Prince of Persia
Titolo: The echoes of the sand
Personaggi: Dastan, Tamina, Tus, Re
Sharaman
Genere: fluff, sentimentale,
romantico
Coppia: Het - DastanxTamina
Rating: verde
Note:
One-shot,
Missing Moments
Note dell'autore: Buon anno! ^^
Allora, scrivi che ti scrivi e
alla fine scrivo su Prince of Persia. E sono contentissima di averlo
fatto! E di aver scritto su questi due, e di averci infilato in mezzo
anche Tus e qualcun altro a dir la verità. ;)
'The echoes of the
sand' perché il fatto che alla fine del film
Dastan conosca benissimo Tamina e Tamina di lui sappia veramente poco e
niente mi ha fatto sorridere, quindi "gli echi delle sabbie del tempo",
mettiamola così, insomma lui sa cosa la rende felice. XD
Inoltre
i presagi degli altri, che sono anch'essi echi di quello che potrebbe
accadere - ma capirete meglio leggendo, credo. XD
Spero che questa
one-shot vi piaccia! Grazie a chi vorrà perdere
un po' di tempo per leggerla, a chi la aggiungerà da qualche
parte e a chi vorrà lasciare una recensione, positiva o
negativa
che sia. ^^
Dunque, buona
lettura! ^^
The
echoes of the sand
Nonostante il tempo
si fosse riavvolto, la storia si stava per
ripetere. La
sacerdotessa teneva lo sguardo dritto davanti a sé, facendo
finta di non notare le serve che si avvicinavano con bacinelle di acqua
calda fumante e panni di seta pregiata. Gli occhi le si fecero umidi
nel tentativo di trattenere le lacrime mentre una delle donne le
afferrava una mano. E così i simboli della sua vocazione le
stavano per essere cancellati da persone che non sapevano quello che
stavano facendo. Chiuse gli occhi per trattenere una lacrima, ma quando
li riaprì si rese conto che di lì a poco sarebbe
scivolata via sulla sua guancia.
Dastan sorrideva
rilassato mentre, con un bicchiere di vino in
mano, osservava il giardino dove poco prima aveva parlato in privato
con Tamina. Insieme si erano poi recati all'Alto Tempio e
lì avevano rimesso il
pugnale al suo posto, l'unico veramente sicuro.
Una mano
sulla spalla lo fece girare di scatto.
"Allora fratello?
Come è andata con la principessa di Alamut?",
gli chiese Tus con
un sorriso, sedendosi accanto a lui sulla scalinata che portava al
giardino.
"Bene, ha accettato
di sposarmi, e le ho chiesto di nuovo perdono per il nostro attacco."
Il fratello strinse
la presa che ancora aveva sulla sua spalla in un
gesto affettuoso e lo ringraziò con un cenno della testa.
"Grazie. Se non
fosse stato per te, chissà come sarebbe finita.
Probabilmente nostro padre sarebbe morto, e se Nizam fosse riuscito
nella sua impresa anche noi... non mi sarei mai perdonato di perdere te
e Garsiv quindi, grazie",
disse incrociando
il suo sguardo. Dastan sorrise, poi con la mano gli
strinse affettuosamente un braccio. Il fratello non immaginava cosa
avessero visto i suoi occhi in realtà: Garsiv venire ucciso
dagli assassini, Tus con la gola tagliata da Nizam. Non avrebbe
permesso per nulla al mondo che una simile tragedia
si ripetesse.
"Grazie a te, se
non fosse stato per i tuoi riflessi Nizam a quest'ora mi avrebbe
ucciso",
sorrise, tornando a
guardare il giardino.Tus annuì.
"Piuttosto, nostro
padre ha interrotto le sue preghiere e sta venendo
qui ad Alamut. Sarà parecchio arrabbiato per quello che
abbiamo
combinato con l'attacco, e vorrà sapere anche cosa
è
successo di preciso con Nizam. Ma prima di tutto fratellino, devi
chiedere la sua benedizione per la tua unione. Io e Garsiv ti
teniamo d'occhio, non provare a scappare!"
Dastan rise.
"Oh, non lo
farò! A proposito, dov'è la
principessa? Ci siamo separati poco fa, quando delle
serve l'hanno
accompagnata a prepararsi per non so cosa, da quel momento è
sparita",
constatò,
curioso e un po' confuso, il principe di Persia.
"Dastan!
Già non puoi fare a meno di lei! Sei proprio cotto fratello!
Aspetta che lo dica a Garsiv e vedrai le risate!"
"Non ci provare!"
"E invece credo che
ci proverò eccome! Comunque la tua bella
è nelle sue stanze, la stanno preparando per l'arrivo di
nostro
padre. Ovviamente le lasceranno indossare le sue vesti rituali, ma
qualcuno ha
borbottato sui simboli che aveva su mani e piedi e credo che glieli
toglieranno."
"Cosa? Non possono!
Sono importanti per lei!"
"Fratello, ho dato
ordine di non toccarla, solo di rinfrescarla e di
soddisfare tutte le sue necessità, ma sai la
servitù come
è fatta, se riceve anche la minima pressione da qualcuno dei
nostri funzionari di corte, subito si spaventa e esegue. E dato che a
borbottare erano loro..."
"Non glielo
lascerò fare!"
"Conviene che ti
sbrighi allora".
Il tono con cui Tus
gli aveva intimato di andare era stato stranamente
serio, tanto che il ragazzo per un attimo lo aveva guardato
incuriosito. Si era soffermato su di lui soltanto per qualche secondo,
il tempo di capire che anche lui non approvava che le venissero
cancellati i simboli della sua vocazione, poi si era girato ed era
corso via, lasciando il fratello con un sorriso divertito e un
bicchiere di
vino in mano.
Tamina
abbassò
coraggiosamente gli occhi sulle mani della serva,
che si avvicinavano pericolosamente a lei. Con una mano
afferrò
la
sua e la tirò delicatamente verso di sé. Anche se
gentile, il tocco della donna sembrò comunque l'artiglio di
un
rapace sulla preda. Con l'altra mano la donna tirò fuori la
stoffa dall'acqua calda, la strizzò appena e si
avvicinò
lentamente. Si voltò verso le altre serve e si accorse, con
l'orrore e la consapevolezza negli occhi, che si accingevano a fare lo
stesso.
Tornò a
guardare la serva che, sorprendendola, si era fermata un
attimo a guardarla. Era sicuramente la più anziana, viste le
rughe e i capelli grigi, e sicuramente quella con più
esperienza, quindi sapeva bene cosa stava per fare, constatò
la
sacerdotessa.
"Principessa" -
esordì la donna con un po' di tremore nella
voce, sicuramente intimorita dalla figura davanti a lei e dal suo
ruolo, ma
incapace comunque di rimanere in silenzio - "so che quello che sto per
fare non è giusto, e vorrei porgerle le mie scuse. Purtroppo
ci
sono state fatte pressioni e..."
Lo sguardo che
Tamina le rivolse non le permise di proseguire. Era
dolore allo stato puro, quello che stavano per farle era più
che
cancellarle qualche semplice disegno, come avevano spiegato loro poco
prima, era privarla di qualcosa di spiritualmente più
profondo.
"Mi perdoni",
mormorò
ancora, chinando la testa. Avvicinò il panno alla
mano, timorosa, sapendo di compiere uno sbaglio ma legata ad
ordini ai quali non poteva disobbedire. Ancora un centimetro e avrebbe
compiuto il suo dovere.
Le porte si
spalancarono con un tonfo assordante.
"Fermi!"
Tutte rimasero
immobili dov'erano e la serva, con un lungo e
sollevato sospiro, si allontanò dalla mano della principessa.
"Cosa state
facendo?" - domandò arrabbiato il principe Dastan
alla vista delle bacinelle d'acqua calda - "Mi sembra che mio fratello,
il principe Tus, vi abbia chiesto di rinfrescare la
principessa, e
non credo che per farlo serva dell'acqua calda, o sbaglio?"
Tamina, che nel
vederlo entrare aveva trattenuto il fiato, tornò
a respirare. La lacrima che qualche secondo prima stava per scivolare
lungo la sua guancia ora era sparita, e adesso un sorriso si faceva
largo sulle sue labbra, mentre osservava il principe guardare con
disapprovazione ogni serva.
"Ci perdoni
principe Dastan" - a parlare era stata la serva di poco
prima - "alcuni funzionari non hanno approvato che la principessa
apparisse al cospetto del nostro re con i simboli sulle mani e sui
piedi e, come serve, non abbiamo potuto disobbedire. Ci perdoni."
La donna si
inchinò e così fecero le altre, sinceramente
addolorate. Un sorriso intenerito apparve a addolcire l'espressione del
principe, che poggiò una mano sulla spalla della serva e la
invitò ad alzarsi, lei e tutte le altre.
"Scusatemi, so che
non è colpa vostra. Provvederò io a
parlare con questi funzionari, ora però, vi prego di non
cancellare i simboli, so che sono molti importanti per voi,
vero
principessa Tamina?",
chiese con un
sorriso, rivolgendosi alla principessa che, sorpresa, lo
osservò per alcuni secondi, prima di annuire con un gesto
delicato della testa e sorridere a sua volta.
§
Re Sharaman
ammirò i due giovani, futuri, sposi, in piedi
davanti a lui e in attesa della sua benedizione. Non gliel'avrebbe
negata, no di certo, ma non poté fare a meno di notare che
suo
figlio in poco, pochissimo tempo era cambiato molto. Avrebbe giurato
che sarebbe stato spaventato all'idea del matrimonio, e invece era
lì davanti a lui che chiedeva il suo permesso per la sua
unione
con la principessa Tamina.
Li
osservò, poi sorrise.
Poco prima aveva
parlato con tutti e tre i suoi figli riguardo
l'attacco ad Alamut e l'uccisione di suo fratello Nizam, e quello che
aveva scoperto lo aveva sconvolto. Le decisioni prese da Tus subito
dopo la conquista della città celeste, quali per esempio il
cercare la spia, si erano rivelate giuste, e non lo rimproverava per
aver ucciso loro zio. Era stato un gesto dettato dall'affetto verso suo
fratello, dal volerlo proteggere, dal legame che c'era tra i tre
fratelli, la spada che avrebbe difeso quell'impero in futuro. Suo
figlio, nonostante l'errata decisione di attaccare Alamut, aveva poi
fatto tutte sagge scelte, compresa quella di creare un legame
più forte dell'amicizia tramite un matrimonio.
Posò lo
sguardo su suo figlio Dastan che, cercando di nascondere
l'impazienza, e forse anche un po' impacciato, teneva con la propria
mano quella della principessa - il simbolo sul dorso ben
visibile
- sollevate in avanti in modo che il re potesse stringerle tra
le
proprie.
Re Sharaman si fece
scappare una risata, poi lanciò uno sguardo
a Garsiv, che notando anche lui quanto fosse impaziente e impacciato il
fratello, tratteneva a stento le risate, e a Tus, che si mordeva le
labbra per non ridere.
Prese le mani dei
due promessi fra le sue e annuì.
"Come posso non
approvare questo matrimonio? Dastan, principessa Tamina, avete la mia
benedizione."
Dastan
lasciò andare il respiro che aveva trattenuto e sorrise,
voltandosi verso la sua futura sposa, che si girò a
guardarlo
con le labbra arricciate in un sorriso impacciato. Ora non sapevano
davvero cosa fare, nessuno dei due.
Si alzarono urla di
gioia, mentre Bis, il suo amico di infanzia, gli
dava una pacca sulla spalla e brindava al loro futuro insieme. Tus e
Garsiv, nel vederli fermi sul posto, incapaci di reagire e
inconsapevoli di avere ancora le mani intrecciate, non riuscirono a
trattenersi e scoppiarono a ridere, mentre il Re, sorridente, beveva un
bicchiere di vino osservando i due giovani.
"Perché
non ci spostiamo? Qui tra poco cominceranno a fare festa
e sarà un posto veramente poco piacevole per voi, ve lo
assicuro".
"Mi fido di voi,
principe Dastan",
rispose con un
sorriso, seguendolo mentre si allontanavano silenziosi e furtivi dalla
sala, ancora mano nella mano.
"Mi chiedo se non
sia stato il destino degli dèi a unirci",
mormorò
pensosa la principessa, sfiorando con una mano l'acqua della fontana.
"Io credo che
ognuno si crea da solo il proprio destino".
"Ancora con questa
frase, principe Dastan. Sembra essere la vostra preferita",
disse con tono
serio, lasciando trapelare però anche un certo divertimento.
"Beh, un altro dei
miei difetti è pronunciarla spesso. Riuscirete a
sopportarlo?"
Tamina si
girò a guardarlo, divertita. Forse lo avrebbe sopportato, si.
"Credo di si, credo
che lo sopporterò molto volentieri, principe Dastan"
"Dastan, basta con
il principe. So che non è buona cosa e tutto
il resto, principessa Tamina, ma preferisco che mi chiamiate
semplicemente Dastan. Se però preferite continuare a
chiamarmi
principe Da-"
"Va bene Dastan,
allora voi mi chiamerete Tamina"
Il principe di
Persia la guardò sorpreso, spaesato dal sorriso che gli
aveva rivolto.
"E credo che quando
stiamo insieme, almeno fino al giorno dell'unione"
- provò a proporre, felice che la sua amata avesse accettato
così facilmente quella proposta così impertinente
-
"quando siamo soli e lontano da orecchie indiscrete, potremmo anche
ignorare le formalità".
"Adesso non osate
un po' troppo Dastan?"
"È
strano chiamarvi per nome e parlarvi allo stesso tempo con
così tanto distacco, non trovate?",
disse con un
sorriso dolce.
La principessa lo
guardò sorpresa. Le labbra si schiusero
appena, mentre pensosa valutava la risposta. In fondo, il ragionamento
era logico e lei, anche se si erano appena conosciuti, e nel modo
più truce possibile - un attacco alla sua città -
sentiva
di avere un legame con lui, non solo legale, come quello che avrebbero
avuto tra non molto, ma anche spirituale. Qualcosa li aveva sicuramente
già uniti in passato, e li avrebbe uniti in futuro.
Le
loro anime in ogni caso erano sicuramente legate, perché
l'affinità che avvertiva con lui era così forte
che in
alcuni momenti la spaventava, e questo la convinceva che in un qualche
momento del tempo, loro si erano già uniti.
Sentì la
gola secca, mentre la risposta alla domanda prendeva forma nella sua
mente. Deglutì piano.
"Hai ragione
Dastan, possiamo ignorare le formalità, quando siamo soli",
disse con un
sorriso.
La luna era alta
nel cielo quando un raggio illuminò il volto
del principe di Persia chinato su quello della principessa, a lasciarle
un delicato bacio sulla guancia.
"Buona notte Tamina"
La principessa di
Alamut rimase per un attimo sorpresa, poi sorrise.
Stava per rispondere, accingendosi ad entrare nella sua stanza, quando
un rumore li fece voltare entrambi. Non molto distante videro
avvicinarsi Garsiv, che aveva bevuto un po' troppo, accompagnato da un
Tus sobrio ancora per poco.
"Finalmente ti
abbiamo trovato, fratello!"
I due giovani si
lanciarono un'occhiata impacciata, poi, dopo un profondo respiro, la
principessa riprese il controllo.
"Buona notte
principe Dastan",
disse divertita,
chiudendo la porta e lasciandolo in balia dei due fratelli.
Il principe di
Persia rimase per un attimo imbambolato, poi sorrise
divertito, infine decise di unirsi ai due e riportarli da dove erano
venuti, ovvero il salone da cui lui e Tamina erano scappati qualche ora
prima.
Quando
arrivò Bis gli mise in mano un bicchiere e gli diede
un'altra pacca sulla spalla. Suo padre beveva e intratteneva chi gli
stava intorno con perle di saggezza e qualche battuta, i suoi fratelli
invece avevano saggiamente deciso di darsi una calmata e ora stavano
prendendo una bella boccata d'aria sulla terrazza lì di
fronte,
uno poggiato al muro, l'altro alla ringhiera. Si poggiò allo
stipite dell'arcata bianca che dava sulla balconata e li
osservò, poi guardò la luna e sorrise.
Il tempo si era
riavvolto e la storia non si era ripetuta. I suoi
fratelli non erano morti, suo padre nemmeno, Nizam invece si, e non era
arrivato alla Clessidra degli Dèi, e lui ora sposava la sua
amata Tamina. Non si ricordava di lui, ma grazie agli echi che aveva di
quel tempo ora riavvolto, la conosceva bene e l'amava.
Avrebbero
ricominciato tutto da capo, passo dopo passo, e sarebbe stato
bellissimo, come un'avventura nel deserto. Ci sarebbero state tempeste
di sabbia, ma ne sarebbero usciti insieme, e se mai fossero giunti
degli attacchi, lui l'avrebbe protetta.
Bevve il vino e
tornò a
guardare la luna, splendente come il
sole a metà giornata. Sorrise, lasciò il
bicchiere a
uno dei servitori, si avvicinò al davanzale, si diede lo
slancio
e, senza essere notato, si arrampicò lungo il palazzo fino a
raggiungere le stanze di Tamina.
The echoes of the sand are the
echoes of perceptions, the echoes of moments...
the echoes of the sand are a love that crossed the time.
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