Beata solitudo, sola beatitudo -

di Vega Lyrae
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notti fa
feci un sogno
alquanto bizzarro.

Il mondo 
era vuoto -
più vuoto del solito,
s'intende.
Camminavo
nel silenzio.
Ero l'unico
uomo
sulla Terra,
un Adamo
assai poco convenzionale.

Camminavo
per le rues
e le ramblas
e le vie deserte
respirando
a pieni polmoni
tutta l'aria del cosmo.
Era tutto mio.
E niente mi apparteneva.

Osservavo
le ciminiere spente,
le panchine senza amanti,
gli alberi
dai rami scheletriti
spogliati dei loro
pentagrammi di pettirossi
che si stendevano di fronte a me
come una corte
abulica e anoressica

era magnifico.

Il buco nero
di questo
buco di culo
di mondo.

Niente voci,
niente fianchi di estranei
che mi sfiorano
(e che di solito
schivo con disgusto)

L'odore di terra
e di mare
affondava le radici
sulle cime dei grattacieli,
e io giravo
inebriato
- nauseato -
da tutta
questa
bellezza.
Gridavo
oscenità
al cielo vuoto
di Dio

mai stato meglio
in vita mia.

Almeno
adesso
avevo un motivo
per sentirmi
così solo.



 




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