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Capitolo 4
“Hai visto un fantasma?” chiese Deidara, fissando Ino con un ghigno divertito.
L’adorabile e irritato Ino Yamanaka, si mise seduta sulla sedia ringhiando
qualcosa d’incomprensibile verso il biondo.
“Sei irritata?” ripeté Deidara, furbo.
Hinata mise una mano sul braccio dell’amico, intimandolo a smettere ma, il
biondo e giovane ragazzo continuò a ripetere quell’insulsa domanda alla
giovane, e apprezzabile Ino.
E siccome, lei, si lei fervida donna con mente superiore e ricercatrice, era
sicura che Hinata fosse la figlia venuta male del Karma: venuta al mondo solo
per proteggerla dal male di suo padre e Deidara, si quella donna nel corpo di
un uomo, il figlio prediletto del Karma. Unico figlio prediletto.
L’odio represso di Ino verso quella creatura infamia era semplicemente
scandaloso.
Dopo che, la lenta ninna nanna stava facendo traboccare e suicidare i nervi
saldi di Ino, la giovane bionda si alzò di scatto dalla sedia, come se qualcuno
le avesse dato la scossa, e sbatté i pugni sul tavolo provocando quello che,
era conosciuto come uragano Yamanaka.
Hinata sobbalzò sulla sedia, tenendo il braccio di Sasori che si era avvicinato
per pararle, secondo Ino, di una nuova teoria sulla perfezione.
Filosofi: vincitori degli oscar per i viaggi mentali.
“Io non sono irritata!”sibilò a denti stretti.
Si mise subito seduta, fissando la sala che la guardava scettica.
Karma.
Che cosa avevano da guardare tutti? Sorrise provocante e spostò la sua coda in
modo sensuale, sperando che il rossore che si sentiva salire sulle guancie non si
notasse.
Karma.
La Hyuga, la guardava preoccupata, e
sentì la risata di Deidara che faceva scoppiare i suoi timpani con una facilità
estrema.
In quel momento, lei, si lei fantastica ragazza dal cuore d’oro, avrebbe voluto
sterminare (nel vero senso della parola) qualsiasi essere presente in quella
sala, salvando qualche rara persona che, modestamente, si poteva contare sulle
dita laccate di smalto.
Il tutto sarebbe iniziato dalla persona che aveva fatto scattare il suo
personalissimo apocalisse: quel famigerato Kiba.
Il bello che, dato che il karma era la sua spina nel fianco, quel moro
dall’aspetto affascinante era davanti a lei, in bella mostra di sé, in piedi
mentre parlava con un amica di Hana, e la fissava con un sorrisino che di buono
non aveva nulla.
Perciò lei, si lei che le sfide erano il suo forte, si mise a fissare con gli
occhi celati da una furia incontenibile quell’essere che più che uomo, doveva
essere un verme con i piedi.
Il ragazzo alzò un sopracciglio allo sguardo di Ino e rise, ma, continuò a
fissarla parlando tranquillamente con la ragazza.
Ino decise di stringere i pugni, mentre una vena le pulsava all’altezza del
collo perché quello, si quell’australopiteco, osava rispondere alla sua sfida.
Karma.
Non si accorse nemmeno che, il giovane e baldanzoso giovanotto, conosciuto da
tutti come Deidara, osservava la scena divertito, mentre la sua mente diabolica
stava escogitando un piano.
“Sento odore di ferormoni!” urlò prendendo Sasori sotto braccio.
“Ah si? Sai cosa sono?” fece Ino, senza distaccare lo sguardo omicida da Kiba
sorseggiando il vino nel calice di cristallo davanti a lei.
“Ovviamente! Sentili! Sentili come gridano! Come riesco ad arrivare fino al mio
fiuto tanto sviluppato!”
“Tutti sanno che sei un cane, un cane pulcioso aggiungerei, dirtelo di persona
ti fa onore..” osservò la Yamanaka sorridendo furba.
Deidara ebbe un tic nervoso cui nessuno avrebbe dato peso: tranne Sasori, che
fissò il compagno con fare incerto e preoccupato.
“Sasori caro per te che cos’è il piacere?” disse Deidara appoggiando il mento
sul braccio del rosso.
Sasori e Hinata sussultarono alla domanda e Ino, rischiò di affogarsi con il
vino che stava bevendo, sentendo ridere di gusto l’Inuzuka.
Karma.
“Ti sei fottuto il cervello a posto di Sasori, oggi?” chiese Ino confusa.
“No miss zitella, acida e gattara, sto parlando sul serio!” disse il biondo,
riducendo gli occhi a due fessure.
Karma.
Nessuno poteva darle della zitella. O dell’acida. O della gattara. Nessuno.
Karma.
Si limitò ad alzare il suo elegante dito medio davanti al viso diabolico di
Deidara. E, ricevette la stessa risposta con altrettanta grazia.
Sasori fissò il compagno e poi tutti i presenti nel tavolo e, schiarendosi la
voce parlò.
“Il piacere è perfezione, nel momento in cui trovi la perfezione, quella che
nasce nell’imperfezione completa. Le opere d’arte sono piacere, soprattutto
quelle che sono sbagliate, quelle che quando le guardi ti rendi conto che
qualcosa non va. La sonata in re di Schubert è perfezione, è puro piacere. Il
piacere è il diritto di trovare la perfezione”.
Ino fissò Sasori con fare annoiato, e scettico. Di seghe mentali quel ragazzo
se ne doveva fare ogni giorno. Assolutamente. Ma la sua risposta era scontata.
Hinata sorrise dolce e annuì, poi timidamente parlò anche lei.
“Il piacere è l’amore. L’amore che provi per qualcuno. Il piacere è proteggere
quella persona a costo di tutto, a costo di soffrire ogni giorno, a costo di
rimane male per le piccole cose. Il piacere è questo, per me…”.
La pornostar romantica e mancata aveva parlato. Scontata anche la sua risposta.
“Sentiamo cosa ha da dire Deidara, visto che oggi si è svegliato filosofo e non
artista da due soldi…” disse Ino ghignando, continuando la sua sfida con Kiba.
“Per me il piacere è pura esplosione. L’arte è esplosione di piacere! Ma devo
dire che anche il sesso con mio marito è puro piacere, la lussuria è il piacere
per eccellenza. Se c’è una cosa che però mi affascina è il piacere che può dare
uno sguardo, sono convinto che dia un piacere immenso, magari sotto sotto
pensiamo: Perché non scoparmi il moretto davanti a me, potrebbe rompere la mia
verginità ripristinata!” rispose.
Karma. Fottiti! Fottiti!
Ino vide ghignare Kiba che, a quanto parere aveva sentito tutto (cafone,
karma.). Per tutta risposta la provocò leccandosi le labbra con fare sensuale.
Vide la lingua del moro soffermarsi sul labbro superiore per poi scendere
lentamente lungo il fianco. Ino notò i canini intravedersi durante quel lungo e
agogniate percorso.
L’atmosfera che si stava creando dopo quel gesto era simile a quella arida del
deserto.
Karma.
Il tutto era fatto davanti ai presenti che ancora non si erano accorti di
quella provocazione alquanto allettante.
Karma
Karma. Con la lingua il ragazzo ci sapeva fare. Karma.
A tale gesto, che seguì con disinteressata attenzione, Ino Yamanaka, lei, lei
che maliziosa non era, si mise a immaginarsi e cose poco caste, che la
imbarazzarono non poco, per cui decise di distogliere lo sguardo, perdendo
miseramente una sfida da lei lanciata.
KARMA.
Sentì solo due risate divertite provenienti dal tavolo di fronte e dal suo.
Caso strano, la splendida Ino non aveva bisogno di immaginare chi fossero i
protagonisti di tale e odiato suono.
Scattò dalla sedia, scontrando il piatto con il petto che fieramente mostrava,
anche se accanto a Hinata le sue arance rimanevano misero arance, e fulminò
Deidara.
“A te Ino, cosa da piacere?” fece Deidara furbo.
Ino mise una mano sotto il mento, assumendo un’aria pensosa.
I suoi occhi si andarono a posare su quelli marroni di Kiba che la fissavano
divertiti, poi lui, salutò la ragazza e se ne andò con aria spavalda in un'altra
direzione.
Karma. Lui non doveva divertirsi, doveva perdere, pensò Ino.
Karma.
“Oh ti rispondo subito caro mio amico” disse interrompendo i suoi pensieri “Secondo
me deve essere puro piacere vedere la tua testa esplodere mentre il tuo corpo
viene investito da un tir in corsa. Il tutto, e a quel punto potrei anche
raggiungere il Nirvana, e vedere quei splendidi volativi chiamati come corvi,
che ti mangiano e vomitano le tue budella. Si, questo sarebbe IL piacere!”
esordì.
Calò il silenzio nel tavolo.
Karma. Era passata da pazza serial killer.
Karma.
Come ultimo vide Deidara ridere sotto i baffi, dopo che Hinata la rimproverava
per le parole dette.
Karma.
Calò un gelido e tetro silenzio. Da horror, secondo Ino.
“Chi ha potuto farti arrabbiare in questo modo?” chiese timidamente, rompendo
il ghiaccio, il giovane che era seduto nel tavolo con loro.
Ino si girò meccanicamente, fissando quello strano ragazzo dalla doppia
personalità chiamato Zetsu, che era stato gentilmente invitato al loro tavolo.
Ino, che oltre a essere un medico promettente, poteva vantare di avere un sesto
senso canino, aveva il sospetto che la pianta messa elegantemente sul tavolo
potesse essere fumata dal giovane e baldanzoso schizzato accanto a lei. A volte
diceva cose stupide, altre volte sensate, quasi come se soffrisse di doppia
personalità.
Zetsu è stupido. La domanda appena fatta è stupida. Zetsu fa domande stupide.
Sillogismo perfetto, secondo Ino.
Sicuramente nella sua vita precedente aveva dovuto scontare pene infernali,
magari era una pianta carnivora mangia uomini. Insomma il karma aveva avuto un
gran senso dell’umorismo, quella volta.
Ino per questo sorrise e scosse la testa.
“No tranquillo, perché dovrei?”
L’espressione che si dipinse sul volto del giovane fu molto dispiaciuta.
Sicuramente pensava che Ino sarebbe stata una compagnia apprezzabile per
fumarsi qualcosa.
Poi, il tavolo sobbalzò di nuovo, e non perché l’uragano Yamanaka si era
calmato (cosa molto rara) ma perché, una seconda calamità che poteva vantarsi
di essere devastante, si era svegliata.
Perché la tettonica a placche provoca i terremoti, e ne era appena successo
uno.
Ino fissò la corvina, nota come Hinata Hyuga, diventare deliziosamente rossa
mentre cercava di nascondere qualcosa agli occhi indiscreti del cinquantenne
porco, detto Jiraya, che stava sbavando mentre fissava il suo seno prosperoso.
“Hinata, finalmente! Sei una… una… una bomba!”.
Karma.
Hinata arrossì, e si alzò per stringere la mano all’autore di porno.
Ino trovò la scena alquanto esilarante: l’autore di porno e la pornostar
mancata che stringevano amicizia e, magari stabilivano un contratto di lavoro
che avrebbe fruttato milioni di dollari.
E siccome, si lei inguaribile curiosa, aveva letto recentemente il nuovo libro
del famigerato Jiraya, davanti al caminetto con il suo gatto appollaiato sulle
gambe. Caso strano, ma sicuramente era una casualità, una delle protagoniste
del nuovo libro era una simpatica moretta timida, prosperosa, amorevole,
gentile e dolce, che se la faceva (e che fare, pensò Ino) con un signore che
aveva tutta l’aria di essere l’autore del libro.
Casualità. Pura casualità.
“S-salve J-Jiraya c-come s-sta?” chiese la Hyuga.
“Bene, ora meglio... Hehe!” fece sorridendo, mentre fissava estasiato il corpo
della Hyuga.
Hinata, imbarazzata, si mise a guardare Ino che, fissava la scena tra il:
divertito, schifato ed entusiasta.
“Posso offrirti qualcosa, dai vieni!” la intimò l’uomo toccando la schiena
della Hyuga appena sopra il gluteo.
Hinata deglutì e sorrise imbarazzata.
“Non toccare Hinata! Porcello!” urlò la voce inconfondibile di Naruto mentre, a
grandi passi percorreva la stanza.
Il QI si stava alzando di botto.
La serata era molto più interessante di quello che pensava, disse fra sé Ino,
mentre guardava complice Deidara. Sorridendo maliziosa si mise comodamente
sulla sedia.
“Non rompere Naruto!” sbottò l’uomo, fissando truce il biondo.
“Maiale! Ti ho detto mille volte che Hinata non si tocca!” disse prendendo la
corvina per la vita che, come se fosse una bambola se la portò al petto
tenendola stretta.
Ino fissò l’ora nel cellulare, pensando che, tra pochi minuti Hinata sarebbe
svenuta, ma fortunatamente lei, si lei: prevenuta donna e buona amica, aveva
una bustina di zucchero a portata di mano.
“E’ maggiorenne!” disse Jiraya, tirando il braccio di una Hinata sotto shock.
“Ma lei è mia!” sbottò Naruto tirandola ancora.
Ok, pensò Ino: mancano solo 10 secondi allo svenimento a partire da ora.
10…9…8…
“Tua? Diglielo che non sei sua Hinata!” sbottò Jiraya.
Hinata non rispose, rimanendo a fissare Naruto sognante mentre il suo cervello
incominciava a farsi tantissimi filmini mentali (ecco perché era grande amica
di Sasori, pensò Ino).
“Tua? Cosa intendi dire Naruto?” sbottò Neji prendendo sua cugina per il
braccio, staccandola dai due balordi.
Ed ecco a voi, rifletté Ino, il salvatore delle cugine in difficoltà, il noioso
e guata feste: Neji Hyuga!
Karma. Non poteva rimanere seduta con le coppiette a bere vino in santa pace?
“Intendevo dire mia, nel senso mia amica! Ecco… Io…” disse Naruto grattandosi
la testa imbarazzato.
Karmetto, karmino: cosa sta succedendo al biondino?
“Spiegati meglio…” sibilò fra i denti Neji, tenendo salda sua cugina che, alle
parole di Naruto era ritornata sulla terra.
“Io volevo solo proteggerla da questo maniaco!” si giustificò Naruto.
“Maniaco? Maniaco? Io provo piacere nel sedurre donne così affascinanti! Hinata
è bellissima sta sera, volevo essere galante!” disse Jiraya, fissando truce il
figlioccio.
“Taci! Tutti sanno che hai un debole per le belle donne! E per Hinata!” sbottò
Naruto, incrociando le braccia muscolose al petto.
“E allora? Solo uno stupido non si potrebbe accorgere di Hinata! Ma dato che tu
sei stupido, ma talmente stupido da arrivare secondo a una gara di stupidità,
non ti accorgi di lei!”
“Io mi sono accorto di lei! Cosa credi? E’ la mia più cara amica, una delle
donne della mia vita! Una delle mie migliori amiche! Cosa credi?” disse Naruto.
Karma, pensò Ino.
Alle orecchie attente di Ino, poté sentire qualcosa andare in frantumi…
“Si, si, si. Pivello!” disse Jiraya, guardando con malizia il corpo di Hinata.
Neji fece una smorfia di disgusto e si mise davanti a Hinata evitando che il
maniaco la spogliasse sul posto e lo guardò.
“A lei gli dico che deve stare lontano da mia cugina e dalle sue doti! Mia
cugina è una donna che si merita di più che un semplice vecchio maniaco che le
guarda il seno!”.
“E che doti!” disse il vecchio per poi sparire dalla circolazione,
avvicinandosi a Mei Terumi e Tsunade con aria bonaria.
Poi il giovane rampollo Hyuga fissò Naruto.
“Beh tu, tu mi fai semplicemente schifo!”.
“Io volevo proteggere Hinata! E’ mia amica!” sbottò Naruto.
Ino alzò lo sguardo verso Hinata e vide un’espressione di pura delusione nei
suoi occhi.
Ora era furiosa. FURIOSA.
Perché? Perché doveva essere sempre in giro quel dannato karma?
“Senti Naruto, grazie ma ora vai eh?!?!” riuscì a dire Ino.
Naruto sbuffò e si girò sconsolato, alzando le braccia al cielo, e si sedette
accanto a una Shion alquanto alticcia.
Neji e Hinata rimasero a parlare per molto, per un tempo che era interminabile.
Ino incominciò a spazientirsi, tamburellò il tavolo con fare furioso. Fissò
Hinata: non aveva voglia di parlare, voleva solo mettersi seduta e ridere,
almeno per un po’, prima di arrivare a casa e piangere quelle lacrime che non
riusciva a versare: perché Neji non la capiva?
Perché? Perché Neji doveva mettere il dito nella piaga? Hinata era adulta, non
una bambina!
Qui, l’eroina Ino Yamanaka doveva risolvere la situazione. Enjoy! Come on!
“Neji caro, mi accompagni al buffet?”
Senza ricevere risposta, Ino prese Neji per il braccio e lo trascinò al tavolo
in cui era posto ogni ben di dio.
Ino rimase in silenzio, tenendo leggermente il braccio di un Neji teso che,
continuamente guardava verso la direzione di Tenten con fare preoccupato.
“Ti ricordi quando ci siamo messi insieme?” chiese Ino.
“Eravamo alle medie”
“Già ed eravamo dei bambini..”.
Neji deglutì e diede uno sguardo a Ino che, prese un bicchiere dal tavolo del
buffet.
“Senti Neji sarò breve: Hinata non è una bambina”
“E’ mia cugina ho il diritto di proteggerla!” fece Neji irritato.
“Cosa? Hinata è forte, possibile che non te ne accorga? Lasciala vivere come
vuole!”
“Io sono già stato troppo indulgente con lei! Ho lasciato che s’innamorasse di
Naruto, ho lasciato che prendesse casa da sola il primo anno di università, ho
lasciato che diventasse amica con un gay piromane e ninfomane, non farmi la
predica..”
“A Hinata sta bene così, e se veramente le vuoi bene falla respirare. Magari
voleva andare a bere qualcosa con Jiraya, magari vorrebbe fare tante cose ma
tutti non le diamo spazio, non la lasciamo respirare. E adesso basta, vai da
Tenten o si insospettisce…” fece allusiva.
Neji sbuffò e si avviò verso il suo tavolo con fare elegante.
Karma.
Aveva fame.
Ino si girò verso il tavolo, prese del sushi e ne assaporò il gusto.
“Sei una stronza, ma a volte sembri quasi una brava amica…”
Ino strinse il bicchiere fortemente e digrignò i denti. Quella voce era odiosa.
Karma.
“Si chiama stalking il tuo…”
“A dir la verità dovevo fare il pieno…” disse Kiba mostrando un bicchiere colmo
di alcool.
“Il pieno? Patetico, sei un adolescente?” fece Ino, sorridendo sorniona.
Bevve un sorso di champagne lasciando che il sapore amarognolo inebriasse le
sue papille gustative.
Sì, quello era il piacere.
“Sei è un modo carino per dire che vuoi portarmi a letto, lo accetto, potremmo
divertirci. Tu non sei niente male e nemmeno io, il tuo amico può averci visto
giusto…” fece furbo lui.
Ino si girò furiosa e fissò il ghigno selvatico dipinto sul viso dell’Inuzuka.
“Fottiti…” disse, avvicinandosi al moro.
Alzò il suo famosissimo pugno destro che avrebbe sfornato in pochi secondi un
dolore allucinante al castano.
E lei, sì le che violenta non era (tranne che in alcuni e rari casi) era stata
sfiorata dall’idea di dargli un cazzotto sull’addome. Giusto per lasciargli un suo
ricordo. E sicuramente, era convinta, anzi: più che convinta che la sua mente
fosse nettamente superiore a quella del ragazzo, quindi il suo gesto non era
affatto prevedibile dal coso.
Karma.
Sentì la mano di lui tenerle fortemente il polso che, con un piccolissimo gesto
avrebbe potuto romperlo e il fiato caldo e corto di lui sul viso.
E anche questo… era piacere.
Karma.
Come sentire la sua mano che teneva saldo il suo polso, senza violenza e con
una facilità incredibile.
Puro piacere.
Karma.
“Odio la violenza”
“Ci hai preso gusto a starmi così vicino? Ma non ti biasimo la tua reputazione
vicino a me può cambiare di stato..” provò a dire Ino, cercando di togliere la
mano di lui dal polso.
“Sono bello, potrebbe essere piacevole per te starmi vicino. Inoltre la mia
reputazione è assolutamente divina, grazie per esserne preoccupata.”
“Preferirei stare con un animale che con una sottospecie di uomo come te! Non c’è
di che, sfigato..” disse Ino, appoggiando il bicchiere di liquore sul tavolo,
mentre cercava di allontanarsi da lui.
Aveva caldo.
Karma.
“Sottospecie di uomo? Tu non hai idea di chi io sia biondina, e guardandoti non
hai nemmeno mai visto un vero uomo come me... ”
“Non ci tengo nemmeno, preferirei morire che vedere che sei uomo, cosa che mi
crea molti dubbi…” osservò Ino, acida.
No, invece era un uomo, un gran bell’esemplare di maschio, pensò.
Karma.
Poi, Ino Yamanaka si lei che timida non era, anzi era fin troppo estroversa, s’irrigidì
sentendo le labbra di lui premute sull’orecchio.
Brividi. Karma. Brividi. Karma.
“Sei già pazza di me…”
Era rossa. Karma. Era pietrificata. Karma. Karma. Karma.
“Tranquillo, conosco psichiatri bravissimi che possono diagnosticare il mio
problema, bestia” disse meccanicamente lei.
Lo sentì sorridere debolmente poi, come tutto era successo finì. Lui si
distaccò e la liquidò.
Karma
Ino pestò i piedi come una bambina e sorrise, cercando di sembrare meno
imbarazzata possibile.
Karma.
Incrociò ancora gli occhi con Shikamaru e le sorrise serena. Come risposta
ricevette una smorfia.
Karma.
Con fare militare si diresse verso il tavolo in cui Deidara tormentava di
domande un Hinata fin troppo triste. Sorrise ai presenti muovendo con fare
sensuale il suo corpo da modella e la sua coda raffinata: era splendida!
Splendida!
Lei è la raffinatezza in persona, lei era Ino Yamanaka.
“Hinata ti prego, dimmi se stai bene?” chiese Deidara preoccupato alla giovane
Hyuga.
Hinata non rispose ma si limitò a sorridere tristemente, facendo un cenno con
la testa.
Karma. Pensò Ino: che domanda le faceva?
“Perché le fai domande così stupide? Puoi lasciarla in pace una buona volta?”
sbottò Ino, sedendosi elegantemente.
Ricevette due occhiate: una da Deidara e una dalla Hyuga.
Il primo la fulminò.
La seconda le regalò un sorriso di puro affetto.
Karma.
Hinata aveva bisogno di aria, sentiva il bisogno tremendo di uscire dalla sala
del ristorante: si sentiva soffocare dentro quelle quattro mura, abbellite di
bianco e rosso.
Si alzò, sentendo gli occhi di Deidara e Ino puntanti addosso. Cercò di
sorridere, cercando di essere il più naturale possibile e, prendendo il calice
colmo di champagne che, non riusciva a bere, e si diresse verso il giardino del hotel in cui Killer Bee e Hana
stavano festeggiando.
Appena uscì, fece un lungo respiro e chiuse gli occhi. Avrebbe voluto urlare,
se fosse stata più coraggiosa, l’avrebbe fatto veramente. Se non fosse stata lei, lo avrebbe fatto incurante di
tutto.
Ma lei non era così, lei era solo una ragazza timida e stupida: lo aveva sempre
saputo.
Stupida. Stupida. Stupida.
Aveva deciso di vestirsi in quel modo così assurdo, così lontano da quello che
era la sua personalità, solo per farsi vedere da lui.
Hinata Hyuga, si proprio lei, elemosina questi piccoli attimi per potersi beare
di quegli occhi tanti azzurri e amati. Ma quello non bastava, non era mai
bastato per farsi notare da l’unica persona che non capiva i suoi sentimenti.
Voleva i suoi occhi puntanti addosso.
Voleva che lui trattenesse il fiato quando l’avesse vista.
Voleva ballare con lui.
E perché no: voleva fare l’amore con lui.
Ma tutto era stato inutile, inutile perché lui non si sarebbe mai accorto di
lei. Inutile perché i suoi occhi ancora guardavano Sakura sognanti, nonostante
lei fosse sposata. Inutile perché accanto a lui c’era la sua vecchia fiamma
Shion.
Hinata sapeva che Naruto non provava niente per lei, non ci aveva mai sperato o
forse, ora, non ci sperava veramente più.
Aprì gli occhi di scatto e cominciò a camminare, dirigendosi silenziosa verso
la piscina illuminata.
Naruto era il suo sole, lei girava intorno a lui: non era altro che un piccolo
pianeta inutile e invisibile nella sua vita. A Hinata questo bastava, bastava
essere nella vita di Naruto anche come ultima degli ultimi. A Hinata bastava
che lui la guardasse, le sorridesse come a una grande amica. Ma ogni giorno,
questo diventava sempre più difficile.
Perché non capiva? Perché non riusciva a vedere nei suoi comportamenti,
qualcosa di più che semplice timidezza? Perché? Perché?
Lei lo aveva sempre guardato, sempre ammirato, e sì, amato dal primo giorno che
i suoi occhi si erano posati su di lui. Eccome se l’ho, amava.
Amava quei capelli gialli come il grano maturato al sole. Quegli occhi azzurri
come il cielo estivo, come il più grande oceano nel quale perdersi. Quel suo
carattere solare, allegro, la sua gentilezza, il suo spirito, la sua bontà, i
suoi difetti. Hinata amava tutto di Naruto. Tutto.
I suoi occhi non erano quelli che Naruto voleva su di lui, non erano quelli di
Sakura, e poi, pensò tristemente, lui non sapeva nemmeno che i suoi occhi erano
fissi sulla sua figura.
La Hyuga ne era consapevole: ma le bastava, se lo facevo bastare.
Si faceva bastare quella sporadica illusione che lui, alla fine, l’avrebbe
vista come qualcosa di più che una confidente. Come un’amica. Come a una
sorella.
E non le importava se la usava, anche se sapeva che Naruto mai lo aveva fatto. Perché
le sarebbe andato bene comunque.
Magari, avrebbe voluto essere usata. Sarebbe stato bello essere un giocattolo
nelle sue mani. Avrebbe voluto che lui la prendesse, la usasse, che la gettasse
come se fosse stata rotta e vecchia, ma che tornasse da lei. Sempre.
E le ferite? O ne aveva tante, con il tempo era diventata d’acciaio. Ma non le
importava. Perché ogni ferita non l’avrebbe mai fatta soffrire come lui, che
aveva sofferto nella sua infanzia, che ancora gli oscurava il volto bronzeo. I
suoi sorrisi, ogni volta, riuscivano a curarla. Sempre. Ma lei non era mai
stata capace. Non era mai stata capace di curarlo dal suo dolore, mai.
Le faceva sentire bene quando lo vedeva, davanti alla porta di casa sua, o in
un ufficio, o un suo messaggio, con gli occhi carichi del suo animo, con il suo
profumo che già le inebriava la mente.
Perché il suo profumo è diverso da tutti.
Si accorse di essere arrivata alla piscina. Sorrise e, si sedette per terra. Si
tolse le scarpe e, immerse i piedi nell’acqua fresca sentendosi ringiovanire.
Porse il bicchiere alle labbra e bevve un sorso del liquido ambrato e, fece una
smorfia.
Con lui si sentiva un dio indomabile che l’Uzumaki stesso aveva forgiato.
Era una follia, lo sapeva persino lei.
Era pura pazzia la sua. Chi stabilisce il confine della ragione? Chi?
Quel giorno, mentre lo fissava in silenzio, si era accorta di una cosa: non le
bastava più l’amore che riceveva da lui. Non era più abbastanza. Era talmente
egoista da non volerlo più. Chi non ha bisogno d’amore?
Aveva sempre vissuto nell’illusione. Sempre.
Voleva vivere quell’illusione perché sperava che un giorno, si accorgessi che
era lei quella giusto. Che l’avrebbe amato coma mai nessuno avrebbe potuto fare.
Masochista? Forse, si lo era.
Innamorata? Tanto.
Buoni amici? Lo erano.
“E così stupido da non accorgersi, vero?” disse qualcuno.
Hinata si girò e arrossì di botto.
Tra lei e Darui, grande amico di Killer Bee e del fratello del secondo, c’era
sempre stata ambiguità: entrambi amavano qualcuno che non ricambiava e, quando
si vedevano succedeva sempre che passassero la serata a leccarsi reciprocamente
le ferite.
Si erano conosciuti per caso, al lavoro, scoprendo poi di avere amici in comune
e con il tempo erano diventati amici anche loro, soprattutto buoni confidenti
nei momenti meno felici della loro vita.
Forse riusciva a comprendere Darui perché anche lui era nella sua stessa
situazione. Forse perchè tra due animali feriti come loro, ci si comprende
sempre, pensò tristemente.
“Ogni giorno è sempre più difficile…” disse Hinata, guardando il suo riflesso
nell’acqua.
Sentì Darui sedersi accanto a lei, mentre teneva una sigaretta tra le dita
smilze.
Secondo Ino, Darui era “un figo da paura”, mentre per Deidara sarebbe potuta
essere la scopata più epica della sua vita, al solo pensiero dei suoi amici:
sorrise.
Ino non era felice in quel particolare momento della sua vita, Hinata lo
sapeva, anche se non ne voleva parlare. Ma invidia l’amica per la sua forza, la
sua tenacia nonostante il brutto momento che stava passando, nonostante le sue
innumerevoli delusioni d’amore. La
Yamanaka non si abbatteva mai, mai: e questo la rendeva unica ai suoi occhi. Riusciva
a prendere la propria vita tra le mani e sfidarla con grande prodezza. L’aveva
sempre imitata con scarso successo se non, nel suo lavoro.
Deidara era semplicemente Deidara: il suo migliore amico. Quello che la
sosteneva sempre, che le consigliava le cose più stupide, quello che le
rispondeva anche alle tre di notte se aveva un problema, quello che le avrebbe
dato anche il cuore se ne avesse avuto bisogno.
Darui era quello che si poteva definire un uomo bello. La pelle scura, i
capelli grigi, anche se era giovane, non stonava sulla sua figura alta e
muscolosa. Hinata amava di lui il suo carattere gentile, mite, riservato,
educato: era un uomo meraviglioso. Semplicemente.
“Chi la dura la vince sempre, Hinata?” chiese l’uomo.
Hinata sorrise e, alzò le spalle.
“A quanto pare sì, ma non nel mio caso…”.
Darui rise, e a Hinata piaceva sentirlo ridere, anche se, non era la risata
cristallina e travolgente di Naruto.
“E allora siamo sulla stessa barca!” disse allegro.
Hinata cercò di ridere ma non ci riuscì.
Lasciò che il silenzio calasse su di loro, mentre entrambi ascoltavano i propri
respiri.
“Sai qual è il nostro problema Hinata? Che abbiamo bisogno d’amore, ma le
uniche persone che amiamo, il tuo Naruto e Mei, non ci amano abbastanza. E noi
soffriamo, soffriamo sempre. Non ci sembra di chiedere tanto, dopotutto. Ma,
sono venuto alla conclusione: non voglio che la mia vita si rovini per questo,
posso ricevere tanto amore. Sempre. Anche se non è quello che vorrei: mi basta
essere amato dagli altri”.
“Ma così non rischi di rinunciare?”
“No, non rinuncio, guardo avanti semplicemente.”
Hinata fissò il profilo di Darui: era d’accordo con lui.
Improvvisamente lui si alzò, sorridendole e, si accese un'altra sigaretta.
“Io vado Hinata…” disse, alzando una mano in segno di saluto.
Hinata rimase ferma dov’era, guardando i suoi piedi bagnati.
Darui le aveva detto una cosa importante: era stanca di stare ferma, non voleva
più rimanere ad aspettare qualcosa. Ora le era più chiaro. Era stanca di essere
spettatrice della vita degli altri, ora voleva provare qualcosa di diverso.
Voleva correre.
“Darui aspetta..” fece la Hyuga improvvisamente.
L’uomo si fermò e si girò verso di lei, guardandola interrogativo.
Hinata arrossì notevolmente e si alzò in piedi.
“Lo vuoi?” chiese la corvina.
“Cosa?”
“Il mio amore?”
Vide sussultare l’uomo che, in un attimo sorrise debolmente e annuì.
“E tu, vuoi il mio?”
Hinata arrossì vistosamente e trattenne il fiato. Si mosse, senza nemmeno
pensarci e si ritrovò davanti all’uomo che non le staccava gli occhi di dosso.
Gli prese una mano e annuì convinta, guardandolo negli occhi.
Il ragazzo strinse la sua mano e sorrise rassicurante.
“Vieni con me..”
Hinata quello bastava, ora, e anche a Darui.
Angolo dell’autrice
Scusate per l’estremo ritardo ma questo capitolo è stato mooolto travagliato!
Travagliato perché scrivevo e cancellavo, scrivevo e cancellavo. Ammetto che
non mi soddisfa molto quello che ho scritto perciò userò una scusa che
sentirete spesso: questo capitolo è di passaggio per il prossimo. Sul serio. Il
prossimo capitolo sarà molto più, definiamolo hot perciò cambierò il raiting!
Non vedremo scene tra i due beniamini Kiba e Ino in cui sto cercando di mettere
un po’ di sano pepe, anche se le scene non mancheranno in cui i due saranno al
limite di scoppiare… Tutto grazie a una grande amico chiamato alcool… Vabbè non
anticipiamo nulla! Prima di tutto ci sarà una scena yaoi, che non ho mai
scritto e cercherò di dilettarmi anche attraverso la lettura di altre fic e uno
etero tra… Beh dai l’abbiamo capito fra chi! J
Colpoooo di scenaaa!
Vabbè che stupida, se anticipo tutto che piacere è? Comunque ritornando a noi:
nel prossimo capitolo continuerò la citazione di Oscar Wilde che s’intona
perfettamente… Muaaah ma allora sono alla pari di Naruto! Vabbè ho capito:
termino qui... U.U
Ringrazio le tre donne che hanno recensito, grazie infinite… Siete ormai nel
mio altarino personale..
Infine ringrazio anche chi legge e chi ha inserito la storia tra preferite,
seguite e ricordate… Grazie a ognuno di voi… Veramente!
Ah quasi dimenticavo: dato che lunedì inizia l’università la fic ritarderà un po’
nell’essere aggiornata! Ma non vi preoccupate perché sarò sempre quiiiii! Un
bacione, Hina93.
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