Luna di carta
C A P I T O L
O U n
i c o
“ Luna di carta
„
Le dolci e delicate vibrazioni
di quella scia nell'acqua, arrivarono fino alla riva dove lei se ne
stava con i piedi immersi dentro, immobile, incurante di quanto il gelo
di quel contatto cristallino le stesse avvolgendo la pelle.
Un brivido di freddo le salì lungo la schiena, come se
candidi fiocchi di neve le si fossero appena appoggiati sulle spalle,
per scivolarle poi lungo tutto il corpo – sciogliendosi,
infine, su di questo.
Il buio di quella sera non sarebbe mai stato scuro abbastanza da
potersi ritenere un valido avversario per quel fumo nero di cui si
sentiva composta in quel momento, quella condensa di esistenza bruciata
che sentiva disperdersi nell'aria portando via con sé
l'intera sua essenza – senza lasciarle niente alla quale
aggrapparsi, nessuna certezza in cui credere.
Era una pioggia corrosiva, scaglie di vetro al posto dell'acqua a
trafiggerle l'anima – a frantumare ogni sua speranza e
felicità conquistata. Lacrime salate le riempirono gli
occhi, esaltandone la colorazione muschiata, verde come tutta la natura
della quale era circondata in quel momento – piegata al
volere del vento, esattamente come il suo spirito davanti allo scenario
struggente riflesso nelle sue iridi spente.
Le mani unite all'altezza del cuore sembravano rappresentare per lei la
sua unica difesa davanti a tutto quello, come se volesse proteggere i
suoi sentimenti infranti da un dolore che non riusciva, che non poteva
accettare e sopportare – troppo grande, per la sua fragile
personalità.
Le vele bianche di quella piccola barca iniziarono a diventare sempre
più confuse in mezzo alla foschia poggiata sopra l'immenso
lago di cui non si vedeva il confine, ma i capelli argentei del ragazzo
– accarezzati dai raggi della Luna bianca e accecante in alto
nel cielo stellato – riflettevano una luce pallida,
manifestando la sua presenta ancora lì davanti a lei
– anche se sempre più distante, sempre più
irraggiungibile, ma anche quando sarebbe scomparsa definitivamente,
quell'immagine sarebbe purtroppo rimasta indelebile nella sua mente,
per sempre.
Lentamente – con lo sguardo sbarrato nel vuoto che ormai lo
riempiva – si voltò per ricercare la figura della
madre alle sue spalle. Col respiro intrappolato nei polmoni –
come se si fosse dimenticato come uscire da quella prigione di agonia e
delusioni – la osservò nella speranza di scorgere
sul suo volto comprensione e spiegazioni che non riusciva a trovare per
quel che era appena successo ma, senza che potesse impedirlo, l'unica
cosa che riuscì a vedere fu solamente l’intera
perdita di quell’incredibile viaggio che l’aveva
arricchita di nuove prospettive e ambizioni – di
quell’incorruttibile esperienza passata accanto a quello che
era stato il compagno di cui si era innamorata e nel quale aveva
creduto ciecamente, stupidamente, fidandosi della sua parola che non
l’avrebbe abbandonata come invece aveva fatto.
Secondi di interminabile silenzio si persero nello scorrere del tempo,
diventando pesanti come macigni sulle sue consapevolezze che non voleva
approvare, e lo sapeva, se solo avesse versato la prima lacrima, le
altre sarebbero scese senza trovare modo di fermarsi, ma le fitte che
laceravano il suo petto – le invisibili pugnalate che sentiva
conficcarsi nella sua carne – erano troppo prepotenti per
permettersi di resistere a quello sfogo necessario che sentiva
esploderle dentro.
Le labbra lievemente dischiuse, si sfaldarono in un'increspatura di
disperazione, mentre un limpido pianto tentava di epurare da lei ogni
invisibile ferita delle quali era cosparsa. Singhiozzante, non avrebbe
resistito più di così prima di gettarsi tra le
braccia dell'unica persona che sentiva esserle sempre stata vicina.
Con l’espressione rammaricata e piena di empatia, Gothel la
strinse a sé, accarezzando con quanto più amore
riuscisse a trasmetterle, quello che aveva sempre considerato il suo
piccolo fiore e il suo Sole intramontabile – rendendosi
però conto che, in quel momento, quello stesso Sole era
ormai molto più simile ad una Luna di carta, accartocciata
come un foglio inutile sul quale aveva da sola scritto una storia inventata,
inesistente, nella quale aveva insanamente creduto e che era stata solo
in grado di farle più male di quanto sapeva fargliene
egoisticamente lei da diciotto anni e per tutta la vita.
Istintivamente, guardò il lago sul quale la figlia aveva
posato lo sguardo più costernato che le avesse mai visto
– pieno di una tristezza che la faceva sentire pentita di
starsi approfittando della sua debolezza per tenerla ancora
più vicina a lei, d'ora in avanti.
Non sapeva come dirglielo, che su quello specchio d'acqua non c'era mai
stata nient'altro che nebbia.
F I N E
»
N O T E
A U T R I C E
;
Quello di Rapunzel in riva al
lago che guarda Eugene allontanarsi da lei, è e
rimarrà per sempre la mia scena preferita all'interno del
film. E' struggente lo sguardo con cui la Disney l'ha caratterizzata;
pieno di dolore, di delusione, di perdita di fiducia e perdita di se
stessa. Per quanto sia un momento estremamente
doloroso per la mia principessa Disney
preferita, non riesco a fare a meno di amare quella sequenza per il
modo in cui è stata resa.
Inizialmente questa one–shot doveva nascere semplicemente come centric! di
Rapunzel riguardo quel momento, per l'appunto, ma il mio amore per le Jack x Rapunzel l'ha
fatta diventare appunto una storia su questa coppia.
Chiarimenti
necessari per la piena comprensione: la circostanza che
sorregge la storia è la pazzia di Rapunzel; mi sono infatti
voluta immaginare che la nostra biondina fosse arrivata al punto di
immaginarsi l'irruzione di un ragazzo, Jack, nella torre – che
sostituisce dunque il ruolo di Eugene. In seguito a questo, mi piace
l'idea che Rapunzel scappi dalla torre da sola, sostanzialmente,
convinta però di star vivendo la sua avventura assieme a
Jack – ma che, di fatto, non esiste ed è solo il frutto
della sua immaginazione, del degeneramento della sua solitudine.
Naturalmente bisogna accettare l'omissione di alcune scene che
paleserebbero l'esistenza di un compagno nel suo viaggio – vale a dire
il pezzo della locanda, il criminale ricercato, i due briganti che
vogliono la corona ecc... E pensare semplicemente a qualcos'altro di
sostitutivo. Gothel naturalmente avrà avuto modo di notare
che Rapunzel non c'è più ed è andata a
cercarla – incappando in qualche situazione in cui è rimasta
ad osservarla immersa nella sua follia – per poi arrivare infine a
trovarla così in riva al lago ad osservare il vuoto nel
quale però lei vede Jack scappare via con la barca – che
starebbe a simboleggiare l'arrivo della madre che, ha allontanato da
lei l'esistenza del suo amore immaginario, e tale allontanamento si
manifesta nelle sue allucinazioni tramite la fuga di Jack.
Spero di essere stata chiara e di avervi riproposto una fanfiction
diversa dalle altre, mi piace ricercare sempre qualcosa di originale e
particolare da usare alla base per caratterizzare i miei scritti – un
qualcosa in
più che mi permetta di regalare delle emozioni
degne di essere chiamate tali.
Oh, vorrei accennare anche una piccola nota su Gothel: sono sempre stata convinta che, nonostante tutto, Gothel abbia amato Rapunzel con tutta se stessa – ma è sempre stata al contempo accecata dalla sua brama per il potere dei capelli della giovane. Non riesco davvero a immaginarmi Gothel non sofferente per del male che la figlia puó provare – bisogna ricordarsi che pur di farla felice è stata disposta ad accettare di fare un viaggio di tre giorni solo per prendere un paio di colori. Non le ha mai fatto mancare niente e io sono sinceramente convinta che le due siano profondamente legate – così come sono fermamente convinta che, dopo la morte della più vecchia, Rapunzel non sia comunque in grado di dimenticarla; è stata il suo punto di riferimento per diciotto anni, dopotutto.
Sulla base di tutti ciò, dunque, ho cercato di riproporre una madre Gothel sentimentalmente preoccupata per la sanità mentale di sua figlia, ma comunque non intenta a fare passi indietro per tralasciare la sua ossessione.
Bon, non credo di aver null'altro da dire. Mi spiace di aver interrotto
la noiosa monotonia della Jelsa
ma in realtà ne sono anche un po' felice – ormai, veramente,
personalmente non posso negare mi abbia stancato aprire la sezione e
ritrovarmi sempre le solite storie dove «Elsa è
l'unica che può vedere Jack, Jack le dona i poteri e lei si
sente a suo agio solo con lui», senza un minimo
di psicologia o introspezione dietro al tutto, tra l'altro. Wow, mi
elettrizza l'originalità di queste idee.
Naturalmente questa è la mia modesta opinione ed essendo
amante dei The Big Four
fino al midollo – che
quattro sono e quattro rimarranno –, inizio semplicemente
a trovare fastidiosa l'entrata in scena solo ed esclusivamente di
Jelsa, Jelsa e ancora Jelsa, senza avere nemmeno
più la possibilità di trovare la stimolante
varietà che c'era prima. E' peggio dell'ulcera che ti viene
nel finire tutte le vite a Candy Crush. x°
Gusti e considerazione personale, ripeto – che non sia questa
un'offesa! Assolutamente! Non è una richiesta di stop la
mia, solo non potevo più tenermi dentro questo sfogo
motivato. x°
Vaaa beh, a me piace postare tardi le storie ma a quest'ora la gente
dovrebbe dormire e teoricamente dovrei farlo anche io, quindi un saluto
a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di arrivare fino a qui, mi
auguro davvero possa esservi piaciuta questa mia ennesima fanfiction –
e spero potrete lasciarmi un commento per farmi sapere come vi
è sembrata! I commenti fanno sempre felici gli autori e io
non posso che sostenere questa cosa. ♡
Alla prossima, e grazie a tutti voi che avete letto!
©
a u t u m n
|