Mikoto gettò
disordinatamente i propri indumenti sul pavimento e saltellò allegra verso
la stanza da bagno, fermandosi però sulla soglia in attesa che le altre due
ragazze finissero di svestirsi nello spogliatoio. «Sbrigatevi, fa freddo!»
esclamò, saltellando sul posto, incurante di esser nuda da capo a piedi.
«Beata te che sei sempre
piena di energie, Mikoto» sospirò Mai, rassegnata, mentre si sbottonava la
camicetta dell’uniforme.
«Ma ha davvero due anni
più di me?» farfugliò invece Akira, stentando a credere che la vivace Mikoto
avesse iniziato il primo anno di liceo.
«Non sembra, vero?» rise
la maggiore delle tre.
Mikoto mise il broncio ed
intrecciò le braccia al petto, tutt’altro che formoso. «Io non sono più una
bambina!» Ma le altre fecero orecchie da mercante per evitare di trasformare
quell’ora di relax in un’ora di litigi e musi lunghi. Peccato solo che
Mikoto non fosse della loro stessa opinione: quando Akira si sfilò la
maglietta, la ragazza urlò, additandola con fare accusatorio e facendola
spaventare non poco.
«Mi-Mikoto…?» alitò Mai,
ferma a metà nell’azione di togliersi la camicetta.
«Che diavolo t’è preso?!»
sbottò invece la kunoichi, portandosi una mano al cuore.
«Le hai più grandi di
me!» spiegò Mikoto, indignata. «Anche se sei più piccola!»
«Non urlare, scema!»
strepitò ancora l’altra, imbarazzatissima al pensiero che al di là della
porta del bagno ci fossero altre due persone.
«Le hai più grandi delle
mie!» ripeté invece la sua senpai, imperterrita.
Ci fu qualche attimo di
silenzio, durante il quale Mai sperò ardentemente che Akira non replicasse
ciò che più temeva; cosa che, purtroppo, puntualmente ella fece: «Sai… non è
che ci voglia molto ad averle più grandi delle tue…»
Un attimo dopo Mikoto le
era addosso, inchiodandola a terra, bloccandole i polsi ai lati del corpo e
fissandole il reggiseno. «Come hai fatto?» domandò tremendamente seria ed
offesa, tra il terrore di Akira ed un nuovo sospiro di Mai, la quale,
cercando di apparire indifferente a tutto, riprese a spogliarsi.
«A far cosa…?» volle
sapere la kunoichi, sudando freddo. Quella Minagi era strana, dannatamente
strana. «E lasciami andare, è imbarazzante!»
Mikoto la liberò e si
sedette a terra accanto a lei, continuando però a fissarle il petto. «Come
hai fatto a farle crescere così?»
Akira le scoccò
un’occhiataccia. «Guarda che nemmeno io le ho grandi, sai?»
«Ma sono più grandi delle
mie» appuntò per l’ennesima volta l’altra, portandosi le mani ai piccoli
seni e strizzandoseli senza tanti complimenti, facendo arrossire
ulteriormente la sua kohai. Ma quando rialzò lo sguardo sul petto di
quest’ultima, Akira incrociò istintivamente le braccia per evitare che
quella le saltasse di nuovo addosso. «Lo voglio anch’io, un reggiseno così
grande» affermò invece decisa Mikoto. Poi le sovvenne un pensiero. «Ma lo
portavi anche prima?»
La kunoichi scosse il
capo. «Se l’avessi fatto, si sarebbe notato sotto l’uniforme…» spiegò,
cercando di mettere da parte l’imbarazzo e volgendo a sua volta lo sguardo
al proprio corpo.
«Però si vedono anche se
una non porta il reggiseno, vero?» volle sapere la maggiore, chiedendo
conferma anche a Mai, intenta a ripiegare i propri abiti e quelli della
compagna di stanza. «Quelle di Mai si vedono.»
«Le sue si vedrebbero
anche sotto strati e strati di vestiti, grosse come sono…» biascicò Akira
seccata, riprendendo a spogliarsi.
«Ehm…» balbettò la rossa,
non sapendo come evitare di esser presa di mira per una colpa che non aveva.
«Però il tuo petto
sembrava piatto» Mikoto incalzò la kunoichi senza pietà.
«Perché non è molto
sviluppato» mugugnò ancora lei, sempre più mortificata per quelle
annotazioni sulla propria carenza di carne nei punti giusti.
Intuita la stizza della
ragazzina, Mai sorrise. «Ma eri anche costretta a fasciarle, quindi era
normale che ti si schiacciassero e risultassero meno visibili, no?» cercò
allora di consolarla con tono affettuoso.
Akira annuì, impacciata,
avvolgendo il proprio corpo in un asciugamano. «Dovevo farlo, se no… Ehi!
Come fai a saperlo?!» scattò all’improvviso, ricordandosi di non aver mai
rivelato a nessuno un dettaglio tanto intimo.
La maggiore delle tre
fece un passo indietro, mordendosi la lingua. «Ehm… ho tirato ad
indovinare?» tentò allora di discolpasi.
«Gliel’ha detto Takumi»
intervenne invece Mikoto, candida come sempre.
«Mikoto!» esclamò Mai,
avvertendo un brivido lungo la schiena.
«Quel bastardo!» urlò
Akira, dando un calcio contro la porta del bagno per farlo avvertire
dall’altra parte dell’alloggio, il viso in fiamme. Qualcuno nella stanza
accanto deglutì a vuoto, qualcun altro sghignazzò con fare complice.
«Ca-calma, Akira-kun…»
tentò di rabbonirla la ragazza dal caschetto rosso, dandole piccole pacche
su una spalla, l’altra mano a reggere l’asciugamano attorno al petto.
«Come faccio a star calma
se quell’idiota va raccontando in giro cose schifosamente equivoche?!»
«Ma no, figurati se posso
pensar male di…»
«Quindi avete già fatto
XXXXX?»
«MIKOTO!» fu l’urlo
sguaiato che Mai si lasciò sfuggire di bocca, mentre attraverso la porta si
sentiva un’esclamazione molto simile, seppur pronunciata da una voce
maschile. «Non dire cose così sfacciate! Specie se ti riferisci a Takumi e
Akira-kun, chiaro?!»
«Ma se gliele ha viste,
vuol dire che hanno fatto XXXXX, no? Me l’ha detto Nao» insistette la
ragazza, serafica, non notando che la sua kohai era sull’orlo delle lacrime
per l’imbarazzo.
«NON E’ SUCCESSO NIENTE,
CHIARO?!» strepitava infatti, il viso in ebollizione, senza però esser udita
dalle due compagne di stanza.
«Mikoto, smettila! Non
voglio sentir parlare così di mio fratello! Sia dannata Nao-chan!» gridò
Mai, le mani sulle orecchie nel disperato tentativo di tapparsele nel qual
caso Mikoto avesse aggiunto altri particolari che il suo tenero cuore di
sorella maggiore avrebbe preferito
ignorare.
«E’ STATO UN INCIDENTE!
UN BANALISSIMO, SCHIFOSISSIMO INCIDENTE!»
Fra le urla esagitate
delle due, Mikoto batté le palpebre senza capire il perché di tanta
agitazione e si avviò di nuovo verso il bagno. Si fermò ancora una volta
sulla soglia e attese che Mai ed Akira si calmassero. Infine, quando
entrambe tacquero per riprendere fiato, lei chiese: «Mai, che vuol dire fare
XXXXX?»
Seduto scompostamente al
tavolino della camera di Mai e Mikoto con un bicchiere di cola in mano,
Yuiichi si asciugò le lacrime che, per le troppe risate, avevano preso a
sgorgargli abbondantemente dagli occhi; quindi tornò a fissare un
imbarazzatissimo Takumi, tornato appena quella mattina dagli Stati Uniti
insieme ad Akira dopo l’intervento da lui subito al cuore. «Anche se non è
possibile vederle mentre fanno il bagno, ci si diverte non poco anche solo
ad ascoltarle, eh?»
«Yu… Yuiichi-san, ti
prego…» tartagliò il ragazzino, lo sguardo basso, stringendo fra le mani il
proprio tè e maledicendo mentalmente il giorno in cui aveva raccontato a sua
sorella, in presenza di Mikoto, di com’era venuto a conoscenza della vera
identità di Akira.