"Tania.. Tania.. amore sveglia!", la voce stridula di mia mamma mi trapanava la testa. Quanto odiavo quella vocina. "Lavati, vestiti, metti le ultime cose in valigia e fai colazione.
Su su su! Veloce! Perfetta! Truccati anche un po'! Non uscire sempre come un gufo di casa, sempre con quelle occhiaie ben in vista!". Le sue parole mi entravano dall'orecchio
destro e uscivano senza lasciare traccia dall'orecchio sinistro ancora poggiato sul morbido cuscino. "Bla bla bla bla" queste erano le uniche cose che capivo.
Mi alzai lentamente come fossi un bradipo. Attraversai il corridoio parcollando, come se la sera prima avessi preso una sbronza pazzesca. Tentai di aprire la porta del bagno.
Era chiusa a chiave. -Quei due cretini erano ancora chiusi in bagno? Che femminucce!-
"Dementi! Uscite da questo maledettissimo bagno! Muovetevi! Altrimenti butterò la porta giù con la dinamite!". "Sesese" questa fu l'unica risposta di Brian. "Provaci" disse
Darren.
"Ah è così? Bene! Conto fino a 10, se non uscite, la butterò giù!".
Nessuna risposta. "1!..."
"Dai entra. Abbiamo fatto...odiosa".
Appena aprirono la porta, uscì da quella stanza un sacco di vapore, misto a profumo, misto a dopobarba, misto a deodorante. Adoravo le persone profumate, ma in quella
stanza oramai non c'era più ossigeno. "Che diavolo..", continuavo a tossire.. stavo muorendo asfissiata.
Lentamente mi preparai. Misi le ultime cose nella valigia. La chiusi con fatica sedendomici sopra. Alla fine scesi per fare colazione.
Entrai nella mia amata cucina. Luminosa grazie alle grandi vetrate che davano sul giardino con i suoi coloratissimi fiori che risplendevano alla luce del sole. Sentivo l'odore di
frittelle. L'unica cosa in cui mamma era brava era proprio il saper cucinare. Amavo i suoi manicaretti. Metteva in funzione l' immaginazione, la fantasia per mettere insieme dei
sapori che mai erano utilizzati nella stessa ricetta.
"Frittelle?" disse mia mamma tutta sorridente. "Certo!" risposi io tutta felice. Il cibo era l'unica cosa che mi rendeva felice. Era una dolce droga per me.
"Allora ragazzi, mi raccomando fate i bravi. Non fate troppe conquiste, non date troppo fastidio ai gestori del campo. E per ultimo, ma non meno importante: Fate tante
amicizie!". Esordì improvvisamente mio padre mentre posava il suo amato quotidiano. Disse quelle ultime parole con tanta fierezza. Era solo un pallone gonfiato che mi aveva
sempre disprezzato. Per lui non rappresentavo 'la figlia ideale, quella che tutti vorrebbero'. Meglio essere normale che una bastarda senza dignità! Proprio su questo aspetto
ci eravamo spesso scontrati...
Lui guardava solo i miei fratelli quella mattina. Era fiero solo di loro. Era come se non avesse una figlia. Almeno riconoscevo che mia madre spesso si interessava a me. Lui no.
Ero invisibile. Si ricordava di me solo quelle poche volte in cui vincevo qualche premio scolastico.
Ogni volta che sentivo quelle parole rivolte ai miei fratelli, la tristezza prendeva il controllo del mio corpo. Era una sconfitta per me. Sono comunque sua figlia...
Finito di mangiare mi alzai. Stava per arrivare l'ora X. I miei fratelli portarono giù le valigie. Improvvisamente prima di uscire di casa mi ricordai di aver lasciato l'amuleto di
famiglia sul comodino vicino al mio letto. Involontariamente tornai indietro. Velocemente salì le scale. Era come una calamita per me. Lo presi. Lo guardai. Aveva cambiato di
nuovo colore. Ma come? Stanotte era blu, adesso era rosso. Che strano.
"Tia fai in fretta! Stiamo aspettando te!". In un batter d'occhio i miei fratelli muscolosi avevano messo le valigie nel bagagliaio della macchina. Scesi velocemente le scale, non
per volontà, ma per non dover sopportare le lamentele di mia mamma del tipo 'Sei lenta! Muoviti! Sei sempre la solita'.
Velocemente Entrammo nella nostra grande macchina. Partimmo.
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