It's a terrible love / it's quiet company

di darkrin
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It’s a terrible love / it’s quiet company

 
 
 
Quando lui la osserva, le sfiora i capelli, Shelke vorrebbe anche che la vedesse e poi, magari, chissà, si chinasse ad abbracciarla come un padre, un amico, come Shalua tanti anni prima, come un amante, ma lui, invece, non fa nulla e a stento la guarda.
In certe notti lo sente ancora sussurrare il nome di un’altra donna e, quando ciò accade, Shelke sente una parte di lei – una parte che è lei, ma non è sua – vibrare nel riconoscere il tono e l’inflessione prima ancora del nome.
Certe mattine, poi, Vincent la guarda e Shelke sa che la vede e non vede lei e c’è un’altra parte di lei – e questa, Shelke potrebbe quasi giurare, è lei, lei, lei; questa deve essere lei – che brucia per la delusione. E c’è una parte di lei, la stessa che brucia e che forse è lei davvero, che sa che Vincent non l’amerà mai e un’altra parte – e Shelke non sa dire se sia ancora lei o già l’altra - che sa che lui non smetterà mai di amarla.
 
In quelle mattine, Shelke pensa che, in una vita senza Lucrecia, senza il mako, senza nessuna bara e nessun mantello rosso, lei sarebbe stata solo sé stessa – e Vincent non sarebbe stato Vincent, ma sarebbe stato suo.
(E Shelke – né lei, né l’altra e poi, davvero, chi è chi? Chi era chi e ora chi sono? – non sa quale sia la prospettiva peggiore.)

    
     
      
     
     
      
      
       
Note:il discorso del lei/la/l’altra è voluto e volutamente complicato per dare l’idea della confusione mentale di Shelke. Ci sono riuscita? Ho creato solo un caos? Boh.
- Secondo il mio modesto quanto inutile parere, il tutto va visto dal punto di vista di Vincent in senso non romantico, poi, oh, fate vobis.
- Il sottotitolo della storia potrebbe essere: motivo numero 2054 per cui questo pairing non può sussistere, per me.
- Il titolo viene dritto dritto da due versi di “It’s a terrible love” dei The National.





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