So
che Lavanda dovrebbe
essere sopravvissuta all'attacco di Greyback, ma ci tenevo a fare del
dramma con nomi conosciuti, chiedo perdono. (:
*
«Chiunque
salvi una vita, salva il mondo intero», Schindler's List
Regulus
Black,
Ninfadora Tonks (pre-saga)
280
parole
All'improvviso
nella
sua testa c'è solo silenzio.
Ed
è strano, pensa,
perché Diagon Alley è in fiamme, la gente grida,
i vetri esplodono,
e c'è chi cade e si rialza e chi cade e non si rialza... ma
all'improvviso – strano davvero – tutto tace.
Guarda
la bambina.
Cinque,
sei, quanti
anni potrebbe avere? Conta fra sé gli anni trascorsi dal
giorno in
cui sua cugina Andromeda è fuggita con il maledetto
Sanguesporco.
Sono
sei.
Sei
anni in cui il
mondo che conosceva ha avuto tutto il tempo di ribaltarsi.
Guarda
la bambina.
Sei
anni, smarrita nel
caos dell'attacco dei Mangiamorte, con il piccolo viso sporco, le
lacrime sulle guance. Piange mentre lo guarda, lo guarda e continua a
chiamare il suo papà – quel maledetto Sanguesporco.
Regulus
alza la
bacchetta.
«M-mamma...».
Guarda
la bambina.
Ha
gli occhi neri che
brillano e i capelli neri che spuntano da sotto il berretto colorato
e la carnagione chiara e delicata – è come
guardare i ritratti dei
suoi antenati.
All'improvviso
nella
sua testa c'è solo il rumore di qualcosa che si spezza, e
mentre
corre via da quel vicolo e le grida e le esplosioni tornano a
rimbombargli nella testa, la bambina gli piange ancora davanti agli
occhi.
E
sono neri, sono neri
come i suoi, e come quelli di sua madre e di sua zia.
Diagon
Alley sarebbe
stata diversa un giorno – un giorno che né Regulus
né la bambina
avrebbero mai potuto vedere. Qualcuno l'avrebbe chiamata giustizia,
qualcun altro disgrazia. Ma ci sarebbe stato un ragazzino, quel
giorno in cui Diagon Alley sarebbe stata diversa, e i suoi occhi
sarebbero stati neri e brillanti quanto quelli di sua madre.
*
Tazzina
di tè
Minerva
McGranitt
187
parole
Non
aveva mai pensato
che sarebbe diventata Preside.
Albus
era il Preside –
era sempre stato il Preside, e perfino quando non era che il suo
professore di Trasfigurazione era stato qualcosa di più
importante,
di più vitale.
Ma
oggi la Preside è
lei.
La
Preside Minerva
McGranitt, seduta sulla ricca poltrona che ha accolto maghi e
streghe probabilmente più valorosi di lei. Uomini e donne
d'onore
che non avrebbero mai permesso alla guerra di distruggere la scuola,
gli studenti, le loro vite.
Porta
alle labbra la
tazzina di tè, ma le mani tremano troppo, non si placano, la
fermano
e le ricordano quanto sia arduo invecchiare nei rimpianti. Silente
–
il Preside Silente – non avrebbe mai
permesso niente del
genere.
Minerva
non ha
dimenticato nessuno di loro.
Colin
Canon, Lavanda Brown, Kevin Smith, Rosemary Carroll...
Ci
sono sere in cui
ripete ognuno dei loro nomi fino a tre, cinque, mille volte. Ci sono
sere in cui fa meno male, in cui ricorda solo la nostalgia delle
fotografie del piccolo Canon o le risatine divertite della giovane
Brown, e sere più infelici in cui è semplicemente
troppo.
La
tazzina di tè le
scivola dalle mani e si infrange a terra.
«Minerva...»
mormora
il triste eco della voce di Albus dal suo ritratto. «Te ne
prego...».
Ma
lei ha già ripreso
a chiamarli per nome – di nuovo, di nuovo, di nuovo.
Colin
Canon, Lavanda Brown, Kevin Smith, Rosemary Carroll...
*
La
persistenza della memoria, Salvador Dalì
Amos
Diggory
185
parole
Cedric
sfreccia
nell'ingresso di casa Diggory e irrompe come un uragano nel salotto
dove Amos sta leggendo la Gazzetta del Profeta.
«Papà!»
lo chiama
entusiasta, «papà, vieni a giocare!».
Amos
inarca appena un
sopracciglio.
«Dove
hai lasciato le
scarpe? I tuoi piedi sono tutti sporchi di terra... la mamma si
arrabbierà».
«Vieni
a giocare,
papà!».
Insiste
con un largo
sorriso, si aggrappa alla manica della giacca del padre e la tira con
tutta la sua energia di bambino. Tira, tira, tira...
ma Amos
resta seduto e lo guarda.
Guardare
il viso di suo
figlio è sempre più difficile.
«Papà,
vieni a
giocare!».
Ripete
sempre la stessa
cosa.
«Vieni
a giocare!».
Non
cambia mai.
«Vieni,
papà!».
Attraverso
le lacrime che gli riempiono gli occhi, Amos vede solo il suo bambino
– il suo ragazzo, il suo ragazzo
morto...
«Papà,
vieni a
giocare».
Non
c'è – sa che non
c'è davvero e se tendesse la mano non abbraccerebbe che il
nulla
– ma in quella casa non riesce a vedere altro che
il suo
bambino – il suo ragazzo, il suo ragazzo morto.
È
ovunque.
|