Né carne né pesce

di 1984
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Jamina e altri disastri

 
A dimostrazione che la mia vita è un puzzle alquanto macabro, mi trovo davanti alla casa di mio padre bagnata fradicia di neve fino alle ginocchia. Susy si sta lamentando silenziosamente ora che Jamina l’ha presa sotto la sua ala e le ha dato morbidi pantaloni da indossare.
E tutto questo perché mio padre non abita più con noi.
Ora ha una bella villetta a due piani che condivide con quella che un tempo fu la sua segretaria.
Ha divorziato da mamma appena lei è venuta a sapere del tradimento da parte di mio padre, avvenuto quando Susy era nata da pochi mesi.
Butto la giacca sul letto. È talmente bagnata che andrebbe bene come straccio. Mi guardo intorno.
La mia camera è dannatamente rosa. E io odio il rosa. Odio quelle statiche tende rosa e quel grande specchio al centro della camera. Odio questo stupido letto a baldacchino, nemmeno fossi nella camera di Barbie.
Ho appena finito di cambiarmi che bussano alla porta. Sbuffo. Sarà quella svitata di Jamina.
Jamina.
Che nome stupido poi, cos’è, un cane?
 
Apro la porta.
E mi trovo di fronte a qualcuno che è in grado di essere peggio del cibo precotto, del gelato alla fragola e del rosa, il tutto in una volta sola.
Il figlio di Jamina.
Ed ecco a voi il barboncino viziato: Gabriel!
Gabriel tecnicamente è il mio fratellastro acquisito. Praticamente è un quindicenne incapace ad allacciarsi le scarpe da solo.
– Cosa vuoi? - domando. Non sono mai stata troppo gentile con lui. E la cosa non mi crea nessun problema.
– Mia madre vuole che mi scusi con te per il fatto del libro.
Ah, già.
‘Il fatto del libro’, eh?
Ma sì, dai non è così importante, d’altronde il tuo cane ha solo masticato una ventina di pagine del libro Hunger Games: la ragazza di fuoco.
Assumo una faccia indifferente, ma sento montare dentro una rabbia omicida.
– Jenny! Jenny! – urla mia sorella dal fondo della scala a chiocciola.
Lei è strafelice di venire a stare in questa casa asettica, anche perché Jamina le permette di fare praticamente di tutto.
– Senti, io a quel libro ci tenevo, okay? Non voglio accusare il tuo cane – dico. Fra parentesi odio il cane tanto quanto lui odia me – solo, cerca di non farlo avvicinare alla mia stanza, dato che mi ha già fatto fuori un bel po’ di scarpe.
Ha lo sguardo attonito.
– M-m-ia madre lo ha ricomprato, comunque – dice, e mi porge una nuova copia del libro che giace sventrato a casa mia e che sto supplicando da una settimana mia madre di ricomprare.
Ah-ah, ecco l’ennesima prova dalla quale si nota il fatto che mio padre non si interessa nemmeno più a me. Lo fa solo Jamina, per interessi non affettivi, ovviamente.
– Jenny! – Sarah mi ha raggiunto e mi sta tirando per una manica.
Afferro il libro dalle mani di burro di Gabriel, lo ringrazio con un grazie sbiascicato e seguo mia sorella verso il suo covo di fatine magiche: la sua stanza.
Si avvicina alla scrivania e mi porge un oggetto che sembra di alluminio.
– Come funziona questo?
Oddio.
Appena lo prendo tra le mani mi accorgo che si tratta di una sigaretta elettronica.
– Sarah, dove diavolo l’hai presa?
– In camera di Gabriel.
Okay, dovrebbe essere una cosa del tutto normale per un quindicenne, no?
No, almeno non per me. Alcune mie compagne di classe fumano. Ognuno è libero di fare ciò che vuole per carità.
E loro hanno 13-14 anni.
Ma… una sigaretta elettronica? E poi dove diavolo l’ha comprata?
– Okay, allora vai in camera sua e rimettila dove l’hai presa.
– Ma è così carina…
– Susy, non è tua. Vai ora.
Giuro che mia sorella non smetterà mai di stupirmi.
E’ domenica mattina.
Sono le nove e quaranta.
Ho bisogno di dormire.
 
La mia camera al buio non è poi così inquietante.
Le stelle appiccicate al soffitto luccicano e in camera non entra nemmeno uno squarcio della fioca luce solare. Una delle cose sicuramente migliori che questa casa ha è il doppio delle stanze di casa mia. Così io e mia sorella abbiamo le camere da letto separate. Il che significa che posso rintanarmi qui quando voglio.
Da vera asociale ho chiuso finestre, luci, suoni molesti da parte del mio cellulare e mi sono rintanata sotto le coperte.
E’ un’oretta che mi riposo. Sono una persona molto pigra e monotona. Non così originale, né così ambiziosa, come sostiene invece Jamina. 
Ecco la dimostrazione che ogni tanto dovrebbe proprio starsene zitta.




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