- Titolo: Hirari
- Autore: XShade-Shinra
- Fandom: Cage of Eden/Eden no
Ori
- Fandom!AU: L'attacco dei
Giganti/Shingeki no Kyojin
- Characters/Pairing: Rion,
Oomori / no pair
- Prompt: Fandom!AU, minimo 500
parole
- Genere: Introspettivo
- Rating: Verde
- Avvisi: Fandom!AU
- Capitoli: One-Shot
- Timeline: 104th Trainees
Squad arc
- Disclaimer: Tutti i
personaggi
di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono
esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre
questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà
dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo
di lucro ma solo per puro divertimento.
- Note: Ecco che torno sul mio
amato EnO. <3
Mentre leggevo Shingeki no Kyojin ho trovato un sacco di punti in
comune con EnO (dal trio protagonista, al titano bestia, passando per
il concetto di gabbia del Paradiso <3) e non potevo non prendere i
PG di EnO e trasportarli in quel fandom, davvero. Secondo me il mangaka
di SnK ha letto EnO e ne è fan, ne sono certa. Infatti mi aspetto da un
momento all'altro due fatti abbastanza importanti, se accadranno anche
quelli ne sarò molto felice. Se non accadranno (o quando mi stuferò di
aspettarli) ci scriverò una FF, assolutamente! *_*
Questa FF è su Rion, perché, essendo una ginnasta, ho pensato che fosse
particolarmente brava con il 3DMG.
Il titolo è il giapponese, significa "Fluttuando" ed è l'omonimo della
canzone di Miku.
Auguro una buona lettura a tutti i coraggiosi che bazzicano per questo
piccolo fandom. ^^
-
Hirari -
Era la prima volta che Rion provava un
dispositivo di manovra tridimensionale. Era la prima volta che Rion
volava.
Durante gli allenamenti con gli
elastici, era stata sempre la migliore, sembrava nata per non toccare
terra ma librarsi nel cielo, su, su, ancora più su. In molti
all’accademia erano certi che se la bombola avesse avuto abbastanza
capienza, sarebbe stata in grado di arrivare ai limiti della
troposfera.
Non era particolarmente leggera e la
sua forma non era aerobica, ma era un insieme di atleticità e costanza
a rendere il suo coordinamento rasente alla perfezione.
Rion però aveva una debolezza: tale
punto debole aveva un nome proprio, e si chiamava Akira.
Akira, il suo amico d’infanzia, il
ragazzo che aveva sempre amato, era forte – molto più di lei – ed era
bravo a usare il dispositivo di manovra tridimensionale – non come lei
–, ma la sua testa calda lo metteva sempre nei guai. Non aveva nessuna
caratteristica eccezionale, ma era un buon trascinatore di folle.
Determinato e affezionato a tutti i suoi amici. Soprattutto a Rion: per
lei avrebbe sempre rischiato la vita, esattamente come lei avrebbe
fatto per lui.
Insieme erano ognuno il punto debole
dell’altro, ma congiuntamente erano anche capaci di raggiungere vette
che da soli non avrebbero mai potuto scalare.
Passo dopo passo, caduta dopo caduta,
si alzavano sempre e continuavano verso il cammino che si erano scelti.
Insieme, come la famiglia che erano sempre stati fin da piccoli.
E non c’era nessun’altra cosa al mondo
che rendesse così forte Rion se non Akira – e la debolezza divenne
forza nell’esatto momento in cui decisero di difendersi a vicenda
finché avessero avuto fiato.
Inoltre, se a questo duo già di per sé
fortissimo si aggiungeva Mariya, nulla era in grado di fermarli.
Mariya, piccolo di statura ma grande di
intelletto. Colui che vantava le maggiori conoscenze e una capacità a
dire poco unica di immagazzinamento e processazione dei dati. Se Rion e
Akira erano il braccio, lui era la mente; una mente fredda e analitica.
Non gli piaceva particolarmente
librarsi in cielo – aveva sempre i piedi per terra, lui, in tutti i
sensi –, ma il suo istinto di sopravvivenza lo avrebbe fatto migliorare
velocemente.
Rion sorrise quando l’istruttrice
Oomori le disse di scendere e tornare a terra.
Stava così bene là nel cielo.
Arcuò la schiena, buttando la testa
all’indietro e regolando il gas in modo da darle solo la spinta adatta
a contrastare la forza di gravità, rimanendo lì a fluttuare.
Guardò verso terra. Erano tutti così
piccoli, nascosti in parte dai lunghi capelli mossi dal vento
Akira esultava, contento che la sua
amica fosse riuscita al primo colpo a diventare un’elementale
dell’aria; Zaji urlava esaltato, non credendo ai propri occhi;
l’espressione di Mariya era celata dal riflesso del sole sulle lenti,
ma Rion era certa, da quel suo sorrisetto, che fosse compiaciuto; solo
pochi sembravano gelosi della sua performance, ma lei non ci fece caso.
– Hirari, hirari, hirari… - canticchiò
sorridendo.
Le dispiaceva ignorare un ordine – da
bravo soldato avrebbe dovuto obbedire ai comandi di un suo superiore,
in quel caso di Oomori –, ma non riuscì a resistere: diede più gas e,
facendo una capriola in avanti, continuò ad andare su, per poi fermarsi
un attimo e diminuire gradualmente l’afflusso.
Alzò lo sguardo verso l’orizzonte e
vide la landa selvaggia davanti ai suoi occhi stagliarsi verso
l’infinito. Il verde era il colore preponderante. Quella landa era il
mondo là fuori, un mondo che non aveva mai visto.
Fece tornare in positivo il flusso,
andò più in alto.
Non aveva nulla a cui aggrapparsi con i
rampini, ma non importava, lei sapeva qual’era il suo baricentro e
stare in verticale era semplice, quasi naturale.
Si girò attorno come facesse una
piroetta.
Verde, alberi, puntini rosa. I titani.
Quello era il mondo fuori dai due – una
volta tre – muri concentrici.
I giganti pochi anni prima avevano
aperto una breccia nel primo muro, infrangendo la loro paradisiaca
gabbia di mattoni – erano solo mattoni quelli che li difendevano?
- e anche se ne avevano perso un livello, la situazione si era
tranquillizzata. Ma lei non aveva mai accettato tutto il male che
quelle bestie avevano causato all’umanità e alla sua famiglia. Pensò a
quel messaggio scritto su un pezzo di stoffa trovato in giro per le
lande da Kokonoe, membro della Scouting Legion, durante
un’esplorazione: “Not Possible to
return. Not our world”, in giapponese1, cosicché
tutti potessero capirlo.
Il messaggio era chiaro: non dovevano
avventurarsi fuori dalle mura o non sarebbero più potuti tornare a
casa. Ciò che era fuori non era più il loro mondo, era territorio dei
titani.
– Rion! – La ragazza sentì la voce del
comandante così vicino a sé che trasalì. Si girò appena e vide che la
donna aveva usato il proprio dispositivo di manovra tridimensionale;
Oomori si avvicinò ancora, fino a stare al suo fianco.
Anche lei era bravissima, sembrava nata
per volare – come l’altro comandante, la di lei compagna, Towa.
– Rion, non mi sentivi? Ti ho detto di
scendere – disse gentile ma decisa.
– Non avevo sentito, chiedo scusa –
mentì l’altra, tornando a guardare il panorama. – Non l’avevo mai visto
da quassù – disse sospirando. Erano più in alto di qualsiasi altro
edificio costruito da un essere umano, più in alto delle stesse mura.
– È bello, non è vero? – chiese la
graduata, sorridendo mesta.
– È bellissimo – rispose lei con un
sorriso stanco. – Ma qui è come stare in gabbia, e una gabbia d’oro
rimane sempre una prigione, per quanto bellissima.
Oomori annuì. – Vieni, torniamo giù –
ordinò con i suoi modi di fare sempre gentili.
– Sì – disse la ragazza più giovane,
mettendosi in orizzontale e lasciandosi cadere leggiadra con l’aiuto
del 3DMG, come un fiocco di neve che cada dal cielo.
– Hirarira, hirarirari2… -
canticchiò a bassa voce, mentre un coro di “Oooh”, la accoglieva di
sotto.
Molti, in quel momento, pensarono che
una ragazza con tutta quella grazia non sarebbe mai riuscita a uccidere
un titano.
Rion avrebbe presto mostrato loro che
le cose belle, solitamente, sono anche le più pericolose e che se
munite di ali possono addirittura diventare letali.
Fine
XShade-Shinra
Note:
1 In originale il messaggio è scritto in inglese. Qui è
scritto in giapponese per una trasposizione del fandom!AU: poiché in
SnK sono di razza mista e non ci sono orientali NON parlano giapponese
tra di loro, però qui i PG di EnO sono tutti giapponesi, quindi parlano
tutti quella lingua.
2 Fluttuando via.
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