Lascialo andare
C A
P I T O L O
U n
i c o
“ Lascialo
andare „
Un
altro pugno di fiocchi di neve danzò in mezzo al vento,
innalzandosi verso il cielo scuro – piuttosto che cadere da
questo come normalmente ci si sarebbe aspettato.
Li guardò così come già aveva fatto per tutti gli
altri rilasciati poco prima, osservando la grazia del loro volteggiare
in maniera così naturale per cercare di raggiungere un soffitto
troppo distante e irraggiungibile, troppo sconfinato e spirituale, una
distesa di blu tanto intenso da sembrare nero, trapuntato da una
quantità infinita di quelle che sembravano pietre talmente
preziose da poter essere possedute solo dalla misticità della
notte – di quella notte.
L'impetuoso oceano che governava, che si agitava nelle sue iridi, si
riempì del riflesso di quei cristalli che, delicatamente,
piroettavano verso quello sfondo buio che racchiudeva però
più vita di una vita intera.
«Provaci tu, ora», la voce di chi le stava accanto la
risvegliò dalla magia che l'aveva completamente catturata e
assorbita in un mondo che si era proiettato nella sua mente,
trasportandola lontano da qualsiasi altra cosa.
Si voltò verso di lui, con lo sguardo della regina fuggita che
era, domandandosi se fosse giusto sentirsi così assurdamente
felice anche dopo aver abbandonato il suo regno sperando di ritrovare
lontano da tutti se stessa, di sentirsi finalmente libera di esistere.
Distolse l'attenzione abbozzando un sorriso a fior di labbra,
concentrandosi su un punto impreciso nell'illimitata distesa di
accecante candore nella quale erano immersi con il più totale
agio – il freddo non li annoiava, il freddo era loro.
Era scappata da tutto ciò che le apparteneva, egoisticamente
impaurita dalla suo timore di aver paura, insensatamente convinta
d'esser destinata alla solitudine – la stessa che l'aveva fatta
prigioniera per tutti quegli anni e verso la quale stava correndo
nuovamente incontro, senza pensare che anche la più totale
libertà poteva comunque tenerla in gabbia.
«Dovrei?», rispose accarezzando i suoi nivei capelli
racchiusi in una treccia laterale. Fu un gesto che le servì a
controllare la fobia d'esser se stessa, a scaricare con quel contatto
ogni brivido di terrore che le corteggiava la pelle da anni, che
l'agghiacciava impedendole di riconoscersi e approvarsi.
Una smorfia pensierosa delineò l'espressione dell’altro,
tanto che si piegò leggermente appoggiandosi meditabondo sul
quel bastone da cui sembrava non volersi separare assolutamente.
«Dovresti tagliarli, sono davvero lunghi» esordì,
cambiando discorso e mutando i dubbi presenti sul suo volto in un
sorriso.
Si riferiva ai suoi capelli, lo sapeva; dannatamente lunghi e
incredibili, infiniti metri estesi su quella consistenza morbida e
leggermente stridente ai loro passi che gli faceva da pavimento –
e nella quale nessuno dei due pareva avvertir disagio
nell’affondare i propri piedi completamente scalzi.
Sorrise anche lei a quelle parole, consapevole che una chioma come la sua non era quanto di più comunemente concepibile.
«Lascialo andare»
continuò lui, senza abbandonare l'incoraggiamento che portava
sul volto fin da quando aveva iniziato ad aiutarla, fin da quando aveva
iniziato a non farla sentire dimenticata come aveva fatto lei stessa
– ferendosi, da sola.
Abbassò gli occhi per guardare le sue esili mani, non
capacitandosi di come queste fossero capaci di fare le stesse cose che
faceva lui – di come queste le avessero causato così tante
rinnegazioni fino al punto di dubitare del suo diritto di vivere
– ma era proprio con lui che era riuscita a sentirsi esente dalle
sue angosce e dalle sue ansie, era proprio con lui che aveva iniziato a
sentirsi davvero la regina di qualcosa, la regina che era sempre stata
senza saperlo – e si chiese se fosse giusto quel che le era stato
riservato; potersi sentire a suo agio solamente con qualcuno che era
identico a lei.
Non c'era gioia nel suo futuro e non c'era futuro nei suoi giorni.
«Ho paura» si fece scappare, strizzando gli occhi e cercando
di trattenere almeno le lacrime che sentiva riempirli con prepotenza,
ma una di questa scappò al suo tentativo di reprimere ancora una
volta la sua voglia di volersi finalmente bene, frantumando tutti
quegli istanti e riversandosi su un cuscino di seta lilla.
Aprì lo sguardo per ritrovarsi davanti non più la buia
coperta ricca di brillanti che aveva prima, ma un soffitto in cui anni
prima aveva dipinto le stesse stelle che ancora ricordava sovrastarla.
Respiri laceranti riempirono i suoi polmoni, graffiandoli e
scuotendoli; di scatto si alzò dal morbido materasso sul quale
aveva dormito fino a che, in quella tarda ora notturna – o troppo
mattutina – non si era
destata dal sonno più intenso in cui era mai caduta, iniziando
disperatamente a cercare di tener incollate nella sua mente le irreali
immagini che l'avevano portata fuori da quella stanza nella quale aveva
vissuto da sempre – e dove sempre avrebbe continuato a vivere
– ma tutto era sfuggente e pian piano anche il più forte
ricordo di quell'incredibile irrealtà nella quale era stata libera di vivere,aveva
iniziato a sfocarsi, lasciandole solo l'ormai distante sensazione di
aver
abbandonato davvero la sua torre, lasciandosi riportare alla
realtà che le mura attorno a lei le stavano violentemente
sbattendo in faccia, apparendole ora più strette che mai –
ma non
poteva dimenticare.
Balzò giù dal letto come se nulla fosse più
importante di quello che stava per fare, lanciandosi con affanno e
fretta sopra il primo foglio che
trovò accartocciato a terra nell'angolo in cui teneva i suoi
colori. Lo riaprì con urgenza, riscoprendo in esso un
piccolo schizzo di poca rilevanza, così ché lo girò
dalla parte bianca e iniziò a stendere, senza pensare, un nuovo
disegno dettato semplicemente dall'adrenalina che riempiva le sue mani
tremanti – minacciata
dalla sua stessa memoria che, lentamente, come una lama di ghiaccio
affondata nel cuore, continuava a soffiare via ogni reminescenza, ogni
impronta di quel sogno ormai lontano, ormai inafferrabile. Non poteva
lasciarlo scappare, non poteva permettere che andasse sprecato –
che venisse risucchiato dall'oblio che custodiva già troppe cose
che le appartenevano – e la sua forza, la sua speranza le avevano
permesso di imprimere per sempre qualcosa di incancellabile che lo
riguardasse, anche se tutto ciò che le era rimasto di quell'illusione che aveva
difeso, senza successo, con tutte le sue forze, era solo una bozza su della carta rovinata.
Restò a guardare quella sua nuova creazione e
rimase incuriosita dalla familiarità e, al contempo, dalla
curiosità che provava per quel ragazzo che era come nato da solo
attraverso il suo pennello; una giacca azzurra e dei pantaloni color
legno lo vestivano e i suoi capelli erano così bianchi e cerei
che si confondevano, quasi, con la sua pelle diafana. Occhi limpidi e
cristallini, zaffiri puri e innocentemente predatori – capaci di
destabilizzare chiunque incappasse
in quello sguardo intensamente caldo e gelido al tempo stesso –
primeggiavano su quel volto che sapeva essere sia beffardo che
amichevole, bizzarramente confortevole.
Era come se qualcuno che conosceva da sempre le fosse
stato portato via, come se le fosse stata strappata con forza e
arroganza una parte di lei che sentiva essenziale per completarla.
Percepiva
la mancanza di una fetta necessaria a riconoscersi, di una porzione di
anima volata via esattamente come i fiocchi di neve che ricordava come
punto d'inizio a quel suo incredibile – e inesistente –
viaggio, e niente l’avrebbe staccata da quel pezzo di carta, per
nulla al mondo, non finché tutto attorno a lei non avrebbe
smesso di girare vorticosamente, non finché non si sarebbe
ricordata almeno il
suo nome.
F I N
E
»
N O T E
A U T R I C E
;
Oook, questa shot la volevo scrivere da tantissimo. Ho sempre trovato Elsa straordinariamente simile a Rapunzel
fisicamente, ed è per questo che ho voluto riproporre una
Rapunzel nelle vesti di Elsa, nel suo sogno – l’unica
differenza estetica sta nella lunghezza dei capelli, che ho voluto
mantenere chilometrica. x°
Trovo inoltre che anche i loro backgrounds si somiglino parecchio
– entrambe imprigionate in quattro mura per via del loro potere
– e in un qualche modo, sebbene siano accomunate dal non poter
interagire con il mondo che è stato loro negato, il loro modo di
convivere con la situazione in cui si trovano ha sfumature lievemente
diverse; in Frozen, Elsa l'ho avvertita come se non si sentisse libera di esistere, mentre in Tangled, Rapunzel è come se non fosse libera di vivere
– e spero si sia colto l’accostamento di queste due frasi
nella storia, perché sono fondamentali secondo me per collegare
le due ragazze in una sola persona.
Sostanzialmente, comunque, questa è una Jack x Rapunzel, ma spero
possa essere stata una piacevole lettura anche per gli amanti della
Jack x Elsa – che personalmente non amo nemmeno un po', ma ta daaan~
Come al solito, grazie a chiunque abbia letto questo mio ennesimo
lavoretto. Mi auguro di avervi riproposto qualcosa di ricordabile e,
ovviamente, spero possiate lasciarmi pareri positivi. :))
Un saluto e alla prossima,
©
a u t u m n
|