Saaaalve!!!! Sono tornata!!!^^ Si, lo so che mi stavate già dando per dispersa
facendo un festa, e invece…rieccomi!! Che dire? Mi
dispiace tantissimo di non aver potuto più aggiornare l’altra mia fic “La linea illusoria dell’orizzonte”,
ma problemi vari (leggasi: esami, mancanza di ispirazione, ecc) me lo
hanno impedito. E’ quasi un anno che non l’aggiorno e mi dispiace molto,
soprattutto per chi seguiva la mia storia!! Ma ho
deciso di sospenderla temporaneamente, riprendendola in mano quest’estate (non
mi piace lasciare le cose a metà, quindi la continuerò!), ma
dovrete pazientare ancora…mi scuso per questo e per farmi perdonare ho deciso
di iniziare a pubblicare questa nuova fic, che mi
gira per la testa da un bel po’!! Sono già andata un pochino avanti a scriverla,
proprio per evitare di far passare un’eternità tra un aggiornamento e l’altro!! Cercherò di fare del mio meglio!!^^
Beh,
per chi già mi conosce sa su cosa mi piace scrivere…per chi non mi conosce
invece lo scoprirà leggendo, e spero che sia di suo gradimento!!^^
Ora
ho parlato abbastanza quindi vi lascio a questa storia…un po’ particolare!! Stavolta i nostri cari blader
se la vedranno con svariati e non piccoli problemi (e quando mai fai filare
tutto liscio?? =_= nd.tutti
i personaggi vittime delle mie storie)…Lasciate qualche commentino, e se avete
dei consigli da darmi su come potrei migliorare questa storia mi farebbe
piacere leggerli!!!
Buona
lettura a tutti!!!!!!!!!^^ (sperando che non sia
venuta fuori una schifezza!! ^^’ Era parecchio che non scrivevo…ç_ç)
***
Prologo
Le diciotto e un minuto. Passi pesanti e
strascicati si odono nel corridoio. Si avvicinano. La porta si apre,
lentamente. Nella stanza grigia e spoglia fa il suo ingresso un ragazzo, poco
più che trentenne. Il suo nome è Brandon. Indossa un
camice azzurrino, in mano un bicchiere di plastica con dentro due pasticche,
bianche e dalla forma ovale.
Rivolge uno sguardo al letto solitario al centro
della camera, appoggiato con una sponda al muro. Seduto sopra di esso, il profilo di un uomo contempla il paesaggio fuori
dalla finestra con sguardo assente. Effetto dei farmaci.
Dal materasso pendono delle strane cinghie, che
quasi strusciano sul pavimento. Ognuna ha delle particolari fibbie
all’estremità, che unite ai ganci sull’altro lato del letto tengono a bada
chiunque è costretto alla loro resistenza. Ma ormai non vengono
più utilizzate da oltre cinque mesi.
L’uomo si alza e il suo volto, prima in penombra, è
ora del tutto visibile. Chiari occhi azzurri accompagnano la pelle diafana del
suo viso, in immediato contrasto con i capelli color ebano, il colore di una
notte senza luna. Una ruga appena accennata incrina la sua fronte assorta.
-Come si sente oggi, Signor Emory?-
domanda il giovane infermiere, come di consuetudine. Ma l’uomo non risponde.
Semplicemente si avvicina alla finestra, posando le mani sul davanzale, mentre
continua a fissare insistentemente il cielo invernale.
-Oggi è la grande notte- dichiara dopo qualche
momento di silenzio.
-Già…- replica Brandon,
pur non comprendendo a pieno il significato di quella frase; ma non se ne
preoccupa. Il Signor Emory dice spesso cose senza
senso.
Il paramedico si appresta a preparare la medicina
delle sei del pomeriggio. Apre una bottiglia d’acqua e la versa nel bicchiere
sul comodino accanto al letto. Dà le spalle alla finestra, per questo non si
accorge del Signor Emory che gli si avvicina. Non
sente i suoi passi. Quello che sente è solo una puntura sul collo. Non fa in
tempo a portare una mano alla nuca che già i suoi occhi si chiudono e il suo
corpo cade inerme a terra, profondamente addormentato, senza alcun lamento.
L’uomo lo guarda qualche istante, assicurandosi che
sia davvero privo di sensi. Ripone la siringa in tasca e si inginocchia accanto
al ragazzo. Fruga nelle tasche di Brandon e ne estrae
un piccolo mazzo di chiavi. Poi lo spoglia del camice e lo indossa lui stesso.
Si affaccia alla porta della sua stanza. Alla fine
del corridoio due graziose infermiere sostano davanti la macchina del caffè.
Con passi veloci si dirige verso le scale, a pochi metri dalla sua camera.
Scende al secondo piano. Rallenta l’andatura, non vuole dare sospetti. Gli
infermieri degli altri piani non sanno chi sia. Lo
scambiano per un altro paramedico. Nessuna domanda, nessuno gli chiede niente.
Raggiunge il garage dell’ospedale, quello che
spetta solo a chi lavora nella clinica. Senza esitazione si avvia verso
un’utilitaria dal colore rosso metallizzato. E’ la macchina di Brandon, l’ha vista molte volte, dalla finestra della sua
stanza, uscire dal parcheggio riservato, con a bordo
il ragazzo.
Mette in moto e con estrema scioltezza esce dal
garage attraversando il giardino dell’ospedale, fino a raggiungere i suoi
confini. Li sorpassa e si immette finalmente in strada.
Un sorriso incurva appena gli angoli della sua
bocca, mentre i suoi occhi continuano a fissare immobili l’asfalto davanti a
lui. Le mani impugnano saldamente il volante.
Poi l’auto viene
inghiottita dal buio, mentre dietro di lei scompare la grande scritta che
sovrasta l’edificio alle sue spalle: “Clinica psichiatrica del Minnesota”.
*
10 anni dopo…
“Ormai siamo agli sgoccioli. Tutti gli appassionati
di beyblade sono in fermento! Manca una settimana alla
“Sfida ai Campioni”, il nuovissimo e atteso torneo di beyblade
di quest’anno: squadre provenienti da ogni parte del mondo, conosciute o in
erba, affronteranno la Neoborg, gli All
stars, i Baihuzu, e la BBA Revolution, che negli
ultimi campionati hanno dimostrato di meritare in pieno il titolo di campioni
di questo sport.
Chissà se tra le nuove leve ci sarà qualcuno in
grado di tenergli testa!
Il mese scorso si sono concluse le fasi di
preselezione, e sono emerse le squadre che prenderanno parte alla sfida; quindi
appuntamento tra sette giorni a Buenos Aires, non potete mancare, ragazzi!”
-Grande!- Takao spense la televisione carico di entusiasmo, contagiato dalla foga
del cronista che aveva appena comunicato la notizia. Una settimana, mancavano
solamente sette giorni all’inizio della “Sfida ai Campioni”.
L’idea di prendere nuovamente in mano il suo Dragoon e lanciarsi a capofitto in nuove sfide lo
elettrizzava, senza contare che avrebbe finalmente rivisto i suoi migliori
amici dopo mesi.
Si sdraiò sul divano, intrecciando le mani dietro la
testa. Ora che ci pensava era da tanto che non riceveva loro notizie, le ultime
risalivano a circa un mese e mezzo prima, all’inizio
delle fasi di preselezione: Max gli aveva spedito un’e-mail, Rei gli aveva
scritto una lettera e Kai…Kai
era già tanto se gli mandava un telegramma!
Sul suo volto comparve un sorriso. Chissà come se la
passavano…
Gli tornò in mente il giorno in cui erano partiti,
all’aeroporto. Poco dopo aver saputo che Daitenji
avrebbe organizzato un nuovo campionato a livello mondiale, avevano preso la
decisione di lasciare il Giappone e di partecipare al torneo con le loro
vecchie squadre. Non era stato semplice scegliere, soprattutto dopo la faccenda
della BEGA che li aveva di nuovo uniti come un tempo.
Alla fine però l’idea di provare di nuovo a battere il campione in carica aveva
preso il sopravvento. E Takao aveva capito la loro
decisione e l’aveva accettata, anche se a malincuore; ma la tristezza era
svanita quasi subito pensando agli spettacolari incontri cui avrebbero dato vita quando si fossero trovati uno di fronte all’altro.
Tutti quanti, sia blader che
fan, si aspettavano l’annuncio ufficiale dell’inizio del quarto campionato
mondiale di beyblade da parte del presidente della
BBA. Ma quell’annuncio non era arrivato, al suo posto
ne era stato fatto un altro: non la quarta edizione del torneo che ormai da
anni coinvolgeva sia giovani che meno giovani, ma una sfida nuova, originale,
proposta da una squadra misteriosa, che sembrava non essere stata mai nominata
prima.
-E’ una proposta interessante- aveva
dichiarato Daitenji alla conferenza stampa svoltasi
poco più di un mese prima. –Nuovi blader
avranno la possibilità di mettersi alla prova e di emergere in questo sport; e
i campioni invece, avranno comunque, anche se indirettamente, la possibilità di
verificare chi tra loro sia il più forte-
Takao aveva riflettuto a lungo sulle
sue parole, in effetti pur non scontrandosi
direttamente avrebbero comunque potuto mettere a confronto la loro abilità.
Ogni squadra che aveva passato le fasi di preselezione per la sfida avrebbe
dovuto affrontare la Neoborg, i Baihuzu,
gli All Stars e la BBA Revolution almeno una
volta. Quindi chi tra la quattro squadre campioni
avrebbe vinto più incontri sarebbe stata la migliore. Un concetto semplice da
capire, eppure c’era qualcosa che a Takao sfuggiva. Non
solo per gli incontri, ma in tutta quella storia.
Ma non era stato a pensarci più di tanto, la cosa
fondamentale era che finalmente, in un modo o nell’altro, avrebbe potuto di
nuovo tornare a battersi con il suo beyblade in una
sfida importante.
Al resto ci avrebbe pensato il Professor Kappa, che come al solito gli
avrebbe spiegato per filo e per segno il regolamento del torneo che Daitenji avrebbe reso noto alla vigilia dell’evento.
Takao lanciò una veloce occhiata al
tavolo, dove era poggiato Dragoon. Il bit brillò
sotto il raggio di sole che entrava dalla finestra, e il ragazzo avvertì
chiaramente che, come lui, il Drago Azzurro stava scalpitando. Non vedeva l’ora
di cominciare. Ma quanto impiegavano sette giorni a trascorrere?
-TAKAO!- un urlo nell’ orecchio
per poco non gli perforò il timpano.
-Daichi! Ma sei impazzito?! Che hai da urlare?- gli chiese
seccato, mentre cercava di togliersi di dosso il ragazzino che gli era saltato
sullo stomaco senza troppi complimenti.
-Abbiamo appuntamento con il Professore alla BBA per gli
ultimi controlli dei nostri bey, l’hai dimenticato?-
Il moretto spostò l’attenzione sull’orologio appeso al
muro del salotto. Mancavano tre minuti alle quattro.
-Ahhhhh! Ma sono in un ritardo pazzesco!
Il Prof. mi aspettava lì mezz’ora fa!- esclamò
levandosi improvvisamente a sedere, mandando Daichi
dritto sul pavimento.
Senza attendere oltre si precipitò fuori, salutò al volo
nonno Jey e corse in direzione della nuova sede della
BBA, ricostruita in seguito al fallimento della BEGA, tallonato dal rossino che gli gridava di aspettarlo.
Non si fermò finché non giunse a destinazione. Spalancò
trafelato la porta della sala allenamenti e, ancora con il fiatone, si
inginocchiò a terra unendo le mani in segno di preghiera.
-Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace! Non mi ero accorto
che fosse così tardi! Scusa, Prof.!-
cercò di giustificarsi.
-Guarda che il Prof. non è ancora arrivato- lo avvertì una voce femminile. Takao sollevò lo sguardo, incontrando quello di Hilary.
-Non è ancora arrivato?- ribatté stupito, guardandosi
intorno per la stanza. Era vero, il loro amico non c’era, a dire la verità non
c’era nessun altro a parte lui e la ragazza.
-Ti ha dato appuntamento mezz’ora prima perché sapeva che
saresti arrivato in ritardo- spiegò l’amica in breve, ormai rassegnata alla
pessima abitudine del blader.
-E a quanto pare ho fatto bene!-
-Uh?- Takao si voltò verso il
Professore, che aveva varcato in quel momento la soglia della sala allenamenti,
affiancato da Daichi, incontrato davanti all’entrata
della sede.
-Sei arrivato adesso, vero?- gli chiese, anche se la sua
era una domanda retorica.
-Eh…eh eh!-
il moretto si portò una mano dietro la testa, imbarazzato.
-Immaginavo! Sei sempre il solito, Takao!-
sospirò. –Ma adesso non perdiamo altro tempo, manca una settimana all’inizio
del campionato! Forza, datemi i vostri bey-
I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte e affidarono
le loro trottole al loro meccanico di fiducia. Rimasero in silenzio
mentre lo osservavano trafficare tra beyblade
e computer, cercando di interpretare strani grafici che parevano
incomprensibili.
-Ho letto sul giornale che anche le squadre di Max, Rei e Kai si stanno dando da fare per preparasi
al torneo- dichiarò Hilary, sedendosi su una delle
poltroncine della sala.
-Perché, avevi qualche dubbio?- le chiese il capitano
della BBA Revolution.
-No!- gli rispose sorridendo. Era certa che tutti quanti i
suoi amici avrebbero dato il massimo, non c’era sfida di beyblade
che non prendessero seriamente.
-Sono contenta di rivedere i ragazzi- continuò poi,
rivolgendo uno sguardo alla finestra, contemplando il cielo tra il bello e
coperto di marzo.
-Parli in generale…o di qualcuno in particolare?- le
domandò Takao, lanciandole un sorriso malizioso.
-Ma no! Che dici!- ribatté lei,
arrossendo fino alla punta dei capelli.
Daichi e il Professore si scambiarono
uno sguardo interrogativo. Cosa intendeva dire l’amico? Hilary
prese a giocare con le sue mani, in segno di nervosismo, tenendo gli occhi
abbassati. Odiava sentirsi in imbarazzo ma non poteva
farci niente se il suo cuore prendeva a correre all’impazzata al solo pensiero.
Al solo pensiero di lui. Quanto tempo era ormai che non lo vedeva? Sei mesi? Da
quando era tornato in Russia per allenarsi con la sua squadra.
Kai…finalmente lo avrebbe rivisto. Un
dolce sorriso comparve sulle sue labbra…
Intanto, tre piani sopra di loro, qualcuno non poteva
permettersi di sorridere. Il presidente Daitenji nel
suo ufficio non riusciva a tenere nascosta la sua preoccupazione. In fondo, tra
quelle quattro mura era da solo, perciò non aveva motivo per costringersi a
comportarsi diversamente. Nessuno sarebbe potuto venire a conoscenza della sua
agitazione.
Immerso nei suoi pensieri, lo squillo del telefono lo fece
sobbalzare. Si riscosse e si affrettò a rispondere.
-Buongiorno Presidente, spero di non disturbarla- una voce
roca fece eco all’altro capo del filo. –Sono il…-
-So chi è. L’ho riconosciuta- rispose Daitenji
prima che l’altro potesse concludere la frase.
-Volevo avvertirla che la mia squadra arriverà
sabato prossimo a Buenos Aires-
-Bene. Provvederò ad accoglierla personalmente-
-Le sono grato per questo, e anche per…lo strappo alla
regola che ci ha concesso- fece lo sconosciuto, cordiale. Passò un attimo di
silenzio prima che continuasse:-So di averglielo già
detto, ma è di vitale importanza che lei non faccia parola a nessuno di questa
storia…almeno per il momento-
-Si…stia tranquillo. Non dirò niente- sospirò il
presidente con aria stanca.
-Siamo d’accordo allora. Ci sentiremo presto, Presidente.
E mi dispiace davvero di doverla caricare di un simile peso. Arrivederci-
-Arrivederci- Daitenji
abbassò il ricevitore, senza abbandonare la sua preoccupazione. Quella
preoccupazione dovuta al fatto di non poter rivelare il vero motivo per cui la “Sfida ai Campioni” si sarebbe svolta proprio a
Buenos Aires. L’America Meridionale non aveva mai ospitato un torneo importante
di beyblade, ed era giusto far conoscere a tutto il
mondo come questo sport si svolgesse a livello
agonistico. O almeno questa era la dichiarazione ufficiale…quella che lo stesso
presidente della BBA aveva dichiarato alla televisione. Ma non era la verità.
Daitenji si alzò dalla sua poltrona,
dirigendosi verso la finestra per osservare la gente che passava in strada.
Aprì i vetri e un leggero vento si infiltrò nella stanza andando a disturbare
le pagine di un vecchio giornale poggiato sopra la scrivania. L’anziano signore
lo stava leggendo prima di rispondere al telefono, come faceva ormai da giorni.
Sempre lo stesso articolo.
In alto sul lato sinistro portava la data del giorno in
cui era stato stampato. Risaliva a dieci anni prima. E sulla prima pagina,
appena sotto la testata, un titolo spiccava tra gli altri:
Dottor V. a piede libero! Evade questa notte dalla
“Clinica Psichiatrica del Minnesota”.