Disclaimer:
Niente
di tutto questo mi appartiene a parte il plot, lo stile e l'amore
viscerale per Harry ed Hermione. Il resto è tutto
digraziatamente copyright della Rowling. Scrivo per pura disperazione,
non a fine di lucro.
Dedicato a: My. O
Myiaki, che dir si voglia. Che condivide con me la disperazione per
quanto accaduto e che non rinuncia al cuoricino Auror lo stesso.
Essere Weasley
Ginny.
È
come amare qualcuno che non può amarti, o voler allungare
una mano a
prendere il vento. Per quanto possa farmi male, e rubarmi il respiro;
per
quanto si tratti di una continua caduta a testa bassa, e per quanto la
ferita
possa bruciare, non tirerò mai indietro quella mano, e non
smetterò mai di
pensare a lui con quella malinconia e quel tenero bisogno che mi
è appartenuto
per tutto questo tempo.
Non
so come e quando ho iniziato ad amare Harry, è capitato che
un giorno
me ne sia accorta, quando ho chiuso gli occhi, lontano da lui durante
l’inverno, e mi sono sentita persa. Completamente persa.
Harry non può amarmi, lui non può amare nessuno
in verità, teso alla
ricerca di qualcuno che lo guardi con occhi nuovi e con un sorriso che
deve
ancora scoprire. Io questo l’ho sempre saputo, e ho imparato
a credere che il
giorno in cui troverà quegli occhi e quel sorriso,
sarà anche il giorno della
mia definitiva serenità. Allora lo guarderò e
finalmente riprenderò il mio
posto, al suo fianco ma leggermente scostata da lui, quel tanto che
basta a
tendere una mano vedendolo cadere o sentendomi svenire, che
però ci consenta di
correre ognuno per la propria strada, vite parallele che non si
incontreranno
mai in quel punto dove ogni cosa si confonde ineluttabile, dove i
desideri si
incontrano e scontrano trovando il proprio compromesso. Dove le mie
labbra
toccherebbero le sue in un bacio delicato, e lui mi guarderebbe come se
fossi
l’unica cosa per cui valesse la pena tenere aperti gli occhi,
come se fossi il
suo gioiello, e fossi solo sua.
Io
sono solo sua, ma non voglio che lui lo sappia, odio i
condizionamenti, e non voglio neanche dover fare i conti con il suo
rifiuto:
l’idea di non poterlo avere, mai, in ogni caso, sarebbe in
ogni modo dolorosa,
e non è una sofferenza che sono disposta ad affrontare.
Questa
guerra è spossante, e lo è per tutti; anche se
non portano il
suo nome e la pelle della loro fronte non è sfregiata da una
cicatrice che
rovina invece la cara perfezione del suo volto, sono stanca anche io di
avere
paura, e nascondere sospiri e singhiozzi nel cuscino.
Potrei piangere a ben pensarci, ma non c’è davvero
niente di consolante
in tutto quello che c’è qui fuori da me.
Ieri
guardavo Hermione e la posa delle sue labbra, sottile e quasi
invisibile. Guardava il libro che aveva davanti, studiando ancora, e
portava
nello sguardo la fierezza del proprio dolore. Harry Potter non avrebbe
potuto
essere suo, e lei non avrebbe più potuto sorridergli in quel
modo. Sono
una rabbia e un dolore che tiene per sé
e non esterna mai, neanche con un sorriso malinconico, o una parola
sfuggita
per sbaglio alla rigida compostezza dei suoi discorsi. Vorrei che ogni
tanto mi
parlasse, e mi raccontasse di come è successo, che abbia
smesso di amare mio
fratello, o che abbia realizzato di non averlo mai amato, e come abbia
fatto a
reggere il colpo e lo sgomento.
Qualcosa deve averla sorretta, per forza, ed è un qualcosa
che tiene
segreto e non condividerà mai con nessuno. Probabilmente
è la sua forza, e si
sa, Hermione Granger non permette a nessuno di indebolirla.
È anche per questo, credo, che la piega delle sue labbra
è così dura e
adagiata in quella posa remota. Io ho perso e lei ha vinto. Io non ho
smesso di
pensare ad Harry, se amare è un termine troppo sincero e
sconfortante, e ogni
tanto tra le varie costanti della mia vita, mi chiedo se il mio sorriso
o i
miei occhi potranno mai sembrargli ancora (o di nuovo) quelli giusti.
Per
ora questa sconfitta non mi pesa, mi piace in un certo senso stare
male per Harry, delle volte è un ottimo rimedio alla
tristezza di questi tempi.
Quando non riesco a piangere per l’ennesimo compagno perso, o
il peso
dell’angoscia non mi fa dormire, penso ad Harry, che non
potrà essere mio, e
allora sì che piango, come una bambina di fronte alla prima
grande delusione
della sua vita.
Forse sono ancora una bambina di fronte alla prima grande
delusione
della mia vita.
Harry.
C’è stato un momento in cui ho
desiderato di poterla amare. In cui ho
pensato, nel bel mezzo di una guerra, che non c’era
nient’altro che potessi
veramente fare se non amarla, che solo quello fosse in mio potere,
guardarla
negli occhi e dirle in qualche modo che ero suo.
L’amicizia è un sentimento forte, ma non ti
riempie come l’amore.
E Ginny era ancora lì, l’unica ad essere rimasta
in piedi quando tutto
il resto era caduto, anche la convinzione di potercela fare, di essere
capaci
in qualche strano modo di andare avanti anche senza importanti parti di
sé
perse lungo la strada. Ed io nel tempo mi ero convinto di essere ormai
abituato
a camminare da solo, sapendo di mentire vergognosamente a me stesso. Da
che ho
memoria, non c’è stato un solo passo che ho
compiuto senza di lei e l’orma dei
suoi passi. Hermione era sempre alle mie spalle.
E
io mi fingevo infastidito alle volte, di averla sempre lì
con il
fiato sul collo.
La sua voce molto spesso era fastidiosa, mi parlava di cose che per me
erano insopportabili, mi sembrava sempre di non essere
all’altezza del mio
compito, fino a quando non ho capito che il timore era quello di non
essere
all’altezza delle aspettative di Hermione. Sembrava vedere
così tanto in me,
troppo, cose delle quali io non mi sospettavo in grado di fare, ma lei
sì, lei
poteva sempre dirmi con un sorriso inaspettato per quei suoi modi di
fare “Lo
sapevo Harry”. Me lo diceva spesso. Lo sapevo, Harry.
Ogni volta che glielo sentivo dire, per il successivo quarto
d’ora ero
in pace con me stesso. Non c’era una guerra lì
fuori, e io non avrei dovuto
combatterla, niente poteva distruggermi, perché Hermione
sapeva che io sarei
riuscito in qualcosa.
Non
so come è successo. È del tutto sfuggito al mio
controllo, non mi
sono accorto di niente. Fino a quando Hermione ha smesso di parlarmi e
ha
iniziato a sorridermi. Spiazzante. Non ero abituato ai suoi silenzi, e
persino
lei sembrava essere a disagio con la sua mancanza di parole. Delle
volte mi
guardava a lungo senza dire niente, come se io non fossi stato
realmente lì
davanti a lei, e per quanto mi sentissi in imbarazzo, ed estremamente a
disagio,
non c’era modo di convincere me stesso a voltarmi da
un’altra parte, a non
ricambiare quello sguardo, ad alzarmi e inventare una scusa per
lasciare la
stanza. Inerme davanti a quegli occhi, che d’improvviso
avevano un loro
linguaggio, che io scoprii di poter capire. Allora tutto quel disagio
non
divenne altro che sollievo.
È stato allora che io ed Hermione abbiamo smesso di parlare.
Ed è stato
allora che ho pensato di essere innamorato di lei.
Non
lo sapevo in realtà, cosa volesse dire essere innamorati.
Nessuno
mi aveva mai guardato né toccato con amore. Sapevo solo che
volevo che lei
continuasse a guardarmi in quel modo anche per tutta la vita, non aveva
importanza una carriera ministeriale o nella nazionale di Quidditich,
potevo
anche rinunciare al diploma, a mangiare e bere, persino dormire sarebbe
stata
una inutile perdita di tempo, perché bastava quello, avere i
suoi occhi su di
me. Fino a quando non era più sufficiente neanche guardarla.
Un pomeriggio era
entrata nella stanza, e si era seduta tra me e Ron. Inavvertitamente,
il suo
bacino aveva sfiorato il mio. E la presenza di Ron per la prima volta
mi era
parsa ingombrante. Da sempre era stata la mia spalla, ed io ero stato
la sua,
pronti a difenderci da Hermione e la sua severità, dai suoi
rimproveri, dal
peso che un suo sguardo minaccioso poteva lanciare su tutti e due. In
quel
momento però, con una vaga sensazione di nausea, mi resi
conto che non volevo
la spalla di Ron, quanto più che Hermione continuasse a
sfiorarmi in quel modo,
inconsapevole, e per questo sarei potuto diventare matto.
Volevo rimanere solo con lei, e non volevo difese.
Hermione.
È stata la cosa più comica e
tragica della mia vita, la più
imbarazzante e sensuale, la più inaspettata e desiderata con
ansia e terrore quasi
da sempre. Volere lui.
Qualche
parte di me deve averlo saputo da molto tempo, ma io non ho mai
voluto dare ascolto a quella sensazione. Una volta mi dicevo che erano
stati i
suoi occhi, e quel verde, brillavano incredibilmente da dietro le lenti
degli
occhiali, quel giorno sul treno.
O forse era stato il modo in cui aveva puntato la bacchetta contro il
Troll nel bagno femminile. Era un mostro orribile, e puzzava come il
fondo del
cassetto dei calzini di Charlie Weasley, ma lui sembrava brandire
un’arma
invincibile contro un mostro fiero e altrettanto indomabile.
Harry è stato la mia prima sensazione di
protezione.
Mi
sentivo incredibilmente stupida a pensare di poter essere in qualche
modo ricambiata. A stento mi concedevo di potermi ritenere una amicizia
un po’
più importante delle altre per lui. E anche quando
succedeva, mi ritrovavo
sempre a combattere contro un senso di spossante insoddisfazione, e un
sorriso
che tuttavia spuntava fuori, al pensiero che va bene, non era tutto,
non era
l’assoluto che volevo io, ma era qualcosa, una piccola parte
di Harry e delle
sue attenzioni.
Del resto, nei miei comportamenti non ho mai lasciato ad intendere che
potessi volergli bene in maniera talmente esclusiva da poter ammettere
di
amarlo.
Non c’era mai tenerezza nelle parole che gli rivolgevo, a
stento certi
giorni riuscivo a guardarlo negli occhi e fargli un complimento, dovevo
sempre
abbassare lo sguardo, o minimizzare, con qualche parola di lode che
risultava
sempre scialba al mio orecchio, al pensiero dell’elogio di
lui che invece avrei
voluto saper fare.
Il suono delle parole che avrei voluto dirgli suonavano sempre male
nella mia testa. Era imbarazzante immaginare me stessa nel
pronunciarle, e mi
sentivo scottare al solo pensiero di dovergliele dire e al contempo
guardarlo
negli occhi. Quindi non le dicevo mai. E un giorno ho smesso
direttamente di
parlare, perché non sopportavo quella mia totale
incapacità comunicativa. Ho
iniziato a guardarlo, che era meno imbarazzante ma di certo
più compromettente.
Solo che non me ne accorgevo. Non potevo rendermene conto,
perché ero
troppo presa a raccontare storie a me stessa su quanto fosse patetico e
banale
avere certi pensieri sul proprio migliore amico.
Ma
io non lo avevo scelto come migliore amico. Non ho mai pensato ad Harry
in certi termini. Lo è diventato agli occhi
dell’opinione pubblica, quando
tutti hanno capito prima di me e prima di Harry che Ronald Weasley
aveva una
cotta per me. Fu terribile scoprirlo. Mi veniva da ridere,
perché l’idea di
poter piacere a qualcuno in certi termini mi sembrava assurda, e
arrossivo
anche, perché dopotutto ero una ragazza e la mia
femminilità vanesia ne era
lusingata. E Harry continuava a non guardarmi, e tutti a ripetere che
trio
formidabile fossimo, a scommettere su me e Ron, ad invidiare a me la
possibilità di essere tanto vicina ad Harry Potter, di
essere la sua migliore
amica. Fingevo di arrabbiarmi per la mitizzazione di Harry, quando in
realtà
sentivo lo stomaco bruciare al pensiero che agli occhi di tutti non ero
abbastanza per essere immaginata accanto ad Harry in altre vesti.
In
ogni caso, è andata a finire che qualsiasi fossero quelle
vesti,
Harry un giorno me le ha tolte. Il ricordo delle sue dita sulla pelle
è una di
quelle cose che porterò sempre con me, e per la quale
infosserò la testa nel
cuscino anche il giorno dei miei sessanta anni, con lo stesso tremore
di
allora. Come sempre non avevamo detto niente, lui si era avvicinato e
io lo
avevo lasciato fare.
Non sapeva dove mettere le mani e io non sapevo come dirgli che non
doveva temere niente, ovunque le avesse messe, sarebbe stato il posto
giusto.
Per il semplice fatto che eravamo così vicini, e che lui mi
voleva. Ricordo
che a dispetto del rossore che avevo sulle guance e del caldo che
sentissi, il
mio corpo tremava, incontrollabile e incontrollato. Tremava come le
mani di
Harry.
Quando poi le dita si erano adagiate, e la forma del mio corpo aveva
trovato corrispondenza con il palmo della sua mano, tutto
sembrò andare bene,
come se fosse una strada già tracciata. Avevo paura,
perché era la prima volta
che qualcuno mi era vicino in quel modo, tanto privato, tanto invasivo.
Ma non
volevo che si fermasse, per niente al mondo.
Ero
pervasa da un’impazienza che non mi riconoscevo.
L’ho attirato a me
e gli ho silenziosamente chiesto di baciarmi. Non potevo credere di
averlo
fatto davvero, non potevo credere che lui lo avrebbe fatto, che lo
avesse
desiderato a lungo quanto me, che stesse accadendo davvero. Mi sentivo
spoglia
ancora prima di essere nuda. Non avevo grande dimestichezza con il mio
corpo,
ma glielo concessi, affidandoglielo con un sorriso che doveva avere
qualcosa di
terribilmente virginale allora.
Fu dopo, che niente fu minimamente virginale.
Perdemmo
totalmente il controllo. Onestamente, non lo avevo mai creduto
possibile, ma sentivo che ogni restrizione che mi ero inflitta da sola
per
tutto quel tempo, stava scivolando via, insieme alla scia di baci che
Harry
aveva posato con le labbra sul mio collo. Ed ero perfettamente a mio
agio con
quella nuova libertà, con i miei polsi liberi da quelle
catene.
D’improvviso ci sembravano ridicole le incertezze di un
momento prima.
Come se fosse davvero fosse stato possibile per Harry non conoscere le
curve
del mio corpo, e per me non sapere che ogni osso sporgente del suo
corpo fosse
lì perché io potessi premervi le dita,
nell’attirarlo a me.
Fu
una confusione di baci e di carezze, di scoperte e di conferme,
l’imbarazzo era un ricordo piacevole, sapeva già
di tenerezza, sembrava già di
essere esperti, e quando venne il momento sentii mio Harry come se lo
fosse da
una vita. Mi crogiolai nel pensiero che sarebbe stato così,
da allora in poi. Nessun
altro ha conosciuto la persona che ha avuto Harry. Io sono stata solo
sua e di
nessun altro, il mio pensiero più segreto porta ancora il
suo nome, la carezza
più tenera reca l’impronta delle sue dita, il
desiderio di qualcuno che ti
langue dentro, quella necessità ancestrale di volere
condividere tutta se
stessa con un altro uomo, non l’ho sentito con altri che con
lui.
A
lui ho offerto tutto quello che avevo da offrire. Senza più
timore
dopo il primo tocco, senza pensieri, con la certezza di star facendo
qualcosa
di inevitabile, perché il suono della sua voce che diceva
parole incomprese
vicino al mio orecchio mentre le sue mani mi stringevano forti e
gentili vicino
al cuore, era irrimediabilmente quello giusto.
Non c’era niente di sbagliato, niente che potesse andare
storto, perché
Harry era mio, e la vita avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa,
qualunque
sacrificio o affronto, ormai mi sembrava di non aver niente da perdere,
perché
il bene più caro lo stavo già dando ad Harry, e
gli sarebbe appartenuto per
sempre.
Anche
se poi la vita mi ha chiesto altro, forse di più crudele,
quella
promessa è stata mantenuta. Harry conserva ancora la parte
più importante di
me, anche se ora mi è lontano, e la custodisce con amore,
forse con devozione
al pensiero, e con cura, e questo spiega senza che ce ne sia realmente
bisogno
per me, come sia successo che lo abbia amato, e che lo ami ancora, e
che non
riesca a smettere di amarlo. Anche se tutti hanno creduto
all’inganno che per
un attimo ho pensato di poter tendere anche a me stessa, e a lui. Con
noi non
ha funzionato.
Ron.
Delle volte invidio mia sorella e la sua
capacità di accettare le
ingiustizie della vita.
Si è dedicata anni al suo culto di Harry. Poi ha dovuto
affrontare la
sofferenza della distruzione del castello di certezze, e con tutti i
cocci
sotto i piedi è stata costretta ad ammettere che non fosse
il dio giusto in cui
credere, il fulgente cavaliere sempre puntuale a salvare la sua dama.
Ha dovuto
fare i conti con gli incidenti di percorso, con il fatto che il cavallo
dell’eroe si è azzoppato lungo il tragitto, o che
il cavaliere ha sbagliato la
direzione da prendere al bivio.
Allora ha cucito con una forza d’animo che ora mi appare uno
spreco di
tempo e di energie, gli strappi del suo cuore, ci ha messo una toppa e
si è
presa cura delle proprie ferite, a tal punto che al ritorno del
cavaliere,
sembrava essere più bella di prima, fulgente anche lei, e
non il fantasma della
bella principessa che era, con gli occhi gonfi di pianto e le vesti
macchiate
dall’usura del tempo.
Non
è bastato neanche questo. Perché il cavaliere,
una volta riposto il
cavallo nella stalla, non si è accorto di aver lasciato la
cosa più importante
al bivio. Cuore e desiderio. È successo anche ad Hermione,
non solo ad Harry.
Ieri
Ginny è venuta a cena da me, mi ha portato una scatola di
cioccolatini e ha preparato la cena. Harry ed Hermione erano a lavoro,
gli impieghi
ministeriali li impegnano molto, per quanto siano già
impegnati da soli a
fuggire dal rimpianto di non essere insieme, e a rincorrere la
irrealizzabile
conquista di un loro ritorno vicini. Sono molto presi a domandarsi come
sia
possibile che ora non sono insieme. E nel frattempo, si impegnano anche
ad
amare noi, come possono.
“Ci sono tanti modi di amare, vero?” Mi ha chiesto
Ginny. Ho trovato
molto interessante la cadenza con cui le carote affettate cadessero
nella
ciotola di insalata.
“Già”, ho risposto cercando di distrarmi
dal pensiero.
“E il loro modo di amarsi è più forte
del loro modo di amare noi”. Ha
proseguito mia sorella, impietosa della mia incapacità di
accettare quella
situazione. Io non sono bravo come lei.
Io
vorrei che Hermione fosse mia come ha detto di essere, e come ha
creduto, per poco, di poter essere. Vorrei poterla accarezzare e tenere
stretta
a me e vorrei che Harry non avesse già fatto tutte quelle
cose. Mi piacerebbe
anche essere capace di fare a meno di averla accanto, di essere una
volta per
tutte coerente e rispettoso nei confronti di me stesso e mettere fine a
quell’amore a metà.
“Credo di sì”. È tutto quello
che riesco a dire, e so già che la cena
mi resterà sullo stomaco, come mi è rimasta
quella del mio matrimonio, quando
Ginny ha tenuto il discorso, sorridendo con il calice di champagne tra
le dita,
e parlando dell’amore e della sua bellezza, e più
la sentivo parlare del vero amore,
più mi rendevo conto che era il discorso per il matrimonio
sbagliato.
“Comunque.
Sono felice che un po’ siano riusciti ad amare anche
noi” la
sento dire, e vorrei che la smettesse di tagliare le carote e che mi
dicesse
apertamente che vorrebbe avvelenare l’insalata e poi farla
mangiare ad Harry ed
Hermione.
“Si anche io” aggiungo versando l’olio
nell’insalata, mentre lei la
mescola con cucchiaio e forchetta.
…
è per questo che vorrei avvelenarli.
Ed è per questo, che li amo ancora, e che li
perdonerò sempre.
Fine.
Poche piccole note.
Ho scritto questa "cosa" solo
perchè ne avevo bisogno u_u Non ci sono riferimenti
temporali precisi proprio per questo. Nel mio immaginario è
successo nell'arco di anni di conoscenza, un processo naturale,
insomma. Così ho in qualche modo messo un punto e fatto pace
con me stessa in merito alla tragica conclusione del settimo libro.
Harry ed Hermione non stanno insieme. Ciò non toglie, che
per me avrebbero dovuto e avrebbero potuto =P Ecco qui. Se non siete
d'accordo con la ship, tenetevelo per voi, grazie :) Conosco
l'oggettività storica del libro, non serve che crudelmente me
la ricordiate XD
Ultima nota: avendo scoperto l'esistenza del LJ, probabilmente pubblicherò anche lì eventuali fic, se vi capita quindi potete controllare anche qui http://galway-girl3.livejournal.com
Edit: Giusto perchè mi sembrava il caso di concedere una illuminante risposta a Jane_ :
Scusami, non ho idea di chi tu sia e non so neanche se è appropriato usare lo spazio recensioni, perchè trovo già abbastanza imbarazzante dover dare una risposta a un concetto tanto cristallino. Comunque. Cito dal testo madre: "Ecco qui. Se non siete d'accordo con la ship, tenetevelo per voi, grazie :) Conosco l'oggettività storica del libro, non serve che crudelmente me la ricordiate XD". E fin qui, ci siamo. Sempre dal testo madre: "Così ho in qualche modo messo un punto e fatto pace con me stessa in merito alla tragica conclusione del settimo libro. Harry ed Hermione non stanno insieme". Mi sembra che la mia fosse una perifrasi per dire che la Rowling ha deciso che la coppia fosse Fanon. Ultima citazione: "Ho scritto questa "cosa" solo perchè ne avevo bisogno" ". Quindi, alla luce di questo, non capisco il senso della tua recensione. In ultimo: "mi sono stancata di capitare in almeno una dozzina di Harmony ogni volta che digito nel motore di ricerca Ron/Hermione...": per amore di cronaca, in questa fic Ron ed Hermione di fatto sono insieme. Dunque, dipende da che punto di vista la vedi. Cordiali saluti, una fanon!shipper.
E già che ci sono un grazie a tutti gli altri recensitori =) /
Enjoy
your day!
Bri.
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