Revenge

di Gioacchino
(/viewuser.php?uid=168531)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Image and video hosting by TinyPic

Passare del tempo nell’appartamento di Conrad Grayson, fece sì che Emily Thorne potesse studiare a meglio la vita “non tanto segreta” dell’uomo: l’odore di lavanda del lucido pavimento, i quadri in stile moderno che sovrastavano le bianche pareti, i drappeggi di velluto che scivolavano, pesanti, lungo il divanetto, posto di fronte alla veranda.
Era una vera e propria suite, quasi l’immagine di uno di quei dipinti romantici.
Eppure, qualcosa lì dentro, puzzava. Non quella puzza che proviene da un alimentare che è andato a male, non il tanfo di muffa o di immondizia che si può sentire camminando per i quartieri malfamati della Grande Mela, bensì un odore acre nell’aria, forse una sensazione o semplicemente lo strano odore di quella che sarebbe stata la sua nuova vendetta.
Emily infilò le slanciate gambe dentro a degli jeans scuri, prima di indossare la sua camicia preferì proteggere la ferita “sterilizzata” da quel marchio focoso che le sarebbe rimasto impresso nel ventre, con una pancera che le tenne ben stretti i fianchi e la vita. Poi indossò la sua camicia.
A pensarci, non sapeva nemmeno il perché avesse della roba nell’appartamento di Conrad. Quest’ultimo aveva detto di averla sedata, non di averla fatta trasferire al South Fork Inn.
Eppure, nonostante il torto subito, Conrad le aveva evitato di sentire il dolore che la ferita avrebbe potuto provocarle in quei giorni, aveva dato – inconsciamente – nuovo pane per i denti della signorina Thorne, che adesso divenne più spietata che mai.
I Grayson avrebbero pagato ogni danno e, forse per la prima volta, l’omicidio non rientrò per niente nel suo piano: stavolta, solo pura vendetta.
Né piatti freddi né cuori caldi.
Si sorprese di quanto avanti fosse il sistema di quell’appartamento: riuscì – infatti – con un semplice pigiare su uno schermo touch del muro, a far accendere la televisione e fu sollevata nel sentire la notizia della sua perdita ( che lei stessa aveva riferito, sotto falso nome, durante una telefonata con un giornalista ) come “la notizia del giorno”dal quale Daniel Grayson stesse cercando di scappare, da tutta la mattinata. Ascoltando la notizia, passo per passo per come l’aveva riferita, si portò al cospetto di un tavolinetto in legno massiccio, cui sopra stava un telefono da camera. Alzò la cornetta e digitò un numero, conscia che se qualcuno avesse mai fatto delle ricerche, si sarebbe subito risalito a Conrad Grayson.
<< Sono io! >> esclamò a bassa voce, ben attenta a ispezionare ogni singolo angolo della stanza in previsione di qualche telecamera nascosta. << Troverai un taxi che ti porterà qui non prima di pomeriggio, ho pensato io al pagamento. Tu preoccupati solo di salire su quel taxi e di arrivare qui più cattiva che mai! >> con tono sicuro, chiuse la telefonata senza un minimo accenno di saluto.
I Grayson non avrebbero avuto scampo, un nuovo problema si sarebbe presentato alla loro porta.
Spense, allora, la televisione e si affrettò ad uscire da quell’appartamento.
Il personale avrebbe saputo che stesse per fare una passeggiata, mentre lei sarebbe andata a correre ai ripari con Nolan Ross.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2475840