Salve a tutti! Grazie
alle due persone che hanno recensito il primo capitolo…
adesso spero di leggere
anche qualche altra opinione, positiva o negativa che sia. Questo
secondo
capitolo è ambientato quando i gemelli hanno circa sedici
anni.
Elrohir tese l'arco fino a
sentire l'impennaggio della freccia sfiorargli la guancia, i muscoli
delle
braccia che dolevano per lo sforzo. Quella mattina era riuscito a
sgattaiolare
nell'armeria e a prendere uno degli archi più belli.
Sospettava che
appartenesse a Glorfindel. "Lo prendo solo in prestito, lo
restituirò
presto", si era detto.
Mirò al bersaglio di paglia posizionato di fronte a
sé e rilasciò la corda. La
freccia tagliò l'aria, mancò il bersaglio e
andò a conficcarsi nel tronco di un
albero.
"Forse avrei dovuto calcolare la direzione del vento",
pensò. Ma
l'aria era immobile e tiepida. Elrohir non si diede per vinto e
incoccò
un'altra freccia. Tendere quell'arco troppo grande diventava sempre
più
difficile, ma il giovane elfo riuscì nell'impresa. La
seconda freccia si fermò
sul bordo del bersaglio.
Elrohir accolse con soddisfazione il miglioramento, ma poi
pensò con amarezza:
"Elladan è sempre stato più bravo di me con
l'arco". Suo fratello
riusciva a centrare il bersaglio la maggior parte delle volte, e ogni
volta che
si esercitava scopriva di poter tirare più lontano e con
più precisione.
Elrohir, invece, eccelleva nel combattimento con la spada. Aveva
iniziato da
poco a prendere lezioni, ma era già in grado di sferrare
colpi rapidi e forti.
L'elfo stava tendendo la corda per la terza volta, quando qualcosa lo
costrinse
a fermarsi.
Paura e dolore s'insinuarono nella sua mente come un'erba velenosa.
Elrohir si
guardò intorno, allarmato. Era in uno dei giardini di Gran
Burrone, il cielo
era limpido e il silenzio era interrotto solo dal basso chiacchierare
degli
elfi che passeggiavano. Accanto a lui c'erano altri che facevano
pratica di
tiro con l'arco, ma nessuno sembrava condividere il suo disagio.
Elrohir capì che non si trattava del senso di pericolo che
talvolta lo metteva
in guardia quando usciva dai confini di notte oppure quando stava per
arrivare
una tempesta, era puro terrore. D'istinto pensò ad Elladan.
Non sapeva dove
fosse. Odiava non sapere.
La paura
aumentò, così come il
dolore, acuto e penetrante.
Elrohir lasciò
cadere a terra
l'arco. All'improvviso aveva capito. Era Elladan ad essere in pericolo.
Quella
sensazione non gli era del tutto nuova: quando suo fratello provava
forti
emozioni o quando aveva bisogno di lui, Elrohir poteva sentirlo.
Strinse l'elsa del pugnale che portava al fianco. Era stato un regalo
di suo
padre per il suo quindicesimo compleanno. Aveva inciso sull'elsa la
parola "Laich”, a
rappresentare il suo
temperamento fiero e impetuoso. Elladan ne aveva ricevuto uno uguale,
ma con la
scritta "Arod", riferita
alla sua nobiltà d’animo. Quelle parole avevano il
potere di racchiudere la
loro essenza, tanto che spesso le utilizzavano al posto dei loro nomi.
Elrohir si chiese se non dovesse avvisare qualcuno, ma cosa avrebbe
potuto
dire? Avrebbe solo perso tempo per spiegare il motivo della sua
agitazione.
Decise di agire da solo.
Prese il suo cavallo, Nòrui. << Gwaem!
Noro! >>.
Attraversò i
confini della
città ignorando le domande affrettate che gli posero le
sentinelle. Ogni volta
che chiudeva gli occhi, Elrohir vedeva di sfuggita i rami della
foresta,
taglienti e dolorosi come fruste, poi l'oscurità. Mentre
guidava il suo cavallo
tra i fitti tronchi degli alberi sapeva istintivamente dove andare, ed
era come
se Nòrui assecondasse i suoi pensieri.
<< Daro
>>, disse
all'improvviso. Aveva riconosciuto un albero dalla particolare forma
inclinata.
Lo ricordava, anche se i suoi occhi non l'avevano mai visto. Scese da
cavallo e
proseguì a piedi, guardandosi intorno con circospezione.
Sentiva che Elladan
era vicino. La sua paura era come la punta di una spada dietro la
schiena.
Arrivò ad esaminare l'albero inclinato. Scoprì
che in realtà era stato
sradicato e un grosso buco era stato scavato dove un tempo poggiavano
le sue
radici. Elrohir agì senza riflettere. La fossa era
abbastanza larga perché lui
potesse entrarci senza fatica. Allargò le gambe, facendo
presa con i piedi
sulle pareti di terra, e si aiutò a scendere con le braccia.
Era più profondo
di quanto si era aspettato. Non poteva essere un luogo di origine
naturale.
Quando finalmente riuscì a toccare il fondo era esausto.
L'oscurità era quasi
totale, ma Elrohir poteva intravedere una sorta di tunnel sotterraneo.
<< Elladan! >>, chiamò, sentendo
forte la presenza del fratello.
Un fruscio lo fece voltare di scatto. Prese il pugnale e
avanzò tenendolo
davanti a sé. << Elladan >>,
chiamò di nuovo.
<< Muindor
>>, fu poco
più che un sussurro, ma Elrohir lo udì
chiaramente. Rinfoderò il pugnale e
seguì la voce di Elladan. Presto scoprì di poter
udire anche il suo respiro
affannoso. << Sto arrivando. Non muoverti
>>.
Elrohir percorse a tentoni gli ultimi passi quando intravide la sagoma
di
Elladan accovacciata sul terreno. S'inginocchiò accanto a
lui e poggiò le mani
sulle sue. Stava tremando. << Stai bene?
>>, chiese Elrohir
allarmato.
Dal momento in cui toccò Elladan non ebbe più
bisogno di parole per capire cosa
fosse successo. Era quel luogo piccolo e buio a terrorizzarlo. Le
pareti
strette attorno a lui erano come il peggiore degli incubi fatto
realtà. Era
paralizzato dalla paura.
<< Av 'osto. Aphado nin
>>.
Elrohir lasciò che Elladan si appoggiasse a lui per alzarsi,
ma non gli sfuggì
il suo gemito di dolore.
<< Sei ferito? >>.
<< N-non è niente d-di grave >>.
La sua voce era debole e incerta.
<< Usciamo di qui >>. Elrohir gli prese la
mano e lo guidò dove la
luce indicava la via di uscita.
Salire fu più difficile che scendere.
Elladan andò per primo, mentre Elrohir lo seguì
subito dopo, pronto ad aiutarlo
se la sua presa avesse ceduto. Non ce ne fu bisogno: sembrava che la
vista
della luce avesse dato nuova forza a Elladan.
Quando Elrohir
riuscì ad
uscire, suo fratello non si era ancora mosso. Respirava profondamente e
teneva
lo sguardo fisso verso l'alto. I suoi abiti erano sporchi e macchiati
di sangue
all'altezza delle gambe. Doveva essersi ferito durante la caduta.
<< Goheno nin. Non so
cosa...
>>, tentò di scusarsi Elladan, ma Elrohir lo
interruppe.
<< Non ce n'è alcun bisogno >>.
Attese di udire il respiro di Elladan calmarsi prima di parlare di
nuovo.
<< Cosa è successo?>>.
<< Il mio cavallo si è spaventato ed
è corso via. Non ho fatto attenzione
a dove camminavo. C’era...qualcosa. Una presenza…
>>.
<< Credo che questa fossa sia stata una trappola in
origine >>.
Elrohir non concluse la sua supposizione. C’erano forze
malvagie all’opera in
quel luogo, e non era certo di voler scoprire altro.
Elladan annuì. Elrohir notò solo allora che i
suoi occhi erano ancora lucidi e
arrossati. "Sarei dovuto arrivare prima", pensò.
<< Hannon le
>>, disse
Elladan.
Prima che Elrohir potesse rispondere si sentì cingere dalle
braccia ancora
tremanti di Elladan. Ricambiò l'abbraccio e sentì
finalmente la paura, la sua e
quella del fratello, svanire. Fu come liberarsi di un grosso peso.
Restarono aggrappati l'uno all'altro per un tempo che sembrò
lunghissimo, poi
Elladan sciolse l'abbraccio e guardò il fratello negli occhi.
<< Non dirlo a nessuno >>.
<< Non c'è nulla di cui tu debba vergognarti.
Tutti hanno paura di
qualcosa >>. "Anche io oggi ho avuto paura",
pensò.
Elladan scosse la testa. << Ada
non ha paura di niente >>.
Elrohir stava per concordare, ma poi ricordò una
conversazione che aveva avuto
con Elrond due lune prima, una sera in cui il cielo era coperto di
nuvole
grigie e i tuoni annunciavano l'imminente arrivo di una tempesta.
<< Ada mi ha confessato che c'è qualcosa di
cui ha paura >>.
Elladan si sporse in avanti, curioso e sorpreso. << Di
cosa si tratta?
>>.
<< Elegys
>>.
Elladan rimase interdetto. Mai avrebbe immaginato che suo padre potesse
temere
qualcosa di così comune come la pioggia e i fulmini. Quel
pensiero contribuì a
faro sentire meglio, ma non tanto da fargli cambiare idea.
<< Però devi promettermi di non dire a nessuno
quello che è successo oggi
>>, ribadì.
<< D'accordo. Resterà tra noi >>.
Quel giorno i fratelli sigillarono un accordo. Nessuno dei due
l'avrebbe mai
dimenticato nei secoli a venire.
Traduzione
delle frasi in Sindarin:
Laich:
fiamme
Arod: nobile
Nòrui:
Giugno
Gwaem!
Noro!:
Andiamo! Corri!
Daro:
fermo
Muindor:
fratello
Av
'osto:
non aver paura
Aphado
nin: seguimi
Goheno
nin:
mi
dispiace
Hannon
le: grazie
Ada:
papà
Elegys:
tempeste
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