Una storia un po’ strana, tra sogno e
realtà che mi ha ispirato un cartone che ho visto con mio fratello. La
canzone è “Domani”, dei Pooh, e vi consiglio davvero
di ascoltarla perché, a mio avviso, è uno dei più grandi tra i loro piccoli
capolavori.
Un besito a todas
las chicas que me leen!
Temperance
Domani
Rubando le parole a Jovanotti….
A te che sei una roccia, sei una pianta, sei un uragano
Sei l’orizzonte che mi accoglie quando
mi allontano.
“Davvero, io non lo reggo!” Esclamò Kelsi,
camminando tra gli stand della fiera di Albuquerque senza nemmeno guardarsi intorno.
“Oh, dai, non può essere così male… secondo me, poi, tu gli
piaci.” Esclamò Martha, prendendo l’amica sottobraccio
con fare cospirativo. “E, fossi in te, un pensierino ce lo
farei! Non è proprio da buttare via, il ragazzo.”
“Martha, non lo dire nemmeno per scherzo!” Replicò la
pianista, indignata. “Io ed Evans siamo
due pianeti opposti, lontani mille miglia e il pomeriggio che ho passato con
lui lavorando a quell’accidenti di progetto per la Darbus mi basterà per tutta la vita!”
“A me no, invece….” Sussurrò Ryan
che, seduto su una panchina, aveva ascoltato proprio la parte del discorso
delle ragazze riferita a lui.
Un discorso che gli aveva fatto davvero male, come se Kelsi, con quelle parole, gli avesse infilzato una vagonata
di spilli nel cuore.
Era esaltatissimo al pensiero di dover fare il lavoro sulla
musica del sedicesimo secolo con lei…o, almeno, lo era stato fino a quel
momento. Quella mattina si era cambiato cinque volte, cercando di capire quale
era la mise che le sarebbe piaciuta di più… era stato
gentile, l’aveva trattata bene, comeuna principessa….quasi come era costretto a trattare Sharpay.
Insomma, aveva messo in gioco tutte
le sue carte migliori, eppure lei ancora non lo sopportava.
Che doveva fare per farsi notare da
quella ragazza?
Il giovane sospirò: probabilmente, non ci sarebbe mai
riuscito. Forse avrebbe fatto meglio a lasciar perdere.
Dopotutto, a settembre sarebbe andato a New York, alla
Julliard e non l’avrebbe più vista.
Non sapeva se fosse un bene o un male.
Forse standogli lontana si sarebbe resa conto di non poter
fare a meno di lui…o forse lui l’avrebbe semplicemente dimenticata.
Certo, c’era anche la possibilità che le cose rimanessero esattamente come stavano, ma non ci voleva
nemmeno pensare.
Lei sarebbe stata felice vedendolo partire.
Lui sarebbe stato felice non vedendola ogni giorno.
E poi chissà….
Lascia che la vita ci
sorprenda
Anche
se significa dirsi addio
Non c’è mai un’ultima
primavera
Se si può rinascere, che avventura
E
poi quando troverai
L’isola
che non c’è
Mi basta una cartolina
Io sto bene
Verso l’una Kelsi
aprì la porta della sua camera e si lasciò cadere sul letto, sfinita dalla
serata appena trascorsa con la sua migliore amica.
Il malumore, però, non era ancora riuscita
a farselo passare ed era certa che, se avesse cercato di prendere sonno,
sarebbe tornato più forte che mai, quindi decise di dedicarsi al suo unico
acquisto di quella sera che, poi, acquisto era solo tra virgolette.
Poco prima di andare via, Martha l’aveva trascinata praticamente a forza nella tenda di un’indovina, dicendo che
sarebbe stato bello farsi predire il futuro.
Personalmente, lei credeva che fossero
solo idiozie, ma la maga era simpatica e, cosa alquanto rara, a buon
mercato. Diceva di essere una vera sensitiva, per quanto questo potesse
sembrare strano, e le aveva piantato in mano una vecchia moneta, dicendole di
metterla sotto al cuscino prima di addormentarsi. In
quel modo avrebbe visto chiaramente alcune ore del proprio futuro in sogno.
Era una moneta piuttosto particolare, con un buco in centro
e sembrava molto, molto antica. La donna aveva spiegato che quella
e tutte le altre che teneva nella sua borsa erano appartenute ad un
santone indiano e che lei ne era venuta in possesso proprio grazie ad una delle
sue visioni.
“Che scemenza…” Sussurrò la
ragazza, mentre uno sbadiglio la costringeva a spalancare la bocca in modo non
proprio aggraziato.
Pazienza… di certo i suoi poster non gliene avrebbero fatto
una colpa.
Il sonno, però, era arrivato, così Kelsi
si mise velocemente il pijama e si infilò
sotto le coperte, la moneta al suo posto tra cuscino e materasso.
“Tanto non funziona…” Fu il suo ultimo
pensiero prima di addormentarsi.
Dietro la
curva c’è il mare
E le nuove
stagioni del cuore
Domani…
Ci inventeremo
che cosa faremo da grandi
Domani…
Forse sognare
è un difetto
Ma chi lo
conosce il domani…
Quando Kelsi aprì gli occhi, si
trovava in un grande supermercato che, di certo, non eraquel buco del centro commerciale di Albuquerque.
Si trovava nel banco dei surgelati.
Non vicina.
Dentro al banco.
La prima cosa che fece, perciò, fu tentare di scavalcare il
piccolo frigorifero, ma si ritrovò dall’altra parte prima ancora di avere
iniziato la faticosa operazione.
“Ma che diamine…”
“È il tuo sogno, Kelsi, puoi fare
quello che vuoi, qui.” Una voce familiare e piuttosto
irritante, la costrinse a voltarsi. Un ragazzo alto e sottile, vestito in modo
colorato oltre misura e con una fedora dorata storta
sui capelli color del grano la fissava, divertito, appoggiato al muro.
“Evans, nemmeno di notte mi lasci
in pace?”
Ryan si strinse nelle spalle, come
per dire che non era colpa sua: dopotutto era lei che
stava sognando.
“Allora…hai una passione per i supermercati o ti trovi qui
per qualche motivo particolare?”
“E che ne so? Mica decido io cosa
sognare, o tu non saresti qui.”
“Scusa… volevo solo fare conversazione.”
“Evita, la prossima volta.” Rispose la ragazza in malo modo,
iniziando a camminare lungo il corridoio bianco.
In un attimo Ryan fu al suo
fianco.
“Sicura che non c’entra la moneta?” Domandò, facendola
sussultare.
“Evans!” Strillò.
Nessuno dei presenti sembrò accorgersene.
Mentre stava per iniziare una lunga
arringa su quanto il suo accompagnatore fosse noioso, superficiale ed
assolutamente insopportabile, una bambina attraversò Ryan
di corsa, facendogli perdere l’equilibrio.
“Ti ha fatto male?” Domandò Kelsi, posandogli con fare protettivo una mano sulla
spalla, per poi ritrarla subito, quando si rese conto di ciò che stava facendo.
“No…nemmeno l’ho sentita.” Replicò il giovane con un sorriso
disarmante.
“Mamma, vieni a vedere!” Gridava la bambina dai lunghi ricci
biondi, saltellando vicino allo scaffale dei giocattoli.
“Ho l’impressione che per te sarà molto interessante vedere
la madre di quella piccolina.” Sussurrò Ryan all’orecchio di Kelsi, come
se chi gli stava intorno avesse potuto sentirlo.
Kelsi stava per rispondere di
stare il più lontano possibile da lei, ma le parole le morirono in gola quando vide una donna sui trent’anni
avvicinarsi, sorridente, spingendo un carrello..
Era alta come lei, con grandi occhi verdi nascosti da un
paio di occhiali privi di montatura. I capelli, mossi
e castani, spuntavano da sotto un pesante cappello di lana e il ventre gonfio,
anche sotto al cappotto imbottito, indicava un
avanzato stato di gravidanza.
“Oh mio….” Kelsi si portò le mani
alla bocca, sgranando gli occhi, mentre la donna la sorpassava e Ryan la guardava, soddisfatto. Quella…quella è…sono…”
“Quella è la professoressa Kelsi Emerald Nielsen, insegnante di
musica al conservatorio di Albuquerque
e quella è sua… beh, tua figlia, Amanda.”
“Come…perché sto sognando queste cose?”
“La moneta della veggente.” Rispose Ryan,
come se fosse stata la cosa più logica del mondo. “Il piccolo non so come si chiamerà…qualcosa con la R….Ron,
Ray…boh…”
I due riportarono la loro attenzione su madre e figlia che,
chine sulla mensola più bassa dello scaffale, sfogliavano
alcuni album da colorare con le figure dei film Disney.
Pareva che fossero indecise tra “Alla ricerca di Nemo” e “High School Musical.”
“Che dici, aspettiamo papà e
facciamo scegliere a lui?” Amanda annuì energicamente, senza alzare gli occhi
dai due giornaletti.
“Uh uh…a quanto pare ora vedremo
chi sarà l’uomo della tua vita.” Disse Ryan, facendo sobbalzare Kelsi,
totalmente persa ad ammirare la versione più vecchia di se stessa.
“Sei sempre bellissima…” Le sussurrò Ryan
all’orecchio, posandole un bacio leggero sulla guancia.
“Evans, ma che stai….” Ancora una
volta, la sua frase fu interrotta dall’arrivo d una terza persona, che andò ad
unirsi alla famigliola, lasciando la ragazza letteralmente di stucco.
“Papy!” Esclamò Amanda,
correndogli incontro sventolando i due album. “Papy,
quale prendo?”
Il giovane uomo prese in braccio la bambina e strofinò un
paio di volte il naso contro il suo, prima di guardare i libretti.
“Quello…quello è…quello sei…”
Ryan ridacchiò sommessamente,
evidentemente divertito dall’espressione di lei.
“Sorpresa! Sembriamo proprio una bella famiglia, eh?”
Domandò, mentre il Ryan adulto si avvicinava a sua
moglie, chiedendole qualcosa a proposito della marca di pannolini che aveva intenzione di comperare.
“Io e te? No… non è possibile… non è…”
“Non è ora, ma sarà.” Replicò lui, sibillino.
“No no no no, Evans!” Esclamarono insieme le due Kelsi,
una riferita al proprio futuro, l’altra ai pannolini.
La più giovane delle due si bloccò per un istante, poi
scosse velocemente la testa e continuò:
“Non sarà mai, Ryan. Io e te…
insomma… non ci siamo mai piaciuti e…”
“Io non sono mai piaciuto a te, il
contrario non l’ha mai detto nessuno. Anzi…”
“Oh, Ry…” Si lasciò sfuggire lei
in un attimo di tenerezza dovuto alla scoperta dei sentimenti che il giovane
provava per lei. Attimo dal quale, però, si riprese quasi istantaneamente.” “Ma noi non possiamo stare insieme… insomma, non ti reggo
per più di cinque minuti, è sempre stato così e così sempre sarà, per non
parlare di tua sorella, che è l’ultima persona che vorrei
come cognata e…”
“Kelsi…”
“Lasciami finire. Non credo che…”
“Kelsi, svegliati!” Esclamò Ryan scuotendola per una spalla.
Kelsi Nielsen
aprì gli occhi nella sua stanza al terzo piano del condomino nel centro di Albuquerque dove viveva da
quando era nata. Sua madre, sopra di lei, la chiamava, scuotendola per una
spalla come aveva fatto Ryan pochi istanti prima.
“Kelsi, tesoro, non hai sentito la
sveglia: devi andare a scuola!”
“Ok, mamy,
ora mi alzo.” Rispose la ragazza e, non appena la signora Nielsen
fu fuori dalla stanza, infilò la mano sotto al
cuscino, alla ricerca della moneta che, però, sembrava essersi volatilizzata.
Eppure era così sicura di averla
messa lì, la sera prima…
Oh, beh, poco male… in fondo non ci aveva mai creduto:
quello stupido sogno era stato soltanto un sogno e
nessun destino era segnato, tanto meno il suo.
Anche se va un
attimo via la luna
Ogni addio può
essere libertà
La realtà
moltiplica luci e ombre
Ci darà da
vivere senza noi
NEW YORK, OTTOBRE 2008
Ryan rientrò nell’appartamento
ultra lussuoso che suo padre gli aveva comprato in centro a New
York verso le sei di sera, dopo aver trascorso la mattinata a scuola e il
pomeriggio a girovagare senza meta con i suoi nuovi amici.
La vita nella Grande Mela non era poi così male: aveva
conosciuto dei ragazzi simpaticissimi che condividevano le sue passioni e lo
capivano come nessuno aveva mai fatto e, tra scuola e prove, aveva ben pochi
secondi per pensare al New Mexico e alle persone che
vi aveva lasciato.
Kelsi, naturalmente, era sempre
rimasta nel suo cuore ma, con tutto quello che aveva
da fare, era molto più facile evitare di vedersela davanti ogni secondo.
Di giorno, almeno, era così, mentre di
notte… beh, di notte era tutta un’altra storia.
In quel momento, comunque, il suo
principale dilemma era decidere se prendere la via più semplice, ordinando una
pizza o del cibo cinese, o quella più difficile, rischiando di nuovo di dare
fuoco alla casa tentando di prepararsi un piatto di pasta anche solo vagamente
commestibile.
Aveva appena deciso che quella era la serata giusta per
sfidare la sorte accendendo i fornelli, quando notò che la spia della
segreteria telefonica lampeggiava.
I messaggi erano tre, due dei quali erano stati lasciati da Sharpay, che lo metteva a parte dei suoi ultimi acquisti
alle “favolose esposizioni di Valentino e Gucci” che
si erano tenute a Baltimora il giorno prima.
Tutto regolare.
Fu la terza registrazione a lasciarlo letteralmente di
stucco.
“Ehm… sì… ciao, Ev… Ryan, sono Kelsi.
Ti chiamo perché...a dire il vero, non lo so bene il perché, però, dato che
ormai sono qui… volevo dirti che la settimana prossima
sarò a New York e quindi… beh, mi farebbe piacere rivederti, se ti va… ok… credo…devo… insomma, ciao.”
Ryan sorrise, stupito e felice e, una volta deciso che la pasta poteva aspettare,
sollevò la cornetta e compose velocemente il numero dal quale era stato
lasciato l’ultimo messaggio.
E si può
dividersi e non sparire
Se è così riabbracciami quando vuoi
E poi non sarà
mai tardi
Per farci
vedere insieme
Sicuri di chi
ci ama domani
“Io direi ‘Alla ricerca di Nemo’.”
Sentenziò Ryan, restituendo entrambi gli album alla
figlia, mentre Kelsi li guardava con una strana
sensazione di dejavu.
Eccola lì, la sua famiglia…. Una famiglia che, se lei non
avesse messo a tacere il suo sciocco orgoglio da
ragazza di periferia, ammettendo di essersi innamorata di un ragazzo ricco,
pieno di sé e maledettamente gentile, non avrebbe mai avuto.
Tutto sommato, le veniva molto più
facile essere felice, ora che un uomo meraviglioso e due bambini, uno dei quali
non ancora nato, l’avevano aiutata a superare la sua paura di amare.
Ora sapeva che l’odio e l’amore sono
divisi da una linea troppo sottile per risultare una separazione netta,
che non tutti gli addii e le partenze sono, dopotutto, una cosa così tremenda
e, soprattutto, che da un errore di valutazione di può guadagnare molto, molto
di più che da una scelta di cui abbia soppesato ogni variabile ed implicazione
futura.
Basta trovare
il coraggio
La parte
migliore del viaggio è domani
Domani…
Grandi
partenze e speranze
Di avere
ragione domani
Domani…
Manca la luce
un istante
Ma niente
finisce domani
Domani…
Precipitare ci insegna a volare
Domani…
Non credeva di essere una persona migliore di quanto non
fosse prima.
Era una semplice donna, forse un po’ più fortunata di tante
altre, che aveva capito che non valeva la pena perdere tempo ad odiare una persona quando bastava così poco per amarla e rendere la
propria vita un po’ meno vuota, un po’ meno casuale.
Almeno fino a domani.
Vivere per
vivere
Perché il
mondo finirà
… ma non domani…