Una tipica giornata di una normale matricola (&
friends).
Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, quest’oggi
avrei fatto meglio a rimettermi a dormire al più presto possibile. E’ umano che
ne possano succedere di tutti i colori in una giornata soltanto che, peraltro,
non è ancora neppure finita?
Ma è meglio partire dall’inizio…
…bipbip…bipbip…bipbip…bipbip…bipbip…bi…
Come ogni mattina, la sveglia suona
imperterrita e fastidiosa alle 5 e 45. E mi ostino a chiamarla mattina
nonostante qua sia praticamente ancora notte fonda. Con tanto di stelline
luminose nel cielo – quando si degna di essere sereno!! – .
Veloce come un bradipo mi accingo ad
iniziare la giornata compiendo i soliti, obsoleti e meccanici gesti. Dopo la
ciclopica fatica del vestirmi (… i jeans al mattino sono freddi…) mi dirigo
verso il bagno. Luce accesa.
Rimango lì come un’ameba a guardare
quella luce pensando a quale componente della famiglia avrebbe potuto essere
indicato come colpevole quando da dentro il bagno la soave voce di mio fratello
mi raggiunge.
“Occupato”
E bravo volpone! Ci sono arrivata anche
io! Ma porca miseria, come faccio a lavarmi i denti? Io ho uno spazzolino solo
e il caso vuole che lo tenga nel bagno del “figliolame”. Di solito non lascio
uno spazzolino per ogni stanza in modo da potermi lavare i denti in ogni
momento!!
Dopo aver piantonato la porta invitando gentilmente il mio adorato fratellino a
lasciarmi via libera entro il pomeriggio e dopo essermi presa un sonoro vaff…, riesco a uscire di casa quasi in orario. Ovviamente rischio di
perdere il pullman!
E
così sarebbe successo se l’autista non avesse deciso – mosso da compassione –
di fermarsi a raccattare una povera pirla che arriva senza fiato alla fermata!
Per fortuna nel giro di cinque minuti arrivo a destinazione. Pronta per la
seconda parte del mio viaggio.
Alla
stazione, mi ritrovo con tutti gli altri fortunati che hanno le lezioni che
iniziano alle 8 e ci dirigiamo verso il solito vagone del solito treno.
Talmente tecnologico che non si può passare da un vagone all’altro, con i
sedili in pelle uniti a due a due. Ma che sto a descriverlo? Tutto il mondo
conosce la Caffettiera! E chi non lo conosce, credetemi, non si perde proprio
nulla!!
Sbuffando
il trenino parte ad una velocità che se scendiamo e spingiamo andiamo più
veloci, ma nessuno si lamenta. Oramai siamo assuefatti da questo aritmico
dondolare avanti e indietro, di qua e di là. Siamo pronti a schiacciare un
pisolino quando ci rendiamo conto che arrivano spifferi di aria fredda da
qualunque parte. Eppure i finestrini sono tutti chiusi! La diagnosi è semplice…
riscaldamento rotto! E per di più, per tutti i cinquantotto
minuti di viaggio, una tipetta non fa altro che lamentarsi.
Ma
diamine, qui siamo in compagnia degli orsi polari, ci sono i pinguini che
svolazzano e tu hai il coraggio di uscire di casa con i pantaloni a vita
talmente alta che se arrivano alle ginocchia è tanto e un golfino che non ti
copre neppure tutte le costole?? Almeno abbi la decenza di non importunare
l’intero vagone alle sette (meno venti) del mattino!
Dopo
mille peripezie tra le quali sono spiccate il tentare di calmare un ragazzo
sulla cui cartella si era posata una cimice e il trattenerci dal buttare via
dal finestrino una ragazza che non ha fatto altro che parlare, con voce soave, di capelli-unghie-discoteca, arriviamo finalmente in quel di Torino. Scendiamo da quel caro vagone portandoci appresso un po’ di quelle
simpatiche stalattiti che si sono formate durante il viaggio e ci fiondiamo a
prendere il quotidiano Leggo, toccasana degli studenti… Per lo meno ci
sono un po’ di giochi da fare se proprio non riesci a seguire la lezione!
Solitamente
c’è l’addetto alla distribuzione. Oggi è fai-da-te. Faccio per
prenderne una copia e me la rubano di mano. Dopo tipo dieci minuti riesco a
fuggire dalla bolgia, ma senza giornale. Che gioia. Mentre i miei amici ridono
alle mie spalle, ci dirigiamo verso la fermata dell’adorato 13.
Cigolando
ne arriva uno particolarmente scalcagnato che come al solito si riempie fino
all’inverosimile costringendomi a stare in equilibrio sugli scalini e a salire
e scendere ad ogni fermata per permettere il passaggio dei molto poco gentili
compagni di tram. Presi dalla disperazione, i miei amici ed io decidiamo di
farci Via Po a piedi. La decisione più saggia di tutta
la nostra vita. Non si vedeva ad un palmo dal naso, tra nebbia e polvere tirata
su dai pochissimi cantieri.
Arriviamo
finalmente a lezione, con degli occhi rossi come pomodori e gonfi come palline
da tennis e, ovviamente, in ritardo. Ma grazie al cielo esiste il quarto d’ora
accademico che nessun docente si lascia sfuggire. Tranne oggi.
Per
fortuna un’amica ci ha tenuto i posti! E io, furba come pochi (è colpa del
freddo…mi ha assiderato l’unico neurone che ancora era in grado di funzionare!)
mi siedo accanto ad un mancino. Così abbiamo passato due stupende ore a
prendere appunti e a prenderci a gomitate. Siamo semplicemente due geni!
A
metà lezione un’altra ritardataria piomba in aula. Con una grazia pari a quella
di un ippopotamo cieco trascina le sue finissime scarpe col tacco alto almeno
quindici centimetri e largo altrettanti per tutta la sala andandosi a sedere,
guarda caso, proprio davanti a me. Appoggia delicatamente la borsa in terra
provocando una scossa di terremoto dalle dimensioni gigantiche e in più
sbuffa, borbottando che possiamo anche smetterla di fissarla.
Ma
come? Fai più rumore tu di un cantiere metropolitano, provochi una scossa di
terremoto con la tua borsa, ci abbagli per colpa dei quindici chili di
brillantini che ti sei gettata addosso e ci stordisci tutti e trecento perché
ti sei fatta il bagno in un profumo cocco-menta più che nauseante, mostri una criniera più
unta delle patatine del McDonald’s (senza nulla togliere…) e ti lamenti se ti
guardiamo un tantino scossi?
Ognuno
è libero di conciarsi un po’ come gli pare (e se non fosse ho il pigiama a
maniche corte non me lo leverei mai) ma almeno usiamo un po’ di buon senso, per
favore! Ancora adesso sto starnutendo perché sento ancora quell’orrendo
profumo!!
Alle
dieci, comunque sia, lezione finita. Solito branco di caproni che escono e
solito branco di imbecilli che entrano dalla porta dove a chiare lettere
visibili anche da un cieco c’è scritto uscita, con conseguente
ingorgo non sbrogliabile in meno di cinque buoni minuti.
E
poi in giro per le mille mila librerie della città alla ricerca di uno
stramaledettissimo libro che è in
ristampa. No, ma che facciano pure
con comodo…tanto è un libro che serve solo a circa trecentocinquanta persone!
Mica abbiamo fretta, noi… Ci piace farci dare dei pirla dalla prof perché
siamo senza materiale fondamentale. Come se fosse colpa nostra se i libri sono
in ristampa!
E
va beh…dopo ore e ore di camminata , altro che dieci mila passi al giorno!,
respirando la fresca e limpida aria del capoluogo ci dirigiamo finalmente verso
un punto cibo. Finalmente un panino!!
Dopo
aver fatto festeggiare le nostre papille gustative grazie ad un caffè servito a
settecento gradi, ci dirigiamo con una voglia che ci esce addirittura dalle
orecchie verso l’ultima lezione della giornata.
Aspetta
aspetta, i minuti passano, il quarto d’ora accademico pure, la mezz’ora tipica
da professore che arriva fintamente senza fiato gettando una scusa a caso per
il ritardo anche… Risoluti a non perdere una gioiosa lezione di tedesco
chiediamo in segreteria notizie sul prof. Nessuno sa niente. Che novità.
Decidiamo
di andarcene, praticamente quando sarebbe mancato un quarto d’ora alla fine
della lezione (se avessimo fatto
lezione) e fuori dall’Università
ci vediamo il nostro caro Lion Non-conosco-l’uso-del-pettine-e-me-ne-vanto
King, meglio noto come il prof di Tedesco.
Quando
gli chiediamo notizie sulla mancata lezione, cade letteralmente dalle nuvole.
“Avevo
lezione? Oh, perdinci. Me ne sono dimenticato! Oramai è fatta. Arrivederci ragazzi!”
E
prende e se ne va. Praticamente un pomeriggio sprecato…
Va
beh, calmi e riposati come qualcuno che è appena stato morso da una tarantola,
ci avviamo verso la stazione. Il treno (ad una sola carrozza!) arriva
addirittura in anticipo, roba da non credere. Ma a metà viaggio si blocca. Non
va più ne avanti ne indietro. Come volevasi dimostrare. Stiamo fermi in mezzo
ai campi fino a quando dopo una tranquilla ora di attesa inutile, il
macchinista si rende conto che potrebbe chiamare per far mandare una locomotiva
a raccoglierci.
“…ma fate pure con calma. Tanto ci sono solo
quattro studenti, qui.”
Cosa
vuol dire fate pure con calma? Solo
quattro studenti? Sono undici ore
che sono fuori di casa. Qualcuno potrebbe gentilmente muovere le chiappe e venirci a prendere? E magari cambiamo i treni, che sono ancora
in vigore da prima della guerra tirannosauri contro pterodattili, per favore!!
Nonostante
tutto, sono arrivata a casa sana (non di mente) e salva. Dopo una sana litigata
con mio padre sul perché del mio mostruoso ritardo und sul perché del nervoso
dalle dimensioni gigantesche sono qui a rompervi le scatole. E non mettetevi a
dire “mannaggia al macchinista che ha chiesto aiuto”. Perché vi vedo, e vi
piango.
L’unica
cosa che mi preoccupa, è che la giornata deve ancora finire…
************
Questo fiume di parole è nato soltanto per sfogare il
nervoso dopo una giornata decisamente no. Ma mi è servito perché se ripenso a
tutto quello che ho passato oggi, mi viene proprio da ridere. In fondo, vorrei
che succedesse qualcosa di strano anche domani. E dopo domani. E dopo domani
ancora. Magari imparerò a non sprecare la giornata innervosendomi. Se mi fossi
fatta una bella risata già da questa mattina, tutto sarebbe andato meglio. E
non sarei sicuramente qua. E così, stareste meglio pure voi, sventurati, che
siete arrivati fino a qui. Ma magari ho fatto ridere anche voi. O magari solo
sorridere. Va beh…meglio non indagare. Meglio riderci su. Perché ridere si sa,
fa bene al cuore.
Yaya
PS:…e se avete voglia, commentate! (Illudetevi pure che sia un invito! In realtà...è una supplica!!)…