PROLOGO
▬
C A P I T O
L O U
N I C O ▬
“ Anche se dovesse essere un inganno„
Il
silenzio sottile della mattinata, rischiarata dai primi raggi color
pastello, era interrotto dal soffio di refoli timidi – tenui,
si insinuavano delle fessure del palazzo, portando con loro la notizia
del nuovo giorno. Un’alba appena nata intesseva sfumature
pittoresche nel cielo, intrecciando il giallo pallido con pennellate di
un rosa arcaico, sfociando in un arancione opaco e sul fine
l’azzurro spuntava dai rimasugli della notte. Guardando il
cielo sporcato da pochi sbuffi di nubi tinte dei riflessi dei raggi, si
sarebbe potuto erroneamente pensare che ben preso il calore avrebbe
abbracciato gli abitanti della montagna e di chi abitava alle sue
pendici. L’inverno, invece, era il padrone di quelle terre
nordiche, e da anni propagava la sua morsa su tutto ciò che
vi si estendeva per parecchie leghe dal castello della Regina delle
Nevi.
Le leggende narravano che una volta il suo nome fosse stato Elsa e
fosse stata incoronata da poco sovrana di Arendelle prima di
abbandonare il suo regno, imbavagliandolo in ghiaccio perpetuo. Niente
l’aveva riportata indietro, né le parole della
sorella, succeduta a lei su un trono senza acquistare mai il titolo di
regina – una principessa reggente per tutta la vita
–, e nemmeno le numerose pattuglie di soldati ben addestrati
spediti più di una volta alla ricerca della dama bianca.
Rinchiusa, esiliata da sé medesima, aveva perduto il nome
con la quale era cresciuta sempre prigioniera e ben presto si era
tramutata in un mito terribile.
Il ticchettio dei tacchi sul cristallo ghiacciato della sala principale
era regolare, si sarebbe potuto scambiare per quello di un orologio, ma
in realtà era solo la Regina delle Nevi diretta al terrazzo
ad Est per poter assaporare la bellezza quotidiana di un inizio sempre
uguale. Aveva perduto il conto di quante albe fossero trascorse dalla
sua relegazione in quel luogo isolato, e anche di quante volte avessero
provato prima
a riportarla in un posto che loro chiamavano casa e lei cella, e poi provato a
imprigionarla e infine a ucciderla.
Troppo dolore e solitudine aveva affrontato il suo cuore per non
risentirne, troppi pesi e graffi gelati aveva provato a reggere prima
di sprofondare nella coltre di neve che si era accumulata dentro di
lei. E ora i suoi occhi chiari non si spalancavano più di
meraviglia nel contemplare il sole tornare ad abbracciare la catena
montuosa, perché la sua bellezza fredda non era in grado di
farle ricordare come fosse il sapore del calore. Uno spettacolo
meraviglioso, quello della natura, ma non racchiudeva alcun tempore per
riportarle alla memoria ciò che aveva scordato da bambina e
che gli anni di emarginazione, reprimendosi,
le aveva causato.
Aveva pensato erroneamente di ottenere libertà, invece,
nella sua solitudine, si era ritrovata semplicemente più in
gabbia. Non poteva usare i suoi poteri se non in quegli antri remoti,
non poteva avvicinarsi a nessuno senza aveva la paura di provocare
morti che già il suo inverno avevano indirettamente causato.
Era destinata a macerare in quello stato in cui nulla poteva donarle un
brivido di adrenalina nello scoprire come ci si sentisse a non aver
più l’orrore di se stessi.
Fu nel mezzo di una routine drammaticamente precisa in ogni sua
sfumatura, che qualcosa cambiò una mattinata solo
apparentemente uguale alle altre. Un visitatore, anzi, un intruso
diverso da qualsiasi altro prima di lui si fosse addentrato fino alle
porte del palazzo ed Elsa lo comprese subito che da
quell’uomo si sarebbe dovuta tener lontana – non
avrebbe mai dovuto ribattere, non avrebbe dovuto permettergli di
avvicinarsi e, inevitabilmente, non si sarebbe dovuta sentire simile a
lui.
Il portamento era intriso di un’eleganza regale con il quale
intingeva ogni suo più piccolo gesto nel procedere nella
sala d’ingresso, avvolto in un lungo mantello dal pelo
pesante a proteggerlo da una temperatura rigida che poi non gli dava
così tanto fastidio. Lo sguardo di un verde splendente,
profondo nei suoi intagli chiari, si alzò con sicurezza nel
cercarla sulla cima della rampa di scale, e sul suo volto appuntito un
sorriso si aprì in una piega dai risvolti indecifrabili
– di una cosa, però, Elsa era certa, ovvero che
nulla di buono sarebbe venuto da esso.
Avrebbe voluto parlare immediatamente, non appena fece il suo ingresso
nella reggia, ma i suoi occhi si soffermarono incantati a sondare la
sua figura più a lungo del previsto, ammaliati da come
l’arroganza fuoriuscisse da lui con una nota di fascino puro,
capace di tramutarlo in un tipo di signorilità di cui lei
mai aveva visto le sembianze.
«Andatevene, qui non sono ammessi ospiti»
riuscì infine a pronunciare il suo invito fermo, deciso, nel
cacciare l’unica persona che vendeva da molti anni ormai.
Forse era proprio per tale ragione che aveva indugiato tanto su di lui,
per quella lontananza dal genere umano che le aveva fatto appassire
nella memoria come i rapporti si costruissero e saldassero tra di loro
– o forse, semplicemente, desiderava fosse così.
«Quanta scortesia, Regina delle Nevi. Ma non è un
problema, io non
sono un ospite» rispose salendo le scale con le dita a
scorrere sul corrimano, facendo aderire la pelle al ghiaccio come se
non ne percepisse la sensazione di inteso gelo che da essa naturalmente
scaturiva. I passi erano lenti, mangiavano un gradino alla volta con
teatralità precisa, a rendere la sua avanzata più
sinuosa e melliflua. Non sbatté nemmeno le palpebre, tenendo
le proprie iridi smeraldine incollate a quelle di lapislazzuli della
Regina, quasi ne dipendesse l’intera esistenza del mondo e se
solo essi si fossero persi l’uno dall’altro allora
il Ragnarok si sarebbe abbattuto su tutti loro.
«E che cosa sareste, allora?» domandò
con alterigia piccata, offesa dal tono del visitatore che si permetteva
tante libertà nel suo Regno, squadrandola con una venatura
che a Elsa ricordò una compassione di cui non voleva nemmeno
sentire l’ombra incombere su di lei.
«La vostra salvezza, ovviamente» replicò
con sfacciata tranquillità, completando la sua ascesa a lei,
ergendosi a pochi centimetri per poter far pesare la
profondità del proprio sguardo con tutta la sua veemenza. La
superava di quasi una ventina di centimetri, abbattendo su di lei
un’attenzione dirompente, fusa nel verde di occhi che
bruciavano di un fuoco perpetuo, una bramosia incapace di placarsi. Ed
Elsa si ritrovò a disagio sotto una tale cascata infuocata,
si sentiva non solo ustionata da qualcosa di invisibile a penetrarle
sotto la pelle, ma anche scoperta in ogni suo più piccolo
pensiero, fino al più recondito e impronunciabile.
Avrebbe desiderato avere la forza di pronunciare anche una piccola
parola, per prendere nuovamente possesso dalla propria mente e
scollarla da quell’immobilismo nel quale era crollata, spinta
dalla prepotenza silenziosa del visitatore senza nome. E come se avesse
sentito il suo quesito su quale fosse la sua identità,
interruppe il silenzio teso da una moltitudine di frasi in attesa di
essere sibilate. «Il
mio nome è Loki.»
Fu soddisfacente per lui osservare i muscoli del bel volto della donna
contrarsi mentre metabolizzava la dichiarazione. Parve incredibilmente
dilatato il tempo nel quale Elsa riuscì ad afferrare la
natura dell’uomo a poca distanza da lei, perché
per quanto potesse essere folle, davanti a tale sicurezza con cui aveva
affermato il proprio nome, la perplessità si dissolse come
mai avrebbe fatto la sua stessa neve. Nei vecchi miti scoloriti dal
tempo che aveva letto nelle lunghe ore passata sigillata nella propria
camera, aveva avuto modo di leggere di quel dio – una
reminiscenza antica, di un tempo in cui nelle sue terre egli era
adorato come gli altri dei di Asgard. Erano racconti persi, congelati
in riti pagani che nessuno praticava più, ma in
quell’istante Elsa comprese che se non erano più
coltivati come un tempo era unicamente perché Loro avevano
volontariamente abbandonato le lande per ragioni ancora sconosciute. E
mentre scrutava gli occhi di Loki con il desiderio di abbassare i
propri senza poterci riuscire, seppe che lo avrebbe scoperto e che lui
era esattamente chi dichiarava di essere.
Terrore era improvvisamente una parola troppo restrittiva per
identificare correttamente il sentimento di cui era invasa, e
nonostante fosse perfettamente conscia che esso si riversava
all’esterno – nei propri occhi, nelle proprie
pieghe della labbra, nei propri lineamenti –, rimase immobile
d’innanzi a lui, orgogliosa di non doversi chinare a nessuno.
Dischiuse appena la bocca, con l’idea di dire qualcosa, ma
non le sovvenne alcunché di adeguato da ribattere,
così, per non avere il peso della mancanza di dialogo sopra
le proprie spalle, ripeté quando già detto.
«Andatevene.»
«Avete paura di me, anzi, avete paura di qualsiasi cosa,
non è vero, fragile
Elsa?» domandò alzando le affusolate dita ad
accarezzarle una guancia con gesto lieve a passare sullo zigomo prima
di scivolare verso il mento, delineando con pacatezza i tratti del suo
volto. «Siete così succube di qualcosa che
potrebbe rendervi grande, ne siete così schiacciata che non
vi vedete per quello che siete realmente.»
«Non sapete niente di me» sputò con
improvviso moto d’irritazione la donna, tirandosi indietro di
un paio di passi per schivare il continuo tocco di Loki. Gli
riversò addosso l’odio più denso di cui
fu in grado di rivestire la propria espressione, chiudendola sotto
sopracciglia fortemente corrugate a creare tsunami di rughe a
espandersi sull’alta fronte. Un fremito le percorse rapido il
corpo, una scarica di adrenalina a espandersi lungo gli arti
avvertendola di come il proprio ghiaccio si stesse ramificando
prepotentemente in lei, un’esplosione ormai detonata,
solamente compressa e che non avrebbe potuto contenere per troppo,
nonostante stringesse i pugni portandoli al petto.
«Sono un dio, mia
regina, non sottovalutate le mie conoscenze»
piano, come del miele a scivolare dal cucchiaio, le sue mani si
allungarono nuovamente verso Elsa per prendere quelle della stessa tra
le proprie, ripotando i loro corpi vicini. Quanta furia scorgeva nelle
pieghe dei suoi occhi, quanta forza conteneva il suo esile corpo
– e lui la percepiva, riusciva quasi a respirarla. Aveva
percorso tanta strada, sondando sentieri celati, unicamente per
scovarla e portarla via con sé, rendendola sua seguace, sua
dama prediletta – quando ci fosse riuscito, e ci sarebbe riuscito,
un potere enorme avrebbe avuto al proprio servizio. «Voi, il
vostro popolo, mi avete adorato per moltissimi secoli, dovreste avere più
rispetto.»
«Che cosa siete venuto a fare qui?»
Una domanda con mutevoli risposte, perché non vi era
un’unica ragione ad averlo spinto a trovarla. Ovviamente,
desiderarla come strumento al proprio servizio per
l’interesse primordiale, la spinta che lo aveva spinto anni
prima a far attenzione affinché niente la potesse portare
via da quel luogo.
Manipolare le persone era una sottile arte di cui Loki era un vero
maestro, il suo progetto aveva fondamenta lontane perché il
legame che avrebbe intessuto tra se stesso e la splendida Regina delle
Nevi doveva essere indissolubile. Doveva essere certo che mai nulla
l’avrebbe ritorta contro di sé e per ottenere un
tale risultato da una donna dotata di un simile carattere orgoglioso
doveva assicurarsi che dipendesse da lui in modo totale – e
per giungere a un simile risultato vi era un unico modo. Le avrebbe
regalato l’ebrezza di ciò che più
sognava, la cosa di cui era sempre stata privata e le avrebbe insegnato
come adoperarla, come viverla, e solo lui sarebbe stato in grado di
guidarla in mezzo a quel qualcosa di cui non aveva mai sondato la
sostanza, limitandosi a sognare tanto strenuamente.
«A portarvi via, Elsa, avete passato abbastanza tempo
rinchiusa in questa prigione di ghiaccio. Ora è tempo di
uscire e conquistare.»
«Non verrò da nessuna parte», la voce
avrebbe voluto essere ferma, decisa come in precedenza, ma le labbra
tremavano riproducendo note stonate. Si sarebbe voluta sentire decisa
in quel momento, conscia di non poter abbandonare il luogo in cui si
era isolata per tenere tutti al sicuro, per non essere il mostro che
tutti avevano pensato che lei fosse, e nel quale si era ancora una
volta privata della libertà per sentimenti altruistici
– e nemmeno lo avevano compreso, avevano tentato di ucciderla
pur di liberarsi del suo ghiaccio. Avrebbe voluto che l’idea
di non allontanarsi da quei monti non fosse così allettante,
avrebbe voluto poter mentire a se stessa dicendosi che mai aveva
pensato in precedenza a una simile eventualità –
desistendo, per evitare di portare l’inverno assieme a
sé –, e avrebbe anche voluto che le mani di Loki
non fossero tanto calde.
«Tanto più con voi, anche se siete il dio degli
inganni, anzi, soprattutto per questo.»
La curva delle sottili labbra di Loki si ampliò e una risata
appena accennata rimbombò negli angoli del bianco palazzo.
Si piegò su di lei, fino a quasi sfiorare il volto della
Regina delle Nevi con la punta del proprio naso, stringendo con maggior
forza tra i propri palmi le piccole dita della donna, avvolgendole in
un tepore sotto il quale la sentiva sciogliersi inevitabilmente.
«Ingannare voi non è il mio piano,
tutt’altro. Ascoltate con attenzione le mie parole, mia
regina, e scoprirete di averle pensate prima di vedermi qui a
pronunciarle. Non ha
senso alcuno rimanere qui quando potreste avere il mondo intero ai
vostri piedi.»
«Io non li voglio ai miei piedi» provò
ad obbiettare Elsa, perché mai avrebbe voluto far del male
ad altri – anche se loro ci avevano provato, più e
più volte, chiamandola con appellativi che le avevano
strappato via il nome e la personalità che un tempo anche
loro avevano conosciuto. Non poteva – e mai avrebbe potuto
– immaginare come ogni singolo attacco ai suoi danni fossero
ripercussioni indirette, ma ben calcolate, del lavoro di insinuazioni
compiute dall’uomo ora dinnanzi a lei. Talmente impellente
era la necessità di trattenerla al proprio fianco che il
piano di Loki era sfociato in una lenta tortura – nessun
altro appellativo poteva definire il logoramento di anni a cui
l’aveva sottoposta orchestrando nell’ombra.
«Ma è
lì che dovrebbero essere, Elsa, è
quello il loro posto» chiosò il dio degli inganni,
intento a incastrare con dovizia una parola all’altra per
distruggere le fragili convinzioni residue, resistite fino a quel
giorno. «Tu hai il potere, qualcosa che nessun altro
possiede, qualcosa che è stato donato a te per un motivo che
sicuramente non è quello di rimanere rinchiusa in questo
maestoso, bellissimo quanto solitario palazzo. Sei prigioniera di te stessa, di
ciò che ti hanno fatto credere, ma non devi
esserlo per forza.»
Si stava sbriciolando sotto il fiato caldo delle sue frasi e quello
proveniente dal suo corpo, la sentiva arrendersi nel rilasciare muscoli
tenuti tesi fino a quell’istante, per prendere coscienza di
un’evidenza che Loki aveva sempre venduto e che a lei era
sempre mancata. Le avevano ordinato di aver paura di se stessa,
l’avevano cresciuta come se non avesse la forza di poter
controllare un regalo che le forze della natura le avevano elargito
sapendo che deteneva lo spirito per utilizzarle. Lui era l'unico in
grado di dimostrarle quanto potenziale avesse, quanto dalla vita
potesse ottenere e come comportarsi per arrivare a tali risultati.
«E cosa dovrei fare? Uscire e… E pretendere che
cosa?»
Staccò una mano dal quelle candide della donna, continuando
a stringerle con una sola – abbastanza grande per contenere
le sue più piccole –, in modo da poter sospingere
il mento della donna maggiormente in alto, tanto da far quasi sfiorare
le loro labbra mentre riprendeva a parlare. «Qualsiasi cosa,
Elsa, è questo il punto. Puoi avere tutto. La libertà,
il dominio,
il rispetto,
tutto se
solo cominci a comprendere qual è davvero la
realtà.»
«E quale sarebbe?», non fremevano più le
sue sillabe, ma il tono si era inevitabilmente piegato. Ora erano quasi
suppliche celate quelle che gli rivolgeva, preghiere di mostrarle una
via per scappare finalmente, un modo qualsiasi per poter cominciare a
vivere seriamente, smettendola di essere segregata su la cima di una
montagna che non sapeva come abbandonare senza portare con
sé il gelo.
La paura che aveva provato per lui si era tramutata in reverenza
ascoltando la sua offerta. Nessuno, fino a quel momento, le aveva
promesso una libertà che poteva anche concedergli
– Anna, la sua sorellina, per quanto avesse voluto aiutarla,
non aveva avuto alcuna abilità per farlo. Loki era un dio,
uno dei più potenti e nel lasso della loro chiacchierata era
riuscito con il sol tocco delle sue mani a far riemergere dagli abissi
oscuri della sua memoria come fosse il calore – quale
sensazione precisa avesse.
Scivolarono a fatica gli occhi di Elsa sulle proprie mani trattenuta in
quella dell’uomo e si sentì miseramente piccola,
indifesa e sola come non mai prima d’allora – come
non aveva mai voluto ammettere.
«Che chi è diverso verrà sempre visto
come un mostro,
che tu non faccia alcun male o meno. Quindi, mia regina, tanto
vale assecondare le nostre inclinazioni. Siate la paura, non
fatevi divorare dalla stessa. Io posso farvi vedere come, posso
mostrarvelo, insieme possiamo avere qualsiasi cosa e nessuno
potrà mai dirci cosa è giusto e cosa non lo
è», i fiotti di fiato caldo le accarezzavano le
labbra, frastornandola quasi maggiormente delle parole disperse ora
nelle sue orecchie, a martellarle il cervello con le mille promesse in
esse disciolte. E per la prima volta, Elsa ricambiò la
stretta delle mani alla ricerca di altro tempore, ne desiderava
maggiormente, tanto da spingerla ad avvicinarsi ulteriormente a lui,
annuendo ricordando come avessero cercato di eliminarla nonostante le
sue azioni mai avevano avuto l’inclinazione al male.
«Venite con me, vi porterò in luoghi che mai avete
avuto il coraggio di immaginare e vi prometto che insieme saranno
nostri. Saremo liberi.»
Non c’era più alcun motivo per ribattere
ulteriormente, alcuna logica ragione per desistere dal seguire Loki e
ottenere quello a cui aveva rinunciato da bambina –
così tanti anni prima da aver perduto le immagini di quei
momenti, erano ormai solo spettri a tormentarla e alimenti alle sue
fobie.
Si lasciò guidare dal braccio dell’uomo attorno
alle sue spalle, mentre la spingeva sotto il proprio mantello per
lasciare depositare sulla sua pelle la sensazione di caldo a trapelare
lentamente al di sotto, risvegliando o creato sensazioni di cui aveva
forse solo immaginato i contorni. Si strinse a lui, e anche se era il
dio degli inganni, quello che stava provando sapeva essere reale e
ciò era sufficiente per essergli fedele e riconoscente per
il resto della sua esistenza, la stessa che stava ricominciando a
vivere. Anzi, iniziando.
M A N I
A’ s W
O R D
L’autrice si
scusa se tutta
questa shot pare assurda, ma in realtà lei questi due li
shippa
da prima di vedersi Frozen, quindi era più che naturale
arrivasse a scriverci sopra. In realtà
l’autrice
shippa Loki con mezzo universo, sarà che è
estremamente
shippabile il suddetto soggetto, quindi non è che si assuma
proprio grandi responsabilità, anzi, proprio per niente.
Tornando a parlare in prima persona, posso dire che io shippo
principalmente Loki con la sua cara sposa, Sigyn, ma è anche
vero che quest’uomo non si sottrae a divertimenti con altra
gente, quindi perché toglierne? Inoltre le ship-crossover
sono
qualcosa di assai interessante, quindi ecco qui. E poi,
perché
c’è un poi, io Elsa che passa al lato oscuro (?)
ce la
vedo proprio bene – vieni,
Elsa, abbiamo Loki noi!
Va precisato che è chiaramente una What if? e che qui Anna
non
è stata colpita al cuore dal ghiaccio di Elsa, ma
è
semplicemente stata cacciata, prendendo così lei il posto
sul
trono di Arendelle – anche se non ha mai voluto il titolo di
regina, che spetta a sua sorella. E che non essendo riuscita a far
sciogliere il ghiaccio, l’inverno è rimasto per
sempre,
così sono state mandate diverse pattuglie per provare a
fermare
Elsa, ma sempre senza successo.
Spero anche che si sia capito che l'isolazione di Elsa e i tentativi di
ucciderla siano stati orchestratti da Loki. Non mi sono soffermata
molto sul punto perché altrimenti avrei dovuto scrivere una
long, ma in sintesi, essendo lui capace di mutare le proprie sembianze,
ha alimentato l'odio verso di lei tra gli abitanti in modo da spingerli
a provare a eliminarla. In egual maniera, senza essere visibile, si
è premurato che nessun loro tentativo potesse andare a segno.
Ci tengo anche a specificare che Arendelle dovrebbe essere in Norvegia
se non erro, o comunque sempre nel Nord Europa, dove appunto si sono
sviluppati i miti norrenici e la relativa religione, ed è
per questo che Elsa già sa chi lui è. Inoltre non
me la sono sentita di farla troppo sorpresa, perché in fondo
ci sono Troll come se fosse normale e pure lei è dotata di
magia, quindi un moderato sconcerto mi è parso sufficiente.
Ho anche immaginato che la magia da cui tra origine il potere di Elsa
le abbia anche donato una vita molto più lunga, dato che
comunque nel film non fanno riferimento all’origine e alle
potenzialità complete di questa magia, ci ho aggiunto del
mio
– e poi lei e
Loki devono dominare l’universo!
Io ci sto provando a fare delle note autrici serie, ma non sono portata
oggi, quindi sopportatemi o sopprimetemi, decidete voi in tutta
libertà, qualsiasi cosa vogliate fare ricordate che una
recensione rende felice me e mi farà gongolare per tutta la
giornata, rendendomela incredibilmente migliore, quindi, non siate
timidi e compiete questo gesto d’amore nei miei confronti
–
sìsì,
sto continuando a delirare, shhhht.
Bene, vi saluto e vi auguro buon
Ragnarok apocalisse a tutti [cit.],
Mania
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