Bond.
Il movimento con cui si para davanti a lui è tanto rapido e
istintivo che nemmeno è sicura di aver pensato, prima di
compierlo.
“Potrebbe essere pericoloso”, lo mette in guardia,
ma lui si è già spostato di lato per superarla.
“Non sarai mica preoccupata per me, Neal”, la
punzecchia, scavalcando il muretto con un balzo e ritrovandosi nel
giardino sul retro dell’abitazione che avevano scoperto
essere la residenza di un agente della CIA sospettato di corruzione.
Raggiuntolo, lo afferra per un braccio. “Nel caso te ne fossi
dimenticato, salvarti la vita è il mio lavoro,
Vaughn”, gli rammenta calcando la voce sul suo cognome, ma
mantenendola bassa per evitare che qualcuno
dall’interno li possa sentire.
Gabriel la fissa dritto negli occhi corrugando la fronte, come se
stesse cercando di cogliere qualcosa nel suo sguardo. Sorride.
“Ora ho capito! Il tuo piano è quello di ridurmi
sul lastrico, a furia di venti dollari o più di cui ti sono
debitore al termine di ogni missione. Ammettilo”, sussurra in
tono cospiratorio, con tutta l’aria di chi si sta divertendo
un mondo.
In tutta risposta, Riley alza le mani in segno di resa. “Mi
hai scoperta”, confessa. “D’altronde, non
mi pagano abbastanza per avere a che fare tutto il giorno con il tuo
carattere infantile e insopportabile”, aggiunge tagliente.
Gabriel si porta una mano al petto e finge un’espressione
ferita. “Come puoi avere una così bassa opinione di me? Mi
ritieni addirittura infantile?”, si lamenta con risentimento.
Riley alza gli occhi al cielo e gli allunga un astuccio nero.
“Hai intenzione di continuare ancora per molto a fare il
bambino o vuoi mettere in pratica ciò che ti ho insegnato e
scassinare questa porta?”
Non ha ancora terminato la domanda che Gabriel le ha praticamente
strappato dalle mani gli arnesi da scasso e ha iniziato ad armeggiare
con la serratura.
Riley lo osserva concentrarsi sui suoi gesti e quando sente scattare i
meccanismi, reprime un sorriso orgoglioso prima che lui possa
accorgersene e pavoneggiarsi a riguardo per il resto del mese.
“Rimani dietro di me”, gli ordina in tono
perentorio.
Gabriel sembra deluso. “Non mi fai i complimenti?”
Riley lo ignora e si piazza davanti a lui per ostacolargli
l’entrata nella casa. “Senti, lo so che per te
è difficile, ma, per una volta, potresti
ascoltarmi?”, lo supplica, sistemando la pistola nella
fondina sotto la giacca.
“Ti sbagli, boss”, la contraddice. “Io ti
ascolto sempre”, asserisce, mostrandosi offeso dal fatto che
lei abbia potuto insinuare il contrario. “Però non
è detto che io faccia ciò che dici”,
soggiunge, aggirandola con un movimento fluido e veloce e
precipitandosi all’interno prima che lei abbia il tempo di
bloccarlo.
“Gabriel!”, lo richiama. “Torna
qui”.
***
Contrariamente a quanto aveva immaginato dopo il loro primo incontro,
lavorare al fianco di Gabriel si è rivelato, sin dalla prima
missione, più semplice e spontaneo del previsto. Anche se,
nonostante quella mattina abbia esagerato quando l’ha
accusato di essere insopportabile, e nonostante non creda seriamente
che sia infantile, tuttavia non può nemmeno mentire
affermando che Gabriel sia tra le persone più trattabili con
cui abbia avuto a che fare. In ogni caso, è soddisfatta di
come siano riusciti, per il momento, a comportarsi civilmente
l’uno con l’altra e a collaborare - ad andare
d’accordo, oserebbe quasi dire.
Eppure è da settimane che una domanda continua a
ripresentarsi alla sua mente. Riley continua a ripetere a Gabriel, agli
altri e a se stessa che prendersi cura di lui e assicurarsi la sua
incolumità è l’incarico affidatole da
Lillian e, in fondo, è così; ma proteggere
Gabriel è davvero solo un lavoro?
Il più delle volte riesce ad ignorare questi pensieri e a
nasconderli sotto altri pensieri e altre preoccupazioni, ma ci sono dei
momenti in cui si fanno più rumorosi e insistenti,
così che le risulta impossibile allontanarli. In
compenso, qualunque risposta abbia tentato di darsi
è suonata come una bugia o, in alternativa, le è
sembrata troppo spaventosa per accettare che fosse vera.
E proprio in quel momento, mentre se ne sta lì immobile con
due cartoni della pizza tra le mani, la colpisce il pensiero di aver
sempre sbagliato a formulare la domanda. Ciò a cui dovrebbe
trovare una risposta non è se Gabriel sia solo
un lavoro per lei, ma quando
abbia smesso di esserlo.
“Hai intenzione di suonare o devo continuare a fingere di non
sapere che sei lì fuori?” La voce di Gabriel la fa
sobbalzare.
Sospira e preme il pulsante del campanello. Quando le apre, Gabriel
indossa solo i pantaloni e si sta asciugando con una salvietta il
sudore che gli cola lungo il collo.
“Ma che sorpresa, boss. Non avevo la minima idea che fossi
tu”, la prende in giro ridendo.
“Non potresti farti trovare vestito, ogni tanto?”,
fa lei acida.
“Non sono io quello che si presenta senza invito a casa
altrui”, ribatte. “E ti va bene che non fossi
nudo”.
Riley spalanca gli occhi e storce la bocca in una smorfia di disgusto.
“Ti prego, no, non ci tengo particolarmente a vederti nudo.
Dalla prossima volta ti avviserò in anticipo, lo
prometto”.
“Ehi!”, esclama lui, indispettito.
“Guarda che io sono uno spettacolo per gli occhi, soprattutto
se tutti i tuoi ex sono come Griffin”.
Riley è tentata di ritirare tutto ciò che ha
pensato poco prima e riconoscere che Gabriel sia davvero insopportabile
e infantile come aveva tenuto a ricordargli ben più di una
volta.
“Senti, ma Lillian non ti dà mai la serata libera?
È sabato sera: non dovresti cenare con degli amici e magari
guardare un film insieme a loro o, non so, andare in giro per locali
tutta la notte?”
Riley poggia i cartoni delle pizze sul bancone della cucina e apre il
frigo alla ricerca di due birre.
“Infatti è esattamente quello che sto
facendo”.
Gabriel vorrebbe farle notare che si è appena tradita
ammettendo di considerarlo un amico, ma preferisce tacere. “A
quale parte ti riferisci? A quella del cibo e del film o a quella dei
locali?”
Riley inclina la testa e si porta una mano sul fianco. “Tu
cosa dici?”
“Io dico che spero sia la prima, perché non sono
il tipo da andare in giro a far baldoria”, scherza.
“Che film e cena siano, allora!”
All’improvviso, però, Gabriel si fa serio.
“Dico davvero, Riley. Me la sono cavato da solo per molto
tempo e penso di poter sopravvivere una notte intera senza bisogno che
tu mi faccia da babysitter”.
Lei lo guarda di traverso. “Vuoi proprio farmelo dire, non
è così?”
Gabriel annuisce sorridendo compiaciuto.
“Già”.
Riley lo colpisce con un pugno sulla spalla. “Strano modo per
confessare che vuoi
essere qui, ma apprezzo lo sforzo. Anche tu mi piaci, comunque, e sono
contento che tu sia venuta”.
E poi, ecco, ci sono quei momenti in cui Gabriel sembra capire
esattamente ciò che sta pensando ed esprime ad alta voce
ciò che lei vorrebbe trovare il coraggio di dire; e allora
Riley non può fare a meno di rimanere sorpresa per quel lato
così sincero e disinvolto del suo carattere.
“Cosa hanno appena sentito le mie orecchie?”,
chiede incredula.
Gabriel si guarda intorno. “Cosa? Io non ho sentito
niente”
“Idiota!”, commenta ridendo.
I loro sguardi si incontrano e non si lasciano per diversi secondi, e
nella luce divertita degli occhi dell’altro leggono la
consapevolezza del legame crescente che li sta unendo e che, Riley ne
è certa, non ha niente a che fare con il rapporto tra
colleghi di lavoro.
“E sappi che prima di iniziare a guardare il film dovrai
andare a farti una doccia, perché puzzi”.
“Agli ordini, boss”.
|