Queste sono cose da fratelli
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Queste sono cose da fratelli -
Dedicata a te ancora una
volta.
Perché sì.
Auguri in ritardo, Lara.
Sophia si stava annoiando. Si stava annoiando tanto da sentire la
pressione dello sbadiglio sulle labbra, ma l’uomo davanti a
lei – una disgustosa, rotondeggiante, palla di grasso,
vestita di viola che rispondeva al titolo di Lord Von Hounten
– continuava a parlare incessantemente. Era così
lento ed esasperante che lei si sarebbe volentieri buttata da una
finestra della residenza dei Blackmore, se con lei non ci fosse stato
Cain.
L’angelico redivivo stava in un angolo, sveglio da poco dopo
il tramonto, e sghignazzava di tanto in tanto quando lei gli rivolgeva
delle occhiate disperate, in cerca di aiuto, facendo, quindi, deformare
l’ombra tremolante e importante del Lord alla luce delle
candele e del caminetto.
“State ascoltando, principessa Sophia?” La voce di
Bryce Vandemberg la scosse e lei annuì vigorosamente,
nonostante avesse perso gli ultimi dieci minuti d’istruzioni.
“Molto bene. Dunque, mi prendo il permesso di uscire, ma
tornerò quanto prima. Confido in voi Lord von
Hounten.” Sophia avrebbe voluto pregarlo di restare, ma il
suo tutore era già uscito, sorridendole allegro e tronfio
del suo, finto, successo.
Cain, nel frattempo, si era spostato vicino a una delle statue presenti
nella stanza e, mentre la sorella cercava di capire quale fosse il suo
intento, assumeva la posa del marmo e la sua perfetta
immobilità. La giovane Blackmore emise una risatina,
svegliandosi da quel torpore e smettendo del tutto di ascoltare, troppo
presa dal gioco fraterno.
Il biondo, vedendo che le sue azioni stavano avendo successo,
continuò la sua opera, spostandosi nuovamente accanto a un
busto di un vecchio parente, imitandone l’espressione e
facendo sorridere nuovamente la ragazza che cercava invano di
contenersi.
“Vi fa ridere parlare di guerre, mia signora?” Il
Lord Porcello – così lo avevano battezzato i due
fratelli Blackmore – l’aveva beccata.
“Assolutamente no, non stavo ridendo!” Fece la sua
migliore espressione indignata da tale offesa e l’uomo
sembrò convincersi.
L’eterno fanciullo, però, era di un altro avviso
e, trovando attraente la riproduzione fedele di una donna in un quadro
appeso, decise di continuare il suo gioco. Nell’istante
preciso in cui il giovane s’immobilizzò, la porta
della stanza si aprì, mentre Alexis portava da mangiare e da
bere e annunciava l’entrata di Ashton e Adrian Blackmore
dietro di lui.
Il redivivo più anziano – l’idolo delle
cortigiane e di tutte le altre donne per bene, assiduo frequentatore di
cimiteri e tombe inviolabili, nonché migliore amico non vivo
di Eloise Weiss – finse garbatamente di non notare quello
che, da vivo, sarebbe dovuto diventare re. Si avvicinò,
anzi, a Sophia e le sussurrò a un orecchio: “Ne
deduco che siate entrambi molto interessati a quello che sta
dicendo.”
Lei sorrise imbarazzata, mentre Adrian faceva il suo ingresso e si
raggelava all’istante, fissando il compagno più
giovane, ancora intento a imitare i busti, le espressioni e le
pettinature degli antichi parenti.
Nonostante tutto il Lord sembrava non accorgersi di nulla e continuava
a parlare imperterrito. Adrian fissava Cain, cercando forse di
ammonirlo con lo sguardo. Lui, per tutta risposta, fece risalire
un’ombra sulla sua gamba, sorridendo. Ashton si limitava a
osservare la scena, comodamente seduto vicino a Sophia,
quest’ultima indecisa se scappare o ridere.
“Lord Von Hounten, spero non vi offenderete se io e il
giovane Cain non assisteremo al resto della lezione. Purtroppo abbiamo
delle incombenze da sistemare.”. Riuscì a
proferire Adrian con la solita eleganza e calma, dopo quasi cinque
minuti.
“No, certo. Ma Cain? Cain Blackmore? “Chiese
l’uomo, perplesso. “Perché? Si trova
qui?”
La risata cristallina di Cain fece vibrare le ombre nella stanza e
spaventare il Lord, mentre Adrian lo raggiungeva a grandi passi,
spingendolo verso la porta delicatamente, ma tenendo la mano ferma su
una sua spalla. “Fuori.” Sussurrò
così piano, in modo che solo i vampiri potessero sentire.
Il biondo si lasciò trascinare, fermandosi solo davanti alla
sorella e mormorando: “Salutami il Lord Porcello anche per me
appena esce da qui.”, suscitando un sorriso in Ashton, una
nuova ondata d’imbarazzo in Sophia e una spinta
più vigorosa da parte di Adrian.
La principessa fissò la porta chiudersi, pensando
chiaramente che oltre a essere grasso, noioso, esasperante e cieco, Von
Hounten fosse anche sordo per non sentire il rimprovero esasperato del
parente più vecchio fuori dalla stanza.
“Cain, Lord Porcello! Ma cosa ti sei permesso di dire una
cosa simile? E perché mai eri lì
dentro?”
“Oh Adrian! Mi stai dicendo che è magro? E Sophia
si sarebbe addormentata se non fossi entrato!”.
“Non-“ Si udì il redivivo più
anziano sospirare. “Non farlo mai più. Io
l’educazione ho tentato di insegnartela e non credo sia stata
una totale perdita di tempo.”.
“Quindi, mi stai dando ragione.”
Sophia immaginò perfettamente l’espressione
sorniona del fratello, mentre pronunciava quelle parole.
“Muoviti Cain, usciamo.”
La risata divertita, eternamente giovane e chiara come
l’acqua di quello che era stato Haydan Lusian Blackmore
rimbalzò un’ultima volta tra le pareti, mentre
Ashton scuoteva la testa.
E Sophia pensò che, in fin dei conti, anche quelle lezioni
potessero risultare divertenti.
*Nella tana della Lepre*
Dedicata sempre a Lara, ispirazione presa da una gita al museo Correr
di Venezia.
Io stessa mi sono messa a imitare le varie statue e sì, ho
pensato che Cain potesse farlo.
Probabilmente va un po' ooc, ma mi sono divertita a scriverne.
Lord Porcello non esiste, non esiste un Von Hounten (per fortuna).
Spero vi piaccia (°-°)/
Ciao ^^
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