«Spiegatemi una cosa»
iniziò Nao, profondamente contrariata. «Per quale ragione devo passare la
mia domenica mattina a scontare una punizione anziché oziare come di
dovere?»
«Perché, se anche ti
metti un velo nero sulla testa, sei sempre la solita sgualdrinella da
quattro soldi» sentenziò Natsuki, procedendo nel suo cammino al tiepido sole
mattutino senza neanche degnare l’altra di uno sguardo.
La rossa parve non
prendersela e, anzi, un sorriso beffardo rese il suo volto ancora più
affascinante. «Stavo solo cercando un modo per evitare alla classe uno
scomodo compito in classe di chimica…» spiegò, scuotendo le spalle. «Tu,
piuttosto, perché sei qui?» La mora non rispose e lei incalzò. «Ti hanno
sorpresa con la tua amichetta?»
«Se avessi ancora le
pistole, ti pianterei una pallottola fra gli occhi, parola mia!» strepitò la
bella Kuga, colpita nel profondo, fermandosi a scrocchiarsi le nocche delle
mani per affrontarla. Insomma, se anche non era in grado di ricambiare i
sentimenti di Shizuru, questo non significava certo che quella scema di
Yuuki potesse prendersi la libertà di insultare l’ex presidentessa del
Consiglio Studentesco nonché sua grande amica.
Per nulla intimorita,
Nao rise. Ma prima ancora che potesse ribattere qualcosa di altamente
pericoloso, l’ultima di quel terzetto di allieve poco disciplinate si
frappose fra loro, cercando come sempre una via pacifica per risolvere la
questione. «Su, su, ragazze… Se ci siamo alzate di buon’ora è perché abbiamo
una punizione da scontare, non certo per litigare e ritrovarci del lavoro da
fare anche nei prossimi giorni…» Le altre due si rilassarono, decidendo di
lasciar perdere la rissa. Almeno per il momento.
«A proposito, Miss
Perfezione,» riprese però Nao, cambiando l’oggetto dei suoi scherni, «tu
cos’hai fatto per essere qui con noi?»
«Ah, ehm…» Mai si grattò
la nuca con fare impacciato, gli occhi bassi.
«Ha quasi fatto lo
scalpo a Tate per averlo trovato in atteggiamenti intimi con Midori»
sogghignò Natsuki, una mano sul fianco.
«Oh, interessante…»
commentò la minore delle tre, lo sguardo divertito.
«Questo non è vero!»
starnazzò Miss Ottantasette centimetri, indignata. «Yuuichi aveva perso
l’equilibrio e…»
«…ed è finito dritto
dritto fra le grazie di Midori» concluse la mora.
«E’ stato un incidente,
ti dico!»
«E allora perché hai
mandato in infermeria quel poveretto?»
«Natsuki, un’altra
parola e…!»
Ma Nao già non stava più
ascoltando perché, facendo qualche passo in avanti rispetto alle sue
compagne, fu raggiunta da un altro discorso, apparentemente molto più
interessante. Le sue labbra si curvarono all’insù. «Ehi, Miss Perfezione…
ascolta un po’ qui.»
Mai si avvicinò, ma non
procedette oltre, riconoscendo voci a lei ben familiari provenienti da
dietro l’angolo.
«Dài, Takumi… vieni.»
«Akira-kun, ne sei
proprio sicura?»
«Certo.»
«Allora… entro.»
Nel raggiungere le due
rosse, Natsuki notò che gli occhi di Mai si erano improvvisamente spalancati
in due “O” perfette. «Ma che succede?» domandò a Nao, che invece ridacchiava
serafica, rimirandosi la punta delle unghie ben curate.
«Pare che suo fratello e
la sua fidanzatina non siano poi così ingenui come credevamo…»
Incuriosita, anche la
mora si mise in ascolto.
«Però…» la voce di Akira
parve tremare un attimo, come a volerlo mettere sull’attenti. «Entra in
fretta, senza esitazioni.»
«Sei sicura che così non
sarà peggio?» si preoccupò Takumi, premuroso come sempre.
«Sicurissima» lo
tranquillizzò la ragazzina.
«Uhm… questo è proprio
da filmare» ragionò Nao, a mezza voce, cacciando fuori dalla tasca
dell’uniforme da ginnastica il cellulare.
Mai le saltò al collo,
cercando di strapparle l’apparecchio di mano. «Non azzardarti, Nao-chan!»
«Ma possibile che
vogliano farlo all’aperto?» s’interrogò Natsuki, senza scomporsi
minimamente, le braccia intrecciate sotto ai seni.
«Sono stati persino in
America da soli, magari ora sono stufi delle solite cose e cercano emozioni
nuove» rincarò la dose la minore delle tre.
«Insomma, volete
piantarla?!» pestò i piedi Mai, stringendo fra le mani il cellulare di Nao e
riuscendo così ad impedire che il crimine dei due ragazzini venisse
immortalato. «Takumi non ha neanche quattordici anni e Akira-kun è una brava
ragazza, chiaro?! Ho piena fiducia in loro!»
«Non vedi che mi sono
già bagnata?» la smentì la voce della “brava ragazza”.
«Ok, allora… Sono pronto
anch’io» assentì il suo non ancora quattordicenne fratellino.
Quell’ultimo scambio di
battute fu letale, tant’è che Mai scattò in avanti per girare l’angolo che
copriva la piscina della scuola alla loro visuale e prese ad urlare a pieni
polmoni in direzione delle voci: «FERMI! SIETE ANCORA TROPPO GIOVANI PER…» e
la voce le morì in gola nell’inquadrare il grazioso quadretto di Akira che,
reggendo le mani di Takumi, lo guidava lentamente in acqua. I due ragazzini
si voltarono a fissarla sorpresi. «… per… usare la piscina da soli…»
concluse la frase Mai in un sussurro a malapena udibile, mentre alle sue
spalle Nao scuoteva la testa, delusa, un altro cellulare in mano pronto a
scattare foto compromettenti.
Natsuki sospirò
divertita. «Meno male che si fidava…»
«Onee-chan? Tutto bene?»
si preoccupò Takumi, vedendo la ragazza pallida come un cencio.
Lei cercò di riprendersi
e scoppiò in una risata tutt’altro che naturale. «Benissimo, benissimo!»
esclamò con una voce così acuta da smentire se stessa. «Piuttosto, che state
facendo voi due, eh? Eh?»
Il ragazzino sorrise, il
volto illuminato di pura ingenuità. «Ora che posso finalmente iniziare a
fare un po’ di esercizio fisico, ho chiesto ad Akira-kun di darmi qualche
lezione di nuoto. La direttrice ci ha dato il permesso di usare la piscina,
e così ne stavamo approfittando, visto che oggi è domenica.»
«Che noiosi, questo tipo
di spettacolo non interessa a nessuno» borbottò Nao, portandosi con un gesto
veloce i capelli rossi dietro le spalle.
«“Spettacolo”?» ripeté
Takumi, non capendo.
«Ci avevate lasciato
credere che…»
«Nao-chan!» l’urlo
sguaiato di Mai coprì il resto della frase.
«Va bene, va bene, sto
zitta» si arrese quella, seccata.
«Ma voi che ci fate
qui?» volle sapere Akira, interrogandosi sul perché le sue tre senpai
vestissero in tenuta da ginnastica.
«Scontiamo una
punizione: dobbiamo pulire la piscina» spiegò Natsuki, avvicinandosi al
bordo ed iniziando a togliersi la tuta per rimanere solo in costume. «Ma
immagino che prima possiamo divertirci un po’ anche noi» concluse,
immergendo i piedi in acqua e rabbrividendo. «Ecco perché gli diceva di
entrare in fretta…» mormorò fra sé, rivolgendo però lo sguardo malizioso
verso Mai. «Anche se siamo a metà giugno, la temperatura non si è ancora del
tutto stabilizzata.»
«A che serve avere una
piscina riscaldata se poi ci lasciano gelare in questo modo?» protestò Nao
con aria annoiata, raggiungendo gli altri tre in acqua.
«Ehi! Voi due!» le
additò la maggiore dei Tokiha, indignata. «Siamo in punizione!»
«Non fare la bacchettona
e vieni anche tu» la presero in giro le sue compagne di liceo. «Se dobbiamo
pulire, almeno prima assicuriamoci di sporcarla per bene, questa piscina.»
«Giusto, Onee-chan»
concordò Takumi, serafico, continuando a tenersi ad Akira per non colare a
picco. «Dopo vi aiuteremo anche noi, vero?» e nel formulare quella
volenterosa proposta i suoi occhi si fermarono sulla kunoichi.
«Perché cavolo devo
sprecare il mio giorno di vacanza per scontare una punizione che non
merito?» si lagnò lei. Ma lo sguardo da cucciolotto affettuoso del suo
fidanzatino l’ebbe come sempre vinta all’istante sulla sua testardaggine.
«Se avessi saputo che sarebbe finita in questo modo, col cavolo che mi
alzavo presto per insegnarti a stare a galla…» mugugnò quindi, stizzita,
rimpiangendo di non esser rimasta a poltrire fino a tardi nel proprio letto.
Arresasi anche lei, Mai
li raggiunse con un sorriso. «Se ci aiuterete, vi prometto una montagna di
panna» annunciò, lasciando intendere una torta per ricompensa, cosa che
parve allettare Akira ed entusiasmò Takumi.
«Che meraviglia! Ci
sto!» esclamò infatti questi, gioioso. «E poi, più si è, più ci si diverte,
no?»
«Parlano della punizione
come fosse un gioco…» non si capacitava Natsuki, scoraggiata. Trovandola
stranamente silenziosa, rivolse lo sguardo verso Nao, la quale fissava
perplessa i tre. «Che c’è?»
«Sono io che ho la mente
deviata, o parlare per doppi sensi è nei loro geni di famiglia?»
La mora ghignò. «Mah,
forse entrambe le cose.»
«Anche l’altra, però,
non scherza.»
«Chi s’assomiglia si
piglia, no?»