Dopo due
ore di cammino, il bosco inizia finalmente a diradarsi, e ci ritroviamo
in un enorme prato. L'erba è verdissima, i fiori di campo si
stagliano alti e le gemme degli alberi da frutto iniziano ad
schiudersi, rivelando bellissimi petali.
«Chi
è il proprietario di questa terra?» chiedo, senza
riuscire a trattenere un sorriso quando due farfalle si rincorrono
vivaci davanti ai miei occhi.
«È
proprietà del principe Loki» ripete il suonatore,
continuando a farsi strada nel prato.
Vorrei
restare e godermi per un po' l'aria primaverile, ma non voglio
chiedergli nessun favore, potrei pentirmene.
Forse dovresti almeno
ringraziarlo per averti salvato la pelle, dice una voce
insistente nella mia testa. Ma ringraziare? Io non ho mai ringraziato
nessuno, se non per accettare un complimento. Però mi
avvicino a lui e mi schiarisco la voce. Quanto difficile può
essere, dopotutto? Devo solo dire "Grazie..."
Mi
rendo conto così che non ho la più pallida idea
di quale sia il suo nome, durante la cerimonia non gli avevo prestato
la minima attenzione.
Do
un colpetto di tosse per prepararmi a parlare.
«Vuoi
dirmi qualcosa?» mi precede lui, e io lo guardo con gli occhi
sbarrati per un momento senza rendermene conto.
«Ehm,
sì. Non credo di aver afferrato il tuo nome» gli
dico, diretta. Girarci intorno non sarebbe servito a niente, comunque.
Lui
rallenta un po' il passo e mi fissa sollevando una delle sue spesse
sopracciglia.
«Puoi
chiamarmi Fürsten, mi conoscono tutti con questo
nome» risponde, poi.
«Fürsten?
E perché mai ti fai chiamare "principino"?»
Lui
ridacchia con uno sbuffo «Non so, non sono io ad averlo
deciso. Un giorno hanno iniziato a chiamarmi così per gioco
e poi il nome è rimasto.»
«Principino...»
ripeto piano «Eppure quanto hai fatto con l'orso non aveva
nulla di principesco.»
«Come,
scusa? Ho salvato quella tua dannata pellaccia, cos'altro vuoi da
me?» esclama un po' stizzito, e io arrossisco.
Ebbene
sì, sono arrossita. Credo sia la prima volta che mi succede,
ed entro un po' nel panico «No, no, che hai capito? Intendevo
che un principe non avrebbe mai avuto il fegato di farlo, almeno non
quelli che ho incontrato io» dico tutto d'un fiato, e gli
occhi neri come pozzi di mio marito si addolciscono
«Principessa, mi stai per caso ringraziando?»
chiede.
Io
mi stringo nelle mie spalle, distogliendo lo sguardo. Se vuole, ci
arriva da solo, io non lo dirò mai.
Fürsten
sorride «Non c'è di che.»
Finalmente
raggiungiamo il mondo civilizzato. Oltrepassiamo delle alte mura,
controllate da guardie ben piazzate con armature lucide e lo sguardo
fermo. Camminiamo per qualche minuto tra la gente che si muove veloce
tra i banchi del mercato, e non posso fare a meno di notare che tutti
indossano abiti non ricchi ma piuttosto ben tenuti, con poche toppe e
rammendi, e non c'è nemmeno un mendicante che chiede la
carità per le strade.
«Che
magnifica città!» dico, a nessuno in particolare.
«Già.
Qui non esiste la povertà, chiunque viene aiutato in un modo
o nell'altro.»
«E
chi è il signore di questo posto?»
Fürsten
trattiene a stento uno sbuffo «Sempre il Corvo.»
Ostento
un sonoro sospiro «Ma che diamine mi passava per la testa
quella sera...» mi rimprovero.
«Ehi!
Se ti piace tanto puoi anche sposartelo!» mi dice
Fürsten con aria stizzita, punzecchiandomi il braccio con una
delle sue dita ossute.
Gli
scocco un'occhiata che spero lo incenerisca sul posto (ma,
ahimè, non accade) «Magari potessi - dico,
sollevando una mano e mostrandogli l'anello attorno al mio dito -
Purtroppo c'è un non so che che me lo
impedisce» sospiro sarcastica.
Fürsten
non risponde. Mi guarda negli occhi abbandonandosi ad un sorriso
strafottente che non avevo ancora visto sulle sue labbra rozze ma
gentili, e che mi fa tornare alla mente l'espressione del principe Loki
la sera della festa.
Se
solo avessi accettato.
Mi
perdo nei miei pensieri per non so quanto tempo, rigirandomi
nervosamente una ciocca di capelli biondi tra le dita.
Improvvisamente,
Fürsten borbotta qualcosa che non riesco a capire,
riportandomi alla realtà, e mi accorgo che ci troviamo di
nuovo davanti alle mura, all'altro capo della città.
«Dove
stiamo andando?»
«A
casa» risponde mio marito, senza distogliere gli occhi dalla
via.
Guardo
la città alle mie spalle con aria interrogativa
«Ma io credevo vivessi qui...»
«Credi
che avrei questo aspetto se vivessi qui?»
Giusta osservazione,
mi dico, e lo seguo tristemente. Come se non bastasse, appena usciamo
dalle mura inizia a piovere, e nel giro di venti minuti le mie scarpe
sono infangatissime, così come il mio vestito, con schizzi
che arrivano fino all'altezza delle ginocchia. Intanto,
Fürsten ridacchia incurante del mio più che
evidente disagio, e canta:
C'era
una volta, e c'è ancora oggi
Una
principessa un po' viziata
Orsù,
porgete i vostri omaggi
La
principessa si è accasata
Caro
marito, ti odio.
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