4. Kendall
"Veronica?"
Logan rispose mugugnando.
"Il mio ragazzino mi tradisce?"
Logan odiava quell'atteggiamento di
superiorità, come se lei fosse troppo matura, troppo adulta, troppo
donna. In realtà era quello di cui aveva bisogno in quel momento:
doveva passare oltre, smetterla di pensare al suo passato. Guardare al
futuro. Provò a raggiungere il telefono, ma Kendall lo allontanò
rapidamente, alzando le mani sopra la testa.
"E' solo una compagna di scuola."
Rispose allora, immobilizzato dalla donna nuda che sedeva su di lui.
"Ooooo, una scolaretta!" riprese
lei "Beh, perché non la invitiamo? Due scolaretti potrebbero rendere le
cose più piccanti!"
"Posso cavarmela da solo!" Esclamò
lui strappandole il telefono dalle mani e tirandola a sé.
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Logan si riscosse da quel ricordo
che stonava con quanto Veronica gli aveva appena detto. "Kendall?
Kendall Casablancas? Hai appena fatto il suo nome o sbaglio?" domandò
ancorò assonnato.
"Proprio lei. Quella cara signora
con la quale ti sei intrattenuto più e più volte… La matrigna del tuo
caro amico… La moglie dell'uomo che ti ha insegnato a sparare… Ti sta
forse suonando un campanello adesso?"
Logan si alzò dal letto e recuperò
una maglietta. Prima che si potesse coprire, lo sguardo di Veronica
scivolò sui pettorali scolpiti del suo ex ragazzo. Sulle sue braccia
forti. E infine sulla grande schiena, martoriata dalle vecchie ferite,
ricordo di un padre violento. Fu tentata di alzarsi, andare da lui e,
come faceva un tempo, passare lievemente le punte delle dita su quei
solchi chiari, imperitura memoria di dolore e sofferenza. Ma si fermò:
non aveva alcun diritto di fare una cosa così. L'aveva perso molto
tempo addietro.
Per non cadere in tentazione iniziò
a tormentarsi il fondo della maglietta, e spostò lo sguardo sulla
sveglia. Poi aprì bocca. "Pensavo fosse stata indimenticabile per te
l'esperienza di andare a letto con una vera donna?"
Il volto irritato di Logan sbucò
dalla maglietta. "Mi concentravo poco sul suo nome o sulla sua
personalità, in quei momenti. Ero impegnato in ben altro!" E si
avvicinò a lei. Le schiacciò il dito con il naso, e si sviò verso le
scale. "Sei ancora gelosa?" concluse spegnendo la luce.
Veronica gli trotterellò dietro.
Mentre scendevano le scale buie in perfetto silenzio, quel sentimento
atavico s’impossessò dei lei e dei suoi ricordi.
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Quanto le era costato quella
mattina alzarsi dal letto e affrontare la realtà?! Lei era fuggita. Lui
li aveva definiti "epici" e lei era scappata. Lo aveva lasciato solo,
con la sua bottiglia in mano, e una delle più belle e sofferte
dichiarazioni d'amore che lei avesse mai sentito - e con Lilly ne aveva
visti di film romantici!
A fatica si era infilata una
maglietta e un paio di pantaloni. Con i capelli ancora spettinati e
malamente raccolti in una coda di cavallo, Veronica si era precipitata
nell'ascensore del Neptune Grande e aveva atteso che le porte si
aprissero.
Aveva trascinato i piedi fino alla
porta della stanza di Logan prima di alzare il pugno, e batterlo
lievemente sul legno laccato. L'attesa le parve interminabile. Poi lui
sbucò. Gli occhi socchiusi, l'aria di uno che aveva bevuto troppo.
"Ciao. Per prima cosa devo
chiederti scusa per essere scappata in quel modo ieri sera. Ero un po'
confusa. Dovevo riordinare le idee e pensare alle tue parole".
"Veronica…" provò a interromperla
lui. Ma ormai il dado era tratto. Era arrivata fino a lì, nonostante
ogni cellula del suo corpo si rifiutasse di farlo, e sarebbe andata in
fondo a quella storia. Nemmeno l'aria confusa e assonnata di un Logan
poco vestito l'avrebbe fermata.
"No, lasciami finire. Nemmeno io
voglio che tu esca dalla mia vita. E non sto dicendo che voglio
rituffarmi in una relazione con te… ma perché dopo il diploma non
proviamo a uscire? A vedere dove tutto questo ci sta portando? Insomma,
hai definito la nostra relazione epica".
Nessuna reazione, solo un silenzio
imbarazzante. Le bastò un istante solo per capire che Logan non aveva
alcuna idea di ciò di cui lei stava parlando.
"Oh cavolo!"
Quasi sussurrando Logan aprì
finalmente bocca.
"Di ieri sera ho un ricordo…
sfuocato…"
L'imbarazzo s'impossessò di
Veronica, che attonita cercava metter in movimento i suoi piedi
affinché la portassero il più lontano possibile da quel luogo. Ma non
era ancora finita…
"Chi è? Il servizio in camera?" una
voce femminile e sensuale la fece sprofondare nello sconforto.
"Oh, no, solo Veronica Mars. Che
delusione!" affermò Kendall, come sbucata dal nulla, mentre abbracciava
Logan. "Vieni - sussurrò al giovane nell'orecchio - andiamo a farci un
bel bagno!" E poi prima di sparire, affondò il colpo. "Ciao Veronica!"
Logan inspirò profondamente, mentre
Veronica si voltava verso l'ascensore.
"Qualunque cosa io abbia detto…"
Quelle parole suonarono poco
credibili anche a lui, che le aveva appena pronunciate.
"Dovresti saperlo…" riprovò il
giovane.
"Smettila" lo pregò lei, arrivata
all'ascensore.
E mentre le porte si chiudevano, il
dolore che provava si fece fisico e si materializzò sul dolce volto
della giovane donna.
---
"Terra chiama Marte". Logan la
riportò al presente, nonostante il dolore la tenesse ancorata
profondamente a quel momento.
"Io, gelosa? No risponderò nemmeno
a questa tua assurda insinuazione!" rispose Veronica, cercando di
passare oltre.
"Kendall, Kendall, Kendall, cosa ci
facevi nella stanza di Aaron Echolls la sera del suo rilascio, e della
sua morte?" domandò Veronica a sé stessa. "Non ti facevo così ingenua,
Veronica" esclamò lui, mentre metteva su la macchinetta del caffè. Il
suo solito sorrisino stampato in faccia. Per Veronica era troppo
presto: non avrebbe retto a lungo. Alzò lo sguardo al cielo e sospirò,
tirando fuori le tazze dal mobile. "Ho capito, cercherò di farti
immaginare la scena. Lui, sudaticcio sdraiato sul materasso, lei
ansimante sopra di lui…"
"Oddio, Logan, grazie mille per
questa terrificante immagine. Vorrei lavarmi le orecchie con la
candeggina, adesso…"
Lui sorrise, versando il liquido
scuro nelle tazze. "Non so perché mi stupisca", affermò con aria
triste. Veronica si fece seria. "Perché mio padre è dovuto andare a
letto con tutte le mie ragazze?"
Lei affondò la faccia nella tazza
fumante. Sarebbe stata una lunga nottata.
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Erano le 4 del mattino. Il suono
del telefono lo riscosse troppo bruscamente dal sonno tranquillo in cui
si trovava fino a pochi secondi prima. Non guardò nemmeno il nome di
chi lo stava chiamando. "Tesoro, spero per te che sia un'emergenza"
"Papà, tu hai idea di dove si
possano essere conosciuti Kendall Casablancas e Aaron Echolls?"
"Tesoro, di cosa stai parlando?"
"Papà, ho bisogno che tu ti
concentri. Forza, scuoti la testa e fai scontrare i neuroni. Rispondi
alla mia domanda!"
"Erano tutti e due ricchi. Si
saranno conosciuti a qualche festa…"
"Impossibile" sospirò lei, mentre
il padre si alzava dal letto. "Kendall è arrivata a Neptune dopo
l'arresto di Aaron. Io e Logan abbiamo verificato: le date non
coincidono."
Keith indossò la vestaglia. E provò
a ricordare. I file del caso, i documenti, le registrazioni. Schedari,
date, firme… incontri! Incontri in prigione.
"In prigione, tesoro. Ora ricordo.
Kendall è andata numerose volte a trovare Aaron in prigione!"
"Non sono tutti registrati?"
domandò la giovane donna?
"Certo, registrati e conservati!
Conservati nell'archivio della Contea!"
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Gli uffici erano deserti. Del resto
alle 5 del mattino era difficile aspettarsi qualcuno in un ufficio
pubblico. Anche il suo collega, Martin, stava sonnecchiando nella
stanza degli interrogatori.
Sgusciò rapidamente fino al desk di
Inga. Aprì il cassetto ed estrasse le chiavi dell'archivio generale.
Poi salì al quinto piano. Silenziosamente cercò le cassette
incriminate, e poi tornò a casa, dove il padre e Logan la aspettavano
alzati.
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La registrazione era vecchia.
L'audio gracchiava e le immagini in bianco e nero erano piuttosto
"ballerine". Una Kendall decisamente in forma stava per alzare il
ricevitore. Dall'altra parte del vetro, Aaron Echolls. "A cosa devo il
piacere?". Domandò lui.
"Sono qui per tentarti, Aaron!"
rispose lei, impassibile di fronte al fascino dell'attore.
"Missione compiuta" provocò l'uomo
"O forse dovrei dire: con che cosa?"
Lei non si scompose e continuò a
parlare con voce suadente. "Con distese di terreni. Più di quante io
possa gestirne."
Aaron Echolls si mise comodo sulla
sedia, finalmente interessato. "Allora Big Dick ha ancora le mai in
pasta in qualche affare…"
Kendall sorrise. Veronica e Keith
sapevano che stava mentendo. Come lei stessa aveva raccontato a Keith
Mars, dietro alla Phoenix Land Trust non c'era Richard Casablancas, ma
suo figlio minore, Cassidy. "Diciamo che mio marito ha un vasto campo
d'azione. Qualcuno dice che potrebbe lavorare all'estero". Senza dare
tempo all'uomo al di là del vetro di reagire, rincarò la dose. "Aaron,
che ne diresti di uscire di qui ancora più ricco?"
Lui si fece guardingo. "Ahhh…
capisco. Sei al verde. Posso aiutarti. Ma in cambio di cosa, signorina,
in cambio di cosa?" domandò lui, facendo una pessima imitazione di
Hannibal Lecter.
"Mi hanno detto che il vetro è a
prova di proiettile" reagì lei con aria languida e cominciando a
slacciarsi il succinto maglioncino leopardo. "Però forse posso fare
qualcosa per te".
"Qualcos’altro" reagì lui, dopo
aver ammirato brevemente l'abbondante e invogliante decolté della donna
al di là del vetro.
"Sono tutta orecchi"
"Conosci mio figlio Logan?" domandò
lui. Kendall riuscì a mascherare bene l'imbarazzo. "Quello che sta
sempre con i ragazzi Casablancas?"
"Solo di vista…"
"Magari potresti andare a
trovarlo nella sua camera d'albergo"
"Può darsi" rispose lei, stando
vaga. "Ci posso provare"
Il ghigno soddisfatto di Aaron
Echolls fece correre i brividi lungo la schiena di veronica, che
impotente assisteva alla scena registrata dalla telecamera della
prigione. "Sono particolarmente interessato al ragazzo con cui divide
la stanza, Duncan Kane. Dovresti recuperare qualcosa di suo per me…"
"Penso di poterlo fare… E per
quanto riguarda i soldi?"
"Quanti zeri vuoi, dolcezza? Oggi
potrei fare una telefonatina al mio avvocato…"
Poi i due si separavano.
"Papà!" urlò Veronica "metti su la
prossima!"
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Le altre cassette non avevano
registrato nulla di compromettente. Aaron e Kendall avevano parlato di
tagli di capelli, delle statuette vinte da Aaron, del suo successo come
attore, di malsane abitudini e di Logane e Duncan. Era chiaro quello
che era successo, ma non sarebbero certo valse come prove incriminanti.
Nessun giudice le avrebbe prese in considerazione.
"Quindi Kendall ha creato le prove
che hanno incastrato Duncan e scagionato Aaron in cambio di denaro…"
esclamò Veronica soprappensiero. "Ma come ha fatto?!"
"Lo so io" rispose Logan "Kendall
ha gironzolato parecchio per la suite che dividevo con Duncan. Una
volta l'ho vista entrare nel bagno della stanza di Duncan e uscirne con
aria sospetta. Ne sono sicuro. La statuetta di mio padre, una delle
poche cose che si sono salvate dall'incendio della mia casa, è sparita
da sotto il mio letto proprio in quel periodo!"
Veronica aggrottò la fronte. "E il
compagno di cella di tuo padre, non era molto simile all'uomo che aveva
assoldato la escort che aveva derubato Cliff di tutti i documenti sul
caso?"
I tre rimasero in silenzio a
riflette. Poi finalmente qualcuno lo ruppe. "Sono solo congetture e
illazioni. Noi abbiamo bisogno di prove!" Esclamò Veronica, esasperata
da quella situazione.
Logan le poggiò una mano
sull'avambraccio e, con aria rassicurante disse: "Però sappiamo cosa
cercare, adesso! Forza, Bobcat, sono sicuro che ci riuscirai!"
Spazio
autrice.
Ed
eccoci qua. Possibilmente con meno errori ortografici e un capitolo di
passaggio. La mia intenzione è di costruire runa storia molto più breve
della precedente!
Scusate
se i dialoghi presi dagli episodi 2x03, 2x15 e 2x20 sono leggermente
diversi, ho cercato di mediare tra versione originale e versione
italiana.
Thanks
Sghisa
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