Fear, Faith and First Times di Jadis96 (/viewuser.php?uid=71639)
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Come
ogni 5 novembre, ecco la mia one-shot.
Per
chi non lo sapesse fa parte della serie “V”, in
cui trovate le altre quattro che ho postato gli anni scorsi.
Buona
lettura e… Remember.
La
perfezione non è una realtà, è solo un
potenziale,
pensai, mentre versavo l’uovo nella padella. Mi
premurai di togliermi i guanti prima di accendere il fuoco.
Non c'era nulla di poetico in un uovo ancora crudo, ma io vedevo molto
più di
quello: vedevo un potenziale. Il piatto finale sarebbe stato un
delicato
equilibrio di odori e sapori, un'opera d'arte. Ritenevo che cucinare
fosse
particolarmente rilassante, soprattutto quando sapevo che il cibo
sarebbe
dovuto appartenere al mio carissimo amico Cancelliere. Mi metteva di
buon umore
immaginarlo mentre gli veniva detto che, per l'ennesima volta, qualcuno
era
riuscito a sottrarre delle provviste dai camion di forniture
governative. La
leggera musica in sottofondo e lo scoppiettare dell'olio sul fuoco mi
impedirono
di accorgermi di non essere solo nella stanza.
<< V? >>, mi chiamò Evey,
esitante. Era la prima volta che usava
quel nome. A pensarci, era anche la prima volta che si rivolgeva a me
con
gentilezza.
Feci rivoltare il contenuto della padella, e risposi: <<
Ah, buonjour
mademoiselle >>.
Evey arrivò dritta al punto. Era una caratteristica di lei
che apprezzavo
molto.
<< Volevo scusarmi per la mia reazione di ieri sera.
Capisco quello che
hai fatto per me e voglio dirti che te ne sono grata >>.
Non mi aspettavo delle scuse, ma fui contento di riceverle. Oltretutto,
Evey
sembrava sincera.
Ad un tratto il suo sguardo si spostò più in
basso.
<< Le tue mani! >>. L'espressione sul suo
viso voleva essere
preoccupata, ma tradì anche un senso di orrore. Mi affrettai
a riprendere i
guanti che avevo lasciato sul tavolo. Anche quella era una sensazione
nuova.
Imbarazzo, vulnerabilità? Non sapevo come chiamarla.
<< Così va meglio. Spero che non ti abbia
fatto passare l'appetito
>>.
<< No, figurati. Stai... bene? >>.
Anche il suo interesse sembrava sincero. Era qualcosa a cui non ero
abituato.
<< Oh sì, benissimo >>, risposi.
Ed era vero. Era bello avere altra
compagnia oltre ai libri e alle opere d'arte. Mi ritrovai a sperare che
gradisse la colazione che stavo preparando.
<< Posso chiederti com'è successo?
>>.
Tornai ad occuparmi dell'omelette. C'erano tante cose di cui avrei
voluto
parlare con Evey, ma l'incendio a Larkhill
non era tra queste. Eppure, non potevo ignorare quella domanda posta
con tanta
cortesia.
<< C'è stato un incendio, molto tempo fa.
Storia antica, per alcuni. Devo
dire che non è un argomento che si addice alla tavola
>>.
La stavo studiando, molto attentamente. Volevo valutare ogni sua
reazione, ogni
sua parola. Ero come uno scienziato che osserva per la prima volta il
suo
esperimento, in attesa di vederne la riuscita.
<< Dimmi, vorresti una tazza di tè insieme
all'uovo? >>.
Lo sguardo di Evey s'illuminò. <<
Sì, grazie. Sto morendo di fame ad
essere sincera >>.
Quella frase mi fece venire voglia di sorridere. Non ricordavo l'ultima
volta
che avevo provato una sensazione simile.
<< Accomodati >>.
Fu bello vedere Evey mangiare con tanto gusto. Non avevo mai cucinato
per
qualcun altro prima di allora.
<< È squisito >>, disse Evey.
Non era una frase di cortesia, lo
pensava davvero. << Bene >>, risposi con
soddisfazione.
<< Non mangiavo vero burro da quando ero bambina. Dove
l'hai preso?
>>.
Istintivamente valutai se fosse il caso mentire, ma non mi parve giusto
farlo.
Evey era stata sempre sincera con me. Decisi che da quel momento anche
io lo
sarei stato con lei.
<< Da un treno di forniture governative destinato al
cancelliere Sutler
>>
<< L'hai rubato al cancelliere Sutler
>>, Evey era incredula.
<< Sì >>.
<< Tu sei matto >>.
Non era la prima volta che mi veniva rivolta quella frase, ma il tono
amichevole e divertito con cui Evey la pronunciò rese quelle
parole quasi
affettuose.
<< Io oso fare tutto ciò che può
essere degno di un uomo, chi osa di più
non lo è >>.
Evey riconobbe la mia citazione immediatamente. << Macbeth! >>
<< Bravissima >>.
<< Mia madre mi leggeva sempre Shakespeare
e da allora mi è venuta una gran voglia di recitare.
Interpretare commedie,
film... A nove anni feci Viola nella Dodicesima Notte. Mamma ne fu
orgogliosa
>>.
Oh bene, un'attrice.
Una parte di me sentiva
odore
di opportunità. Opportunità consegnate su un
piatto d'argento dal Fato in
persona. L'altra parte di me, invece, era solo curiosa di ascoltare la
triste
storia di quella ragazza. C’era un elemento comune nello
sguardo e nell’espressione
di tutti coloro che avevano una triste storia alle spalle, ed Evey era
tra
questi, ne ero certo. Fui felice che non potesse guardarmi negli occhi:
le
persone con un passato triste si riconoscono a vicenda e temevo che, se
Evey mi
avesse visto, avrebbe capito troppo. Finché c’era
una maschera a separarci,
entrambi eravamo al sicuro.
<< Dov'è tua madre adesso? >>.
<< È morta >>, rispose Evey, e
dal tono che usò capii che era
successo molto tempo prima.
<< Mi dispiace >>, dissi, ma non era del
tutto vero. Non potevo
essere dispiaciuto per la morte di qualcuno che non avevo mai
conosciuto.
Trascorse qualche secondo di silenzio, poi Evey chiese,
<< Posso
chiederti di quello che hai detto in televisione? >>.
<< Sì >>.
<< Dicevi sul
serio?
>>.
<< Ogni
singola parola
>>.
<< Tu pensi
che far
saltare in aria il Parlamento renderà migliore questo paese?
>>
<< Non vi
sono
certezze, solo opportunità >>.
Opportunità
su un piatto d’argento.
<< Beh puoi
essere
certo che Creedy incappuccerà chiunque si presenti, dal
primo all’ultimo
>>. Evey si sbagliava di grosso, ma era facile capire che
parlava in quel
modo perché aveva paura.
<< I popoli
non
dovrebbero avere paura dei propri governi, sono i governi che
dovrebbero aver
paura dei popoli >>. In molti sottovalutavano il potere
della paura, ma
io no. Avevo visto uomini soffrire e morire, la loro forza di
volontà piegata e
spezzata, il tutto sotto il peso della paura.
<< E tu farai
in modo
che questo accada facendo esplodere un palazzo? >>,
chiese Evey con un
tono scettico. Quella conversazione iniziava a piacermi sempre di
più.
<< Il palazzo
è un
simbolo >>, spiegai, << come lo
è l’atto di distruggerlo. Sono gli
uomini che conferiscono potere ai simboli. Da solo un simbolo
è privo di
significato, ma con un bel numero di persone alle spalle far saltare un
palazzo
può cambiare il mondo >>.
<< Vorrei
tanto che
questo fosse possibile, ma ogni volta che ho visto cambiare questo
mondo è
sempre stato in peggio >>.
Dovetti riconoscere che
aveva
ragione. Avevo iniziato quel dibattito credendo che non ci fosse
domanda né
critica a cui non avrei saputo rispondere, ma quell’ultima
frase provò che mi
sbagliavo. Avevo preso un’idea da un passato ormai quasi
dimenticato, dal 5
novembre del 1605, mi
ero aggrappato ad essa, l’avevo fatta mia, fino a diventare
io stesso un’idea.
Ma solo in quel momento capii che il popolo che volevo liberare era fin
troppo
sfiduciato e rassegnato. Non volevano un liberatore, non volevano
ribellioni,
guerre civili, rappresaglie. Volevano solo essere lasciati in pace
nella loro
miseria.
Dovevo dargli qualcosa in
più
di un’idea, dovevo accendere una scintilla e attendere con
pazienza che
diventasse una fiamma.
Mi sedetti di fronte ad
Evey,
felice della sua presenza. Mancavano 363 giorni al 5 novembre: avevo
ancora
molto da insegnarle e altrettanto da imparare.
Nel frattempo, restai a
godermi l’odore di omelette appena preparata.
La
perfezione è solo un potenziale, pensai. Io ed Evey avevamo il
potenziale per fare grandi
cose. Forse, persino sfiorare la perfezione.
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