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Questa legger storiella mia,
buona o pessima
che sia,
a un assai
speciale trio
la voglio dedicar.
Come dite?
Sì,
è vero. Insieme fan magie.
Gryffindor? Harry? Hermione? E Ron?
No, no…
lettori cari,
voi siete sotto
l’effetto di un Confundus!
Ele,
Fabio,
Andrea,
di cuore,
ogni bene. |
Disclaimer:
Questi
personaggi non mi appartengono.
La
storia è stata scritta per puro divertimento, senza scopo
di lucro alcuno.
Attenzione!!
Il testo non si dilunga nella spiegazione delle regole del
gioco (Munchkin), la non conoscenza delle stesse potrebbe rendere
ostica la lettura e la comprensione della storia.
«Un Drago di
Plutonio? Ma non esiste! I Babbani non capiscono
un bel niente di draghi…» si lamentò il
rosso, subito dopo aver pescato dal Dungeon.
«Ron, piantala! È solo un gioco» lo
interruppe spazientita Hermione, meno male che era lei quella
precisina…
«Sì, sei arrabbiato solo perché non lo
puoi sconfiggere» pressò Harry seccato.
Ormai era più di un’ora che giocavano e la partita
cominciava a tendere i nervi dei tre amici.
«Come
sarebbe a dire che “non esiste”?
Sciocco presuntuoso, adesso te lo faccio vedere io, chi
sono!!» sbuffò infuriato il borioso Drago di
Plutonio, preparandosi ad arrostire il Nano-Mago di Ron.
“Grassoccio e succulento: sarà un ottimo
spuntino” decise sicuro di sé – con il
suo Livello 20,
era il mostro più forte del mazzo: il
ragazzo non aveva speranze.
La
carta Razza
cominciò a sudare freddo, lanciando mute
suppliche all’impassibile Ladro di Harry e
al, fino ad
allora, più compassionevole Halfling-Guerriero
di Hermione.
Intanto, lì vicino, il Mago
contava le carte nella mano del
proprio padrone:
«Uno,
due, tre… sei! Il rosso
ha sei carte: se ne
scarta tre la fuga è quasi assicurata».
«Povero
vecchietto eccentrico» lo
apostrofò sprezzante la Spada
della Bastarda, che riposava
pronta all’uso al suo fianco, insieme
all’immancabile Baro.
«Non l’hai ancora
capito? Questo ragazzo è testardo come un mulo! Non
rinuncerà volontariamente a metà della sua mano
per salvare le chiappe a te e al tuo compare Nano; non se gli
altri due
lo stuzzicano, facendolo irritare.»
«Ha
ragione lei» soggiunse il Massone –
la voce strozzata dalla fatica: sulle spalle quel macigno, memore
d’antica superbia, la stessa che ora brillava negli occhi
dell’incantatore, pesava un bel po’. «Il
rosso
è intelligente, ma non possiede il sangue freddo degli
avversari.»
Il Mago si
raddrizzò il Cappello
a Punta del Potere sul capo
e finse di liquidare le loro parole come i commenti maligni di un paio
di invidiosi destinati alla pila degli scarti, ma, in
realtà, il dubbio aveva scalfito la sua corazza di egoistica
certezza.
E, infatti, Ron non aveva nessuna intenzione di arrendersi: i due
Livelli e i cinque Tesori sarebbero stati suoi.
«Vedremo. Che cosa mi dai se lo batto?»
sbottò in direzione di Harry, provocandolo.
«Ron, Hermione non ti aiuterà questa
volta…».
«Ha ragione» ammise la ragazza, sentendosi un
po’ in colpa ma sapendo di non avere alternative: Ron era
già a sei Livelli e se avesse sconfitto il Drago ne avrebbe
conseguiti altri due; con dieci si vinceva, lei e Harry erano fermi a
cinque.
«Non ho bisogno di lei!» esclamò il
ragazzo, distogliendola dalle sue considerazioni. Quindi
giocò la Pozione
dell’Alitosi.
«E sei a diciassette» sottolineò Harry
beffardo. Ron gli lanciò un’occhiataccia in
tralice.
«Venti, con la Cozione
della Ponfusione»
ribatté poi, aspro.
Il
Drago di Plutonio,
vagamente stordito, cominciò a vedere
stelle fluttuanti, mentre appetitosi passerotti gli svolazzavano
intorno: smise di tener traccia dei bonus che Ron stava racimolando. Il
Mago
esultò euforico e il Nano,
cauto, si concesse di
rilassarsi leggermente, non ancora del tutto certo della salvezza:
sembrava troppo bello per essere vero.
Intanto, poco discosta, la Spada
Karaoke implorava la Motosega
dello
Squartamento Granguignolesco di mozzarle il naso: per
quanto fosse una
tipa tosta, anche la sua sopportazione aveva un limite e il putrido
olezzo del Monnezzburger
era veramente irrespirabile.
Hermione, candidamente inconsapevole del disagio del proprio
Equipaggiamento, constatò in quel momento:
«Ron, non sei un Guerriero:
non ti basta
pareggiare…». Il ragazzo sfoderò un
sorriso smagliante e sventolò beffardamente una carta
davanti al viso di Harry, prima di gettare trionfante la Pozione del
Coraggio Demente sul tavolo.
«Ventidue!»
«Lunga
vita a padron Ron!» ululò
selvaggiamente la Spada
della Bastarda, mentre il Nano scivolava a
terra dal sollievo e il Mago
gongolava tronfio. Quanto al Drago
di
Plutonio ormai aveva perso tutta la sua imponenza e
alterigia:
canticchiava come un fattone ubriaco, come se si fosse scolato troppe
Caipiranha,
e sembrava non accorgersi nemmeno della Pozione del
Coraggio Demente, che continuava a tempestarlo di
pugni sul grugno.
«Ma che fortuna sfacc-» si lamentò
Hermione, mentre in lei si faceva strada il sospetto che Ron stesse
barando, ma venne interrotta da Harry, che, con studiata noncuranza,
lasciò scivolare sul tavolo due carte:
«Ops... Ventidue».
Le
Rane Volanti
raccolsero il Mostro
Errante sul ciglio della strada e
vennero a dar manforte alla lucertola radioattiva, affossando
nuovamente il morale del Nano-Mago
e perfino del Massone,
che per poco
non si lasciò spiaccicare al suolo dal proprio fardello.
Ron sbuffò irritato, scompigliandosi la zazzera ramata.
«Miseriaccia! Speravo di farne a meno…»
sospirò poi, mentre con gesti lenti e sofferti scartava
l’ennesima carta, la terz’ultima della sua mano.
«Uso la Lampada
Magica sulle Rane
Volanti.»
Gli
anfibi sconfitti svolazzarono nella pila degli scarti, portandosi
dietro il Mostro Errante
e la casa del genio. Intanto,
nell’ombra, il Ladro
sghignazzò pregustando
l’odore del sangue: era il suo momento, sfoderò la
Daga del Voltagabbana.
Harry imprecò, ricordandosi improvvisamente della propria
abilità speciale, se solo l’avesse usata
prima… Scartò la Pozione
dell’Invisibilità:
«Attacco
Furtivo! Perdi due punti» disse,
sollevando compiaciuto le sopracciglia.
Hermione cominciava a sentire il senso di colpa grattarle
prepotentemente sullo sterno – o era forse altro a metterla
in subbuglio davanti alla disfatta di Ron? – ma, prima che
potesse offrirgli il proprio aiuto, quello scartò la propria
mano.
«Incantesimo
di Charme» biascicò di
malavoglia, quindi si liberò del Drago e delle carte
a Uso Singolo.
Dopodiché si impossessò dei cinque tesori,
lasciati incustoditi dal mostro.
La
Spada della Bastarda
protestò sonoramente contro
quell’ingrato
pel di carota fedifrago, mentre Ron la
sostituiva con il Martello
Sfondarotule. Il Nano,
finalmente
rasserenato, calzò gli Stivali
del Calcinculo, imitato dal
Mago,
porpora per la vergogna e l’umiliazione –
come aveva fatto a non pensare prima all’Incantesimo di
Charme?
Poi l’intera squadra Weasley esultò,
perché il rosso stava scartando un Avanzo di Livello.
«Io l’ho sempre detto che la Matematica
è un’opinione» sghignazzò
Ron, liberandosi di Vantaggioso
Errore di Calcolo e raggiungendo quota
7 Livelli. «Hermione…»
gesticolò, passando la mano.
La ragazza girò la prima carta Dungeon: il tempo
di scoccare
una rapida occhiata ad Harry ed erano entrambi piegati in due dalle
risate. Il rosso cadde dalle nuvole: che diavolo c’era di
tanto divertente? Guardò meglio il mostro pescato
dall’amica: la carta ritraeva un animale grassoccio, con un
minuscolo paio di ali. Livello
16: era forte, perché allora
Hermione era così contenta? “Ippogrifo”.
Ron riguardò l’immagine: quello non era un
ippogrifo! Sconcertato alzò lo sguardo sui compagni di gioco.
I due si scambiarono un’occhiata, poi Harry disse:
«Non credo che l’abbia capita». Hermione
sospirò, scuotendo la testa e assumendo il suo tono da
maestrina:
«Ron, Ippo-grifo»
scandì.
«Sì, grazie, non sono stupido! So benissimo che
non è un ippogrif-» fece per ribattere, ma venne
interrotto da uno scoppio d’ilarità di Potter.
«Guardalo, Ron: è un ippo-potamo. Ippo-grifo,
capito?» spiegò lei paziente, lanciando
un’occhiataccia ad Harry.
«Ippo-che?!
Sono un Ippogrifo…»
piagnucolò il mostro, vagamente offeso – per
fortuna Ron non aveva commentato le sue rotondità ad alta
voce…
«Ah, ecco… Beh, preparati a essere sgranocchiata e
calpestata. Il tuo Titolo
Davvero Impressionante sarà
mio!» replicò lui tagliente, vergognandosi della
figuraccia. Non era stupido, eppure quei due, pur senza volerlo,
riuscivano sempre a farlo sentire uno sciocco – avrebbero
dovuto giocare agli Scacchi dei Maghi, allora sì che avrebbe
vinto lui, ma Hermione si rifiutava...
«Ehi! Il Titolo
Davvero Impressionante lo voglio
io» si lamentò l’amico.
«Harry!» esclamò Hermione indignata.
«Credevo che mi avresti aiutata…»
«Mm… se vinci prendi due livelli e io mi devo
già preoccupare di Ron.»
«Ti do un tesoro!» cercò di convincerlo
lei.
«Uno? Tu sei pazza, se pensi di corromperlo con
così poco: l’Ippogrifo
ne ha ben quattro di
tesori» puntualizzò il rosso, inarcando i
sopraccigli.
«Tre?» propose Harry, avrebbe potuto ottenere molto
di più ma preferiva evitare di irritare ulteriormente
Hermione.
«No!» rispose però lei stizzita.
«Posso cavarmela da sola, grazie.»
L’Ippogrifo, che aveva
assistito in silenzio
all’ultimo scambio di battute, si consolò un
po’ al pensiero che, probabilmente, avrebbe vinto: era grande
e grosso, ma anche lui aveva dei sentimenti (!) e quei ragazzi,
mettendo in dubbio la sua identità e ignorandolo, avevano
intaccato la sua autostima di mostro timido e irascibile. Era irritante
non esser presi sul serio.
Scorse
un balenio: il Ladro aveva
sfoderato nuovamente la Daga
del
Voltagabbana e sorrideva
sadico, ma l'Ippogrifo
non se ne
preoccupò, sapeva che non sarebbe stato il suo sangue a
imbrattare quella lama ed era troppo vigliacco per interessarsi agli
altri.
Hermione stava calcolando la sua forza d’attacco:
«Dunque, cinque Livelli più Monnezzburger e Spada
Karaoke: dieci; con la Motosega e il Titolo Davvero Impressionante
siamo a sedici. Ma sono un Guerriero,
quindi vinco anche se
pareggio!» concluse raggiante.
«Attacco
Furtivo» disse Harry scartando lo Scudo
dell’Ubiquità, per lui era comunque
inutile.
Hermione lo guardò malissimo, poi mise in gioco la Bevanda
Sportiva dal Gusto Terribile.
«Così torno in pari»
puntualizzò con aria di sfida.
Il
Monnezzburger
fece l’occhiolino all’ultima
arrivata, mentre l’Halfling
si lamentava –
possibile che dovesse disporre solo di provviste disgustose?
Intanto il Guerriero
ammirava con nostalgia e desiderio il bellissimo
Scudo che
il ragazzo con la cicatrice aveva sacrificato senza battere
ciglio.
Harry si liberò dei Sandali
della Protezione, sperando di
non pescare nessuna maledizione nei turni successivi, e
dichiarò agguerrito:
«Furto!
Ti rubo il Titolo»,
quindi si
impossessò del dado e tentò la sorte.
“Ti prego, ti prego! Non meno di quattro, ti prego!”
«Ma
non poteva prendersi il Monnezzburger?!»
protestò il Guerriero.
«Quello
posso usarlo solo io…» gli
ricordò l’Halfling
svogliatamente. Il tramezzino
puzzolente finse di non sentirli, ormai era abituato a quei commenti
– pungenti come il suo olezzo.
Il Titolo Davvero Impressionante
non fece una piega: lui era un figo,
gli altri feccia, e questa era l’unica cosa che contasse ai
suoi occhi di snob.
Il parallelepipedo dalle basi quadrate rotolò. E
rotolò. Quindi si fermò sul… quattro.
«Nooo» gemette Hermione.
«Eh, vai! Sìì!!»
esultò Harry e in quel momento la strega decise che
l’amico avrebbe assaggiato la sua vendetta: la ragazza aveva
altri assi nella manica, ma il suo obiettivo non era più
vincere, quindi si dichiarò sconfitta dal mostro.
L’Ippogrifo si
avventò su Hermione per
sgranocchiarla.
L’Halfling-Guerriero
scappò con la coda tra le
gambe.
La Spada Karaoke
gioì, finendo tra le mani di Ron
– e, soprattutto, lontano dal Monnezzburger
– ma il
suo entusiasmo si spense non appena intravide il Topo Arrosto
pendere
da uno spiedo.
I Palloncini Tanto Carini
sfuggirono alla presa di Hermione per volare
nelle grinfie di Potter.
Soddisfatto, Harry scoprì la prima carta Dungeon del suo
turno, trovandosi dinanzi al Sono
un Vampiro Fichissimo!; con un
Livello 12,
il mostro era mediamente forte e il ragazzo si chiese se
poteva sconfiggerlo.
«Allora, signor Vampiro,
vediamo come ti straccio…
Cinque, tre, tre, due: tredici» sorrise. «Troppo
facile!»
Intelligente
sfoderò gli artigli tra le mani di Hermione:
era il suo momento, lo sentiva.
E infatti la ragazza lo mise in campo per dar manforte al Vampiro
dall’ego voluminoso.
«Ora sei sotto di cinque, Harry» e questa volta fu
lei a sorridere. Il ragazzo ebbe un moto di stizza e
aggrottò la fronte, valutando le opzioni,
dopodiché, accomodatosi gli occhiali sul naso, mise in gioco
i Palloncini Tanto
Carini. «Diciotto.»
Il
succhiasangue cominciò a giocherellare con quei balocchi
colorati – sembrava un bambino; non che fosse molto
più alto… Nel frattempo, la Motosega dello
Squartamento Granguignolesco sminuzzava il Monnezzburger,
nella vana
speranza di ridurne l’odore nauseabondo.
Il
trambusto era tale che nessuno si accorse del lampo di luce levatosi
tra le dita di Hermione.
La ragazza si aspettava quella mossa e lasciò che Potter
assaporasse la vittoria, poi sorrise tremenda:
«Harry, questa è per te».
La
Maledizione! Cambi Classe
pugnalò il Ladro
con la sua
stessa Daga,
che poi lasciò cadere a terra: ormai era
inutilizzabile, e con lei il suo bonus
+3.
Harry si avventò sulla pila degli scarti, ma sapeva che era
inutile: avevano miscelato il mazzo un paio di turni prima e nessuno
aveva scartato una Classe
da allora, tantomeno un Ladro.
Il
Vampiro Fichissimo
cominciò a pregustare il sapore del
sangue… sì, insomma, d’inchiostro ma il
concetto era lo stesso.
Potter tentò di salvare il salvabile lanciando il dado:
«Fuga!»,
ma la faccia beffarda del cubetto
mostrò un misero quattro.
Il
Vampiro
sprangò la porta del Dungeon e, avvicinato il
povero Umano
senza Classe,
cominciò a raccontargli di come
fosse complesso e drammatico il suo personaggio: lo salassò
con la sua parlantina piatta e autoreferenziale.
Harry, esterrefatto, si ritrovò in mano un’unica
carta, inutile, e un personaggio base, nullatenente, con solo 2 Livelli.
Ron pregustò la vittoria, mentre Hermione pasteggiava col
dolce miele della vendetta.
Anche
il Nano si
fece baldanzoso, roteando a destra e a manca il
Martello Sfondarotule.
Il Mago
aveva perso ogni pudore, ormai, e sbeffeggiava apertamente il
Ladro, i
cui occhi, neri come l’odio che covava,
scintillavano d’ira e furia cieca dalla pila degli scarti.
La Motosega
rimpiangeva di non aver potuto prendere parte a quella
disfatta e nel frattempo meditava di amputarsi il naso – a
ben pensare, non aveva nemmeno un naso… ma, allora, come
faceva a percepire l’olezzo immondo del Monnezzburger? Era
un
mistero, di quelli da 1000 Pezzi d’Oro.
La Spada Karaoke
intonava euforica una marcia trionfale e
l’Alabarda
Svizzera sfilava impettita al suo fianco.
Il Titolo Davvero
Impressionante era ormai ridotto a brandelli,
perché la Spada
dello Sporco Bastardo stava sfogando sulla
sua simpaticissima persona la propria frustrazione.
L’Halfling
e il Guerriero,
il primo annoiato e il secondo
ferito nell’orgoglio da una tale disonorevole vittoria, si
erano coalizzati contro il Cappello
a Punta del Potere e lo sfottevano
per la sua fantasia fuori moda – in effetti, forse,
l’onore non era poi così importante per il
combattente…
«Ragazzi! La cena è quasi pronta, venite ad
apparecchiare la tavola» tuonò autorevole la voce
di Molly Weasley. La parola di quella donna alla Tana era legge
– e guai a chi l’avesse infranta…
– quindi i tre giovani abbandonarono prontamente la
partita; non l’avrebbero ammesso facilmente, ma in
realtà era un sollievo: erano affamati e nervosi, una pausa
era proprio quello di cui avevano bisogno. Poi… poi sarebbe
stata battaglia all’ultimo sangue, perché nessuno
aveva intenzione di arrendersi, e il migliore avrebbe portato a casa
l’ambita vittoria.
Alcune
carte erano seccate per l’interruzione, altre ne
approfittarono per rilassarsi; qualcuna studiava piani
d’azione, più o meno assurdi, con cui assicurarsi
la vittoria una volta per tutte.
Senza preavviso alcuno, Grattastinchi saltò sul tavolo
scompigliando la situazione.
Il
Topo Arrosto
volò per aria e all’Halfling si
illuminarono gli occhi quando lo spiedo gli atterrò in
braccio: “Si mangia!” pensò, grato di
quel lauto banchetto.
Il Mago si
rannicchiò piagnucolando sotto il macigno del
Massone e
quello, stufo del suo atteggiamento egoista ed egocentrico
– ego-tutto? – sgravò finalmente le
spalle di quel peso eccessivo, riducendo l’incantatore a una
frittella sanguinolenta. Dalla cima degli scarti Dungeon il Vampiro
Fichissimo cominciò a sbavare, improvvisamente
preda di una
sete incontrollabile.
La Spada dello Sporco
Bastardo si imboscò, in un angolo buio
della segreta, con quella della Bastarda,
mentre la Daga del
Voltagabbana diventava prima porpora per
l’umiliazione e poi
verde d’invidia: quel dongiovanni d’uno spadone
l’aveva illusa che tra loro ci fosse più che
un’alleanza temporanea... uomini!
Gli Stivali del
Calcinculo meditarono, per qualche secondo appena, se
avventarsi su quel che restava dell’antipatico Titolo non
più tanto Impressionante,
ma poi si arrampicarono sulla
seconda pila degli scarti, dove gli ignari Palloncini Tanto Carini
riposavano incustoditi. Pop-pop!
Il Baro,
che era campione mondiale di acchiappa l’anfibio,
impugnò il Martello
Sfondarotule e cominciò a
rincorrere qua e là le Rane
Volanti, mentre Intelligente
bersagliava lo Scudo
dell’Ubiquità con i suoi
rapidissimi e infallibili artigli shuriken.
Il Mostro Errante
bevve inavvertitamente la Pozione
del Coraggio
Demente e ardì chiedere un passaggio al Drago di Plutonio;
quello lo abbrustolì senza pensarci due volte: finalmente
poteva mangiare, poi avrebbe ordinato una Caipiranha al pub
del Dungeon
– o due o tre… o, magari, qualcosa di
più forte: ne aveva proprio bisogno dopo la sonora batosta
di poco prima.
Il Ladro
si impossessò della Motosega
dello Squartamento
Granguignolesco, era rumorosa per i suoi gusti ma sarebbe
servita allo
scopo: sgozzare quell’irritante Spada canterina.
Il Guerriero
si pavoneggiò, esibendosi in evoluzioni con
l’Alabarda
Svizzera, ma nessuno si curò di lui;
proprio come nessuno notò il Nano che indossava,
con sacro
timore reverenziale, il copricapo dei suoi sogni: il Cappello a Punta
del Potere aveva finalmente trovato qualcuno che
l’apprezzava
per quello che era, così com’era.
E il Monnezzburger…
beh, lui rimase solo soletto con la sua
amata e inseparabile puzza.
Il mezzo Kneazle scese dal tavolo, aveva raggiunto il suo obiettivo: le
carte si erano mischiate – altro che Cozione della
Ponfusione! – era impossibile continuare la
partita. Certo,
gli umani avrebbero trovato altre sciocche scuse per litigare, ma,
dopotutto, non lo facevano sempre?
fine
L’angolo di
frav:
Dunque,
che
dire? Beh, innanzitutto e come al solito, quando mi trovo a
lavorare su una fanfic la mia preoccupazione è per la
caratterizzazione ^^ ho sempre paura di ciccare… Mi
è sembrato che un Ron che si intestardisce,
un’Hermione che “adeguatamente motivata”
usa la sua astuzia e sagacia per rivalersi e una Grattastinchi
leggermente (?) superiore e sprezzante nei confronti degli umani
fossero abbastanza IC; forse è Harry quello leggermente OOC
o magari no, non saprei… ai lettori l’ardua
sentenza x)
Munchkin
è un gioco di carte (maggiori info qui)
e si
presenta come una versione parodica dei classici GDR fantasy. Nello
scrivere la storia, talvolta mi sono avvalsa delle regole e delle
proprietà specifiche delle carte, mentre in altri casi mi
sono ispirata alle illustrazioni di queste ultime. Per esempio: il Baro
è realmente raffigurato con in mano un enorme martello; il
Massone
è un omino che regge un’enorme blocco di
roccia; il Mostro
Errante è immortalato mentre fa
l’autostop per Toledo; la Pozione del Coraggio Demente
è un ometto infuriato che mena fendenti sul naso di un
gigantesco mostro; la Caipiranha
è un cocktail velenoso in
cui nuota un piranha… O ancora: l’Incantesimo di
Charme è un’abilità della
carta Mago;
la Pozione
dell’Alitosi conferisce temporaneamente un bonus
+2; un ragazzo, un maschio, può utilizzare la Spada della
Bastarda solo grazie al Baro; per fuggire
da un mostro occorre fare
cinque o più con il dado (quattro o più per
portare a termine un furto con successo)…
Proprio
sull’onda dell’impronta parodica di
Munchkin, ho tentato di dare alle scene “del gioco”
un andamento, a tratti, vagamente (?) demenziale,
è qualcosa
di abbastanza nuovo per me, spero di esserci riuscita.
Il
macigno,
memore d’antica superbia si rifà alla
pena dei superbi del Purgatorio dantesco (canto XI), spero che tale
alto riferimento non risulti troppo azzardato in un testo leggero come
questo – l’analogia è sorta spontanea e
ho voluto assecondarla.
Ringrazio
per l’ispirazione “La
Sfida dei Grandi
Autori” della Triade
di fa92, per cui questa storia
è stata originariamente concepita.
Spero di
avervi strappato almeno un sorriso! ;) frav
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