Mae
g'ovannen! E’
con grande piacere che posto (finalmente) la mia
prima fanfiction in questa sezione. La mia passione per Il Signore
degli Anelli
e, in generale, per tutti gli scritti di Tolkien, è nata
anni fa, e da allora
ha accompagnato ogni fase della mia vita. Tante volte ho pensato di
scrivere
qualcosa su questa magnifica saga, ma mi ha trattenuta dal farlo la
paura di
poter in qualche modo “profanare” la storia
originale. Per questo ho deciso di
dedicarmi a due personaggi appena accennati nei libri: Elladan ed
Elrohir. Chi
ha visto solo i film potrebbe non conoscerli, visto che lì
non sono presenti,
ma comunque non dovrebbe avere problemi a leggere questa ff. Vi basta
sapere
che sono i figli gemelli di Elrond, fratelli maggiori di Arwen. Spero
che questo
primo capitolo vi piaccia; se avete suggerimenti, critiche, inviti a
darmi all’ippica,
commenti ecc… non esitate a farvi vivi.
Un suono cristallino
risuonò
nella foresta. Un suono dolce e raro come la pioggia d'estate. Erano le
risa di
due bambini. Le loro fattezze erano del tutto identiche per chiunque
non avesse
avuto modo di conoscerli a fondo. I capelli scuri e lisci, gli occhi
grigi come
il cielo in tempesta, la pelle candida e le orecchie a punta denotavano
la loro
appartenenza alla nobile razza degli Elfi.
I gemelli fingevano di affrontarsi in combattimento brandendo spade di
legno
dagli spigoli smussati. Attorno a loro, la foresta era silenziosa in
maniera
innaturale. L'aria era immobile e gli alberi stavano lentamente
perdendo le
loro foglie, che ormai ricoprivano ogni angolo di terreno.
I piccoli elfi erano così concentrati nel loro gioco che non
si accorsero della
voce preoccupata che chiamava i loro nomi. Il combattimento era tanto
serrato
quanto attentamente misurato: ciascuno si impegnava a non ferire
accidentalmente l’altro. Il legame che univa i due fratelli
era speciale e
misterioso. Sin dalla nascita, i gemelli erano in grado di scambiarsi
pensieri
ed emozioni, con effetti non sempre gradevoli per entrambi. Il dolore,
per
esempio, era la sensazione che più facilmente condividevano,
volenti o nolenti.
Solo quando il richiamo si fece più vicino e più
allarmato, i bambini
abbassarono le spade e si guardarono intorno in cerca della provenienza
di
quella voce familiare.
<< Elladan! Elrohir! >>.
Gli elfi corsero nella direzione dalla quale erano venuti, i sorrisi
spensierati ancora dipinti in volto.
<< Adar!
>>, esclamò
Elrohir quando scorse l'alta figura che veniva verso di loro. Elrond,
figlio di
Earendil, Signore di Gran Burrone, era preoccupato e al contempo
sollevato per
aver ritrovato i propri figli.
<< Vi avevo detto di non allontanarvi >>,
disse con tono severo.
Elladan abbassò lo sguardo, ammettendo silenziosamente le
proprie colpe;
Elrohir, invece, replicò, << Non ci siamo
allontanati molto, eravamo
solo... >>.
<< Non importa. Ora camminate svelti e in silenzio,
restate dietro di me
>>.
Solo allora i gemelli compresero che c'era qualcosa che non andava.
Elrond
teneva la mano destra sull'elsa della spada e sembrava pronto a
sfoderarla al
più presto. Fino a pochi istanti prima non avevano provato
altro che
eccitazione e orgoglio per essere riusciti finalmente a convincere
Elrond a
portarli con sé durante un'ispezione della foresta adiacente
a Gran Burrone. Si
erano incamminati con una compagnia di otto elfi armati di arco e
spada, alcuni
tra le migliori guardie della città.
Ma quando avevano visto la preoccupazione nello sguardo del padre
avevano
capito che il pericolo era vicino. Elladan chiese in un sussurro,
<< Man presta le, adar? Prestad?
>>,
chiese Elladan.
Elrond rispose senza voltarsi. Per qualche secondo l'unico rumore
udibile fu il
fruscio dei passi degli elfi sul terreno coperto di foglie.
<< Hanno avvistato degli orchi>>.
<< Ias?
>>.
<< Andrete ad ucciderli? >>, chiese Elrohir.
<< Solo dopo che sarete tornati a casa >>.
Nessuno dei due osò protestare. Desideravano ardentemente
vedere una vera
battaglia, ma sapevano che Elrond non glie l'avrebbe permesso
finché non
fossero cresciuti.
Quando raggiunsero il resto della compagnia videro molte spade
sfoderate e le
guardie che parlavano sommessamente.
<< Gli orchi non sembrano essersi accorti di noi, ma
marciano verso i
nostri confini. Siamo in numero sufficiente per sconfiggerli senza
subire
perdite significative >>, disse uno di loro non appena
vide Elrond.
<< Ogni perdita è significativa. Teliadir,
accompagna a casa i miei figli
e invia dieci guerrieri. Li attaccheranno frontalmente, mentre noi
arriveremo
alle loro spalle >>.
<< Sì, signore >>.
Teliadir, uno dei guerrieri meno esperti, dal viso gioviale e lo
sguardo
sereno, si avvicinò portando per le redini il piccolo
cavallo sul quale
cavalcavano i gemelli.
Elrond s'inginocchiò per guardarli negli occhi e disse,
<< Un giorno
questo compito spetterà a voi. Non abbiate fretta di
crescere, poiché sono
pochi gli anni che trascorrerete nella spensieratezza e molti negli
affanni che
la sapienza comporta >>, la sua voce si era addolcita e
aveva perso
quella nota di rimprovero che li aveva intimiditi poco prima.
Prese le loro spade di legno, li aiutò a salire in sella e
poi glie le
riconsegnò.
<< Mi affido a voi affinché badiate a Teliadir
>>, sussurrò.
I piccoli elfi sorrisero, dimenticando la paura.
Si guardarono indietro un'ultima volta mentre il loro cavallo galoppava
verso
Gran Burrone, l'Ultima Casa Accogliente.
Traduzione
delle frasi in Sindarin.
Adar:
padre
Man
presta le, adar?:
Cosa
ti turba, padre?
Prestad?:
C'è
pericolo?
Ias?:
Dove?
P.s.
ho scritto alcuni dialoghi in Sindarin (e
talvolta in Quenya) per rendere più verosimili le
conversazioni. Nonostante ciò
non sono un’esperta di lingua elfica, quindi, se doveste
notare degli errori,
fatemelo sapere e li correggerò.
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