A Chiara,
“Bella ragazza
ma chi l’ha detto
che non si deve provare,
ma chi l’ha
detto che non si deve
provare a
provare”.
Auguri!
LE VIE DEL SIGNORE
-Beatrix! Oh, sorellina, grazie al cielo sei qui, temevo di dover
arrivare fino al convento!
Suor Irene, che da dieci minuti si stava accanendo contro la cera che
non veniva via dal porta ceri, nel sentire il suo nome di ragazzina si
girò. Sulla porta della piccola chiesa in cui ogni mattina
andava ad aprire e a fare le pulizie (il prete veniva una volta a
settimana, per le funzioni), c’era suo fratello gemello.
Tanto per cominciare aveva due valige enormi. E poi sembrava agitato,
trafelato e in disordine. Brandon non sembrava mai in
disordine. Invece quel giorno aveva le scarpe rosse col tacco
impolverate, il tailleur color carta da zucchero un po’
stropicciato, e la camicetta di chiffon non perfettamente stirata.
Inoltre non aveva i guanti, i capelli non erano acconciati nelle solite
acconciature complicate, e aveva dimenticato il neo finto da dama
francese. Doveva essere successo qualcosa di grave.
-Brandon! Cosa ci fai qui?
-Shh! Ti pregherei di non chiamarmi così, che figure mi fai
fare!
Aveva bisbigliato, facendo saettare gli occhi verso l’unico
altro occupante della chiesa: un messicano seduto su una panca, dai
capelli neri e ricciuti, il pizzetto, e un notevole fisico che si
intuiva sotto i vestiti.
-Non dire sciocchezze, che cosa…
-Zitta!
Brandon stacchettò con grazia fino alle prime panche, nella
fila opposta a quella del messicano. Si lasciò cadere su una
di esse con fare teatrale ed estrasse dalla borsetta un velo di pizzo
bianco. Suor Irene gli si sedette di fianco.
-Non fare la drama queen davanti a Gesù. Dimmi cosa succede.
-Beh, come dire… ti ricordi di don Juan? Te ne avevo parlato
qualche volta, no?
Suor Irene alzò le sopracciglia.
-Il capo dei narcos della zona, che viene al Titti Twister a vederti
ballare e gli piacciono così tanto le tue performance e ti
manda sempre le rose in camerino, e da cui io ho sempre cercato di
metterti in guardia? Sì, mi ricordo. Che ha fatto?
-Si è innamorato di me! Sai, credo sia stato per lo
spogliarello Pompadour. Me lo sentivo che non era il caso di farlo,
quello spogliarello, quando c’era lui…
-Non parlare di spogliarelli nella casa del Signore!
-Certo, scusa. Insomma, don Juan si è innamorato di me e ha
deciso che devo essere la sua donna. Gli ho risposto di no e
lui…
-E lui cosa?
-All’inizio erano solo biglietti e telefonate. Poi ha
iniziato a farmi seguire dai suoi uomini, a farsi trovare nei posti in
cui andavo… e ha fatto picchiare un paio di uomini che mi
facevano la corte. Voleva essere sicuro che non avessi nessun altro
oltre a lui, e adesso ha cominciato a dirmi che dovrei diventare la sua
donna, smettere con gli spettacoli e vivere con lui…
È un uomo pericoloso, Beatrix. Devo fuggire da qui!
-E dove diamine pensi di fuggire? In Australia, su un pullmino color
lavanda?
-Mi basterebbe arrivare a New Orleans. Ci sono delle ragazze che
conosco, là… potrei ricominciare, potrei anche
cambiare nome, farmi chiamare, che ne so, La Belle Severine o qualcosa
del genere… Qualsiasi cosa, pur di non cadere nelle grinfie
di quell’ orribile, orribile Juan!
-Cadere nelle grinfie? Non credevo che esistesse qualcuno capace di
usare questa espressione in un discorso vero.
-Oh, senti, hai capito benissimo. Allora, mi aiuti o…
Le porte della chiesa si spalancarono di colpo, facendo entrare
un’ondata di luce accecante. Suor Irene si voltò,
riparandosi gli occhi con la mano. Distinse tre sagome.
-Chi è che entra con questa maleducazione nella casa del
Signore?
Sentì Brandon tirarla per la tonaca.
-Beatrix… Bea… non fare niente, stai
ferma… sono loro! Mi hanno trovata!
Si mise il velo di pizzo sul capo e abbassò la testa,
fingendo di pregare. Gli stivali pesanti dei tre uomini rimbombavano
sul pavimento.
Suor Irene si era alzata, con le mani sui fianchi. Gli uomini
ghignarono. Uno di loro aveva in bocca un sigaro.
Lei li guardò dall’alto in basso, come faceva con
i bambini quando combinavano una marachella. Sotto il velo, suo
fratello continuava a bisbigliare preghiere. Il messicano stava seduto
sulla sua panca, a testa bassa, il viso nascosto dai capelli.
-Dovreste vergognarvi. Entrereste così nella casa del vostro
Signore?
-Fatti da parte, sorella. Non è te che cerchiamo.
Lei estrasse una pistola dalle pieghe della tonaca, e sparò
un colpo che decapitò il sigaro dell’uomo.
-Quando si entra a casa dei signori, si saluta umilmente e ci si
presenta con rispetto. Fatevi il segno della croce. Veloci.
I tre alzarono le mani. A suor Irene sembrò che il messicano
stesse ridendo sotto i baffi.
-Avanti, ora…
Uno degli uomini scattò in avanti, le afferrò il
polso con cui teneva la pistola e le torse il braccio, facendole
mollare la presa. Gli altri due risero.
-Bien, ci
siamo divertiti, ma adesso basta giocare. Non ti ammazziamo solo
perché sei una suora in chiesa. E tu seguici senza troppe
storie, Cherie.
-È così che don Juan vorrebbe conquistarmi?
Facendomi rapire in chiesa dai suoi scagnozzi?
Suor Irene si guardò intorno. Notò vagamente che
il messicano era sparito; strano, non le era sembrato di sentire
aprirsi la porta. Forse se gli avesse rovesciato contro una delle
panche…
-Di questo, se proprio vuoi, ne discuterai con lui… tesoro.
Avanti ora, svelta.
-Va bene, va bene, che insolenza!
Cherie ancheggiò verso i tre. Uno di loro fece per
afferrarla per un braccio, ma lei fu più veloce: con uno
scatto gli strinse le parti basse con la mano dalle unghie lunghissime.
L’uomo urlò e si piegò su se stesso, ma
uno dei suoi amici puntò la pistola alla tempia di suor
Irene.
-Mollalo,
maricòn!
Cherie lasciò la presa. Il tizio si accasciò per
terra, bestemmiando.
-Adesso, maricòn,
tu te ne andrai da qui assieme a Fernando. E finché non sei
salita in macchina, questa suora viene con me, e al minimo accenno di
scherzo il suo cervello ritinteggerà le pareti di questa
bella chiesa. Ci siamo capiti?
-Yo no lo creo, pendejos.
I tre si voltarono di scatto. Dietro alla balaustra del
matroneo c’era il messicano, con una pistola puntata verso il
basso. Non gli lasciò il tempo di reagire: sparò
un colpo. Cherie strillò, suor Irene chiuse gli occhi mentre
il sangue dell’uomo che la teneva sotto tiro le
spruzzò il soggolo immacolato.
E poi si scatenò l’inferno. I due sparavano al
messicano, lei prese Cherie e la trascinò a terra, dietro
una panca che aveva rovesciato per pararsi.
-Cosa succede, Beatrix, cosa sta succedendo!
-Aspetta… oh cielo, sta sparando appeso al soppalco con un
braccio!
-Cosa?
-Signore, aiutalo tu, che qui va a finire che ci vediamo prima del
previsto… oh, grazie!
Una pallottola aveva rimbalzato contro uno dei chiodi del crocifisso,
finendo tra le scapole di uno dei due uomini di don Juan.
Il terzo uomo sparò. Il messicano si lanciò
giù dal matroneo, evitando il proiettile. Mentre cadeva
sparò due colpi , che andarono a segno. Cadde davanti
all’altare, in ginocchio, con ancora la pistola in mano.
Si fece il segno della croce.
-Y entonces
dovete arrivare ad Albuquerque, all’aeroporto, per scampare
agli uomini di don Juan che ti sta dando la caccia perché
è innamorato di te.
-Esatto. E non finirò mai di ringraziarti, sei stato
talmente coraggioso lì dentro…
-Anche troppo-. Suor Irene era rientrata in sacrestia, con una tonaca
da suora sul braccio. –La tengo di ricambio se questa si
sporca. Mettitela, fingeremo di essere due suore, loro cercano una drag
queen. Devo solo tornare al convento e prendere un auto, sono venuta in
bicicletta… Forse ce la facciamo. Lei se ne vada,
velocemente, prima di essere coinvolto.
Il messicano scosse la testa. –Sono già coinvolto.
E non lascerò una suora e una bella ragazza nei guai.
Aspettatemi qui, mi procurerò un auto e vi
accompagnerò ad Albuquerque-. Tese la mano. -Santiago.
-Grazie, Santiago, mi sento tanto in imbarazzo ma saresti
provvidenziale… Io sono Cherie, e lei è
Beatrix… suor Irene. Scusa, la chiamo sempre col suo nome da
ragazza.
-No hay problema.
Preparatevi, tornerò prestissimo.
Lo guardarono allontanarsi e fissarono fuori dalla finestra la strada,
in silenzio, per un tempo che sembrò loro lunghissimo. Alla
fine suor Irene parlò.
-Mi sembra così strano che ci stia aiutando…
perché lo starà facendo?
-Ma per buon cuore! Sei una suora, devo essere io a insegnarti
cos’è la carità?
-Sarà, ma non mi convince.
-Tu parli con Gesù, chiedilo a Gesù se ci si
può fidare, no? Io ci parlo, ma a me non risponde mai!
-Non ti risponde perché non stai mai zitta. Non Lo fai
parlare. E comunque non funziona così, non è mica
un numero verde, Gesù.
In quel momento videro un auto avvicinarsi.
-Nasconditi, Cherie, non si sa mai.
Era una Ford Mustang del '67, nera, con i finestrini oscurati, non
troppo nuova
né troppo vecchia. Perfetta.
Santiago scese e rientrò in chiesa. Suor Irene, nonostante i
dubbi, sospirò di sollievo.
-Perché ci stai aiutando?
Santiago sorrise. –Perché avete bisogno di aiuto, claro.
-No, sul serio. Perché.
Lui la fissò, poi tornò a guardare la strada.
Suor Irene percepì una certa tensione nella linea della
mascella, nella spalla del braccio con cui stringeva il volante.
-Perché un giorno ho avuto bisogno di aiuto. E se qualcuno
non mi avesse aiutato, ora sarei morto. Da quel giorno ho imparato due
cose: venire in chiesa a ringraziare Dio, e aiutare chi si trova in
pericolo.
-E va bene. Facciamo che ho fiducia. Anche perché non posso
fare diversamente, a questo punto.
Cherie si sporse dal sedile dietro, e ne approfittò per
guardarsi nello specchietto. Nel vedersi vestita da suora, fece una
smorfia.
-Io ti credo, Santiago. Credo nell’amore e nella
generosità delle persone. Si direbbe quasi che la suora vera
sia io!
Santiago ridacchiò. –Siete… sorelle,
giusto?
Suor Irene sbuffò. –Fratelli gemelli.
-Io ero la femmina.
-E come mai siete diventate… insomma, sono scelte
che… desculpa,
sono indiscreto.
-Tesoro, ma è normale, noi due colpiamo al cuore! Comunque,
in entrambi i casi, non si è trattato di scegliere. Si
è trattato di seguire quello che sentivamo di essere, e
basta.
-Claro.
È che sono stupito. Una suora con un fratello drag
queen…
Suor Irene rise.
-Si stupiscono tutti. Non capisco come mai. Se il Signore
l’ha fatto così, si vede che nei Suoi piani doveva
essere così. Sapete, sono convinta che Dio abbia
più senso dell’umorismo di quanto credano a Roma.
-Lei lo sa di sicuro, perché parla con Gesù, sai.
-Parla con Gesù?
-Al crocifisso, quello che c’è in chiesa. E
Gesù le risponde.
-Gesù non risponde a
me. Risponde a tutti. Basta chiedere, e a volte non serve
nemmeno quello.
Cherie sorrise. –Bisogna accettarla, è nata
così…
Irene aggrottò le sopracciglia, e guardò meglio
fuori dal finestrino.
-Santiago, cosa sono quelle auto laggiù? Perché
bloccano la strada?
-Que? Vete a la
verga…
-Oh mio dio c’è un posto di blocco!
-Coño
… No hay problema. Lo sfondiamo.
-Cosa? Bellezza, facciamo cosa?
-Loro si aspettano che a guidare siano una suora e una bella signorina.
Tenetevi forte, bimbe!
-Stai dicendo che una suora non potrebbe forzare un posto di blocco?
-Beatrix, non cavillare su… Oh mio dio!
Santiago aveva premuto a tavoletta l’acceleratore. -Prendete
questo, Hijos de puta!
Le due Hammer che bloccavano la strada stavano cercando di spostarsi,
invano. Santiago gli andò contro a tutta
velocità, la Mustang fece uno o due giri su se stessa
poi si fermò. Ancora sulla carreggiata.
Lui scoppiò a ridere. –E adesso si comincia a
giocare!
Ingranò la marcia, lasciò di colpo la frizione e
la macchina schizzò in avanti.
Ripartì a tutta velocità, ma le Hammer lo
stavano raggiungendo. Cherie strillò quando li tamponarono.
-Mierda…
vogliono farmi uscire di strada!
Santiago riusciva a mantenere il controllo dell’auto quasi
per miracolo. Le Hammer li affiancarono. Santiago cercò di
staccarle, senza successo.
-Il NOS… dimmi che hai il NOS!
-Que? Tu eres
una suora! Come fai a sapere anche solo che esiste il NOS?
-Perché ho guardato Fast&Furious!
-Sentite, ragazzi, non per interrompervi, ma…
-Brandon, taci e reggiti!
-Sì, ma c’è un camion!
-Mierda!
Il camion aveva cominciato a suonare il clacson. Gli veniva incontro
dalla corsia opposta a velocità troppo elevata per sperare
che si fermasse. All’ultimo momento, Santiago
sterzò tutto a destra, spingendo fuori strada
l’auto che lo affiancava.
Dallo specchietto retrovisore, vide che l’altra era finita
falciata dal camion. Mostrò il medio, ridendo.
–Scusa, sorella.
Intanto, l’altra Hammer era rientrata in carreggiata e li
stava
di nuovo tallonando. Era messa molto meglio di loro.
Suor Irene lo guardò. –Meglio che ci pensi io.
Dammi la pistola.
-Què?
-Veloce.
Santiago le allungò l’arma. Lei si fece il segno
della croce.
-Tua sorella esta loca.
-Tesoro, vuoi che non lo sappia? Che ci vuoi fare, è nata
così!
Suor Irene aveva tirato giù il finestrino. Un proiettile le
fischiò vicino alla testa, mancandola.
-Gesù, fai che la mia mano sia sicura, e mostrami la via.
Amen.
Mirò alla gomma e sparò. L’auto
sbandò, finì fuori strada e si
schiantò contro una delle formazioni rocciose che
costeggiavano la pianura.
Suor Irene tornò dentro e tirò su il finestrino.
-Ecco fatto. E adesso diciamo tutti un Padre Nostro per ringraziare il
Signore.
-Cherie, hai le mani d’oro!
-Non mi dire così, bellezza… potrei innamorarmi
sul serio di te.
Durante l’inseguimento Santiago aveva sbattuto la testa,
tagliandosi il sopracciglio. Non era niente di che, ma il sangue sugli
occhi cominciava a dargli fastidio, e così era passato
dietro a farsi medicare. Irene, che guidava, sbuffò.
-Finitela di fare gli stupidi, lì dietro. Oh
Signore… chi è quella macchina che mi sta facendo
i fari? Non saranno di nuovo gli uomini di don Juan, non
credo di saper guidare in quel modo…
Cherie si girò a guardare, con il cuore in gola.
-Oddio, è la polizia!
-Meno male. Niente paura. Brandon, passa davanti. Santiago, infilati
nel baule. Ce la fai da dentro, vero?
-Sì, certo, ma voi…
-Zitto. Brandon, siamo due suore. Reggimi il gioco.
-Sì ma non farmi scendere, ho i tacchi!
-Cosa?
-Una vera signora esce sempre con i tacchi!
Suor Irene sospirò, accostò e tirò
giù il finestrino.
-Buon giorno agente.
-Buongiorno… oh, buongiorno sorelle. Documenti?
-Ecco. C’è qualcosa che non va? Perché
sa, avremmo un po’fretta.
-Niente che non vada, sorella, ma ho visto la vostra macchina ammaccata
e mi sono preoccupato. Volevo solo controllare che andasse tutto bene.
Come mai la vostra macchina è in queste condizioni?
-Siamo suore; ce l’hanno donata così e
l’abbiamo presa. L’importante è che
abbia quattro ruote e un motore, Dio non guarda certo la bellezza della
nostra auto.
Brandon aveva parlato sussurrando, e agitando la mano in maniera
leziosa. Suor Irene dovette trattenersi dall’impulso di
alzare gli occhi al cielo.
-E lei è?
-Sono suor Maria Claretta, agente.
Il poliziotto la guardò con aria sospetta.
-Secondo me voi siete strane, per essere suore. Scendete dalla
macchina, che facciamo un controllo.
Suor Irene strinse le mani attorno al volante. Chissà se
sarebbe riuscita a rifare quella partenza alla Santiago e poi a
seminare i poliziotti; ne dubitava fortemente.
-Giovanotto.
Brandon fissava il poliziotto, la croce in mano, gli occhi pieni di
sacro furore.
-Ezechiele, 25:17. Il cammino dell'uomo timorato è
minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti
e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome
della carità e della buona volontà, conduce i
deboli attraverso la valle delle tenebre, perché egli
è in verità il pastore di suo fratello e il
ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà
sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro
che si proveranno ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli.
E tu saprai che il mio nome è quello del Signore, quando
farò calare la mia vendetta sopra di te!
Lui sgranò gli occhi.
-Ma io non intendevo…
-Certo che no. Il Signore lo sa. E ora non farci perdere tempo, ci sono
orfani e senzatetto che ci aspettano.
Il poliziotto borbottò persino qualche scusa, prima di
lasciarle andare.
Suor Irene si voltò verso il fratello. -Ma come ti
è venuto in mente?
-Guardavi “Pulp Fiction” tante di quelle volte che
oramai l’ho imparato a memoria. Ehi tu, bellezza, puoi uscire
da lì, ora!
-Meno male, pensavo di morire soffocato…
-Quante storie! Dovremmo fermarci da qualche parte e mangiare qualcosa.
E poi devo assolutamente andare in bagno.
-Tienila, Brandon. Non è sicuro fermarsi.
Santiago si sporse tra i sedili.
-So io un posto, poco più avanti da qui. È un
paese fantasma lungo la strada, ci basterà non lasciare la
macchina in vista. Non ci sono tutti i comfort, ma andrà
bene.
-Cosa intendi con “non ci sono tutti i comfort”?
Non c’è la tv via cavo?
-Intendo che non c’è l’acqua corrente e
nemmeno le coperte dei letti, ma i materassi sono rimasti. Ho appena
diviso lo spazio con due valige grandi quanto il New Mexico, sono
sicuro che te la caverai, Cherie.
-Sì ma…
-La madre di Dio ha partorito in una capanna, tu potrai sopravvivere
un’ora senza la tv via cavo, Brandon. Poche storie, andiamo
in questo paese fantasma.
-Tu me gustas, hermana!
-Eccomi qui: ciambelle e caffè per tutti.
-Metti lì quelli di Beatrix: si è addormentata.
Io proprio non ci riesco, questo posto è
terribile… A chi telefonavi?
-Que?
-Ma sì, quando sei sceso dalla macchina… ero alla
finestra, ho visto che eri al telefono. Chi era?
-Sei curiosa come una scimmia.
-Puoi dirlo forte, bellezza!
-Era la mia ragazza. Le stavo dicendo che sarei tornato presto, appena
il tempo di fare un favore a due amiche.
Cherie si arricciò i capelli attorno a un dito con aria
maliziosa. –E non è gelosa?
Santiago rise.
-Claro que sì,
con uno come me! Ma per finta. Sa che la amo. Almeno lo spero.
Anche Cherie scoppiò a ridere.
-E dimmi… com’è la tua ragazza?
Lui sorrise. –Hermosa.
Ha tre cose nere: i capelli, gli occhi, le sopracciglia. Ha sempre le
nuvole in testa. Sembra acqua, ma è grappa.
-Oho… devi amarla molto!
-Moltissimo. Recupero il tempo che ho perso a non accorgermi di lei.
-Non ci si accorge mai di cose che sono appena più in
là del proprio naso… non lo trovi fastidioso?
Pensa quanti problemi si risolverebbero: tu l’avresti amata
prima, io non avrei fatto quel maledetto spogliarello
Pompadour…
-Hai ragione. È fastidioso.
-È fastidioso dormire con voi due che
chiacchierate… passatemi quelle ciambelle. Mangiamo poi ce
ne andiamo, non siamo mica in vacanza.
Risero. Le ciambelle erano grasse, ma buone. Era caldo, il paese era
morto e silenzioso, se si eccettuavano le mosche. Si gustarono il cibo
con calma, chiacchierando.
Furono interrotti da un fragore di auto, e di voci di uomini.
Santiago corse alla finestra. –Mierda…
ci hanno già trovati! Rovesciate il letto, riparatevi dietro!
Le due fecero come gli era stato detto. Irene strinse la pistola nella
tasca.
-Allora!
La voce di un uomo, fuori, li raggiunse.
-Un uccellino mi ha detto che sei qui, Cherie. Avanti, esci fuori!
- Coño…
barricati dietro il letto, non ti muovere. Cerco di non farli entrare.
-Come pensi di…
-Yo no sé!
Fammi pensare a qualcosa… magari da qui dentro posso tenerli
a bada, se si avvicinano…
In quel momento un rumore assordante di colpi coprì la voce
di Santiago. Lame di luce entrarono dai buchi dei proiettili che
avevano passato i muri.
-Questo era solo un avvertimento, spero che non ti sia fatta male,
Cherie. Uscite fuori, o raderò al suolo questo fottuto motel!
Uscirono con le mani in alto.
Si trovarono di fronte a una decina di uomini con i mitra spanati, e a
quello che suor Irene intuì essere Juan: un uomo con
occhiali da sole arancioni, braccialetti d’oro, camperos
lamé e un giubbotto di Louis Vuitton a maniche corte che
lasciava vedere tatuaggi su tutte le braccia.
-Tutto si può dire, ma non che gli manca la classe-,
borbottò suor Irene. Brandon le rivolse
un’occhiataccia.
-Allora, Cherie… tu sì che sai come farti
desiderare, bambolina. Ma guardati, hai proprio bisogno di un bagno
caldo! Avanti, vieni…
-Resta dove sei.
Santiago aveva estratto la pistola con un gesto fulmineo. Gli uomini
scattarono, ma si bloccarono appena Juan alzò le mani.
Santiago lo stava mirando dritto in fronte.
-Ora, Juan, fai allontanare tutti i tuoi amichetti e lascia che le due
ragazze se ne vadano. Subito.
-Esta bien…
Santiago Moreira. Strano che tu sia qui… ragazzi, avete
sentito quello che ha detto Santiago Moreira? Bene.
Con un gesto velocissimo estrasse la pistola, e la puntò
alla testa di Suor Irene.
-Non fate assolutamente
niente di quello che ha detto lui. E tu, Cherie, vieni
subito qui. Svelta. Mi dispiacerebbe molto ammazzare una suora.
-Hai una pistola puntata contro di te, Juan. Non hai notato la pistola?
Se spari a mia sorella, muori!
-Claro. Ma
prima muore lei, poi sicuramente anche tu e il vostro Santiago. Se
invece vieni qui, Cherie, nessuno si farà male.
Santiago continuava a tenerlo sotto tiro, muovendo solo le pupille.
-E a proposito di te, Santiago Moreira, che ci fai qui? È
molto strano che tu non sia a leccare il culo di Aurelio, da bravo
cagnolino… Cherie, come mai sei con lui? E dire che non
pensavo che potessero piacergli quelle come te…
-Ma quello è Santiago Moreira? Quel Santiago Moreira?
Lui la smicciò appena, continuando a tenere la pistola
puntata. Un rivolo di sudore gli scese lungo la tempia.
-Come sarebbe? Chi è quel
Santiago Moreira?
Brandon si voltò verso la sorella.
-È il braccio destro di don Aurelio Volta… che
è il secondo trafficante più importante della
zona, dopo il qui presente Juan, e sarebbe il più importante
se solo… Ohmioddio, Beatrix!
-Non nominare il nome di Dio invano. Se solo cosa?
Juan cominciò visibilmente ad agitarsi, ma non
vacillò.
-Se solo io morissi, non è vero Santiago? È una
trappola!
Quello che successe dopo spiazzò tutti. Perché
suor Irene tirò fuori la pistola e la puntò alla
testa di Santiago, gli occhi che lampeggiavano di furia divina.
-Hai finto di aiutarci e invece ci hai usate come esche?
Inaspettatamente, Santiago si mise a ridere. –Bien, pare che
questo sia il tipico stallo alla messicana. Ci vorrebbe qualcosa che lo
sblocchi.- fece l’occhiolino. –Siete
d’accordo?
-Oh, io sono d’accordissimo!
A parlare era stata una voce squillante, dietro di loro. Sul tetto
dell’edificio alle loro spalle, c’era un uomo
vestito di bianco, dai lunghi capelli neri. Stava battendo le mani.
-È una scena così emozionante… mi
capita talmente di rado di applaudire a metà spettacolo. Ma
ora… Ciak,
si gira!
Schioccò le dita, ed il mondo esplose. Uomini armati
uscirono da dietro i muri, da sopra i tetti, e tutto fu solo fragore e
polvere. Suor Irene prese Brandon e si rifugiò dentro il
motel, a terra. Aveva un braccio che le doleva, ma lui stava bene.
Non durò molto, il tempo di un Ave Maria, ma forse era un
rosario intero. Poi sentì la voce di Santiago che le
chiamava.
-Siamo qui.
Suor Irene barcollò fuori dal motel, sostenuta da Cherie. Si
teneva stretta un braccio, la manica della tonaca sembrava bagnata.
Santiago era impolverato ma illeso, aveva la pistola ancora in mano, e
corse verso di loro.
-Sei ferita!
-Non è niente. Di braccia il Signore me ne ha date due. E
comunque è un graffio. Invece, tu!
-Ti chiedo perdono, sorella Irene. Vi ho sentito parlare, in chiesa, e
ho capito che dovevo cogliere l’occasione. Mettila
così… magari l’ha voluto
Gesù che fossi in chiesa proprio in quel momento.
-Dubito fortemente che Gesù favorisca i narcotrafficanti in
cerca di occasioni per rimpiazzare il boss in carica con il proprio!
-No, però ha favorito Cherie, che senza di me sarebbe stata
catturata, e tu, che con ogni probabilità saresti morta nel
tentativo di liberarla. Gesù agisce con quello che ha
sottomano, e in quel posto sperduto, sottomano aveva solo me.
Cherie guardò la sorella.
-Beh, è convincente. Però mi hai mentito vero?
Quando hai detto che telefonavi alla tua ragazza. Stavi solo
comunicando la nostra posizione, magari sia a don Aurelio che a don
Juan!
Santiago si strinse nelle spalle. –Non del tutto. Ho
telefonato davvero alla mia ragazza. Anche lei lavora per don Aurelio.
E lei si è occupata della soffiata a don Juan. Dovevamo
farlo uscire allo scoperto, e lui non esce allo scoperto, a menos que…
-A meno che non tocchino le sue cose. È geloso e orgoglioso.
L’hai pensata bene, bellezza, devo ammetterlo…
anche se non ti perdonerò mai!
Santiago guardò suor Irene, con un sorrisetto lievemente
imbarazzato. –E tu, sorella? Gesù insegna a
perdonare. E se conta qualcosa, mi dispiace avervi messo in pericolo.
All’inizio non mi importava, ma poi sì. Solo che
interrompere tutto a metà sarebbe stato più
pericoloso che portarlo a termine.
Suor Irene sbuffò. –Bel tentativo, Santiago
Moreira. Ne dovrai dire di Padre Nostro, per farti perdonare!
Don Aurelio, che era poco distante e, dopo aver dato ordine ai propri
uomini di contare i cadaveri, si era assicurato personalmente che don
Juan fosse morto del tutto, si avvicinò a loro. Il completo
candido era senza una macchia, a dispetto della carneficina. Suor Irene
si aspettò quasi di vederlo scalzo e con i piedi grondanti
pece, come il Lucifero di “Constantine”.
-Non siate troppo severe con lui, mie signore… Oh, ma siete
due gioielli rari, ognuna a modo suo! Santiago, avresti dovuto
avvertirmi che portavi dei tesori con te!
Si chinò a baciare la mano a Cherie. Lei arrossì.
Quell’uomo aveva uno sguardo che sembrava leggerti nel
pensiero.
-Vi posso garantire che non avrete fastidi da me, né dai
miei uomini. E che non dimenticherò il grande favore che vi
devo.
Suor Irene tentò una protesta, e mise le mani sui fianchi.
La ferita le diede una fitta di dolore. Fece una smorfia.
-Sorella, ma voi siete ferita! Santiago, tu e Felix scorterete queste
due signore all’ospedale, e vi assicurerete che ricevano le
cure migliori e tutti i comfort possibili.
-Non è affatto necessario che…
-No? Certo che lo è. È il minimo. E quando
tornerete al vostro convento, riceverete una congrua donazione da usare
per le vostre opere pie. Non lo faccio per lavarmi la coscienza, lo
faccio per voi.
Suor Irene era quasi stordita dalla polvere, il dolore al braccio e le
parole di quell’uomo.
Riuscì solo ad annuire, e a farsi accompagnare
all’ospedale.
Notarle non fu difficile. Nell’aeroporto, quelle due
spiccavano come il sole e la luna.
Appena lo videro lo fissarono, con l’identico cipiglio
severo. Fu Cherie la prima a cedere.
-E allora, che ci sei venuto a fare, qui?
-Non volevo lasciarti partire senza salutare. È anche per
colpa mia se te ne vai. Te lo dico per l’ultima volta: non
è più necessario che tu lo faccia, don Aurelio
non ti darà fastidio.
-Lo so, ma è meglio così. Voglio cambiare aria,
vedere posti nuovi. Magari andrò a Hollywood per provare a
vincere il titolo di drag queen dell’anno, e nel frattempo
porterò la gioia in un qualche paesino sperduto!
Suor Irene si strinse nelle spalle. -È irremovibile. Lo
è sempre stata, da quando ha visto “Moulin
Rouge” e ha deciso di trarne ispirazione nella vita. Che vuoi
farci, è nata così.
Lui scosse la testa. –No
puedo creder que estés gemelos.
Cherie sbuffò. –Tutti con questa storia. Non
capisco. A me Moulin Rouge ha insegnato che non
c’è nulla di più grande di amare e
lasciarsi amare. A lei Gesù ha insegnato ad amare il
prossimo suo come se stessa. Alla fine, non ci vedo molta differenza
tra noi, no?
Santiago rise.
-Quando parlerò di voi alla mia ragazza, vi
adorerà.
-Ma allora esisteva davvero, la ragazza!
-Claro que sì.
Fai buon viaggio, Cherie.
La baciò sulle guance. Lei lo abbracciò, e si
concesse anche una palpata di culo.
-Invece tu, sorella Irene… niente autobus. Mi devi
permettere di riaccompagnarti al convento in auto.
-Ci saranno velocità folle e testacoda?
-Si quieres,
sì.
Suor Irene sorrise.
-Allora affare fatto.
Note:
Storia
scritta per il compleanno di OttoNoveTre; se non sarà
caduto l’aereo, nel momento in cui la leggerai saremo
dall’altra parte del mondo, ma come vedi ho fatto in modo da
farti avere lo stesso il tuo regalo! Auguri!
Qualcuno di voi
avrà riconosciuto Santiago (che qui è diventato
messicano per esigenze di copione), e saprà anche come si
chiama la sua ragazza e il vero nome di Aurelio (che non doveva
parlare. Doveva a mala pena comparire. Ma ha deciso che era fuori dalla
scena da troppo tempo per fare semplicemente la comparsa muta). A voi,
un ammicc ammicc.
La strada che i tre
percorrono, con tanto di paesi fantasma, è la Route 66.
Ormai dismessa, ne sono rimasti dei tronconi, ancora percorribili.
Sparsi qua e
là ci sono un paio di riferimenti a due film deliziosi che
hanno come protagoniste delle drag queen: “Priscilla regina
del deserto” e “A Wong Foo, grazie di tutto! Julie
Newmar”. Ve li consiglio vivamente. Se invece avete i gusti
più simili a quelli di Suor Irene, guardatevi
Tarantino… non serve, vero, dirvi che la frase pronunciata
da Cherie per sviare il poliziotto non è una vera frase
biblica, ma è la battuta di Samuel Jackson in
“Pulp Fiction”, vero? No, certo che non serve.
L’idea della suora che parla col crocefisso è
presa dal mio illustre corregionale Giovannino Guareschi e dal suo don
Camillo. E sparsi in giro ci sono altri riferimenti a film famosi,
nelle frasi o in qualche scena, ma non ve li dico tutti
perché non ne ho voglia
è più bello se
li trovate da soli!
Ah… la mia
ignoranza automobilistica è abissale. In questo racconto, le
auto sono soltanto “auto”. Se qualcuno volesse
suggerirmi che tipo di auto starebbero bene, sarebbe il benvenuto!
EDIT: grazie ai preziosi consigli di Mary
P_Stark ho sistemato questo dettaglio, quindi godetevi la
Ford Mustang del '67, bellissima, e le Hammer tamarre!
Ringrazio di sommo
cuore
vannagio che
stavolta non è stata semplicemente la mia beta. Stavolta
è stata una santa, mi ha beccato nel mezzo di una crisi
scrittoria senza precedenti e mi ha sopportato e spronato con una
costanza e una pazienza infinite. Se fossi stata in lei, io mi sarei
mandata a cagare più di una volta.
E ringrazio di cuore
tutti voi che siete arrivati qui: come direbbe Cherie alla fine di uno
dei suoi spettacoli più famosi, “Si cette histoire
vous amuse / On peut la recommencer /Si c'est pas drôle on
s'excuse /En tout cas c'est terminé”.
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