberger sotto la tettoia della capannina che ospitava il bar.
-Aveva
tutti i capelli in disordine e questa camicetta a fiori che le si
appiccicava
addosso… Ha un vitino talmente stretto che penso potrei
circondarglielo con una
mano sola! Ha alzato il viso, spostando la frangetta bagnata con una
mano... Ti
ho detto quanto sono piccole le sue mani?! E poi mi ha guardato ed ho
pensato
che sarei…
S’interruppe
da solo stavolta, deglutendo sonoramente ed afflosciandosi
progressivamente
sulla sedia, mentre fissava un punto lontano sul fondo di quel ricordo
recente.
Nick
fece una smorfia ed agitò una mano davanti al suo viso per
richiamarne
l’attenzione, ma quando Alex si voltò
dell’entusiasmo di poco prima era sparita
ogni traccia dalla sua espressione afflitta.
-Che
ti prende?
-Le
ho detto che il bar era chiuso e che, per consolarla, avrei potuto
offrirle una
birra una di queste sere.- riassunse stringato e svogliato il cantante.
-…profondo.-
annuì gravemente Nick, senza staccargli gli occhi di dosso.
Alex
gli tirò un pugno contro il braccio.
-Al.-
sbuffò Nick, incassando il colpo dell’altro
limitandosi ad ondeggiare un po’
sul posto.- Siamo seri, non è la migliore tecnica di
approccio che io abbia mai
visto… Del resto sei un po’ carente in materia,
certo, ma sono convinto che
perfino tu possa fare di meglio con un po’
d’impegno.
-Nick,-
ritorse Alex, scoccandogli una nuova e più penetrante
occhiata assassina – è
impegnata.- chiarì in un sibilo.
-E
tu sei un tipo geloso.- indagò Nick, assottigliando lo
sguardo e fissandolo con
attenzione.
-…non
ti rispondo nemmeno.
-Sto
cercando di aiutarti!- fu la protesta dell’amico.
-E
comunque, pensava che io fossi gay!- riprese a raccontare Alex,
ignorandolo.- E
che stessi con te!- ci tenne a ribadire, caricando di ulteriore enfasi
quel
particolare, quasi fosse impossibile da concepire.- Dice che diamo
un’immagine
sbagliata di noi.- riferì, voltandosi a fissare Nick per
scrutarne attentamente
la reazione.
-E’
pazza. Io sono etero.- asserì tranquillamente il diretto
interessato.
-…e
io no, vero?
-Che
ne so?! “Sono etero” significa che non ho mai
controllato!
Alex
scosse la mano, liquidando la faccenda, poi si accasciò
all’indietro contro il
finestrino del bus.
-Ho
anche cercato di fare lo splendido! Le ho risposto con una battuta: “sì, ma solo da parte di
padre”!- recitò
motteggiando ridicolmente se stesso.- Le sarò parso un
deficiente completo…-
borbottò tra sé e sé senza accorgersi,
quasi, che Nick stava ridendo.
-La
battuta era buona!- affermò quando Alex si voltò
a guardarlo di nuovo.
-Se
avesse avuto una pallida idea di chi fossi, sì.- riconobbe
il cantante
storcendo il naso.- Ma ovviamente sono anche un perfetto sconosciuto ai
suoi
occhi. Ma gay! Una perfetta checca sconosciuta.- scandì
puntigliosamente.
Nick
scosse il capo, divertito, e cercò di fare il punto della
situazione prima che
Alex si lasciasse nuovamente trascinare in un confusionario e depresso
revival
di quei brevi, emozionanti istanti con l’oggetto dei suoi
desideri.
-Ti
ha detto di no alla birra perché ha un ragazzo?- chiese.
Alex
annuì, sbirciando trasversalmente il campo fuori dal
finestrino, appoggiato al
vetro con la guancia.
-Beh,
Al, se è una seria e leale, ti sarà davvero
difficile intaccare la sua corazza.
-Credi
che non lo sappia?- mormorò il cantante senza voltarsi.
Sospirò, uno spiraglio
di luce più densa, più intensa si faceva strada
tra le nuvole che ancora
correvano alte.- Sembrava proprio una bambina che correva sotto la
pioggia.
-E’
carina come cosa da dire ad una ragazza.- osservò Nick con
una dolcezza
insolita per i suoi standard.
-…ah-ah.-
fu la risposta poco convinta che ottenne.
-Magari
dovresti dirglielo.- suggerì Nick.
-Magari…
Alex
avvertì l’altro muoversi al suo fianco, ma non si
voltò comunque. Lo fece solo
quando sentì Nick sederglisi più vicino, la
chitarra di nuovo in braccio; l’amico
gli porse un block notes ed una penna.
-Tu
non hai un testo per quella canzone che volevi provare con Bobby, no?-
chiese
sbrigativo.
Alex
lo fissò interdetto, anche se andava intuendo quello che
l’altro voleva fare.
-Beh,
immagino non ti spiacerà provarla con me.-
scorciò il chitarrista, posando le
dita sulle corde dello strumento.- Com’è che
faceva…?- finse di ricordare prima
d’iniziare a suonare.
Alex
sorrise.
L’aveva
vista in mezzo alla folla. Sorrideva e lo guardava. Aveva sentito le
guance in
fiamme ed aveva pensato che non sarebbe mai riuscito a cantare, non con
gli
occhi di lei – brillanti!
– puntati
addosso come fanali in una sera estiva troppo afosa.
-Questa
è una nuova canzone!- annunciò con voce
stentorea, sovrastando il brusio
eccitato della folla.
Ne
seguì un piccolo oceano di acclamazioni che lo
inorgoglì. Pensò, perfino, di
averla vista ridere ed un sorriso gli piegò gli angoli della
bocca, mentre si
stringeva al microfono per cercare di mascherare
quell’emozione troppo grande
che avvertiva e che rischiava di sommergerlo.
-E’
dedicata ad una persona che…beh…che è
troppo impegnata per bersi una
birra come me!- scherzò.
Questa
volta cercò deliberatamente lo sguardo di lei tra la folla e
sì, rideva.
Poi
Alex iniziò a cantare di una ragazzina che corre per
afferrare il mondo intero
e di come si può restare fermi, sperando di vederla correre
verso di sé.
Quando
scese dal palco la trovò che lo aspettava. Lei gli si
avvicinò ciondolando, le
mani dietro la schiena ed un sorriso furbetto tra il mare delle
lentiggini.
-Quindi,
tu ed il tuo amico non siete una coppia?- indagò divertita.
Alex
arrossì involontariamente. Alle sue spalle i ragazzi
arrivarono ridendo, Nick
gli diede una pacca poderosa sulla schiena, facendogli perdere un
po’ l’equilibrio,
quando si voltò per protestare incontrò la sua
espressione incoraggiante e,
invece di un’imprecazione, tirò su un fiotto di
aria pura in un respiro
profondo.
-Non
l’ultima volta che abbiamo controllato, no.- concesse
ridacchiando e
grattandosi la nuca imbarazzato.
-Però,
io sono comunque fidanzata.
-…
“fidanzata” è un parolone.-
osservò Alex a mezza voce.
Eleanor
rise, cristallina, e scosse la testa.
-Era
buona.- disse con una certa serietà, annuendo composta.
Lui
la fissò illuminandosi in viso:
-La
canzone?!- provò ad indagare.
-No,-
lo rintuzzò lei malignamente.- la battuta
sull’essere gay “solo da parte di
padre”.- ribatté.
Alex
ne fu un po’ deluso. Ma poi ci pensò meglio e si
rese conto che lei,
quantomeno, doveva essersi presa la briga di informarsi su di lui.
Sorrise
nuovamente, scostando lo sguardo da quegli occhi troppo intensi.
-Sì,
beh…non ha avuto molta fortuna comunque.- mormorò,
-Chissà.
Pare che stasera il bar sia aperto e sono certa che una birra ce la
vendono, se
proviamo a chiedere.
***
In
giardino la pioggia va asciugandosi sopra i rami e nelle aiuole. Va
asciugandosi anche nei vialetti di ghiaia bianca. Lascia piccolissime
tracce di
rugiada che diventa afa e rende tutto troppo complesso per poter essere
affrontato davvero.
Alex
siede con le mani nelle tasche dei pantaloni, una gamba incrociata
sull’altra,
piegata ed ancorata al suolo a tenere fermo il dondolo di stoffa e
legno che lo
ospita in veranda. E’ la veranda sul retro del cottage,
quella che non usa mai
perché da su un salottino insipido la cui funzione
è ancora tutta da definire.
Ha appena stabilito che diventerà “il
Pensatoio”.
Si
è rifugiato lì proprio perché
è un posto inusuale ed è stata una scelta
infantile. Come quando da bambini si combina qualcosa di sbagliato e
poi si
scappa per non farsi trovare troppo presto da mamma e papà
quando si saranno
accorti della marachella.
Lui
non vuole che Eleanor lo trovi troppo presto.
Pensava
che avrebbe finito per mettersi a piangere. Non ha mai avuto un
eccessivo
rispetto di sé, non abbastanza per non dare sfoggio di
un’emotività
inappropriata in un maschio e, per giunta, della sua età.
Invece
non ha pianto. La cosa, però, non è risultata
confortante perché piangere gli
avrebbe consentito di essere sincero, magari di farle pena, per assurdo
avrebbe
potuto forse fargli sentire meno dolore.
Invece
è stato come incassare un pugno. Incassarlo
svantaggiosamente, troppo diretto e
troppo forte, troppo ben piazzato. Adesso sente male alle ossa. Domani
lo
sentirà ai muscoli, ai nervi, in ogni parte scoperta
dell’anima.
I
passi di lei sono discreti. Arrivano piano dal salottino insipido e si
fermano appena
fuori, sulla soglia della veranda, un po’ più
indietro rispetto al dondolo, un
po’ più a destra rispetto al suo angolo visivo,
fuori portata. Lo costringerà a
voltarsi, deve farlo se vuole vederla.
Non
si volta.
-…Alex.
E’
un sussurro discreto esattamente come i suoi passi. Arriva piano
anch’esso e si
posa delicatamente da qualche parte tra lei e lui. In un punto in cui
non gli
sfiora la pelle. E questo è accettabile.
-Devo
andare.- dice ancora.
-Certo.
Le
battute sono come quelle di un film. A rallentatore, scandite bene e
lasciate
lì a fermentare quel tanto che basta.
-Non
mi saluti?
Adesso
è costretto a girarsi verso di lei.
Eleanor
è ferma come una bambola nel punto esatto in cui
l’ha immaginata. La prima cosa
che vede di lei sono gli stivali alla texana. Che le stanno
tremendamente male
e lui ha provato a dirglielo in ogni modo, è riuscito solo a
fargliene comprare
un paio di quelli bassi, traforati, il pellame un po’
più leggero.
Sbuffa
un sorriso al ricordo.
Lei
indossa pantaloncini e camicetta a fiori. Ha i capelli tagliati corti,
non è truccata
e le lentiggini colorano la sua pelle intorno al naso e sulle guance.
La
frangetta piove sui suoi occhi troppo intensi, sul rammarico sincero
con cui
gli si rivolgono. Gli sta dicendo che avrebbe davvero voluto andasse
diversamente.
Per
un po’ ci hanno creduto entrambi.
-Mi
dispiace.- dice Alex all’improvviso.
L’espressione
di Eleanor assume una sfumatura interrogativa che si specchia intatta
nei suoi
occhi.
-Di
cosa?- sussurra stupita.
-Di
averti scritto quella canzone.- risponde lui, stringendosi nelle
spalle.- Non è
stato leale da parte mia.
Lo
sguardo di lei si allarga. Enorme. Alex pensa che potrebbe divorarlo,
ma poi quello
sguardo si riempie di lacrime ed Eleanor stringe le dita della sinistra
contro
le labbra – non ha più
il suo anello…
- e soffoca la sua prima risposta in quel gesto.
-A
me non dispiace.- ammette.- Non mi dispiace niente e rifarei ogni
cosa.- dice
poi, in tono profondo, lasciando trasparire senza nessuna
difficoltà l’emozione
autentica che ancora sorregge i suoi sentimenti verso di lui.
E’
solo che le cose cambiano…le persone cambiano, le situazioni
mutano e ci si può
trovare a non percorrere più la stessa strada.
Alex
annuisce a quel pensiero ed alle affermazioni di lei. Prova a sfilare
le mani
dalle tasche dei pantaloni e pensa che si alzerà per
salutarla. Formula quei
propositi con chiarezza nella propria testa e quando si accorge di non
averli
attuati, di non averci nemmeno provato, Eleanor è
già andata via.
Dall’altro
lato della casa la ghiaia slitta via sotto le ruote di un auto, il
rumore del
motore arriva attutito e poi si allontana. Si volta.
C’è uno spiraglio di luce,
una lama sottile, che scende dritta sui fiori piovendo dal cielo carico
di
nuvole.
Nota di fine capitolo
della Nai:
E’ un giorno
strano.
E’ un periodo
mooolto strano.
Ma non vi
ammorberò con il triste
racconto di questo avvio di stagione.
Renderò,
invece, i dovuti
ringraziamenti alla vera Mente di questa storia. Che è
Erisachan. Perché suo e
solo suo è lo scambio di battute “Credevo fossi
gay”/ “Solo per parte di padre”
da cui tutto ha preso l’avvio.
Quindi, se avete riso
anche solo
per qualche momento, ringraziate lei. <3
See you, space cowboys!
MEM
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