Prima che leggiate questo pezzo,
permettetimi di spiegarvi solo quattro cose, che altrimenti potrebbero
risultarvi oscure:
In Me3, durante la missione all'accademia Grissom, Liara rivela che il
vero nome di Jack è Jennifer. Blake è il cognome fittizio che ho voluto
darle, ma non è canon.
Per chiunque non abbia giocato al DLC "Citadel", Eezo è un Varren con
poteri biotici che Jack adotta e di cui si prende cura nel tempo
libero. Ed è adorabile.
Amy è un nome che significa adorata...
E per quanto Bioware possa aver scritto diversamente, sono
dell'opinione che la scelta di distruggere i Razziatori includa
soltanto i Razziatori, lasciando i Geth e IDA incolumi. Se questo pezzo
vi è piaciuto, nella sua brevità, sarei felice di saperlo: ho un
rapporto difficile coi finali della trilogia di Me ;).
"...Ha
mai sentito dell'ora del lupo?"
"No."
"Mio
padre me ne parlava... È fra le tre e le quattro del mattino. Non
riesci
dormire, e tutto ciò che vedi sono i guai e i problemi e come la tua
vita
sarebbe dovuta andare ma non l'ha fatto. E tutto ciò che senti è il
suono del
tuo cuore. Sto vivendo nell'ora del lupo da sette giorni, Lyta. Sette
giorni: il
lupo e io ci chiamiamo per nome, ormai. In momenti come questi, mio
padre
prendeva un lungo sorso di vodka, prima di andare a dormire. 'Per
tenere il lupo
a bada' diceva. E poi prendeva altri tre sorsi più piccoli, nel caso
avesse dei
cuccioli.
Non
funziona."
Susan
Ivanova - Babylon 5
***
"Ehi
boy scout."
"...Ehi."
le rispose dopo un momento con una voce molto lontana.
"...Il
letto è freddo. Torni?"
Lui scosse
la testa, senza dire niente.
Non era la
prima volta che succedeva: era normale per persone come loro portarsi
dentro
cose... chiuse a chiave, giù nel profondo e non c'erano molti modi di
sfuggirgli quando spiavano dalla toppa della memoria.
La donna lo guardò
attentamente, mentre lui sembrava fissare un luogo mille miglia
lontano: era
nudo, con le chiappe sulla moquette e accovacciato contro la porta
della loro
camera. Tra le mani, la destra di carne e la sinistra di metallo e
plastica,
stringeva un fucile grosso abbastanza da poterci fare il bagno dentro.
Un tempo,
lei non avrebbe saputo nemmeno da dove cominciare, ma le persone
possono
cambiare se hanno abbastanza coraggio o se non hanno altra scelta: la
donna
nata come Jennifer Blake si sedette lentamente accanto a lui,
passandogli una
mano attorno al collo e stringendolo a sé, fino a quando le loro teste
si
toccarono. Lui non si oppose, ma non riuscì nemmeno ad abbandonarsi in
quel suo
abbraccio: rimase rigido, come un vigile pezzo di ferro.
"Parlami...?"
gli chiese.
I suoi
incubi lui se li portava dentro, come schegge affilate di una vita
infranta
passata troppo tempo sulla breccia, mentre lei li portava sulla pelle e
nella
testa. Shepard rispose solo dopo un'eternità:
"...Non
riesco a non pensare. E non posso dormire. Ti è mai capitato?"
"...Adesso?
Non più. Prima? Tutte le volte." ammise lei.
"Cosa facevi
allora?"
"Lo
sai: qualcosa di molto stupido. E andava via... per un po'. Poi però
tornava.
Tornavano sempre."
Parlare con
lui in quella stanza, mentre fuori era buio, era diventato ...facile.
Era
diventato facile per entrambi, in verità: si stavano salvando a
vicenda, come
naufrago e relitto, senza sapere chi fosse che cosa.
La donna lo
sentì rilassarsi appena e cercare la sua mano: lei non lo fece
aspettare.
Jennifer adorava le sue mani: lui era stato il suo primo posto sicuro,
il primo
porto a cui tornare e il primo sonno senza sogni o incubi. Col tempo,
lei aveva
imparato ad accettare che non avrebbe più potuto vivere senza di lui,
ed era
una sensazione che le faceva venire le lacrime agli occhi ogni volta
che ci
pensava troppo a lungo.
La
"biotica psicotica" che era un tempo sarebbe fuggita se avesse
scoperto di essere diventata a sua volta insostituibile per qualcuno:
non
avrebbe potuto sopportare quelle nude emozioni, ma Jennifer non fuggiva
più: qualcosa
la teneva accanto a lui ed era quasi pronta a dirne il nome a voce alta.
"...Mi
ha afferrato, questa notte. Mi ha afferrato e non vuole lasciarmi
andare."
sussurrò Shepard.
"Che
cosa?"
"Tutto.
Questa stanza. Lei. Tu." disse stringendola finalmente a sé. "...La
mia Guerra è finita. Abbiamo vinto. Siamo ancora qui."
Era passato più
di un anno dalla fine del conflitto: l'arma finale costruita
dall'alleanza di
tutte le razze unite, nome in codice 'Crucible',
era stata davvero la nemesi che tutti avevano sperato che fosse. Era
così che i
Razziatori erano caduti: macchine più antiche della memoria e della
lingua,
macchine che avevano visto sorgere centinaia di migliaia di specie ed
erano
state la fine di tutte le civilizzazioni passate fin dalla notte dei
tempi,
finalmente erano state sconfitte. Avevano vinto, tutti loro assieme, ma
il
costo in vite era stato altissimo: sulla Terra, a sopravvivere
all'assalto
finale non erano stati i più forti, ne i più fortunati. Le truppe
d'assalto a
Londra erano state assottigliate in quelle poche ore nei modi più
violenti
possibili e quando finalmente la polvere si era posata, meno dell'8%
dei
soldati era ancora in piedi. Non erano stati i deboli i primi a morire:
i
Razziatori si erano presi alcuni fra i migliori di loro e chi era
sopravvissuto
non lo aveva fatto indenne. Shepard ne era la prova più lampante:
durante
l'assalto finale, l'Araldo dei Razziatori si era preso il suo braccio
destro ardendolo
fino alla spalla e gli aveva bruciato metà della testa. Il Razziatore
l'avrebbe
ucciso, se un capitano dell'Alleanza non avesse usato la sua intera
corazzata
per speronare l'Araldo e portarlo lontano dall'accesso alla Cittadella:
era
stato l'ultimo sacrificio di quella Guerra e quello che aveva dato loro
la
vittoria. Anche se menomato e quasi delirante per la sofferenza, senza
quell'ultimo
ostacolo il comandante era potuto passare, attivando l'arma finale e
ponendo
fine alla Guerra. Shepard si era fatto due mesi di coma dopo il
conflitto, e la
cancrena si era presa anche il piede destro: troppo a lungo era rimasto
sepolto
sotto le macerie di Londra e il suo aspetto non sarebbe mai più stato
lo stesso.
A Jennifer
non importava: lui aveva ancora entrambi gli occhi, anche se solo a
causa del
fatto che erano protesi già in partenza e i Geth avevano costruito
degli arti nuovi
per sostituire quelli mancanti: un muto ringraziamento per ciò che il
comandante aveva fatto per tutti loro. E anche se ora Shepard aveva un
piede ed
un braccio bianco porcellana e nocche di Silaris, poteva ancora
stringerla a sé:
il resto lo stavano affrontando assieme.
"Ma...?"
lei gli chiese.
Lui scosse
la testa:
"Non
c'è nessun ma: è questo che mi tiene sveglio. Era facile fingere che
questa
fosse solo un'altra pausa tra due battaglie. Ma io so che domani e il
giorno
dopo ancora, non dovrò più combattere. Mi scopro a... sperare. A
sognare."
Le persone
possono cambiare se hanno abbastanza coraggio o se non hanno altra
scelta: il
comandante alzò il suo braccio sinistro, come se stesse consultando un
orologio
invisibile.
"Non
giudicarmi troppo severamente." le disse.
La protesi
che gli era stata data dai Geth conteneva quasi ogni genere di gadget:
bastò al
comandante un impulso sinaptico per attivare l'omnitool incorporato e
grazie
alla tecnologia delle interfacce olografiche, davanti agli occhi di
Jennifer si
disegnarono linee e schemi, cubi e curve. Jennifer ebbe bisogno di un
attimo per
capire cosa fosse: era qualcosa che lei non aveva mai avuto prima,
dopotutto.
"È...?"
sussurrò la donna.
"Sì...
e potrebbe essere la nostra."
La mano di
Jennifer si allungò lentamente su quelle linee luminose, quasi ad
impedire loro
di scomparire via: l'espressione della biotica era a metà fra il
terrore e il
bisogno. Non osava provare a toccarle, non perché la sua mano le
avrebbe
attraversate, ma perché quelle linee luminose, quelle curve
olografiche, erano
il progetto di un edificio: una casa a tre piani che aspettava qualcuno
che la
abitasse.
"...Ho
pensato che potremmo costruirla su Elysium, sulle montagne, lontano
dalla
gente. Ci sarebbero boschi tutt'attorno e nessuno a infastidirci..."
Elysium: lei
avrebbe potuto continuare a insegnare all'accademia Grissom se lo
avesse
voluto.
"...avremmo
tutto lo spazio che vogliamo. Perfino per Eezo e un branco dei suoi
simili."
A sentir chiamare
il suo nome, il Varren dall'altra parte della stanza aprì uno dei suoi
occhi
bulbosi, spalancando una bocca piena di zanne in un lungo sbadiglio:
Eezo, il
cane- pesce.
"...Potremmo
mangiare all'aperto durante l'estate e guardare la pioggia da sotto il
portico
d'inverno."
Avrebbero
potuto invecchiare assieme, essere felici: dando al tempo l'occasione
di essere
più buono con entrambi.
"Possiamo
permettercelo?" gli chiese. Era qualcosa di così dannatamente stupido
da chiedere
in quel momento, ma Jennifer lo disse lo stesso, invece di ciò che
pensava
davvero.
"...Potremmo."
rispose dolcemente.
Se solo
avesse voluto, Ziusudra le avrebbe potuto comprare un pianeta:
l'esplorazione
di innumerevoli mondi in quegli anni aveva dato al comandante della
Normandy,
che spesso si era avventurata in territori sconosciuti, il diritto di
prelazione su ogni risorsa mineraria trovata in essi. E con la corsa
alle
materie prime per sostenere la ricostruzione di tutte le specie, ognuno
di quei
diritti acquistava un valore a nove zeri.
"Ci
sarà spazio anche per lei?"
"Sì...
e potremmo stare a guardare mentre gioca alla cavallina con i nostri
amici,
fino a quando non sarà il suo turno di portare a casa altre persone..."
E si
sarebbero preoccupati comunque quando fosse giunto quel momento, anche
dopo
averle insegnato tutto quello che sapevano sullo sparare e sui poteri
biotici: alcune
cose, non si possono cambiare.
"... e
le daremo, se non quello che vogliamo, almeno quello che noi non
abbiamo
avuto."
Jennifer
smise di provare a resistere: si abbandonò, completamente, come un
albero
tagliato di netto. Qualcosa.. di caldo e indescrivibile risalì dal suo
petto
fino ai suoi occhi: lei stava piangendo e per la prima volta nella sua
vita,
non le importava.
"...sono...
sono un bel casino, non è vero?" balbettò la biotica.
Il
comandante la strinse a sé: "Non saprei... lo siamo entrambi."
Era presto
quando finirono le lacrime: come sempre da quattro miliardi di anni,
all'orizzonte
il Sole stava sorgendo sulla Terra.
Non sono le
date o le stelle a rendere i nostri giorni speciali: siamo noi che
creiamo ogni
nostro giorno. Ziusudra e Jennifer avrebbero ricordato quell'alba anche
quando
sarebbero diventati vecchi e rugosi: avrebbero ricordato di esseri
tenuti per
mano e di aver guardato il sole che sorgeva, senza dire niente,
ascoltando solo il silenzio.
"Il mio
cuore ha scelto: lascia che sia come ha deciso." citò semplicemente la
biotica alla fine. Il Comandante assentì con quel suo strano sorriso
sulle
labbra, che Jennifer non vedeva da quasi un anno.
Avrebbero
potuto rimanere seduti contro la porta, aspettando che qualcuno venisse
a
cercarli, ma l'altra persona nella stanza pretese la loro attenzione:
bastò un
vagito e un biascichio, e i due furono subito in piedi, in una reazione
codificata dai loro stessi geni: con la pratica che avevano acquistato
durante
la guerra, si mossero all'unisono.
La piccola
li osservò sporgersi su di lei dal fondo della sua culla: Amy, che
aveva gli
stessi occhi di sua madre e che allungò una manina verso di lei per
afferrarla.
Un giorno, sarebbe
venuto il momento in cui Amy avrebbe fatto domande difficili ai suoi
genitori:
chi erano prima che entrasse nelle loro vite. E perché la sua mamma
avesse
tutti quei tatuaggi e il papà tutte quelle cicatrici: sarebbe arrivato
quel
momento, ma Ziusudra e Jennifer non avevano più paura: perché avevano
l'un
l'altro.
"Deve
esserci una via d'uscita..." iniziò piano Jennifer: "...Disse il
giullare al ladro. C'è troppa confusione: non riesco ad avere
sollievo..."
Shepard continuò:
"...Uomini
d'affari bevono il mio vino... e contadini scavano la mia terra.
Nessuno di
loro lungo il confine sa il perché..."
"Non
c'è motivo di allarmasi, disse il ladro gentilmente. Ci sono molti qui
tra di
noi, che pensano che la vita sia solo un gioco..."
"... Ma
tu ed io ci siamo passati e non è questo il nostro destino...Perciò,
basta mentire
adesso: si sta facendo tardi." finirono assieme.
La piccola
Amy si era già riaddormentata. |